Quando la Revoca della Patente di Guida è più che Sacrosanta

N. 11381/2015 REG.PROV.COLL.
N. 07111/2015 REG.RIC.

Occupazione abusiva di suolo pubblico:Legittima l'ordinanza di ripristino e chiusura del P.E. per 5 gg

N. 11398/2015 REG.PROV.COLL.
N. 09570/2015 REG.RIC.

Regione Piemonte:Guida agli adempimenti amministrativi per la prevenzione dell'inquinamento acustico in sede di autorizzazione degli esercizi di somministrazione pubblica

Guida agli adempimenti amministrativi per la prevenzione dell'inquinamento acustico in sede di autorizzazione degli esercizi di somministrazione pubblica.
 prot. n. 12140 del 30 luglio

 SEMPLIFICAZIONI IN MATERIA DI COMMERCIO. Legge regionale 11 marzo 2015, n. 3 "Disposizioni regionali in materia di semplificazione" Capo I. Indicazioni interpretative ed applicative

Piemonte:UNIFORMI E CORRETTO UTILIZZO PER GLI OPERATORI DI POLIZIA LOCALE


Requisiti professionali – soggetto inquadrato al livello B2 ccnl industria turistica

Risoluzione n. 99738 del 23 giugno 2015 - Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 – Articolo 71, comma 6 – Requisiti professionali – soggetto inquadrato al livello B2 ccnl industria turistica
La risoluzione n. 99738 del 23 giugno 2015 risponde al quesito se un soggetto, inquadrato nel livello B2 ex 2 del ccnl dell’Industria turistica, possa essere considerato in possesso della qualificazione professionale per l’avvio di attività commerciali al dettaglio di generi alimentari e per la somministrazione di alimenti e bevande ai sensi dell’articolo 71, comma 6, lettera b), del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.
99738praticacomm.pdf

Reintestazione autorizzazione commercio ambulante e successivo subingresso.

Risoluzione n. 79946 del 29 maggio 2015 - Richiesta parere su reintestazione autorizzazione commercio ambulante e successivo subingresso.
La risoluzione n. 79946 del 29 maggio 2015 risponde al quesito se sia necessario o meno procedere alla reintestazione dell’autorizzazione per il commercio ambulante da parte del precedente proprietario, stante il successivo trasferimento della proprietà per atto tra vivi in capo al nuovo proprietario che è stato anche l’ex conduttore per contratto di affitto di ramo d’azienda.
79946areepub.pdf

Attività di massaggi rivolti al benessere della persona

Risoluzione n. 85939 dell’8 giugno 2015 - Attività di massaggi rivolti al benessere della persona
La risoluzione n. 85939 dell’8 giugno 2015 reca chiarimenti in merito all’attività di massaggi rivolti al benessere della persona.
Nello specifico ribadisce che le attività di massaggi non riconducibili a quelle aventi finalità terapeutiche né a quelle eseguite sulla superficie del corpo umano, con lo scopo esclusivo o prevalente di migliorarne e proteggerne l’aspetto estetico modificandolo attraverso l’eliminazione o l’attenuazione degli inestetismi presenti e, invece, finalizzate al più generico mantenimento di una naturale condizione di “benessere”, in assenza di specifiche disposizioni legislative, non devono essere sottoposte a specifiche restrizioni all’esercizio, quali, ad esempio, il possesso del titolo abilitante alla professione di estetista, fatti salvi, in ogni caso, il rispetto delle generali norme igienico-sanitarie applicabili nonché ogni eventuale profilo demandato alle disposizioni regionali o comunali.
85939varie.pdf

Il silenzio-assenso della riforma Pa spiazza gli sportelli unici per le imprese

di Saverio Linguanti "Sole 24 ore"
La nuova fattispecie giuridica del silenzio-assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici, introdotta dall'articolo 3 della legge 124/2015 di modifica della legge 241/1990, vale esclusivamente nei rapporti procedimentali tra pubbliche amministrazioni.
La fattispecie del silenzio-assenso tra pubblica amministrazione e cittadini privati o imprenditori, anche dopo la riforma, continua invece a trovare la propria principale disciplina nell'articolo 20 della legge 241/1990.

Strade senza manutenzione, il dirigente comunale risponde per i danni al cittadino

di Federico Gavioli -Sole 24 Ore
pdf La sentenza della Cassazione n. 36242/2015
Per il danno subito da un cittadino "affondato" nel tombino di una strada risponde penalmente il dirigente comunale per le gravi negligenze in merito al controllo delle condizioni di sicurezza della strada. Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 36242 dell'8 settembre 2015 in merito alla brutta caduta di un passante a causa della quale ha riportato alcune lesioni.

Spettacolo: SCIA o licenza delle CVLPS?

I chiarimenti in merito all'applicabilità della SCIA in caso di autorizzazioni o licenze di locali e attività di spettacolo.
Francesca Vinciarelli - 8 settembre 2015 - http://www.pmi.it/


Interessanti semplificazioni quelle annunciate dal Ministero dell’Interno con la nota n. 557/2015:
per le autorizzazioni, o licenze di locali e attività di spettacolo soggette all’agibilità di cui all’art. 80 TULPS (“L’autorità di pubblica sicurezza non può concedere la licenza per l’apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare sa una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell’edificio e l’esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio”) non è più richiesta la Segnalazione Certificata di Inizio Attività, o SCIA, nel caso in cui gli eventi non superino le 24 ore;
per gli eventi che superano invece le 24 ore, come manifestazioni fieristiche, artistiche, musicali e per i pubblici locali con capienza da oltre 200 persone è necessaria l’autorizzazione della commissione di vigilanza (CVLPS) poiché la SCIA non può sostituirla;
la SCIA continua ad essere valida solo per le piccole attività, quelle per le quali le licenze previste dagli artt. 68 e 69 del TULPS continuano a poter essere sostituite dalla SCIA a patto che all’evento si svolga entro le ore 24,00 del giorno di inizio e vi partecipino fino ad un massimo di 200 persone.
=> SCIA: impresa in un giorno al via!


Chiarimenti del Ministero

La necessità di chiarimenti da parte del Ministero nasce dai dubbi sollevati dalla Regione Friuli Venezia Giulia in merito alle seguenti interpretazioni della normativa sulle autorizzazioni per gli eventi di pubblico spettacolo:
la tesi secondo la quale la relazione tecnica di cui al comma 2 dell’art. 141 Reg. TULPS, nel caso di locali o impianti con capienza complessiva pari o inferiore a 200 persone, sostituirebbe sia le verifiche e gli accertamenti tecnici che competono alle commissioni di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, ai sensi delle lettere b), c.) e d) del primo comma dello stesso articolo, sia il parere previsto dalla lettera a) dello stesso comma sui progetti di nuovi teatri o di altri locali di pubblico spettacolo;
la tesi per cui sarebbero da ritenere sottoposti a SCIA, atteso il carattere generale di tale istituto, non solo gli eventi fino ad un massimo di 200 partecipanti che si svolgono entro le ore 24 del giorno di inizio (ai quali fanno espresso riferimento gli 68 e 69 del TULPS come recentemente modificati dall’art. 7, e. 8-bis, del D.L. 8.8.2013, n. 91), ma tutti i procedimenti di rilascio della licenza prevista da detti articoli, indipendentemente dalla capienza del locale o dell’impianto nel quale lo spettacolo o l’intrattenimento sono previsti;
l’interpretazione secondo la quale la previsione legislativa di una SCIA in luogo della licenza cui si è appena fatto cenno, con riguardo agli eventi che si svolgono entro le 24 ore del giorno di inizio, rappresenterebbe una discriminante temporale in contrasto con i principi generali di cui all’art. 19 della legge 77. 241/1990, articolo che contempla la SCIA quale istituto generale di semplificazione dei procedimenti amministrativi di derivazione comunitaria. Di conseguenza, gli arti. 68 e 69 dovrebbero essere disapplicati nella parte in cui, in violazione del diritto comunitario, subordinerebbero in via generale l’organizzazione di spettacoli pubblici al regime di licenza di polizia e solo in determinati casi alla SCIA.
=> DURC per Sport e Spettacolo: guida dell’INPS

Nella circolare il Ministero precisa che:

“Il presupposto per la sufficienza di una SCIA – sempre in virtù del citato art. 19 – è la natura strettamente vincolata dell’atto autorizzativo da essa sostituito, subordinatamente al mero accertamento positivo dei presupposti e dei requisiti di legge, laddove il parere delle CVLPS, e le licenze di agibilità o di esercizio che ne conseguono, presuppongono l’esercizio della discrezionalità tecnica cui si è fatto cenno, commisurata a ciascuno specifico locale o impianto e con un contenuto, perciò, più ampio di un mero accertamento documentale del rispetto di un elenco definito di regole tecniche di sicurezza. Si tratta, cioè, di un riscontro da eseguirsi tenuto conto dello stato complessivo dei luoghi e degli impianti allestiti in rapporto al tipo di evento in programma e alle concrete condizioni e modalità di partecipazione del pubblico. A tale potere/dovere delle CVLPS si aggiunge quello di verificare l’attuazione delle prescrizioni eventualmente imposte”.
=> Scarica la circolare del Ministero dell’Interno
SCIA

La Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), lo ricordiamo, è la dichiarazione che ai sensi dell’art. 19 della Legge 241/90 consente alle imprese di iniziare, modificare o cessare un’attività produttiva artigianale, commerciale e industriale senza attendere i tempi di controllo e verifica da parte degli enti competenti. L’amministrazione provvede alla verifica successivamente all’avvio delle attività la correttezza della segnalazione inviata e della relativa documentazione, emettendo eventualmente gli opportuni provvedimenti di divieto di prosecuzione.

Tutela del consumatore Governo all'UE: va reintrodotto l'obbligo di indicazione di provenienza del prodotto

Il Consiglio dei Ministri dà via libera alla delega per rendere obbligatoria l'informazione sull'etichetta della sede di produzione o confezionamento degli alimenti.


Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sul sito istituzionale, rende noto che il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di disegno di legge di delegazione europea che, all'art.4, contiene la delega per la reintroduzione nel nostro ordinamento dell'indicazione obbligatoria della sede dello stabilimento di produzione o confezionamento per i prodotti alimentari e per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento n. 1169/2011 in materia di etichettatura.

L'obbligo di indicazione della sede dello stabilimento riguarderà gli alimenti prodotti in Italia e destinati al mercato italiano.

Allo stesso tempo partirà a breve la notifica della norma alle autorità europee per la preventiva autorizzazione. L'Italia insisterà sulla legittimità dell'intervento in applicazione di quanto previsto dall'articolo 38 del regolamento n. 1169/2011, motivandola in particolare con ragioni di più efficace tutela della salute dei consumatori.

"Quello di oggi - ha dichiarato il Ministro Maurizio Martina - è un passo importante che conferma la volontà del Governo di dare indicazioni chiare e trasparenti al consumatore sullo stabilimento di produzione degli alimenti”.

“Diamo una risposta anche alle tantissime aziende che hanno chiesto questa norma e hanno continuato in questi mesi a dichiarare lo stabilimento di produzione nelle loro etichette”.

“Non ci fermiamo qui”, ha continuato il Ministro del Mipaaf, “porteremo avanti la nostra battaglia anche in Europa, perché l'etichettatura sia sempre più completa, a partire dall'indicazione dell'origine degli alimenti”.

“Per noi si tratta di un punto cruciale, perché la valorizzazione della distintività del modello agroalimentare italiano passa anche da qui. Lo scorso anno per la prima volta il Governo ha chiamato i cittadini a esprimersi ufficialmente su questa materia, attraverso una consultazione pubblica online”.

“Il 90% dei 26 mila italiani che hanno risposto ha detto che vuole leggere la provenienza chiaramente indicata sui prodotti che consuma", ha concluso Martina.

Il Consiglio dei Ministri ha anche approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo recante disposizioni sanzionatorie per la violazione del regolamento (UE) n. 29/2012 della commissione, del 13 gennaio 2012, relativo alle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva e del regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva, nonché ai metodi ad essi attinenti.

Nel caso specifico, con l'intervento - che si affianca a quello già realizzato con la legge 9 del 14 gennaio 2013 - sono state inserite le sanzioni riguardanti l'indicazione obbligatoria dell'origine, nonché quelle relative alla leggibilità delle informazioni in etichetta (origine e denominazione di vendita).

Fonte: Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali



Moreno Morando

(12 settembre 2015)

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(indicazione fonte e, se possibile, link a pagina)

http://www.ilquotidianodellapa.it/_contents/news/2015/settembre/1442066132729.html

Attuazione della direttiva 2011/82/UE intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale.

MINISTERO DELL'INTERNO
DECRETO 4 agosto 2015
Attuazione della direttiva 2011/82/UE intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale. (15A07141) (GU Serie Generale n.222 del 24-9-2015)

Modifiche al decreto 29 luglio 2003, concernente i programmi dei corsi per il recupero dei punti della patente di guida.

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 20 gennaio 2015

Modifiche al decreto 29 luglio  2003,  concernente  i  programmi  dei
corsi per il recupero dei punti della patente di guida. (15A07208)

(GU n.222 del 24-9-2015)




                  IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE
                           E DEI TRASPORTI

  Visto il decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285,  e  successive
modificazioni ed integrazioni, recante «Nuovo codice  della  strada»,
ed in particolare l'art. 116, concernente  le  patenti  di  guida,  e
l'art. 126-bis, concernente la disciplina della patente a punti;
  Visto il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei  trasporti
29 luglio 2003 recante «Programmi dei corsi per il recupero dei punti
della patente di guida»;
  Vista la direttiva 2006/126/CE, recepita in Italia con  il  decreto
legislativo 18 aprile 2011,  n.  59  e  successive  modificazioni  ed
integrazioni, che ha introdotto le  nuove  categorie  di  patenti  di
guida AM, A2, B1, C1, C1E, D1, D1E;
  Tenuto conto  della  necessita'  di  estendere  la  disciplina  del
recupero dei punti anche  ai  titolari  delle  categorie  di  patenti
introdotte dalla richiamata direttiva 2006/126/CE;

                              Decreta:

                               Art. 1


Modifiche all'art. 1 del decreto del Ministro delle infrastrutture  e
                    dei trasporti 29 luglio 2003

  1. L'art. 1, comma 1, del decreto del Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti 29 luglio 2003 e' sostituito dal seguente:
  «1. In relazione alla previsione dell'art. 126-bis,  comma  4,  del
decreto  legislativo  30  aprile   1992,   n.   285,   e   successive
modificazioni ed integrazioni, possono essere organizzati due tipi di
corsi per il recupero dei punti:
  a) per i titolari di patente di guida delle categorie AM,  A1,  A2,
A, B1, B, BE;
  b) per i titolari di patente di guida delle categorie C1,  C1E,  C,
CE, D1, D1E, D, DE e dei certificati di abilitazione professionale di
tipo KA e KB».

                               Art. 2


                          Entrata in vigore

  1. Le disposizioni del presente decreto entrano in vigore il giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica.
  Il presente decreto e' pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica italiana.
    Roma, 20 gennaio 2015

                                                    Il Ministro: Lupi

Registrato alla Corte dei conti il 4 febbraio 2015
Ufficio di  controllo  atti  Ministero  delle  infrastrutture  e  dei
trasporti e del Ministero dell'ambiente, della tutela del  territorio
e del mare, registro n. 1, foglio n. 663⁠⁠⁠⁠

Gioielliere acquista da un ricettatore:La licenza può essere sospesa e non revocata

N. 04246/2015REG.PROV.COLL.
N. 06316/2009 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 6316 del 2009, proposto da:
-OMISSIS-, in proprio e quale socia accomandataria della -OMISSIS-rappresentata e difesa dall'avv. Pietro Sirena, con domicilio eletto presso Pietro Sirena in Roma, Via Po, 43;

contro


Ministero dell'Interno - Questura di Napoli, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE V, n. 03187/2009, resa tra le parti, concernente provvedimenti di sospensione e di successiva revoca della licenza di p.s. per il commercio di oggetti preziosi;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e Questura di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti l’avvocato Giaquinto su delega di Sirena e l’avvocato dello Stato Agnese Soldani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’appellante E.T. è titolare dal 2007 della licenza ex art. 127 del TULPS di cui al r.d. 773/1931, per l’esercizio di una gioielleria in Napoli (dal 1995 al 2007, ne è stato titolare il figlio I.T.).

2. La mattina del 15 aprile 2009, in una delle due sedi della gioielleria, il figlio ha acquistato da un cittadino romeno oggetti preziosi usati (due fedi, due orecchini ed una targa d’oro) che sono risultati provenienti da una rapina aggravata conclusasi con il duplice omicidio dei rapinati la notte precedente.

3. Il Questore di Napoli ha conseguentemente adottato nei confronti dell’appellante:

- in data 17 aprile 2009, ai sensi degli artt. 128, comma 1, e 17-bis, n. 3, del TULPS, una sanzione amministrativa estinguibile con pagamento di euro 308,00;

- in data 18 aprile 2009, un provvedimento di sospensione ai sensi dell’art. 100 TULPS della licenza rilasciata ai sensi dell’art. 127 per l’attività di commercio di oggetti preziosi, a causa del nocumento per l’ordine e la sicurezza pubblica e l’allarme sociale per la superficialità e negligenza manifestate con detto acquisto;

- in data 5 maggio 2009, un provvedimento di revoca della licenza predetta, ai sensi degli artt. 8, 10, 11, 127 e 128 TULPS, ritenendo che il figlio dell’appellante esercitasse di fatto l’attività, che avesse tenuto un comportamento gravemente negligente in occasione di detto acquisto, e che ciò denotasse anche la mancanza di affidabilità in capo alla titolare della licenza.

4. I provvedimenti sono stati impugnati dinanzi al TAR Campania.

Il TAR Campania, con la sentenza appellata (V, n. 3187/2009) ha respinto il ricorso, affermando, in sintesi, che:

(a) – i provvedimenti in materia devono dar conto in motivazione dell’adeguata istruttoria espletata al fine di evidenziare le circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto richiedente sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi, con la conseguenza che il detentore del titolo di p.s. deve essere persona esente da mende o da indizi negativi nei cui confronti esista sicura affidabilità;

(b) – nel caso in esame, il provvedimento trova fondamento nella specifica valutazione dei precedenti del I.T., il quale, sebbene abbia dismesso la carica di amministratore della società a seguito di un primo procedimento penale, ha continuato ad esercitare di fatto detta attività acquistando preziosi ancora il 15 aprile 2009, e la cui condotta assume i caratteri dell’effettiva gestione dell’attività, sia presso la casa madre che presso la filiale.

5. Nell’appello, vengono dedotte censure di violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 10, 11, 100, 127 e 128, del TULPS, eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza dei presupposti, difetto di istruttoria, contraddittorietà, sviamento, irragionevolezza manifesta;

L’appellante lamenta, in sintesi, che le sanzioni siano ingiustificate, non sussistendo i presupposti individuati dall’Amministrazione, in quanto:

(a) - né lei, né il figlio hanno precedenti penali, il figlio le ha trasferito la licenza nel 2007, cioè ben tre anni dopo aver ricevuto notizia dell’avvio nei suoi confronti di un’indagine per ricettazione, e non risponde al vero che vi sia interposizione fittizia nella gestione dell’attività, essendo normale che un figlio aiuti saltuariamente i genitori nella loro attività lavorativa;

(b) - il comportamento tenuto in data 15 aprile 2009 non è censurabile, posto che – come affermato nella richiesta di archiviazione del procedimento per ricettazione, avanzata in tempi rapidissimi dalla Procura di Napoli in data 7 luglio 2009, ed accolta dal GIP in data 20 luglio 2009 - la notizia del delitto non era nota al momento dell’acquisto dei preziosi, ed era stata effettuata la registrazione degli oggetti, dietro pagamento di un corrispettivo adeguato al peso dell’oro acquistato; tant’è vero che due agenti della Polizia Municipale avevano poco prima identificato i due cittadini romeni (pretesi responsabili del crimine) sull’uscio del negozio, senza contestare loro alcunché;

(c) – le generalità ed il documento del venditore sono stati annotati nell’apposito Registro Antiriciclaggio, e richiedere ulteriori adempimenti sarebbe risultato discriminatorio nei confronti di un cittadino di un Paese ormai entrato nell’UE.

Chiede anche il risarcimento dei danni, per mancato guadagno e danno di immagine (per un importo di euro 500.000), asserendo la sussistenza dei relativi presupposti.

6. Resiste per l’Amministrazione l’Avvocatura Generale dello Stato, controdeducendo puntualmente.

7. Ad avviso del Collegio, alla luce della ricostruzione della vicenda che può trarsi dagli atti, l’acquisto dei preziosi frutto della rapina con omicidio avvenuta la notte precedente, può ritenersi compiuto, oltre che senza la scrupolosa osservanza degli adempimenti previsti dalla legge, con superficialità non ammissibile per chi esercita l’attività in questione.

Tuttavia, riguardo al provvedimento di revoca della licenza, deve essere confermato l’orientamento espresso da questo Consiglio in sede di appello cautelare - nel senso che la revoca “appare eccedere i limiti di congruità e proporzionalità cui deve conformarsi la misura sanzionatoria inflitta” (cfr. ord., VI, n. 4315/2009).

7.1. Partendo con l’esame della sanzione più tenue, l’art. 128 del TULPS prevede che i preziosi possano essere commerciati esclusivamente con “persone provviste della carta d'identità o di altro documento munito di fotografia, proveniente dall’amministrazione dello Stato”, e l’art. 17-bis ne punisce la violazione con sanzione pecuniaria.

La circostanza che il documento esibito e registrato fosse un documento romeno non comporta la violazione della norma. Posto che all’epoca dei fatti la Romania era entrata nell’Unione Europea e che quindi al venditore non si applicava la disciplina del d.lgs. 286/1998 bensì quella del d.lgs. 30/2007, che prevede il diritto di ingresso e circolazione nel territorio nazionale, sembra corretto quello che sostiene l’appellante, cioè che sarebbe risultato discriminatorio richiedere allo straniero comunitario un documento italiano per l’esercizio di un diritto consentito ai cittadini italiani mediante il semplice possesso del documento del proprio Paese.

Tuttavia, dal documento estero devono potersi desumere le stesse informazioni richieste dalla norma riguardo a quello italiano. Nel caso in esame, dalla registrazione effettuata in occasione della vendita, non risulta che il documento esibito fosse provvisto di fotografia, né risulta annotato il domicilio del venditore, come prescritto dall’art. 247 del regolamento attuativo di cui al r.d. 635/1940.

La sanzione pecuniaria irrogata non può dunque ritenersi priva di presupposti, e si sottrae alle censure dedotte.

7.2. Quanto alle sanzioni interdittive, la motivazione del provvedimento di revoca è basata essenzialmente sul rilievo che la notizia della rapina con omicidio aveva avuto larga diffusione sui media, che il commesso (da ritenersi il “vero gestore del negozio”) «avrebbe dovuto avvertire immediatamente l’Autorità di P.S. visto che gli oggetti acquistati apparivano palesemente di illecita provenienza (due vecchie fedi nuziali, due orecchini da donne ed una targa d’oro, sbriciolata per occultarne l’identificazione) e visto che il venditore era un giovane cittadino romeno, senza fissa dimora e privo di permesso di soggiorno, elementi quest’ultimi che avrebbero dovuto indurre il commerciante acquirente ad un moto di allerta, stante la copiosa cronaca giudiziaria di questi ultimi mesi …».

La maggior parte di questi presupposti, però, non trova adeguato riscontro.

Anzitutto, che l’attività fosse in realtà gestita dal figlio dell’appellante non può essere desunto dal solo episodio della compravendita in questione, senza alcun ulteriore verifica. Né si potrebbe contestare ad I.T. l’aggiramento di una interdizione allo svolgimento di detta attività, mediante un’interposizione fittizia, dato che il trasferimento della licenza era avvenuto anni prima, a notevole distanza di tempo dall’indagine penale che lo aveva coinvolto (e che, peraltro, non risulta abbia condotto ad alcuna incriminazione).

A ben vedere, nel provvedimento impugnato, la contestazione della gestione da parte di soggetto diverso dal titolare della licenza è soprattutto rivolta a stabilire un collegamento tra l’episodio dell’acquisto dei preziosi e le sorti del titolo di p.s.; ma in ordine a tale aspetto non vi sono espresse e specifiche argomentazioni che individuino nella supposta gestione di fatto un’ipotesi di abuso del titolo, di per sé sanzionabile.

Poi, come ritenuto dal giudice penale, al momento dell’acquisto la notizia del delitto non era ancora di dominio pubblico, e comunque non vi è alcuna prova che I.T. o la madre fossero al corrente di quanto accaduto nella notte.

La circostanza che il venditore fosse senza fissa dimora non era conoscibile dall’acquirente; la sola nazionalità (che, come precisato, non comportava la necessità del permesso di soggiorno) non poteva legittimamente far nascere un sospetto.

Resta, pertanto, la natura dei preziosi offerti in vendita, che poteva far sospettare – essenzialmente per lo sbriciolamento della targa, dato che si trattava di oggetti di larga diffusione e modesto valore – una provenienza illecita, ma non la rendeva addirittura “palese”, come ha invece affermato la Questura. Al riguardo, assume significato anche l’episodio dell’identificazione dei delinquenti da parte degli agenti della P.M., nel corso di una normale attività di controllo, praticamente sull’uscio della gioielleria. Dagli articoli di giornale versati in atti, si leggono le dichiarazioni dei vigili, secondo i quali «Abbiamo visto che andavano verso un negozio. Uno era rimasto fuori, il biondino, mentre l’altro era dentro. Sembrava una tipica situazione da rapina e ci siamo avvicinati, ma era tutto tranquillo. Abbiamo chiesto i documenti, erano in regola. Li abbiamo lasciati andare» e «L’omicidio era avvenuto da un paio d’ore, la notizia non era ancora di dominio pubblico. Non potevamo nemmeno immaginare di trovarci di fronte ai responsabili di quella terribile notte».

Ora, è arduo pretendere da un commerciante, sia pure in un settore delicato e sottoposto all’obbligo della licenza di p.s., un livello di attenzione superiore a quello manifestato dalle Forze dell’Ordine. Soprattutto, nel valutare – con il parametro della diligenza in concreto - l’incapacità di desumere da una circostanza potenzialmente tale da indurre al sospetto (quale, appunto la consistenza dei preziosi), la necessità di avvertire l’Autorita’ di P.S., , non può farsi a meno di considerare l’effetto di rassicurazione che l’intervento di controllo operato dai vigili, senza ulteriori conseguenze, aveva determinato nel commerciante (così come sottolineato anche nell’appello).

Va a questo punto ricordato – esaminando le fattispecie invocate dalla Questura - che l’art. 8 dispone la personalità della licenza di p.s., l’art. 10 sanziona con la sospensione o la revoca l’abuso delle autorizzazioni di p.s., l’art. 100 prevede la sospensione della licenza per l’esercizio “nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini” e la revoca “qualora si ripetano i fatti che hanno determinato la sospensione”.

In definitiva, risulta contestato l’abuso del titolo in relazione alla negligenza nel valutare elementi tali da indurre in sospetto sulla provenienza illecita dei preziosi.

Dalle considerazioni sopra esposte, il Collegio trae il convincimento che vi sia stata sì una superficialità nell’acquisto, e nell’omissione di segnalazioni all’Autorità di P.S., tale da integrare il presupposto della sospensione della licenza, ma non addirittura quello della revoca.

Revoca che presuppone un fatto di evidente gravità, vale adire una negligenza grave e priva di giustificazioni; ovvero – ipotizzando che l’episodico supposto incauto acquisto possa aver determinato pericolo per gli interessi pubblici espressamente menzionati dall’art. 100 del TULPS - la recidiva, che nel caso non in esame non potrebbe essere contestata, sulla base di una semplice indagine risalente ad anni addietro.

7.3. Resta da esaminare la domanda risarcitoria, che, in ragione della parziale fondatezza dell’impugnazione, dovrebbe correlarsi al mancato guadagno nel periodo in cui l’esercizio sarebbe rimasto chiuso dopo il periodo di sospensione, oltre che al danno di immagine.

Tuttavia, in ordine a tali presupposti, l’appellante non ha fornito alcuna indicazione, né informazioni appaiono desumibili dagli atti (così che è possibile anche dubitare che le sanzioni abbiano avuto esecuzione).

Sembra inoltre evidente al Collegio che l’eventuale danno di immagine sarebbe stato la conseguenza, non tanto della sanzione inflitta, ma prima ancora, e con valenza determinante, del comportamento superficiale del commerciante.

Non sussistendo pertanto i presupposti nemmeno per pronunciare una condanna generica, la domanda risarcitoria deve essere respinta.

8. In conclusione, l’appello deve essere parzialmente accolto, con conseguente riforma parziale della sentenza appellata e parziale accoglimento del ricorso di primo grado nella parte volta all’annullamento della revoca della licenza ex art. 127 TULPS.

9. L’esito dell’appello, la natura della controversia e la vicenda procedimentale sottostante inducono a compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, accoglie parzialmente il ricorso proposto in primo grado ed annulla il provvedimento di revoca con esso impugnato.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi dell’appellante e del figlio manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:



Pier Giorgio Lignani, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore




L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Il privato deve ripristinare immediatamente il pubblico transito su una strada di pubblico transito, rimuovendo catene, sostegni e segnaletica che aveva apposto, e il Comune, in caso di urgenza, può omettere la comunicazione di avvio del procedimento di cui all'art. 7 della legge n. 241/1990

N. 04450/2015REG.PROV.COLL.

N. 02047/2006 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2047 del 2006, proposto dal signor Telch Giovanni, rappresentato e difeso dagli avvocati Cinzia Picco e Antonio Pinolini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;


contro

Il Comune di Mergozzo, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocato Piero Marchioni e Paolo Marchioni, con domicilio eletto presso lo studio legale Bianchi-Cassese in Roma, via Trebbia, n. 3;


per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Piemonte–, Sez. I, n. 72/2005, resa tra le parti, concernente il ripristino della transitabilità su una strada pubblica;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 luglio 2015 il Consigliere Carlo Schilardi e uditi per le parti l’avvocato Corrado Orienti, su delega dell'avvocato Cinzia Picco, e l’avvocato Franco Campione, su delega degli avvocati Paolo Marchioni e Piero Marchioni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con il ricorso n. 1756 del 2004, proposto al T.A.R. per il Piemonte, il signor Giovanni Telch impugnava il provvedimento n. 25 del 12 agosto 2004, notificato il 13 agosto 2004, con il quale il sindaco del comune di Mergozzo – al fine di ripristinare il pubblico transito - ordinava la rimozione di catene, sostegni e segnaletica, posti dal sig. Telch su via Tarì.

Il ricorrente esponeva di essere proprietario di un fondo nel comune di Mergozzo, non collegato direttamente con la rete viaria comunale, e che, per tale ragione, aveva dovuto realizzare una strada vicinale che ricevette nel 1981 dal consiglio comunale la denominazione di via Tarì.

Il ricorrente deduceva, inoltre, che tale via era stata da sempre ed esclusivamente utilizzata da lui e dai titolari del diritto di passaggio, dal momento che essa era stata realizzata solo per mettere in collegamento via Bracchio con i singoli terreni di proprietà privata.

Il ricorrente aggiungeva, infine, che il comune di Mergozzo aveva autorizzato il sig. Franzen, proprietario di un fabbricato e di alcuni terreni retrostanti la sua proprietà, ad ampliare ed asfaltare la strada vicinale denominata "delle Groppole" confluente in via Tarì; tali lavori, che avevano creato un tratto di strada ininterrotto e transitabile con i veicoli da via Bracchio all'abitazione del sig. Franzen, aveva indotto il sig. Telch, al fine di evitare il pubblico passaggio su via Tarì, a chiudere l'accesso con una catena, consentendo il transito solo ai titolari di servitù di passaggio.

Il signor Telch censurava l'ordinanza del 12 agosto 2004 per violazione dell'art. 7 della legge n. 241/1990, atteso che il provvedimento comunale non era stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento e per eccesso di potere e difetto dei presupposti, in quanto via Tarì era da considerarsi una strada privata sulla quale non gravava un diritto di pubblico transito.

Il T.A.R. per il Piemonte, con sentenza n. 72 del 19 gennaio 2005, ha rigettato il ricorso.

1b.- Avverso la sentenza il signor Giovanni Telch ha proposto appello.

Si è costituito in giudizio il Comune di Mergozzo, che ha chiesto di rigettare l'appello perché infondato in fatto e in diritto.

All'udienza pubblica del 16 luglio 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

L'appello è infondato e va respinto.

2.- Con il primo motivo di censura, l'appellante lamenta la violazione di legge in relazione agli artt. 3 e 7 della legge n. 241/1990.

L'appellante sostiene che, solo in presenza di un'accertata situazione di urgenza, l'amministrazione può omettere la comunicazione di avvio del procedimento di cui all'art. 7 della legge n. 241/1990, mentre i giudici di prime cure hanno ritenuto che tale comunicazione non fosse necessaria in ragione delle esigenze di particolare celerità volte a ripristinare il pubblico transito su una strada vicinale.

2b.- Al riguardo, sulla base della documentazione prodotta dall'amministrazione comunale, deve osservarsi che via Tarì, pur non essendo una strada principale, non è utilizzata dai soli proprietari dei fondi limitrofi ad essa e ciò è confermato dallo stesso appellante, quando evidenzia che l'ostacolo al transito è stato apposto in un mese (agosto) in cui la circolazione veicolare è molto ridotta. Proprio tale considerazione, infatti, è probante del fatto che la circolazione di veicoli su tale strada sussiste, anche se con diversa incidenza temporale nei vari periodi dell’anno.

Il genere di abuso attuato, in quanto impeditivo della circolazione nel tratto di strada, non può che giustificare la necessità, avvertita dal Comune, di rimuovere con urgenza gli ostacoli apposti dal privato.

Infatti, quando vi è l’alterazione dello stato dei luoghi di una strada (pubblica o privata) adibita al pubblico transito, il Comune deve senza alcuna esitazione emanare il provvedimento di autotutela iuris pubblici, e conseguentemente darvi esecuzione.

La necessità che sia senza indugio ripristinato il pubblico transito non tollera alcuna perdita di tempo e nella specie ha giustificato la circostanza che il provvedimento comunale, adottato il 12 agosto 2004 (a seguito di accertamenti della polizia municipale e della relazione resa il 12 agosto 2004 dall'ufficio tecnico comunale), abbia ordinato di ripristinare la situazione quo ante, in assenza della comunicazione di avvio del procedimento: l'amministrazione deve senza indugio porre fine ad una situazione che pregiudica l’interesse pubblico, con un atto avente natura vincolata (il che rileva anche al fine della applicazione dell'art. 21 octies, comma II, della legge n. 241/90).

3.- Con il secondo motivo di censura l'appellante lamenta la violazione degli articoli 1 e 14 del D.lgs.l.gt. n. 1446/1918.

L'appellante sostiene che il T.A.R. avrebbe errato nel ritenere via Tarì una strada privata ad uso pubblico, in quanto sarebbero assenti i presupposti elaborati dalla giurisprudenza per poter ritenere tale tratto stradale come «strada vicinale».

Il sig. Telch assume, in particolare, che mancherebbe la «consapevolezza» della collettività che la strada sia soggetta a pubblico transito e non sarebbe presente il requisito dell'idoneità a soddisfare esigenze di interesse generale e l'uso "immemorabile della strada".

3b.- Tale censura non è condivisibile.

Come evidenziato dal T.A.R., infatti, la sussistenza di un diritto pubblico di transito su via Tarì è provata quanto meno dalla circostanza che la manutenzione della strada è da tempo effettuata dal Comune e che nella strada si trova interrata la condotta dell'acquedotto comunale.

Per di più la medesima strada è di collegamento con una via comunale (via Bracchio) e con un'altra strada vicinale (via delle Groppole).

La funzione di collegamento della strada è evidenziata non solo nella nota del responsabile dell'ufficio tecnico del comune di Mergozzo del 12 agosto 2004, ma anche dai cittadini firmatari dell'esposto presentato per censurarne la chiusura abusiva.

L’esposto – oltre ad essere circostanziato – è stato corroborato sul piano istruttorio dagli ulteriori accertamenti effettuati in loco dagli organi comunali ed è idoneo a dimostrare come – prima dell’attività posta in essere dall’appellante – la strada era utilizzata dalla collettività locale.

Orbene, è principio consolidato che va ricondotta alla nozione di strada vicinale di uso pubblico la via che:

a) consente il passaggio esercitato iure servitutis publicae da parte di una collettività indeterminata di persone in assenza di restrizioni all'accesso;

b) è collegata con la viabilità generale;

c) è (eventualmente) connotata da un uso pubblico protratto da tempo;

d) è stata, o è, oggetto di interventi di manutenzione da parte del Comune e di installazioni, anche sotterranee, di infrastrutture di servizio (telefoniche, elettriche, fognarie, acquedottistiche) da parte di ente pubblico (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 8 giugno 2011, n. 3509).

Come documentato dal Comune, e come emerge dalla relazione dell'ufficio tecnico comunale in data 12 agosto 2004, «la via Tarì è inclusa nello Stradario agli atti del servizio di toponomastica… e essa risulta tra le aree di circolazione», essendo ubicata «tra via Bracchio e l'abitazione Maruzzi, con numerazione civica dal n. 1 al n. 9 e il sig. Telch risiede al civico n. 5, a metà del percorso stradale».

L'estratto di P.R.G.C., allegato alla relazione dell'U.T.C., inoltre, individua la via Tarì come strada pubblica, con previsione di allargamento a mt. 7,00, costituendo il collegamento tra la via comunale Bracchio e la via vicinale "delle Groppole", anch'essa gravata da servitù di pubblico transito e in via di diventare strada comunale.

Quanto al fondamento normativo del provvedimento comunale, osserva la Sezione che per la risalente e pacifica giurisprudenza non importa che il provvedimento amministrativo menzioni la specifica disposizione di legge sulla quale esso si basi: tale principio a maggior ragione va ribadito quando si tratti di un atto da emanare senza indugio per il carattere urgente, e che risulti espressione di un potere desumibile da un principio generale del diritto pubblico, del quale hanno un carattere ricognitivo le disposizioni del decreto legislativo luogotenenziale 1° settembre 1918, n. 1446.

3c.- Come sopra si è rilevato, anche le proteste pervenute in Comune, subito dopo l'apposizione delle catene e la chiusura del passaggio, possono ritenersi, infine, ulteriori elementi presuntivi, aventi i requisiti di gravità, precisione e concordanza rilevanti ai sensi dell'art. 2729 c.c., della effettiva sussistenza della servitù di uso pubblico della strada: anche la prossimità temporale delle proteste rispetto all'apposizione delle catene rende non plausibile l'affermazione dell’appellante secondo cui il passaggio pubblico - nella via de qua - non sarebbe stato mai consentito.

4.- Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto, perché manifestamente infondato.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in misura di €. 3.000,00 (tremila/00) in favore del Comune appellato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello n. 2047 del 2006, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in misura di E. 3000,00 (tremila) in favore del Comune Mergozzo, oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:



Luigi Maruotti, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Omessa esposizione nel cantiere della tabella indicante gli estremi degli atti autorizzativi

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 luglio – 22 settembre 2015, n. 38380
Presidente Mannino – Relatore Andreazza

Ritenuto in fatto

1. F.A. e C.G. hanno proposto ricorso nei confronti della sentenza del Tribunale di Lucca che li ha condannati per il reato di cui all'art. 44 lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001 in relazione all'omessa esposizione nel cantiere della tabella indicante gli estremi degli atti autorizzativi e la descrizione dell'intervento edilizio in corso.

Nel procedimento disciplinare i termini partono dalla comunicazione della condanna irrevocabile

di Massimiliano Atelli (Sole 24 Ore)

Il dies a quo per l’avvio del procedimento disciplinare va individuato nella data della comunicazione integrale della sentenza penale irrevocabile all’amministrazione procedente. Lo ha affermato la sesta sezione del Consiglio di Stato con la decisione n. 4350 del 18 settembre 2015. Il principio di diritto
Secondo consolidato orientamento del Consiglio di Stato, infatti, il termine di 90 giorni per l’instaurazione o la riattivazione del procedimento disciplinare, previsto dalla citata disposizione legislativa, decorre dalla comunicazione della sentenza irrevocabile di condanna all’amministrazione datrice di lavoro, rispondendo tale soluzione alla duplice esigenza di non procrastinare eccessivamente il potere disciplinare dell’amministrazione, così tutelando il diritto del dipendente e, al contempo, di evitare che il termine decorra anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza ed all’avvenuta conoscenza, da parte dell’amministrazione medesima, dell’irrevocabilità della condanna del proprio dipendente, onde impedire che il termine decorra in un periodo, nel quale la predetta amministrazione sia oggettivamente impossibilitata ad esercitare ogni valutazione in ordine all’instaurazione, ovvero alla riattivazione, della procedura disciplinare (v., per tutte, Cons. Stato, sez. III, 27 agosto 2014, n. 4350 ed ivi altri richiami giurisprudenziali).
In tale contesto, si deve escludere che, ai fini dell’identificazione del termine iniziale, assumano rilievo la comunicazione della sentenza penale non irrevocabile alle parti e ai loro difensori, costituente attività interna al processo penale funzionale all’impugnazione del provvedimento giudiziale, o la mera conoscenza di fatto della sentenza di condanna non munito di formale attestazione di irrevocabilità dalla competente cancelleria del giudice penale.
Invero, divenendo la sentenza irrevocabile soltanto in mancanza di proposizione d’impugnazione, non potrebbe pretendersi che l’amministrazione proceda disciplinarmente in base alla comunicazione o alla conoscenza di fatto di pronuncia non ancora irrevocabile, atteso che si tratterebbe di atto disciplinare evidentemente viziato, anche in pregiudizio del dipendente, in quanto, appunto, emesso in assenza di irrevocabilità, ossia sulla base di una condanna non ancora definitiva; restando d’altra parte in facoltà del dipendente condannato di informare il datore di lavoro della situazione di irrevocabilità, in virtù di un proprio interesse, da identificare nella necessità di far decorrere il termine e di non procrastinare sine die il potere disciplinare di parte datoriale, oltreché secondo un dovere di collaborazione inteso alla soddisfazione di esigenze di buona amministrazione che devono governare, in ogni circostanza, lo svolgimento del rapporto di impiego in base al principio stabilito dall'art. 97 Cost.
 
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Rc Auto: dal 18 ottobre addio tagliando di carta e controlli telematici

Tratto dal sito di ANIA

18/09/2015 Rc Auto: dal 18 ottobre addio tagliando di carta e controlli telematici

Intervista a Umberto Guidoni, Responsabile Auto di ANIA - GR1 Radio RAI

18/09/2015 Rc Auto: addio tagliando di carta, dal 18 ottobre controlli sulle targhe dei veicoli. Sul sito web di ANIA una guida pratica per gli automobilisti

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03/08/2015 Ora il vero incubo delle strade sono le auto senza assicurazione - Intervista Umberto Guidoni - La Stampa

15/07/2015 Abolizione della tortura: addio vecchio tagliando assicurativo

09/07/2015 Distribuzione: il nuovo ruolo degli agenti

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09/07/2015 Rc Auto: rivoluzione digitale, niente più documenti di carta

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02/07/2015 Quasi 4 milioni i veicoli fantasma

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02/07/2015 Rc Auto, Minucci "Prezzi in calo ma aumentano veicoli non assicurati"

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02/07/2015 Rc Auto: Minucci, "Bene controlli telematici ma serve modifica al codice della strada"

Aldo Minucci, Presidente ANIA - RADIO RAI1

Street Control:Le prime sentenze

Arrivano le prime due sentenze sullo street control
Ma cos’è lo ‘street control’ e come funziona? Lo ‘street control’ è un nuovo strumento di controllo della viabilità e della sicurezza stradale recentemente adottato dalla Polizia Municipale. Il modulo street control consente la rilevazione di illeciti al codice della strada e il conseguente controllo sul territorio in piena mobilità con smartphone o tablet pc con sistema operativo Android. La compilazione dell’avviso viene integrata con informazioni sulla posizione Gps e foto, nonché con le notizie fornite dalle banche dati. In tempo reale è possibile rilevare la situazione delle auto visionate lungo il tragitto per ciò che riguarda l’assicurazione, la revisione, il furto. Questo dispositivo consente ai Vigili urbani di riprendere la targa delle automobili in sosta e di elevare contravvenzioni in movimento, secondo una logica denominata ‘a strascico’. Si tratta di uno strumento dotato di fotocamere e videocamere che, installato sulle volanti della Polizia Municipale, consente di riprendere la targa e gli altri dati relativi al veicolo ed al luogo ove questo viene “fotografato”, di trasmettere questi dati ad una centrale operativa e di elevare, così, in maniera veloce ed automatica le multe per divieto di sosta. In pochi minuti il computer registra decine di targhe, con la verifica immediata del proprietario, del bollo e dell’assicurazione

Lo Street Control funziona anche di notte (grazie ad un sistema infrarossi) ed eleva fino a 6 multe al minuto, ma il suo utilizzo non è più indiscriminato come nel 2010: a Torino, nella prima sera in cui venne utilizzato, aiutò i Vigili ad elevare ben 78 contravvenzioni. Questi numeri sono irraggiungibili dal giugno 2012, da quando cioè il Ministero dei Trasporti spiegò che non basta riprendere con la telecamera un’auto in divieto di sosta per poter inviare la multa. Se la Polizia municipale usa lo Street Control per accertare le infrazioni, gli agenti sono tenuti a cercare subito il trasgressore: in caso contrario la sanzione è nulla. L’automobilista va cercato quando la sua automobile è ancora parcheggiata in malo modo.

L’art. 201 del Codice della Strada consente, infatti, la “contestazione non immediata della violazione del divieto di sosta nel caso di accertamento in assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo”. Ciò significa che, se il conducente si trova nelle immediate vicinanze del veicolo, la sanzione gli va immediatamente contestata. Se la multa viene spedita a casa senza che sia stata preventivamente direttamente e immediatamente contestata al trasgressore se ne può chiedere l’annullamento.

In sintesi: non si realizza proprio una violazione del divieto di sosta (e, quindi, non si può elevare la relativa sanzione) se all’interno dell’auto era presente il conducente (in questo caso la sanzione potrà essere elevata solo per violazione del divieto di fermata e solo se, lungo la strada, era presente un segnale di divieto di fermata). Si realizza, invece, una violazione del divieto di sosta se il conducente si trova fuori dall’auto, ma in questo caso la violazione deve essere immediatamente contestata dagli agenti accertatori e non sarà possibile utilizzare lo Street Control in modalità completamente automatica, senza l’intervento diretto degli agenti accertatori.

Qui puoi scaricarne una delle due.
I lettori affezionati potranno vedere entrambi le sentenze nel "drive"
Si ringrazia il collega Roberto C. per aver fornito copia delle sentenze
Come dice qualcuno:LA FIDUCIA E' UNA COSA SERIA"

Insegna luminosa Farmacia.Parere MIT 3353 del 21.07.15







Antitrast: Illegittima la delibera che stabilisce le fasce di chiusura serale e notturna obbligatoria dei P.E.

AS1209 - COMUNE DI FERRARA - FASCE DI CHIUSURA OBBLIGATORIA SERALE E NOTTURNA DEGLI ESERCIZI DI SOMMINISTRAZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE (vedi sotto)

Vedi anche:

http://www.omniavis.it
 

Parere Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - 22/07/2015 - Prot. n. 3630 - Segnaletica invalidi

Oggetto: Attuazione articolo 3 del D.P.R. 30 luglio 2012, n. 151

Con riferimento alla nota Prot. 11723/U.P.M. del 25 giugno u.s. si rappresenta che appare quanto meno singolare il fatto che codesta Amministrazione (solamente a distanza di un mese dalla scadenza del termine) si sia posta il problema dell'adeguamento della segnaletica stradale per l'individuazione e la delimitazione degli spazi riservati ai veicoli al servizio dei diversamente abili, alle intervenute modifiche apportate dal D.P.R. In oggetto.
L'adeguamento – su scala nazionale – della segnaletica stradale orizzontale e verticale relativa alla mobilità delle persone diversamente abili (rappresentazione grafica e cromatica del nuovo contrassegno) era da attuarsi in larga parte all'interno delle ordinarie procedure di manutenzione. E' chiaro che, come fa rilevare codesto Ente, potrebbero essere invocate situazioni di irregolarità ancora non sanate.

Ad ogni modo lo scrivente ufficio è del parere che per il caso di specie possa ritenersi valida la previsione di cui all'articolo 77, comma 5, del D.P.R. n. 495/1992 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo Codice della Strada) il quale recita: "...E' consentito il permanere in opera di segnali già installati che presentano solo lievi difformità rispetto a quelli previsti, purchè siano garantite le condizioni di cui agli articoli 79, commi da 1 a 8, e 81....”, con la raccomandazione, tuttavia, di attivarsi tempestivamente all'adeguamento che non sembra comportare un aggravio economico tale da giustificare un ulteriore ritardo.

Bozza Legge su sicurezza urbana e riforma della Polizia locale

Legge su sicurezza urbana e riforma della Polizia locale: sarà la volta buona?

In settimana i Senatori Giuliano Barbolini e Maurizio Saia depositano in Parlamento il testo per la discussione del DDL unificato “Norme di indirizzo in materia di politiche integrate per la sicurezza e la polizia locale”. Chi meglio di Giuliano Barbolini, ex presidente del FESU e tutt'ora membro onorario del FISU può esprimere un'opinione in merito? 


"In questa settimana, non nascondo con una certa soddisfazione per il risultato raggiunto, insieme al co-relatore sen. Maurizio Saia, depositeremo il testo per la discussione del DDL unificato “Norme di indirizzo in materia di politiche integrate per la sicurezza e la polizia locale”. Il testo contiene punti molto qualificanti: prevede di rafforzare gli strumenti istituzionali del coordinamento tra Stato, Regioni ed Enti locali e riconosce, senza ambiguità, alla polizia locale il carattere di organo di polizia del comune o della provincia, in parallelo, ma senza sovrapposizioni, rispetto alle forze di polizia nazionali, che sono l’organo di polizia dello stato.
Oltre a dare forza di legge alla pratica degli Accordi in materia di sicurezza tra Stato, Enti locali - Comuni in primo luogo - e Regioni, prevede anche una sede istituzionale di confronto in materia di sicurezza tra Stato e Regioni, che oggi manca, per facilitare l’incrocio delle competenze statali in materia di ordine e sicurezza pubblica con quelle regionali in materia di polizia amministrativa locale.
In tema di polizia locale,  il testo unificato contiene una definizione della funzione di polizia locale, delle modalità del suo esercizio, delle specifiche qualifiche di polizia locale da attribuire agli operatori e dei conseguenti poteri, della dimensione minima che debbono avere le struttura per rendere un servizio adeguato. Quattro punti che rappresentano l’architrave per un disegno di riforma.

Quanto agli strumenti operativi il testo presenta soluzioni innovative e penso convincenti su una serie di questioni aperte da anni e la cui soluzione permetterà una generale qualificazione dell’attività delle strutture di polizia locale. Tra queste vale la pena ricordare::
  • la possibilità di accesso ai sistemi informativi del Dipartimento della pubblica sicurezza che consentano agli operatori di polizia locale di svolgere appieno le proprie funzioni di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria;
  • il numero unico nazionale a tre cifre per accedere alle strutture di polizia locale;
  • l’obbligo della formazione e la costituzione da parte delle Regioni di adeguate strutture formative per la polizia locale;
  • la definizione di procedure innovative per un’adeguata selezione dei comandanti e il loro inserimento nei Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica;
Il testo prevede infine l’equiparazione dei trattamenti previdenziali, assistenziali e infortunistici  degli operatori di polizia locale a quelli vigenti per gli operatori delle diverse polizie nazionali perché non si possono richiedere a questi particolari operatori di polizia prestazioni qualificate, prevalentemente sulla strada e in contesti complessi senza adeguare i loro trattamenti a quelli vigenti in generale per gli altri operatori di polizia.
Solo sull’armamento e sulla disciplina contrattuale il DDL presenta soluzioni almeno in parte diverse.
Sull’armamento si conviene sulla necessità di superare la disciplina attuale e di prevedere che gli operatori di polizia locale portino sempre l’arma in dotazione. Ma mentre Saia prevede che il porto dell’arma si estenda a tutto il  territorio nazionale, io lo limito ordinariamente al territorio dell’ente nel quale l’operatore presta servizio.
Per quanto riguarda invece la disciplina contrattuale le differenze sono più marcate e investono l’intera materia anche se entrambi, Saia ed io, riteniamo che gli strumenti contrattuali vadano adattati alla specificità della polizia locale. Il Sen. Saia prevede per gli operatori di polizia locale un contratto autonomo di diritto pubblico, diverso e completamente separato rispetto al contratto degli altri operatori dell’ente locale, mentre io prevedo la costituzione di un settore contrattuale autonomo per la polizia locale, ma nell’ambito del comparto contrattuale degli enti locali. Uno separa definitivamente il trattamento di questi operatori, mentre l’altro lo specializza. La prima scelta ha come esito la rinuncia alla contrattazione decentrata a favore di trattamenti nazionali omogenei, la seconda mantiene, invece, la contrattazione decentrata, ma la rende autonoma rispetto a quella degli altri lavoratori dell’ente.
Due soluzioni diverse su due punti importanti rimesse, in primo luogo, alla discussione della Commissione affari costituzionali del Senato, e al confronto pubblico con le Istituzioni regionali e locali, i sindacati, le associazioni professionali. L’auspicio è che il confronto si sviluppi sul merito, senza pregiudiziali di schieramento, o rigidità di contrapposizioni, per mantenere i contenuti di qualità che il DDL esprime, a vantaggio del lavoro degli operatori e dei Sindaci, e nell’interesse dei cittadini  e del benessere e qualità di vita delle diverse comunità locali."
Sen. Giuliano Barbolini
 

Polizia Provinciale: la nota di lettura dell’articolo 5 del DL 78/15 per l’ attuazione delle nuove disposizioni sulla polizia provinciale

Nota diposizioni dl 78/15 Polizia Provinciale
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Orari impianti stradali distribuzione carburanti – Quesito

Risoluzione n. 96211 del 19 giugno 2015 - Orari impianti stradali distribuzione carburanti – Quesito
La risoluzione n. 96211 del 19 giugno 2015 reca precisazioni in materia di orari applicabili agli impianti stradali di distribuzione di carburanti.
96211carburanti.pdf

Quesito in materia di consumo sul posto per le imprese artigiane

Risoluzione n. 86321 del 9 giugno 2015 - Quesito in materia di consumo sul posto per le imprese artigiane
La risoluzione n. 86321 del 9 giugno 2015 reca chiarimenti in merito ai limiti e alle modalità alle quali devono sottostare le imprese artigiane legittimate ad effettuare il consumo sul posto.
86321attartigianale.pdf

Riforma del processo penale

L'Assemblea della Camera ha avviato l'esame del disegno di legge del Governo di riforma del processo penale, per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi. Il provvedimento è composto da 34 articoli, attraverso i quali vengono modificate alcune disposizioni dei codici - penale e di procedura penale - e delle norme di attuazione, e viene delegato il Governo a una riforma del processo penale e dell'ordinamento penitenziario. L'originario disegno di legge del Governo (AC 2798) è stato ampiamente modificato dalla Commissione Giustizia nel corso dell'esame in sede referente.
aggiornato a Monday, 14 September 2015 leggi tutto...

ISTRUZIONI DALL’INPS: GLI EFFETTI DELLA LEGGE DI STABILITA’ 2015 SUI TFS E TFR DEI DIPENDENTI PUBBLICI

L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha diffuso la pubblicazione della circolare n. 154 del 17 settembre 2015 della Direzione Centrale Pensioni, la quale fornisce le istruzioni per l'applicazione delle disposizioni normative della legge di stabilità 2015 ( l. 23 dicembre 2014, n. 190), aventi effetti sui Tfs e Tfr dei dipendenti pubblici. Più specificatamente, l'INPS ha fatto chiarezza in merito alla riduzione percentuale della pensione anticipata prevista per i soggetti con età inferiore a 62 anni ed effetti sui termini di pagamento dei Tfs e dei Tfr in caso di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro da parte di pubbliche amministrazioni; agli effetti sulla pensione e sui trattamenti di fine servizio derivanti dell'abrogazione di articoli del codice dell'amministrazione militare e di altre disposizioni in materia di promozioni ed altri benefici in occasione della cessazione del rapporto di lavoro; all'incremento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva della rivalutazione del TFR con riferimento a redimenti maturati dal 2015; ai termini di pagamento dei Tfr e dei Tfs dei lavoratori iscritti alle gestioni del fine servizio dell'Inps in caso di pensione determinata esclusivamente con il metodo di calcolo retributivo.

Peraltro, l'Istituto ha rinviato alla circolare n. 74 del 10 aprile 2015 per quanto concerne la trattazione degli effetti sui trattamenti pensionistici.

INPS, COMUNICATO, 17 SETTEMBRE 2015.

Circolare n. 154, INPS.

E' reato la captazione di comunicazioni radio delle frequenze di Polizia e Carabinieri

Cassazione PENALE, Sentenza n.37557 / 2015 del 12/05/2015

Assunzioni stagionali di operatori di Polizia locale finanziate con i proventi da sanzioni per violazioni al codice della strada

Comune di Gatteo FC): parere avente ad oggetto le limitazioni gravanti sulle assunzioni stagionali di operatori di Polizia locale finanziate con i proventi da sanzioni per violazioni al codice della strada. Il Collegio evidenzia che, ai fini del calcolo del limite di spesa previsto per il lavoro flessibile dall'art. 9, comma 28 del d.l. n. 78/2010, non devono essere conteggiate le assunzioni a progetto di agenti di Polizia locale operate ai sensi dell'art. 208, comma 5-bis, del d. lgs. 285/1992.

16 settembre 2015 – Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna - Delibera n. 130/2015/PAR ( PDF, 114 kB ) 
 
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Commercio su aree pubbliche:Il sequestro della merce perde efficacia se l'amministrazione non interviene enrtro 10 giorni dall'opposizione

Il Pra verrà abolito dal 2016: ecco la legge che fa tremare l'Aci In arrivo l'Agenzia per il Trasporto Stradale e un documento unico per i veicoli che snellirà la burocrazia

Automobile club d'Italia in fibrillazione. Le palpitazioni hanno avuto inizio a inizio agosto 2015, quando la riforma Madia sulla pubblica amministrazione è divenuta realtà: il disegno legge 3098 ha avuto l'ok definitivo dal parlamento. Infatti, la legge unisce Pubblico registro automobilistico (gestito dall'Aci) e Motorizzazione: vedi qui.

Mancata contestazione immediata a seguito di incidente stradale e verbalizzazione dopo i rilievi

Cassazione, Sez. SECONDA CIVILE, Sentenza n.18139 / 2015 del 21/04/2015, depositata il 16 settembre 2015.
Mancata contestazione immediata ex articolo 201 codice della strada, data la natura delle infrazioni rilevate ... all'articolo 145 comma 2 e 10 codice della strada...

Dichiara falsamente le generalità al personale della pattuglia della Polizia Stradale:Condannato

Condannato ai sensi dell'art. 495 cod.pen.
Qui la sentenza

Art. 30, 1° e 8° co., c.d.s. -Il proprietario ha obbligo della conservazione dei muri di contenimento dei terreni fronteggianti la sede stradale

"la legge impone ai proprietari confinanti con le strade pubbliche una servitù pubblica di conservazione dei muri di contenimento dei terreni fronteggianti la sede stradale, la quale deroga alla
ratio privatistica dell'art. 887 c.c. che regola i rapporti tra i fondi a dislivello" 

Qui la sentenza 18258/15

Disturbo per la quiete pubblica da parte di un night club

Non è dunque giuridicamente corretta l'affermazione del Giudice di merito secondo cui, trattandosi di rumori provenienti dall'esercizio di attività professionale, la condotta integra il solo illecito amministrativo di cui all'art.10, legge n. 447/1995. 

Secondo un diverso indirizzo, il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991, può integrare la fattispecie di reato prevista dall'art. 659, comma secondo, cod. pen., non essendo applicabile il principio di specialità di cui all'art. 9 della legge n. 689 del 1981, in relazione all'illecito amministrativo previsto dall'art. 10, comma secondo, della legge n. 447 del 1995, quando sussista la concreta idoneità della condotta rumorosa a recare disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralità indeterminata di persone, che determina la messa in pericolo del bene della pubblica tranquillità tutelato da entrambi i commi dell'art. 659 cod. pen. (si veda, sul punto, Sez. 1, n. 25103 del 16/04/2004, Amato, Rv. 228244, in tema proprio di superamento dei valori-limite di rumorosità prodotta nell'attività di esercizio di una discoteca). 

Clicca qui per vedere/scaricare la sentenza della Cassazione n.37097/15

Cassazione: il lavoro festivo non può essere imposto

Per la Cassazione il lavoro festivo non può essere imposto e il lavoratore può lavorare nelle festività infrasettimanali come 25 aprile solo se c'è accordo

Con la sentenza n. 16592/2015 dello scorso agosto la Corte di Cassazione ha affermato che il lavoro festivo non può essere imposto, ovvero che nessun datore di lavoro può obbligare un dipendente a prestare servizio in una giornata festiva collocata in mezzo alla settimana.

Il caso ha riguardato una lavoratrice che si era vista comminare una sanzione disciplinare perchè si era rifiutata di lavorare il giorno dell’Epifania. L’azienda infatti aveva imposto a tutti i dipendenti di lavorare in un nuovo punto vendita nei giorni festivi infrasettimanali fra cui l’8 e il 26 dicembre, il 6 gennaio, il 25 aprile e il 1° maggio. La lavoratrice ricorreva contro la sanzione presso il Tribunale di Vercelli, il quale accoglieva il ricorso.

L’azienda a questo punto ricorreva in appello ma anche questa aveva dato ragione alla lavoratrice, rimarcando la sistematicità della violazione del divieto al riposo della stessa azienda, ripetuta su più giorni.

Infine, lo scorso 7 agosto 2015, la Cassazione ha chiuso definitivamente la questione rigettando il ricorso dell’azienda e stabilendo che il lavoro festivo non può essere imposto, quindi il lavoratore può prestare servizio durante le festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze religiose o civili solo se c’è accordo con il datore di lavoro, e non può essere obbligato, ribadendo quindi lo stesso principio già stabilito nella precedente sentenza Cass. 16634/2005.

Per gli Ermellini non costituiscono, inoltre, possibili deroghe le comprovate esigenze aziendali, né il CCNL di settore che prevede la possibilità dello svolgimento dell`attività lavorativa in tutti i giorni della settimana, e neppure il fatto che il lavoro nei giorni festivi venga ricompensato come lavoro straordinario.

La Cassazione ha inoltre ribadito che solo per il personale dipendente di istituzioni sanitarie pubbliche o private sussiste l’obbligo della prestazione lavorativa durante le festività per esigenze di servizio e su richiesta datoriale. Non è però il caso dell’azienda privata in questione che, oltre ad aver visto rigettare il proprio ricorso, è stata condannata anche a pagare le spese processuali.

Fonte: http://www.lavoroediritti.com/
Scarica la Sentenza

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