Zone a traffico limitato: parità di accesso per tutti gli operatori postali

AS1193 - Zone a traffico limitato: parità di accesso per tutti gli operatori postali


COMUNICATO STAMPA
ZONE A TRAFFICO LIMITATO: PARITÀ DI ACCESSO PER TUTTI GLI OPERATORI POSTALI
Nel mercato dei servizi postali, anche ai “corrieri espressi” dev’essere consentito l’accesso alle Zone a traffico limitato delle città italiane, senza discriminazioni rispetto agli operatori comunali e a Poste Italiane. E ciò a tutela e garanzia della libera concorrenza. Nell’esercizio del suo potere di segnalazione, l’Antitrust ha inviato una lettera in questo senso all’Associazione dei Comuni italiani e in particolare a quelli di Vicenza, Verona e Aosta, auspicando che “la regolazione delle Z.T.L. si basi su principi di non discriminazione e di parità di trattamento”, nonché sul “principio di proporzionalità tra i requisiti imposti e il perseguimento della tutela degli interessi pubblici sottostanti alla istituzione delle Z.T.L.”.
L’Antitrust ha rilevato che diversi comuni, per lo svolgimento delle attività di distribuzione merci nelle Z.T.L., si avvalgono di piattaforme logistiche locali, in alcuni casi controllate dal Comune stesso, differenziando l’accesso alle Z.T.L. a seconda che si tratti di veicoli della piattaforma logistica comunale, cui viene garantito l’accesso più ampio, di Poste Italiane o degli altri operatori, tra cui i “corrieri espressi”, che dispongono di “fasce” giornaliere limitate. Tali sistemi cosiddetti chiusi per la distribuzione nelle Z.T.L. sono suscettibili di ostacolare soprattutto l’attività dei corrieri espressi, che subiscono un significativo svantaggio concorrenziale sia rispetto alla società che gestisce la piattaforma locale, sia rispetto a Poste Italiane che – come accade nei comuni di Vicenza e Aosta – gode di un più ampio accesso alle Z.T.L..
Pur considerando la necessità di tutelare l’ambiente e la salute, nonché un’efficiente gestione del traffico, l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato ritiene che questi obiettivi possano essere perseguiti rispettando anche “lo sviluppo concorrenziale dei mercati postali e il principio di libera concorrenza”. Nella sua segnalazione, l’Antitrust cita in proposito gli esempi di Parma e Torino, dove “non sono state costituite piattaforme logistiche comunali e l’accesso è consentito a tutti gli operatori in determinate fasce orarie”. Nel caso in cui il Comune decida di istituire una piattaforma logistica comunale, l’Autorità raccomanda comunque di aprire “un ampio confronto concorrenziale fra gli operatori interessati, affidando la gestione del servizio tramite gara pubblica”.
Roma, 25 maggio 2015
http://www.agcm.it/

Estensione l’omologazione del sistema per il rilevamento automatico delle infrazioni relative al superamento del tempo massimo consentito di permanenza nelle corsie o aree degli aeroporti aperti al traffico civile denominato “TECH-ZTC1”.

Decreto Dirigenziale Prot. 2404 del 25/05/2015
emessa da: Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti
Titolo/Oggetto
Decreto Dirigenziale 25 maggio 2015 n. 2404 Autostrade Tech S.p.A. estensione l’omologazione del sistema per il rilevamento automatico delle infrazioni relative al superamento del tempo massimo consentito di permanenza nelle corsie o aree degli aeroporti aperti al traffico civile denominato “TECH-ZTC1”. documenti da scaricare
Decreto Dirigenziale 25 maggio 2015 n. 2404 Autostrade Tech S.p.A. estensione l’omologazione del sistema per il rilevamento automatico delle infrazioni relative al superamento del tempo massimo consentito di permanenza nelle corsie o aree degli aero » Acrobat 4.0 o successivo - (28.4K bytes)

La prima corsa va ai tassisti: il Tribunale di Milano blocca Uber

Qualche giorno fa anche Report si è occupato dell'applicazione di Uber per trovare un passaggio in auto senza rivolgersi al servizio taxi e il provvedimento era atteso da giorni: e così oggi il Tribunale di Milano con ordinanza del 25 maggio 2015 ha accolto il ricorso promosso ex art. 700 c.p.c. con i quali i tassisti hanno chiesto di inibire l'applicazione Uber POP.


(Tribunale di Milano, sez. specializzata in materia d’impresa, ordinanza 25 maggio 2015)

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Albo Autotrasportatori

Albo Autotrasportatori
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Autorizzazione all'esercizio dell'attività di autotrasporto di cose per conto di terzi per le imprese che intendono utilizzare autoveicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 1,5 ton

Per poter svolgere professionalmente l’attività di trasporto di cose su strada con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 1,5 ton, bisogna essere iscritti all’Albo Autotrasportatori dimostrando il requisito dell’onorabilità.
Modulo di richiesta - allegati 1 - allegati 2 (se si dovessero presentare problemi di compilazione utilizzare come browser il Chrome )

Autorizzazione all'esercizio dell'attività di autotrasporto di cose per conto di terzi per le imprese che intendono utilizzare autoveicoli di massa complessiva a pieno carico superiori a 1,5 ton

Per poter svolgere professionalmente l’attività di trasporto di cose su strada con veicoli  di  massa  complessiva  a  pieno  carico  superiore  a   1,5 tonnellate, o con complessi formati da questi veicoli  è necessario ottenere la specifica autorizzazione all’esercizio.
Autorità competente al rilascio dell’autorizzazione è l’Ufficio della Motorizzazione Civile nella cui circoscrizione ricade la sede principale dell’impresa.
Per ottenere l’autorizzazione bisogna dimostrare di essere iscritti all’Albo Autotrasportatori e di possedere il requisito dello Stabilimento.
Per l’iscrizione all’Albo Autotrasportatori bisogna dimostrare.
    onorabilità;
    idoneità finanziaria;
    idoneità professionale. Nell’ambito dell’idoneità professionale è necessario introdurre una ulteriore distinzione tra:
    Imprese che operano con veicoli di massa complessiva superiore a 1,5 ton e non superiore a 3,5 ton;
    Imprese che operano con veicoli di massa complessiva superiore a 3,5 ton.

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Veicoli da locare senza conducente alle Polizie Locali e da adibire a servizi di polizia stradale

Circolare Prot. 12291 del 22/05/2015 emessa da: Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti
Titolo/Oggetto
div. 5_12291_22052015_locazione veicoli senza conducente alla Polizie locali e da adibire a servizi di polizia stradale documenti da scaricare
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OGGETTO: Veicoli da locare senza conducente alle Polizie Locali e da adibire a servizi di polizia stradale.

Pervengono a questa sede segnalazioni in ordine a difformità di prassi operative, da parte degli UMC, in ordine alle operazioni di immatricolazione, di trasferimento della proprietà o di duplicato delle carte di circolazione relative a veicoli in dotazione delle Polizie Locali da adibire esclusivamente a servizi di polizia locale o a servizi di polizia stradale.

In particolare, sono stati richiesti chiarimenti in merito alla possibilità di rilascio di targhe nazionali, e non delle speciali targhe PL, nel caso in cui si tratti:
1. di veicoli in proprietà di Corpi di Polizia Locale da adibire esclusivamente a compiti di polizia locale;
2. di veicoli in proprietà di corpi di Polizia Locale da adibire esclusivamente a compiti di polizia stradale;
3. di veicoli in dotazione di Corpi di Polizia Locale a titolo di locazione senza conducente, da adibire esclusivamente a compiti di polizia locale;
4. di veicoli in dotazione di Corpi di Polizia Locale a titolo di locazione senza conducente, da adibire esclusivamente a compiti di polizia stradale;
Nel ritenere che la questione interpretativa presenta profili di interesse generale, si ravvisa la necessità, al fine di consentire a tutte le DGT in indirizzo di uniformare l'azione amministrativa degli UMC ricadenti nella proprie circoscrizioni di competenza, di ribadire
preliminarmente quali siano i presupposti per il rilascio delle speciali targhe PL. 
 
AI riguardo, si rammenta che, con circolare prot. n. 7327 del 25 gennaio 2008, questa Direzione Generale aveva avuto modo di precisare come i veicoli adibiti esclusivamente all'espletamento dei servizi di polizia stradale (all'art. 11 c.d.s.) ed in dotazione dei corpi di Polizia locale potessero essere immatricolati con le speciali targhe PL a condizione che:
 
1) fossero intestati a nome di Corpi di polizia Provinciale o Municipale;
2) fossero in disponibilità dei predetti Corpi a titolo di proprietà, di usufrutto, di locazione con facoltà di compera (Ieasing) o di acquisto con patto di riservato dominio, secondo la disciplina contenuta nell'art. 91 c.d.s ..
 
Pertanto, in forza della legislazione illo tempore vigente, era stata esclusa la possibilità che la Polizia Locale potesse avvalersi delle speciali targhe PL per quei veicoli dei quali disponesse secondo forme giuridiche diverse da quelle indicate dalla richiamata norma codicistica. In particolare, era stata quindi esclusa l'ipotesi della locazione senza conducente ancorché a lungo termine.
 
Successivamente, con le disposizione introdotte dall'art. 94, comma 4-bis, c.d.s. e dall'art. 247-bis del relativo regolamento di esecuzione, si sono realizzati i presupposti giuridici per poter assegnare le speciali targhe PL anche ai veicoli in dotazione delle Polizie Locali a titolo di locazione senza conducente e pertanto, con la circolare prot. n.15513 del 10 luglio 2014 (v. paragrafo E.4), si è provveduto a diramare le relative istruzioni operative.

L'attuale possibilità di assegnare le targhe PL anche nel caso di veicoli in locazione senza conducente non ha in alcun modo derogato alla disciplina di detto speciale sistema di targatura, il quale si fonda sulle seguenti norme:

  • art. 94, comma 11, c.d.s., il quale prevede che i veicoli destinati esclusivamenteall'impiego dei servizi di polizia stradale sono immatricolati dal competente UMC su richiesta del Corpo, ufficio o comando che utilizza tali veicoli;
  • dell'art. 246, comma 2, reg. es. e att. c.d.s., il quale demanda al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti la facoltà di fissare le caratteristiche delle targhe diimmatricolazione dei veicoli destinati esclusivamente all'impiego in servizi di poliziastradale, anche in deroga ai criteri fissati nel comma 1, lettere a) e c),dell'Appendice XII al titolo III;
  • decreto ministeriale 27 aprile 2006, n. 209, con il quale sono state individuate le caratteristiche delle speciali targhe di immatricolazione dei veicoli destinatiesclusivamente all'impiego in servizi di polizia stradale.
Pertanto, il presupposto per il rilascio delle targhe PL resta comunque radicato nella inderogabile circostanza che si tratti di veicoli in dotazione della Polizia Locale (ora anche a titolo di locazione senza conducente) e da adibire esclusivamente a compiti di polizia stradale.

Va detto infine che, pur in presenza degli illustrati presupposti, le Polizie Locali non hanno l'obbligo di avvalersi dello speciale sistema di targatura, essendo rimesso al loro insindacabile apprezzamento se richiedere il rilascio di targhe PL o di targhe nazionali.

Tornando quindi alla casistica indicata in premessa, ne consegue che:
1. nel caso di veicoli in proprietà di Corpi di Polizia Locale da adibire esclusivamente a compiti di polizia locale, non sussistono i presupposti per il rilascio delle speciali targhe PL e, pertanto, può essere applicato unicamente l'ordinario sistema di targatura nazionale; nelle righe descrittive della carta di circolazione dovrà essere apposta la seguente dicitura: "Veicolo adibito esclusivamente a servizi di polizia locale - Può utilizzare i dispositivi supplementari di cui all'art. 177 c.d. s.";
2. nel caso di veicoli in proprietà di Corpi di Polizia Locale da adibire esclusivamente a compiti di polizia stradale, il Comando interessato potrà richiedere, a propria discrezione, il rilascio delle speciali targhe PL, ovvero il rilascio delle ordinarie targhe nazionali; in quest'ultima ipotesi, nelle righe descrittive della carta di circolazione dovrà essere apposta la seguente dicitura: "Veicolo adibito
esclusivamente a compiti di polizia stradale - Può utilizzare i dispositivi supplementari di cui all'art. 177 c.d.s.";
3. nel caso di veicoli in disponibilità di Corpi di Polizia Locale a titolo di locazione senza conducente, da adibire esclusivamente a compiti di polizia locale, non sussistono i presupposti per il rilascio delle speciali targhe PL e, pertanto, l'ipotesi ricade necessariamente nell'ambito delle disposizioni generali contenute nell'art. 94, comma 4-bis, c.d.s.; tuttavia, essendo necessario attestare, nell'ipotesi di specie, la destinazione esclusiva del veicolo e la legittimazione all'utilizzo dei dispositivi supplementari previsti dall'art. 177 c.d.s., l'operazione non potrà essere gestita mediante semplice aggiornamento dei dati d'Archivio, su comunicazione del Comando locatario, ma dovrà essere rilasciato un duplicato della carta di circolazione recante, nelle righe descrittive, la seguente dicitura: "Intestazione temporanea effettuata ai sensi dell'art. 94, comma 4-bis, c.d.s. - Veicolo in locazione senza conducente in disponibilità di ......... sino al .......... adibito esclusivamente ai servizi di polizia locale - Può utilizzare i dispositivi supplementari di cui all'art. 177 c.d.s.", inserendo la denominazione del Corpo di Polizia Locale locatario e la data di scadenza del contratto di locazione;
4. nel caso, infine, di veicoli in dotazione di Corpi di Polizia Locale a titolo di locazione senza conducente, da adibire esclusivamente a compiti di polizia stradale, il Comando interessato potrà richiedere:
a) la reimmatricolazione del veicolo con targatura PL; ovvero b) per le ragioni già illustrate nel precedente punto 3), il rilascio del duplicato della carta di circolazione recante, nelle righe descrittive, la seguente dicitura: "Intestazione temporanea effettuata ai sensi dell'art. 94, comma 4- bis, c.d.s. - Veicolo in locazione senza conducente in disponibilità di ........ . sino al .......... adibito esclusivamente ai servizi di polizia stradale - Può utilizzare i dispositivi supplementari di cui all'art. 177 c. d. s.", inserendo la denominazione del Corpo di Polizia locale locatario e la data di scadenza del contratto di locazione.
Ne consegue altresì che, con particolare riguardo alle ipotesi di cui ai precedenti nn. 3) e 4.b), allorquando il veicolo rientri nella disponibilità del locatore occorrerà procedere al rilascio:
di un nuovo duplicato della carta di circolazione, su istanza del locatario, laddove il veicolo venga locato ad altro Corpo di Polizia locale, recante nelle righe descrittive le necessarie annotazioni;
di un nuovo duplicato della carta di circolazione, su istanza del locatore, laddove il veicolo non venga locato ad altri soggetti o venga locato ad un soggetto che non abbia titolo all'espletamento di compiti di polizia locale o stradale; ciò al fine di cancellare le preesistenti annotazioni nelle righe descrittive (in tal caso, peraltro, dal veicolo dovranno essere rimossi i dispositivi supplementari previsti dall'art. 177 c.d.s.); detto duplicato sarà propedeutico alla comunicazione, da parte dell'eventuale nuovo locatario, del nuovo periodo di locazione.

IL DIRETTORE GENERALE
(Arch. Maurizio VITELLI)

DECADENZA DAL DIRITTO AD ESERCITARE L'ATTIVITA' DI CUI ALLA AUTORIZZAZIONE UNICA P.E.

Scarica provvedimento del comune di palermo qui

Palermo:LIMITAZIONI AL COMMERCIO SU AREE PUBBLICHE

O.S. N. 141 DEL 22/05/2015: LIMITAZIONI AL COMMERCIO SU AREE PUBBLICHE.

Palermo, il Comune contro gli ambulanti: stop alle vendite in centro


A deciderlo è un'ordinanza del sindaco Leoluca Orlando, con effetto immediato, che vieta tali attività commerciali in tutta l'area che va da piazza Croci a piazza Vigliena, passando per via Libertà e le piazze Castelnuovo e Ruggero Settimo - See more at: http://www.palermomania.it

Stop al commercio ambulante a Palermo in tutta l’area che va da piazza Croci a piazza Vigliena, passando per via Libertà (comprese le corsie laterali), le piazze Castelnuovo e Ruggero Settimo, le vie Ruggero Settimo, Wagner e via Cavour, piazzale Ungheria, via Meccio, piazza Verdi e via Maqueda (fino ai Quattro Canti). Sono interessate dal provvedimento, inoltre, piazza san Domenico, piazza Bologni, il piano della cattedrale, villa Bonanno, piazza Croce dei Vespri e le piazze Pretoria e Bellini.

A stabilire il nuovo divieto è un’ordinanza del sindaco Leoluca Orlando, con effetto immediato, che ha lo scopo di migliorare il contesto urbano della città e, in particolare, di riqualificare alcune vie e piazze di grande rilevanza storico-culturale, che sono attrattiva per il turismo.

«Con l'Ordinanza si è individuato un criterio che prevenga il contrasto tra venditori ambulanti e commercianti - hanno dichiarato il sindaco e l’assessore alle Attività produttive, Giovanna Marano - oltre che favorire ordine ed equilibrio estetico. Per valorizzare l'armonia commerciale ed il decoro urbano occorre intervenire con provvedimenti che aiutino la sintonia tra gli esercizi in sede fissa ed ambulanti. Le zone per il commercio ambulante sono state individuate per far sì che si avvii un percorso di integrazione, in cui le aree indicate assumano una loro identità commerciale, che possa valorizzare il lavoro ambulante, renderlo più riconoscibile e sintonizzarlo con la rete commerciale fissa. Favorire il decoro urbano impone l'applicazione attenta di regole e principi di innovazione urbana - hanno concluso - e l'ordinanza prevede un perimetro d'inibizione dentro il quale le aree dedicate agli ambulanti rispondano a tali principi».

Il provvedimento è stato dettato anche dalla necessità di agevolare il traffico veicolare, che spesso, nelle zone interessate dal provvedimento è rallentato dalla presenza di ambulanti che, con mezzi e/o banchi mobili, itineranti o temporanei, determinano agli incroci intasamenti che si ripercuotono sull’intera rete viaria e creano disagi per tutti coloro che in quell’area vivono, lavorano o semplicemente si spostano.

«Per non creare alcun nocumento allo svolgimento della propria attività lavorativa - così recita l’ordinanza - tutti coloro che erano autorizzati a svolgere la propria attività all’interno del perimetro inibito, potranno spostarsi nelle aree limitrofe e, in particolare, nelle vie Volturno, piazza San Francesco di Paola, piazza Sant’Oliva, piazzetta Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, piazza Giovanni Amendola e piazza Giovanni Borgese».

Anche in queste aree, in ogni caso, la sosta dovrà avvenire nel rispetto della normativa vigente. Quindi, tutti gli ambulanti, compresi i produttori agricoli e gli artisti, durante l’arco della giornata non potranno sostare sul suolo pubblico per più di un’ora (altrimenti dovranno spostarsi di almeno 500 metri) e non potranno in nessun caso utilizzare banchi su appoggi di fortuna, come carrozzelle, né disporre la merce a terra. Infine, non potranno utilizzare impianti di amplificazione sonora o infastidire i passanti offrendo loro la merce con insistenza.

Saranno il corpo di Polizia municipale e le altre Forze di Polizia a vigilare affinché quanto stabilito venga rispettato.

Apparecchi elettromeccanici utilizzati per l'attività di estetista

Risoluzione n. 204392

Etilometro: C'è oltraggio e non violenza e/o minaccia nella seguente frase pronunciata dall'imputato: "Sono il figlio del sindaco di Sefro, lasciate perdere che è meglio per voi, state facendo un abuso di potere solo perché portate la divisa, senza quella non contate niente"

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 febbraio – 20 maggio 2015, n. 20936
Presidente Agrò – Relatore Fidelbo

Ritenuto in fatto e diritto

1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d'appello di Ancona ha confermato la sentenza del 16 marzo 2010 con cui il Tribunale di Camerino aveva ritenuto M.P. responsabile dei reato di cui all'art. 337 c.p., così qualificati i fatti contestati originariamente, condannandolo alla pena di euro 4.560 di multa, in sostituzione della pena detentiva della reclusione.
Secondo le sentenze l'imputato, al fine di sottrarsi alla prova per etilometro, avrebbe pronunciato le seguenti frasi all'indirizzo dei poliziotti S.R. e A.E.: "sono il figlio del sindaco di Sefro, lasciate perdere che è meglio per voi, state facendo un abuso di potere solo perché portate la divisa, senza quella non contate niente", continuando ad inveire anche all'atto di sottoscrivere i verbali.
2. Il difensore di fiducia dell'imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo tre motivi.
Con il primo denuncia la violazione dei principio di correlazione tra accusa e sentenza, per avere la Corte d'appello confermato la sentenza di primo grado che aveva ritenuto un fatto diverso, condannando l'imputato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale e prendendo in esame condotte non considerate nell'originaria contestazione che riguardava i diversi reati di cui all'art. 336 e 612 c.p.
Con il secondo motivo deduce l'erronea applicazione dell'art. 337 c.p. e il vizio di motivazione, in quanto le prime frasi pronunciate dall'imputato non erano dirette ad opporsi ad un atto dei pubblici ufficiali, tanto è vero che si è sottoposto ai controlli etilometrici; riguardo all'altra frase, quella della pistola, essa non conteneva alcuna minaccia, in quanto è stata proferita in reazione alla mancata verbalizzazione dì dichiarazioni che l'imputato voleva fossero inserite nel verbale.
Con l'ultimo motivo lamenta la mancata applicazione dell'art. 393-bis c.p., ritenendo che la mancata verbalizzazione di quanto l'imputato aveva dichiarato ha costituito un atto arbitrario al quale il P. ha reagito con la frase della pistola.
3. II ricorso è fondato con riferimento al secondo motivo.
3.1. Perché sia integrato il delitto di cui all'art. 337 c.p. è necessario che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto di ufficio o di servizio, mentre nel caso in esame deve escludersi tanto la violenza e la minaccia, quanto la finalità di impedire il compimento dell'atto d'ufficio.
Invero, le frasi in questione, nel contesto in cui sono state pronunciate dall'imputato, dimostrano un contenuto sicuramente oltraggioso, perché rappresentano l'espressione di uno sfogo di sentimenti ostili e di disprezzo verso i pubblici ufficiali, ma non rivelano la volontà di opporsi allo svolgimento dell'atto di ufficio.
Invero, la condotta dell'imputato configura il diverso reato di oltraggio a pubblico ufficiale previsto dall'art. 341-bis c.p., di cui manca nella specie la condizione di punibilità della presenza di più persone, da intendere come persone diverse dagli oltraggiati.
In conclusione, il fatto deve essere qualificato come oltraggio ai sensi dell'art. 341-bis c.p., con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per mancanza di una condizione di punibilità.

P.Q.M.

Qualificato il fatto come reato previsto dall'art. 341-bis c.p., annulla senza rinvio la sentenza impugnata per mancanza di condizioni di punibilità.

Designazione delle imprese di assicurazione tenute a provvedere alla liquidazione dei sinistri a carico del fondo di garanzia per le vittime della strada

Approvato il disegno di legge in commissione Giustizia al Senato.Modifiche al codice penale, all'articolo 380 del codice di procedura penale e al codice della strada, in materia di omicidio stradale

Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 859
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa del senatore SCILIPOTI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 20 GIUGNO 2013
Modifiche al codice penale, all'articolo 380 del codice di procedura penale e al codice della strada, in materia di omicidio stradale
Onorevoli Senatori. -- Il fenomeno dell'infortunistica stradale ha ormai raggiunto livelli di pericolosità non più contrastabili con l'attuale quadro normativo, basato su fattispecie di illecito penale caratterizzate quale elemento psicologico dalla colpa, per lo più specifica in quanto correlata alla violazione di norme di comportamento del codice della strada.
Non esiste nell'ordinamento giuridico un'autonoma ed adeguata considerazione del fenomeno stesso, la cui tutela, proprio per la ricordata gravità delle conseguenze, non può essere affidata solamente a ipotesi di reato dogmaticamente «non volontarie», sebbene recentemente aggravate mediante la previsione di singole fattispecie circostanziate. A chi, per lavoro o per sventura, è stato obbligato a confrontarsi con questo fenomeno, è purtroppo evidente tale mancanza di attenzione specifica per omicidio e lesioni stradali, comunque riconducibili agli omonimi reati colposi, ancorché come già detto in forma aggravata.
Con questa proposta si intende colmare quella che viene sentita come una vera e propria lacuna normativa inaccettabile perché non rispondente a criteri di proporzionalità tra i beni che si mettono a repentaglio (vita ed integrità fisica) e l'atteggiamento psicologico del reo. In tale ottica diventa determinante incidere non soltanto sull'entità della pena e sulle misure che ne garantiscano l'immediata efficacia, ma soprattutto sul corretto inquadramento dell'approccio psicologico di chi, consapevole della pericolosità della propria condotta ne accetta il rischio in totale dispregio delle pressoché inevitabili conseguenze della stessa. Ecco perché si intende creare un quadro sanzionatorio autonomo, ma comunque basato su fattispecie legislative che in circostanze oggettive ben precise e sintomatiche della volontarietà indiretta del proprio operato ne implichino l'inquadramento in tali termini individuando per la prima volta, in Italia, le fattispecie autonome dell'omicidio e delle lesioni personali stradali.
Negli ultimi anni si è assistito a coraggiosi tentativi di giudici che hanno cominciato ad inquadrare non come non colposo l'omicidio riconducibile all'infortunistica stradale, individuando un diverso, e più grave, atteggiamento psicologico dell'autore che in presenza di ben particolari presupposti oggettivi (stato di ebbrezza, alterazione da sostanze stupefacenti), si sia comunque posto alla guida di un veicolo, con ciò solo accettando il rischio, non tanto di produrre un pericolo potenziale alla sicurezza della circolazione, quanto di provocare la morte di altri, in evidente dispregio al bene giuridico «vita», Anche dalla lettura di tali sentenze trae forza l'esigenza di creare già a livello normativo fattispecie autonome sotto il profilo dell'elemento psicologico del reato, che si contrappongano a quelle meramente colpose, per definizione caratterizzate da un livello di disvalore sociale decisamente minore e per certo nemmeno a livello di immaginario collettivo paragonabile a quello che si va necessariamente a ledere.
Per rendere immediatamente intellegibile l'intento di questa proposta, vanno ancora sottolineati tre aspetti:
da un lato, il fenomeno infortunistica stradale -- che produce, in termini di costi sociali, somme pari al 2,6 per cento del prodotto interno lordo italiano -- ha assunto dimensioni e forme tali da necessitare, a livello di interesse istituzionale e di impatto normativo, un decisivo cambio di impostazione, privilegiando la parola «omicidio» a tutto ciò che residualmente lo caratterizza;
dall'altro, la oggettiva difficoltà di individuare un discrimine netto tra dolo indiretto e colpa con previsione, nel caso di morte o lesioni collegate a scontri stradali, causati da individui sotto effetto di alcol e/o droga, che non può essere rimessa all'iniziativa e alla sensibilità di singoli magistrati coraggiosi;
vengono volutamente tralasciate, per doverosa scelta sistematica, certo non per disinteresse, le possibili conseguenze di distorsioni interpretative della normativa sull'assicurazione di responsabilità civile, con il chiaro intento e monito al legislatore futuro di farne oggetto di tempestiva e successiva modifica adeguatrice per garantire l'importante tutela risarcitoria quale ristoro, se non altro materiale, dei gravissimi danni subiti dalle vittime della strada e dai loro familiari.
Con tali premesse sembra chiaro l’impianto del presente disegno di legge che si compone di sette articoli, suddivisi in tre capi ciascuno dedicato all’ambito normativo di riferimento – codice penale, codice di procedura penale, codice della strada – oggetto delle modifiche proposte.

DISEGNO DI LEGGE

Capo I
Art. 1.
(Introduzione del reato di omicidio stradale)
1. Dopo l'articolo 575 del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 575-bis. - (Omicidio stradale). -- 1. Chiunque, ponendosi consapevolmente alla guida di un autoveicolo o di un motoveicolo, in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi, rispettivamente, degli articoli 186, comma 2, lettere b) e c), e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, cagiona la morte di una persona è punito con la reclusione da otto a diciotto anni.
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni ad una o più persone, la pena può essere aumentata fino al triplo, per un massimo di anni ventuno».
2. All’articolo 576, primo comma, del codice penale, le parole: «dall’articolo precedente», sono sostituite dalle seguenti: «dall’articolo 575».
Art. 2.
(Introduzione del reato di lesioni personali stradali)
1. Dopo l'articolo 582 del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 582-bis. - (Lesioni personali stradali). -- 1. Chiunque ponendosi consapevolmente alla guida di un autoveicolo o di un motoveicolo in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi, rispettivamente, degli articoli 186, comma 2, lettera b) e c) e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, cagiona ad alcuno una lesione personale dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da due mesi a due anni.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa se la malattia ha una durata non superiore a venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 583».
Art. 3.
(Modifica all’articolo 589del codice penale)
1. All’articolo 589 del codice penale, il terzo comma è sostituito dal seguente:
«Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:
1) soggetti in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
2) soggetti di cui all'articolo 186-bis, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, e successive modificazioni, che si siano messi alla guida dopo aver assunto bevande alcoliche, qualora sia accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0 e non superiore a 0,5 grammi per litro».
Art. 4.
(Modifiche all'articolo 590del codice penale)
1. All'articolo 590 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al terzo comma, secondo periodo, le parole: «dell'articolo 186, comma 2, lettera c)» sono sostituite dalle seguenti: «dell'articolo 186, comma 2, lettera a), e dell'articolo 186-bis, comma 1» e le parole: «ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope,» sono soppresse;
b) il quinto comma è sostituito dal seguente:
ƒ«Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e nel secondo comma».
Capo II
Art. 5.
(Modifica all'articolo 380 del codicedi procedura penale)
1. All'articolo 380, comma 2, del codice di procedura penale, dopo la lettera m) è aggiunta la seguente:
ƒ«m-bis) delitto di omicidio stradale previsto dall'articolo 575-bis del codice penale».
Capo III
Art. 6.
(Modifiche al codice della strada)
1. Al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 219, comma 3-ter, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Quando la revoca della patente di guida è disposta a seguito di sentenza definitiva di condanna per il reato di omicidio stradale di cui all'articolo 575-bis del codice penale, non è più possibile conseguire una nuova patente di guida o un nuovo certificato di idoneità alla guida per ciclomotori. Qualora la sentenza di condanna riguardi un soggetto che al momento di commissione del fatto non era in possesso di patente di guida o di certificato di idoneità alla guida per ciclomotori, la condanna per il reato di cui al periodo precedente comporta l'impossibilità di conseguire titoli abilitanti alla guida di veicoli»;
b) all'articolo 222, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Quando dal fatto derivi una lesione personale colposa, il prefetto dispone la sospensione della patente da quindici giorni a tre mesi. Quando dal fatto derivi una lesione personale colposa grave o gravissima, il prefetto dispone la sospensione della patente da tre mesi fino a due anni. In caso di sentenza di condanna per i reati di lesioni personali stradali di cui all'articolo 582-bis del codice penale la durata della sospensione della patente è raddoppiata. Nel caso in cui il reato di cui al periodo precedente sia commesso da conducente di età inferiore a 18 anni, lo stesso non può conseguire la patente di guida di categoria B prima del compimento del 25º anno di età. Nel caso di omicidio colposo, la sospensione è fino a quattro anni. Nel caso di omicidio stradale di cui all'articolo 575-bis del codice penale si applica la sanzione accessoria della revoca della patente di guida o del certificato di idoneità alla guida per ciclomotori»;
c) all'articolo 223, comma 1, il secondo periodo è sostituito dai seguenti: «Il prefetto, ricevuti gli atti, dispone la sospensione provvisoria della validità della patente di guida fino ad un massimo di due anni qualora si proceda per ipotesi di reato per le quali è prevista la sanzione accessoria della sospensione della patente. La sospensione della patente è a tempo indeterminato laddove si proceda per il delitto di cui all'articolo 575-bis. Il provvedimento, per i fini di cui all'articolo 226, comma 1, è comunicato all'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida»;
d) all'articolo 223, comma 2, il terzo periodo è sostituito dai seguenti: «Il prefetto, ricevuti gli atti, dispone, ove sussistano fondati elementi di un'evidente responsabilità, la sospensione provvisoria della validità della patente di guida fino ad un massimo di tre anni qualora si proceda per ipotesi di reato per le quali è prevista la sanzione accessoria della sospensione della patente. La sospensione provvisoria della patente è a tempo indeterminato laddove si proceda per il delitto di cui all'articolo 575-bis del codice penale».
Capo IV
Art. 7.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale

Il condominio può intestarsi l'auto

Nota ACI del 11 maggio 2015

Legittimo il sequestro nonostante si tratti di prodotti con marchio registrato, se ingenerano confusione (art. 517 c.p.)


Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 24 marzo – 19 maggio 2015, n. 20600
Presidente Fiandanese – Relatore Verga

Motivi della decisione

Con l'ordinanza in data 9 dicembre 2014 il Tribunale dei riesame di Roma confermava il decreto di sequestro probatorio di capi di abbigliamento recanti le immagini dei personaggi cartoons "Peppa Pig" e "I Puffi" sequestrati a P.X. ritenendo configurabile la fattispecie criminosa di cui all'articolo 517 codice penale .
Ricorre per Cassazione P.X. deducendo che il provvedimento impugnato è incorso in:
1. vizio della motivazione in relazione all'interpretazione dell'articolo 517 codice penale. Sostiene che il tribunale dei riesame non si sarebbe dovuto limitare ad affermare che sussiste una forte similitudine tra i personaggi di cui ai marchi registrati dal P. e quelli di "Peppa Pig" e "I Puffi",ma avrebbe anche dovuto in qualche modo spiegare come l'asserita similitudine potesse ingenerare confusione nei consumatori in ordine all'origine, provenienza qualità della merce considerato che tutti gli articoli oggetto del sequestro recano un cartellino che indica il luogo di fabbricazione, il nome del marchio la sua registrazione e il nome del proprietario dei marchio.
2. Violazione di legge in relazione alla sussistenza dei reato. Sostiene che la semplice negazione dei marchio non realizza il reato in argomento in quanto tale imitazione deve essere idonea a trarre in inganno l'acquirente sull'origine qualità provenienza del prodotto. Sostiene che nel caso di specie potrebbe ipotizzarsi l'utilizzo lecito di un'immagine accattivante e non già un'ipotesi di frode in commercio;
3. omessa motivazione in ordine alla richiesta di sequestro degli articoli a marchio CICINHA. Sostiene che l'asserita similitudine tra il marchio prima indicato e l'immagine "Puffetta" riguarda unicamente il pendaglio o cappellino per altro sfilabile in quanto non cucito sugli articoli .
II 17.3.2015 veniva depositata dalla difesa dei ricorrente memoria illustrativa dei motivi di ricorso.
Il ricorso è inammissibile.
Come già affermato da questa Corte ( Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9389 dei 2013 ) Rv. 255227) la norma di cui all'art. 517 c.p. ha per oggetto la tutela dell'ordine economico e richiede la semplice imitazione del marchio, non necessariamente registrato o riconosciuto, purché sia idonea a trarre in inganno l'acquirente sull'origine, qualità o provenienza del prodotto da un determinato produttore. E' a tale fine, e attraverso un esame sintetico dei segni distintivi - avuto riguardo ai consumatori di media diligenza - che va accertata la somiglianza tra gli stessi, essendo vietato al produttore usare detti segni in modo artificioso ed equivoco, dando al consumatore la possibilità di trarre il convincimento che il prodotto sia stato fabbricato in uno stabilimento invece che nell'altro, reale luogo di produzione. È sufficiente pertanto che il pericolo della confusione nel soggetto acquirente si verifichi anche solo attraverso un esame frettoloso e superficiale del prodotto messo in vendita, quale è quello compiuto dal consumatore di media diligenza e di non particolare diligenza, non potendosi ritenere
scriminata la condotta - trattandosi di reato di pericolo presunto - di chi metta in circolazione prodotti con nomi, marchi e segni distintivi genuini, cioè non contraffatti, ma illegittimi, in quanto usati in modo illegittimo, non occorrendo inoltre - per la realizzazione del reato in esame - un'imitazione completa della denominazione o dei segni distintivi usati da altre ditte, bastando l'uso di denominazioni o segni equivoci che rendano possibile l'inganno. II Tribunale dei riesame si è attenuto a detti principi laddove ha affermato che nel caso di specie, nonostante si tratti di prodotti con marchio registrato (Tobbia e Cicinha), recante la dicitura diversa accanto al personaggio di fantasia, in ogni caso la forte similitudine tra gli stessi e i personaggi originali (Peppa Pig e i Puffi) era idonea a determinare confusione in ordine agli stessi marchi nel pubblico dei consumatori.
Il Tribunale ha pertanto correttamente ritenuto sussistente il fumus del reato di cui all'art. 517 c. p.

II ricorso è quindi inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Chi altera il cronotachigrafo con mezzi artigianali rischia grosso in caso di controllo

Lo ha evidenziato il Tribunale di Ravenna con la sentenza n. 573 del 6 maggio 2015.
Il caso. Un temerario conducente di mezzi pesanti ha deciso di rischiare applicando sul motore del camion un magnete in grado di interferire con la corretta registrazione dei tempi di guida e di riposo e la velocità del mezzo. La polizia municipale, munita di una speciale strumentazione elettronica, ha però riscontrato una serie di anomalie e per questo ha accompagnato il conducente in una officina specializzata per gli approfondimenti tecnici del caso. All’esito del controllo è risultata evidente la manomissione del cronotachigrafo e del limitatore di velocità a causa dell’applicazione di una calamita. Contro le conseguenti pesanti sanzioni per violazione dell’art. 179 del codice stradale l’interessato ha proposto ricorso davanti al giudice di pace che ha accolto le doglianze dell’autista. Tuttavia, il Tribunale ha ribaltato completamente la vicenda confermando le multe e gli accertamenti effettuati dai vigili.
Nessun eccesso di potere da parte dell’autorità. Le modalità di controllo, specifica il Tribunale, «non evidenziano alcun eccesso di potere da parte dell’autorità deputata a garantire il rispetto delle disciplina normativa in materia di circolazione stradale, né si ravvisa alcuna carenza di motivazione nei verbali oggetto di impugnazione risultando chiara la violazione accertata e gli accertamenti fondanti l’addebito elevato». Oltre alle spese di entrambi i gradi del giudizio il conducente ora dovrà pagare tutte le multe con la sospensione della patente. 
Fonte 

Tribunale di Ravenna, sez. Civile, sentenza 6 – 7 maggio 2015, n. 573
Giudice Mazzini
Esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Il Comune di Castel Bolognese ha proposto appello avverso la sentenza n. (…) emessa dal Giudice di Pace di Faenza in data (…) a definizione del giudizio instaurato dal signor P. S. G. di impugnazione dei verbali di contestazione elevati a suo carico in data (…) numeri (…) e (…).
Ritualmente costituitosi in giudizio P. S. G. insisteva per il rigetto dell’avverso appello deducendo in particolare l’inammissibilità e l’improcedibilità ex art.348 c.p.c. nonché l’infondatezza dello stesso.
L’appello è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Le risultanze relative l’accertamento eseguito nei confronti del signor P. S. in data 26.9.2012 conducente dell’autoarticolato di proprietà della società (…), dal quale hanno tratto origine i verbali di cui ai numeri (…) e (…) elevati a suo carico, autorizzano ad affermare la fondatezza delle contestazioni rilevate. In questo senso, debbono infatti ritenersi inequivoche le dichiarazioni rese dal conducente nell’immediatezza del controllo eseguito dalla Polizia Municipale, avendo lo stesso riconosciuto di aver applicato una calamita al bulbo del cronotachigrafo quella stessa mattina, prima di iniziare il viaggio in partenza da Rimini alle ore 9:00, e ciò proprio allo scopo di guadagnare 1 ora di riposo.
A ciò si aggiunga quanto certificato in merito alla conduzione e circolazione del veicolo con cronotachigrafo e limitatore della velocità alterati dall’officina che ha svolto in occasione dell’accertamento i controlli sul veicolo (cfr. allegato (…) al fascicolo di primo grado del Comune di Castel Bolognese), la quale ha riscontrato l’effettiva esistenza di una calamita posta sul bulbo del cronotachigrafo atta ad inibire la trasmissione dei dati al cronotachigrafo ed il funzionamento del limitatore di velocità.
Non si rinviene alcuna contraddittorietà tra le diverse contestazioni elevate a carico del signor P. S. come per contro affermato dal Giudice di Pace nella sentenza appellata. I verbali oggetto di opposizione erano quelli di cui nr. (…) e (…) i quali afferivano, rispettivamente, le infrazioni all’art.179 commi 2 e 9 CdS ed all’art.179 comma 2 bis e 9 CdS. Queste erano state rilevate all’esito del controllo eseguito sul mezzo condotto dal trasgressore fermato mentre era in circolazione il giorno (…). Quanto contestato, per contro, con il verbale nr. (…) peraltro non impugnato dallo stesso signor P. S., afferiscono una violazione commessa a distanza di oltre due settimane dal controllo del (…) dal quale originavano appunto i verbali opposti.
Non può quindi ritenersi vi sia contraddittorietà tra i verbali di cui ai numeri (…) e (…) ed il terzo verbale, il numero (…), mai impugnato, poiché la violazione relativa il mancato rispetto dei tempi di riposo, risalirebbe a 17 giorni prima l’accertamento del (…), mentre l’alterazione del cronotachigrafo con l’apposizione della calamita era stata effettuata, per stessa ammissione del conducente, la mattina del (…) prima dell’inizio del viaggio e non può quindi aver inciso sulle registrazioni del cronotachigrafo risalenti a diversi giorni prima.
Le modalità con le quali era stato eseguito il controllo il (…) sul mezzo condotto dal signor P. S. non evidenziano alcun eccesso di potere da parte dell’autorità deputata a garantire il rispetto della disciplina normativa in materia di circolazione stradale, né si ravvisa alcuna carenza di motivazione nei verbali oggetto di impugnazione risultando chiara la violazione accertata e gli elementi fondanti l’addebito elevato.
Le spese processuali del procedimento svoltosi dinanzi al Giudice di Pace e del presente procedimento di appello come liquidate seguono al soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
accoglie l’appello proposto nell’interesse del Comune di Castel Bolognese e per l’effetto annulla la sentenza n. (…)/2013 qui appellata; condanna P. S. G. al pagamento delle spese processuali del giudizio di primo grado e del presente procedimento di appello che liquida complessivamente in euro 2.490,00 oltre iva cpa e rimb. forf. come per legge per compensi professionali. 

Legge anticorruzione approvata in via definitiva: come funziona e cosa cambia

Cosa cambia e come funziona la legge anticorruzione del governo Renzi e il suo iter in Parlamento. Approvato l'articolo relativo al falso in bilancio.

 Legge anticorruzione: come funziona e cosa cambia

Iniziamo subito col dire che i punti fondamentali sono due: pene più severe e termini perché scatti la prescrizione più lunghi. In due parole, si inaspriscono le pene. Decisione sacrosanta anche se la sua efficacia è tutta da dimostrare e ci si sarebbe potuti attendere qualche risposta più articolata (il Movimento 5 Stelle ha proposto l'agente provocatore che "testi" la correttezza di amministratori & co., l'idea non sembra malvagia).
Falso in bilancio - Se i fatti contestati sono di lieve entità la pena va da un minimo di 6 mesi a un massimo di 3 anni. La lieve entità viene valutata dal giudice, in base alla natura e alle dimensioni della società e alle modalità o gli effetti della condotta dolosa. La stessa pena ridotta (da 6 mesi a 3 anni) si applica nel caso in cui il falso in bilancio riguardi le società che non possono fallire (quelle che non superano i limiti indicati dal secondo comma dell’articolo 1 della legge fallimentare). In questo caso, il reato è perseguibile a querela di parte (della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale) e non d’ufficio. Nei casi base, invece, la pena massima arriva fino a otto anni.
Le pene per i reati di corruzione. Si prevede un aumento di pena per tutti i reati di corruzione, che passano da un minimo di 4 a un massimo di 10 anni a un minimo di sei a un massimo di 12 anni. Leggiamo inoltre su Repubblica che "se dalla corruzione compiuta deriva l'ingiusta condanna la pena passa dagli attuali 5-12 anni ai futuri 8-14 anni. Se dalla corruzione avvenuta deriva una condanna superiore a 5 anni oppure all'ergastolo la pena che oggi va da 6 a 20 anni passa da un minimo di 10 a un massimo di 20 anni. Chi deciderà di collaborare vedrà la pena ridursi di un terzo o anche metà.
Concussione. Lo sdoppiamento della concussione aveva fatto parecchio discutere, in concussione per induzione e per costrizione. Nel primo caso la pena passa da 3-8 anni a 6-10 anni, la concussione per costrizione passa da 6-12 a 8-14.
Il patteggiamento. Il disegno di legge stabilirà che "l'ammissibilità della richiesta di patteggiamento è condizionata all'ammissione del fatto da parte dell'imputato e alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato". Inoltre, come avviene già per i mafiosi, al condannato per corruzione saranno sequestrati tutti i beni di cui non è in grado di dimostrare la provenienza lecita.
Prescrizione. I tempi per usufruire della prescizione saranno allungati per tutti i reati di corruzione, fino a portarli a raddoppiare. Inoltre la prescrizione si potrebbe fermare dopo la sentenza di primo grado, con la promessa di un processo breve d'appello (massimo due anni) e una revisione in Cassazione che non può superare l'anno. Ma di tutto questo si discuterà ancora parecchio e non è chiaro cosa uscirà dal Consiglio dei ministri.
Riparazione pecuniaria - Con una sentenza di condanna per i reati in oggetto, viene "sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio appartiene”.
20 Maggio 2015 - - Con il Ddl anticorruzione si registra "concreta inversione di tendenza" e "positivi passi avanti" che vanno però "integrati". Il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura approva il parere della Sesta Commissione, ma con un nuovo testo dal quale sono stati espunti i passaggi più critici: come quello che parlava di interventi frammentari e insufficienti.
Il relatore togato Piergiorgio Morosini, che nei giorni scorsi aveva parlato di "disorganicità" per quanto riguarda la norma, ha modificato il parere precedentemente espresso. A suo avviso, c'erano stati "fraintendimenti e strumentalizzazioni”. Così alla fine il nuovo testo è passato con il voto favorevole di tutti i consiglieri, tranne quello dei laici di centrodestra.
Il vicepresidente, Giovanni Legnini, evidenzia inoltre come a questo risultato si sia giunti con “l’ulteriore proposta di integrazione del relatore. Nessuna bocciatura per nessuno”.


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Riparto riserva anno 2013 destinata al fondo miglioramento servizi Polizia municipale ex art. 13 l.r. n. 17/1990.

21-MAG-2015 - D.D.G. 126 Serv. 4 del 21-05-2015.

Riparto riserva anno 2013 destinata al fondo miglioramento servizi Polizia municipale ex art. 13 l.r. n. 17/1990.

Simula di soffiare nell'etilometro ma fa "incazzare" l'agente (che mette a verbale che non soffiava ma simulava).

Oramai,  le sentenze le commentano  pure "cip & ciop" (quelli che io definisco "furbetti.."), pertanto, mi limito a riportare il testo della stessa, per capire, senza artifizi, come si è svolta veramente tutta la vicenda.
Di certo, se l'agente non avesse messo a verbale che l'automobilista "non soffiava ma simulava.." , difficilmente la Corte avrebbe potuto assimilare la condotta come rifiuto di sottoporsi alla rilevazione del tasso alcolemico.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 1 – 29 aprile 2015, n. 18093

Presidente Sirena – Relatore Serrao


Ritenuto in fatto


1. La Corte di Appello di Venezia, con sentenza del 9/06/2014, ha parzialmente riformato con esclusivo riguardo alla confisca dell’autovettura, omessa in primo grado, la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Belluno il 31/05/2013, che aveva dichiarato F.E. colpevole del reato previsto dall’art. 186, comma 7, d. Igs. 30 aprile 1992, n.285 in relazione all’art.186, comma 2, lett. c) del medesimo decreto, commesso in data 5 novembre 2010, condannandolo alla pena di mesi nove di arresto ed euro 2.000,00 di ammenda con sospensione della patente di guida per un anno.

2. F.E. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

a) eccezione di incostituzionalità dell’art. 186, comma 7, cod. strada per la violazione degli artt.24, 42,111 Cost. in quanto la confisca del veicolo appartenente ad un terzo ha vulnerato il diritto di colui che non ha preso parte al processo;

b) violazione dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.- difetto di indizi gravi, precisi e concordanti – inosservanza dell’art. 530 cod. proc. pen. per non essere stato provato il rifiuto. Il ricorrente lamenta che la Corte di Appello non abbia tenuto in debito conto la palese e incontestata incapacità fisica dell’imputato di sottoporsi alla prova dell’etilometro. Dal verbale di accertamenti urgenti e dalla deposizione dell’agente accertatore, si assume, emergeva lo stato di alterazione e scompenso psico-fisico del ricorrente, per cui era soggettivamente inidoneo ad espletare la prova, non essendo emerso nella sua condotta nell’imminenza dei fatto il rifiuto di sottoporsi all’accertamento. Secondo il ricorrente, di rifiuto non si poteva parlare per assenza dell’elemento psicologico, non potendosi equiparare l’impossibilità di attuare compiutamente l’alcoltest al rifiuto di sottoporvisi ed essendo tenuti gli agenti a chiedere il consenso all’esame ematico, solo in caso di rifiuto a tale esame potendo contestare il reato punito dall’art. 186, comma 7, cod. strada. L’erronea applicazione di legge si ravvisa, secondo il ricorrente, anche in relazione alla mancanza di prova che il rifiuto sia stato consapevolmente espresso, avendo tenuto il ricorrente, per fatti concludenti, sottoponendosi all’esame, un comportamento inconciliabile con il reato per il quale è stato condannato. La testimonianza dell’agente accertatore avrebbe ingenerato pallidi sospetti di un atteggiamento fraudolento da parte dell’imputato, in contraddizione con l’incapacità fisica quale causa del mancato esito positivo dell’alcoltest risultante dal verbale di accertamenti urgenti;

c) vizio di motivazione in ordine alla colpevolezza dell’imputato. Nel ricorso si deduce che gli elementi dai quali è stato desunto il rifiuto erano contraddittori, essendo la motivazione non effettiva, in quanto fondata su enumerazione di elementi indiziari tra loro contrastanti senza un reale vaglio critico, illogica e contraddittoria, per aver riportato tesi ed antitesi, e fondata su conclusioni incompatibili con i risultati dell’istruttoria dibattimentale;

d) manifesta illogicità della motivazione in punto di determinazione della pena, in quanto l’affermazione di gravità del fatto è basata su un presupposto erroneo e travisato, non essendo la guida avvenuta alle 14:00 bensì alle 23:45 con carreggiata deserta.

3. Con memoria depositata il 13 marzo 2015 il ricorrente ha svolto motivi aggiunti deducendo la rilevanza dell’eccezione di incostituzionalità perché il terzo proprietario del veicolo potrebbe agire contro l’imputato per il danno derivante dalla confisca dell’autovettura, reiterando le censure attinenti il vizio di motivazione in merito alla prova dei rifiuto e deducendo travisamento dei fatti in merito alla determinazione della pena, non avendo la Corte territoriale rilevato che solo due precedenti penali potessero in qualche modo incidere su tale giudizio, essendo le altre condanne oggetto di condono o estinte per l’esito positivo dell’affidamento in prova.


Considerato in diritto


1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché proposto da soggetto carente d’interesse.

1.1. Hanno affermato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che l’interesse richiesto dall’art.568, comma 4, cod.proc.pen. quale condizione d’ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti dei provvedimento da impugnare e sussiste solo se l’impugnazione sia idonea a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente. Occorre, cioè, che il provvedimento del giudice sia idoneo a produrre una lesione della sfera giuridica dell’impugnante e che l’eliminazione o la riforma della decisione gravata renda possibile il conseguimento di un risultato a lui giuridicamente favorevole (Sez. U, n.42 dei 13/12/1995, Timpani, RV. 203093; Sez.3, n.24272 del 24/03/2010, Abagnale, Rv. 247685; Sez.1, n.36038 del 21/09/2005, Kibak, Rv.232254; Sez.6, n.26012 del 27/04/2004, Manghisi, Rv. 229977; Sez.6, n.2158 del 15/06/1998, Mazzesi, Rv.212233).

1.2. Nel caso in esame deve rilevarsi che, in base a quanto emerge dalla sentenza impugnata, il veicolo Fiat Punto tg. AY255PS – condotto dall’imputato all’atto dei controllo dei Carabinieri – è risultato di proprietà di Mason Giampietro, che al momento del fatto era a bordo dell’autovettura dal lato passeggero.

1.3. Oltre a richiamare la possibilità per il terzo proprietario dei bene confiscato di far valere il diritto alla restituzione mediante incidente di esecuzione (Sez. 1, n. 47312 del 11/11/2011, Lazzoi, Rv. 251415), si deve qui in ogni caso sottolineare che la confisca del veicolo disposta con il provvedimento impugnato riguarda un bene non appartenente al ricorrente e che, pertanto, la sua sfera giuridica non è stata lesa, donde l’insussistenza dell’interesse a impugnare (Sez. 3, n.25493 dei 22/04/2009, Petrosillo).

2. II secondo ed il terzo motivo dei ricorso sono infondati.

2.1. Deve premettersi che, nella verifica della consistenza dei rilievi critici mossi dal ricorrente, la sentenza della Corte territoriale non può essere valutata isolatamente, ma deve essere esaminata in stretta ed essenziale correlazione con la sentenza di primo grado, sviluppandosi entrambe secondo linee logiche e giuridiche pienamente concordanti, ditalchè – sulla base di un consolidato indirizzo della giurisprudenza della Corte di legittimità – deve ritenersi che la motivazione della prima si saldi con quella della seconda fino a formare un solo complessivo corpo argomentativo e un tutto unico e inscindibile (Sez. U, n.6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191229).

2.2. I giudici di merito hanno correttamente qualificato come rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcolemico la condotta dell’imputato, descritta nella sentenza di primo grado in termini di <tre tentativi simulati di soffiare nell’etilometro> e nella sentenza di appello, sulla scorta della deposizione dell’agente accertatore, come segue: <ha provato a soffiare ma vistosamente lui tentava di soffiare ma non soffiava cioè … simulava>. Nella sentenza impugnata si è rilevato che il rifiuto era stato attestato anche nel verbale di accertamenti urgenti e si è ritenuto che, nonostante dal verbale risultasse l’incapacità del generalizzato di eseguire la prova viste le sue incapacità psico-fisiche, la prova dichiarativa avesse fugato ogni possibile dubbio in merito alla volontà dell’imputato di non sottoporsi all’accertamento.

2.3. La Corte ha, dunque, ritenuto, in conformità al giudice di primo grado, che il comportamento dell’imputato fosse sussumibile nella fattispecie astratta che prevede la rilevanza penale del rifiuto di sottoporsi all’accertamento dei tasso alcolemico, interpretando come rifiuto la condotta ripetutamente elusiva del metodo idoneo a consentire la rilevazione. Si tratta di corretta qualificazione giuridica del fatto espressa con motivazione esente da vizi, non essendo previsto che la condotta tipica del reato si debba concretare in un rifiuto verbale. Giova, in proposito, ricordare che nella giurisprudenza della Corte di legittimità è stata ritenuta sussumibile nella fattispecie astratta disciplinata dall’art.186, comma 7, cod. strada anche la condotta ammissiva dello stato di ebbrezza, indirettamente espressiva del rifiuto di sottoporsi all’accertamento (Sez.4, n.36566 dei 18/09/2006, Baruffaldi, Rv. 235371; Sez.4, n.3444 del 12/11/2003, dep. 2004, Simoncelli, Rv. 229784).

2.4. A ciò deve aggiungersi che la condotta tipica del reato contestato si sostanzia nella manifestazione di indisponibilità da parte dell’agente a sottoporsi all’accertamento alcolimetrico (Sez. 4, n. 5909 del 08/01/2013, Giacone, Rv. 254792) e si distingue nettamente dalla condotta costitutiva del reato di guida in stato di ebbrezza, rispetto al cui accertamento si può atteggiare, ancorchè non strutturalmente, in termini di reciproca alternatività allorchè l’attività istruttoria espletata non consenta di desumere a/iunde lo stato di alterazione psico-fisica penalmente rilevante del guidatore.

3. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.

3.1. Con riguardo al trattamento sanzionatorio, la Corte territoriale ha confermato la pena di mesi nove di arresto ed euro 2.000,00 di ammenda elencando i numerosi precedenti penali gravanti sull’imputato e valutando la gravità del fatto (il riferimento alle ore 14:00 è un evidente refuso, essendo pacifico che il fatto si sia verificato intorno alle ore 24:00). La Corte territoriale non era, peraltro, tenuta ad enunciare in maniera articolata gli elementi valutativi seguiti nella determinazione della pena, essendo l’obbligo motivazionale inversamente proporzionale all’entità della sanzione irrogata, né è possibile in questa sede operare un controllo così rigoroso del criterio adottato come quello richiesto dal ricorrente, a fronte di una motivazione che, sul punto, si presenta ampiamente satisfattiva. In ogni caso il giudice, alla luce dei criteri di determinazione della pena di cui all’art. 133 cod. pen., può considerare i precedenti giudiziari, ancorché non definitivi, e, pertanto, a maggior ragione può tener conto dei reati estinti (Sez. 5, n. 39473 dei 13/06/2013, Paderni, Rv.257200). A ciò deve aggiungersi che la valutazione degli elementi sui quali si fondano la concessione o il diniego delle attenuanti generiche, ovvero il giudizio di comparazione delle circostanze, nonché in generale la determinazione della pena, rientrano nei poteri discrezionali del giudice di merito, il cui esercizio, se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’art.133 cod.pen., è censurabile in Cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve senz’altro escludersi, avendo il giudice fornito adeguata e logica motivazione con riferimento alle ragioni giustificative della conferma della sanzione applicata dal Tribunale.

4. II ricorso, per le anzidette ragioni, deve essere rigettato; segue, a norma dell’art.616 cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Organizzazione comune dei prodotti agricoli, per quanto concerne le dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari.

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Modalita' di applicazione dell'articolo 151, del regolamento (UE) n. 1308/2013, recante organizzazione comune dei prodotti agricoli, per quanto concerne le dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari. (15A03682) (GU Serie Generale n.115 del 20-5-2015)

SICUREZZA STRADALE - NOTA INTERPRETATIVA ANCI SU RIPARTIZIONE PROVENTI MULTE

[20-05-2015]

In relazione alle sanzioni rilevate con dispositivi autovelox di cui all’articolo 142 del C.d.S. ed in applicazione a quanto contenuto nell’art. 4-ter commi 15 e 16 del D.L. 16/2012 convertito in Legge n. 44/2012, l’Anci ha predisposto la nota interpretativa sui proventi infrazioni stradali per l’annualità 2015. Tale nota segue alla precedenti, già elaborate per le annualità 2014 e 2013.Di seguito si pubblicano le note in oggetto.
 

La questione “sicurezza” della P.M. di Messina

Dopo i fatti accaduti dentro il Tribunale di Milano, la questione “sicurezza” esplode anche dentro i locali del Municipio di Messina ed investe direttamente la Polizia Locale dello stretto.
A S.E. SIG. PREFETTO DI MESSINA
AL SIG. SINDACO DI MESSINA
AL SIG. ASSESSORE ALLA P.M. DI MESSINA
AL SIG. DIRETTORE GENERALE DEL COMUNE DI MESSINA
AL SIG. COMANDANTE P.M. DI MESSINA
Non più tardi di un mese fa avevamo messo in evidenza, dopo i fatti accaduti dentro il Tribunale di Milano, la questione “sicurezza” nella fattispecie che riguarda gli operatori della Polizia Locale della nostra Città.
Ciò che si è verificato negli ultimi giorni, all’interno di Palazzo Zanca, e che è culminato ieri con l’irruzione di alcuni manifestanti dentro la stanza del Sindaco, nonostante il presidio della Polizia Municipale, ripropone in tutta la sua drammaticità lo stato di esasperazione e il degrado sociale che impatta inevitabilmente contro chi è deputato a far rispettare le regole.
Bisognerebbe entrare nel merito delle attribuzioni della Polizia Municipale e affermare prioritariamente che l’”evento” di ieri non è dissimile dai tanti casi di proteste eclatanti che hanno interessato il Palazzo Municipale, quale simbolo della rappresentanza dei bisogni dei cittadini. In questo senso, è di tutta evidenza che i Poliziotti Locali non svolgono solamente compiti di vigilanza ma sono chiamati, come ieri, ad intervenire sulle turbative di ordine pubblico, funzione peraltro, quella di pubblica sicurezza, cosi come stabilisce la legge, ausiliaria, e la cui titolarità è demandata ad altri.
Ribadiamo, cosi come abbiamo fatto in passato, che non si tratta di tirarsi fuori dai problemi, ma, vista la situazione generale, è necessario affrontare simili questioni in maniera complessiva e nelle sedi deputate, anche per dare le opportune tutele a chi svolge questa professione e che non può essere mandato allo sbaraglio col rischio della propria integrità fisica.
L’apertura di Palazzo Zanca, voluta da questa Amministrazione, come atto simbolico, ha corrisposto inevitabilmente ad un’esposizione del personale e di chi lo frequenta per ragioni del proprio lavoro e della propria funzione, a rischi per la propria sicurezza, generati dai tanti che girano e che soggiornano all’interno dello Stabile e che inevitabilmente rendono assai difficile il lavoro della Polizia Municipale peraltro insufficiente nei numeri.
Se, così come riferisce il Comandante, l’Ass. Panarello si è resa conto e lamentata della carenza del Personale di P.M., dobbiamo prendere atto, finalmente, che ci si accorge del nostro delicato ruolo e della nostra presenza in quei momenti in cui è a rischio la sicurezza dei cittadini. Questo corrisponde appieno con quanto in questi anni urliamo a squarciagola. La carenza di organico della P.M. di Messina non è la condizione per sfoggiare tematiche sindacali, ma un elemento imprescindibile che va affrontato prioriatariamente.
Sarebbe altrettanto opportuno che la stessa informasse l’Assessore Cacciola, assessore alla P.M, il quale evidentemente non riconosce questi numeri e si affanna a varare piani che prevedono impegno massivo di personale. Occorrerebbe chiarire che la buona riuscita di ogni operazione è legata, non solo all’annuncio della stessa, ma alla possibilità di poterla effettivamente sostenere nel tempo e verificarne gli effetti.
Siamo dell’idea, e per questo disponibili al confronto, che è arrivato il momento di stabilire le priorità effettive su quello che dovrà essere l’impegno della Polizia Municipale di Messina, stante la molteplicità di funzioni, molte delle quali inderogabili, e per le quali l’Amministrazione dovrà immediatamente predisporre gli atti dovuti.
Messina, 21 Maggio 2015
IL SEGRETARIO PROVINCIALE Dott. Giuseppe Gemellaro

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