domenica 29 ottobre 2017

Taratura autovelox: Il MIT fa un passo indietro

A poco più di un mese il MIT ritorna sui propri passi ed emette un nuovo parere.

Qui potete leggere il nuovo parere e l'articolo di Maurizio Caprino sul "il sole 24 ore":
Taratura autovelox, basta una velocità «bassa». Evitato lo stop ai controlli

Qui invece il precedente post

sabato 28 ottobre 2017

Se manca il verbale di contestazione il Prefetto non puo' chiudere il P.E. che somministra alcolici dopo le 2,00

Pubblicato il 25/09/2017

N. 09891/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00221/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 221 del 2009, proposto da:

Micieli Fabio, in proprio e quale legale rappresentante della Nags s.r.l., rappresentato e difeso dagli avvocati Attilio Pecora e Alberico Marracino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alberico Marracino in Roma, corso Trieste, 16;
contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Prefettura di Roma;

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

del provvedimento del Prefetto della Provincia di Roma prot.n. 103381/Area I TER 0.S. del 12.12.2008, notificato l’8.1.2009 (con l'annotazione "deve sospendere dal 9.1.2009 al 15.1.2009 compreso"), di chiusura per sette giorni a decorrere dalla data di notifica del locale "Nags'" per la violazione dell'art. 6, comma 2 della legge n. 160/07 per non avere interrotto la somministrazione di alcolici dopo le ore 2,00;

del rapporto amministrativo della Sezione Polizia Amministrativa Reparto Esercizi Pubblici della polizia Municipale di Roma nr. 105677 del 29.5.2008, redatto a seguito di sopralluogo effettuato in data 18.5.2008, richiamato nel suddetto provvedimento prefettizio, mai notificato, successivamente conosciuto;

della comunicazione di avvio del procedimento per l'adozione di provvedimento sanzionatorio della Prefettura di Roma prot. n. 57516 del 25.6.2008, per violazione dell'art. 6, comma 2 Legge n. 160/07;

di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente;

ove e per quanto occorra, dei "pareri" formulati dal Ministero dell'Interno con le note nr. 11019/1(3) del 2.2.2008, nr. 557/PAS 16444.13500B(18) del 12.3.2008 e 557/PAS.568.13500.B(18) del 23.4.2008, richiamate nel provvedimento prefettizio impugnato, mai conosciute, con riserva di motivi aggiunti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2017 la dott.ssa Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in epigrafe Fabio Micieli, in proprio e quale legale rappresentante della Nags s.r.l., ha impugnato il provvedimento del 12.12.2008, notificato l’8.1.2009, con cui il Prefetto della Provincia di Roma ha disposto la chiusura per sette giorni del locale "Nags'" per la violazione dell'art. 6, comma 2 della Legge n. 160/07, per non avere interrotto la somministrazione di alcolici dopo le ore 2,00, nonché gli atti presupposti dell’ordine di chiusura.

Il ricorrente ha esposto di essere titolare delle licenze relative al locale di pubblico trattenimento danzante e di somministrazione di alimenti e bevande all'insegna "Nags" sito in Roma, via IV Novembre, n. 138B; in data 18 maggio 2008 personale della sezione Polizia Amministrativa della Polizia Municipale di Roma aveva effettuato nel suddetto locale un controllo di routine all'esito del quale non veniva redatto e/o consegnato alla gestione alcun atto scritto; quindi, in data 3.7.2008 era pervenuta al ricorrente la comunicazione di avvio del procedimento per l'adozione di provvedimento sanzionatorio ai sensi dell'art. 7, comma 1 L. 241/90, relativa alla supposta violazione, accertata in data 18.5.2008, dell'art. 6, comma 2, della Legge n. 160 del 2.10.2007 per non avere interrotto la somministrazione di alcolici dopo le ore 2,00.

Il ricorrente aveva quindi chiesto ed ottenuto l’accesso agli atti del procedimento, consistenti unicamente nella nota della Polizia Municipale di Roma U.O. I Gruppo Sezione Polizia Amministrativa nr. 105677 del 29.5.2008 indirizzata all'Ufficio Territoriale del Governo di Roma e al Comune di Roma.

Nonostante la presentazione delle memorie difensive la Prefettura con il provvedimento impugnato aveva disposto la chiusura del locale.

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

1.violazione dell’art. 6, comma 2, del d.l. 117/2007, conv. in l. 160/2007, degli artt. 200 e 201 del d.lgs. 285/92, dell’art. 14 l. 689/81, dell’art. 3 l. 241/90, violazione del giusto procedimento, in quanto in occasione del sopralluogo effettuato dalla Polizia Municipale il 18.5.2008 non era stato redatto né consegnato alcun verbale di contestazione, ma solo inviata successivamente alla Prefettura la relazione del 29.5.2008, di tal che il gestore del locale non aveva potuto conoscere le contestazioni formulategli;

2. violazione dell’art. 6, comma 2, del d.l. 117/2007, conv. in l. 160/2007, dell’art. 23 l. 689/81, infondatezza della contestazione, erroneità dei presupposti e dell’istruttoria, in quanto al momento del sopralluogo nel locale non era in corso alcuna somministrazione di bevande alcoliche ma unicamente il consumo delle bevande precedentemente acquistate;

3. incostituzionalità dell’art. 6, comma 2, del d.l. 117/2007, conv. in l. 160/2007, in quanto la norma all’origine del procedimento sanzionatorio era contenuta nel decreto-legge recante disposizioni urgenti modificative del Codice della Strada per incrementare i livelli di sicurezza della circolazione, ma in realtà andava ad incidere sulle attività commerciali interessate introducendo limitazioni all’esercizio delle attività, peraltro in materia di competenza regionale, senza avere diretta attinenza con la sicurezza stradale;

4. incostituzionalità dell’art. 6, comma 2, del d.l. 117/2007, conv. in l. 160/2007, in relazione agli artt. 3 e 41 Cost. e delle disposizioni in materia di concorrenza, per la disparità di trattamento tra i locali di somministrazione di alimenti e bevande dove si svolgevano spettacoli e quelli ove tali attività non venivano esercitate, dove era lecita la somministrazione di bevande anche dopo le ore 2,00;

5. difetto di potestà sanzionatoria del Prefetto, violazione degli art. 194 e ss. e 210 e ss. del d.lgs. 285/92, anche in relazione all’art. 117 Cost. e all’art. 17 l. 689/81, violazione del principio di tipicità e tassatività delle sanzioni amministrative, in quanto la sanzione prevista dal citato art. 6 della l. n. 160/2007 non rientrava in una delle tipologie di sanzioni previste dal Codice della Strada, di tal che il Prefetto doveva ritenersi privo di competenza in materia;

6.violazione degli artt. 9 e 10 del R.D. 773/1931, incompetenza, eccesso di potere sotto vari profili, in quanto le norme del TULPS richiamate dal Prefetto erano del tutto estranee al procedimento che il Prefetto stesso riconduce all'art. 6 della legge n. 160/07 e i provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 10 del TULPS competevano all'Autorità che ha rilasciato i titoli autorizzatori revocati o sospesi, ovvero, nel caso di specie, al Comune di Roma;

7. violazione degli artt. 1, 2, 3, 7, 8 e 10 della L. 241/90 e dell’art. 97 Cost., eccesso di potere sotto vari profili, per l’omessa confutazione della memoria difensiva ex art. 10 L. 241/90 prodotta dall'istante datata 18.7.200 e per la omessa convocazione dell'istante per l'audizione personale, espressamente richiesta;

8. eccesso di potere, incompetenza, in quanto all'atto della notificazione del censurato decreto prefettizio, risultava annotato dal notificatore in calce alla relazione di notifica "deve sospendere dal 09.01.2009 al 15.01.2009 compreso", in netta contraddizione con quanto disposto nel decreto circa l'efficacia del provvedimento "a decorrere dalla data di notifica" avvenuta 1'8 gennaio 2009;

9. violazione dell’art. 6 del d.l. 117/2007, conv. in l. 160/2007, violazione degli art. 24 e 97 Cost., eccesso di potere, per l’immotivata e irragionevole - anche in considerazione del fatto che la contestazione risaliva al 18.5.2008 - determinazione del Prefetto di attribuire al decreto efficacia immediata, essendo peraltro stato adottato il 12.12.2008 e notificato quasi un mese dopo il 8.1.2009.

Si è costituito il Ministero dell’Interno resistendo al ricorso.

Alla camera di consiglio del 29 gennaio 2009 questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare, rilevando la presumibile fondatezza dei motivi di ricorso concernenti la competenza all’adozione dell’atto e la mancata redazione del verbale della Polizia Municipale in sede di sopralluogo.

Alla pubblica udienza del 4 luglio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.

Va premesso che, con il decreto-legge n. 117 del 2007, il legislatore è intervenuto sulla disciplina del codice della strada, al fine di «incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione».

L’art. 6 del decreto stabilisce (comma 2) una serie di prescrizioni a carico dei titolari e dei gestori di locali ove si svolgono, con qualsiasi modalità e in qualsiasi orario, spettacoli o altre forme di intrattenimento, congiuntamente all'attività di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche. Gli interessati, infatti, sono tenuti non soltanto ad «interrompere la somministrazione di bevande alcoliche dopo le ore 2 della notte», ma anche ad «assicurarsi che all'uscita del locale sia possibile effettuare, in maniera volontaria da parte dei clienti, una rilevazione del tasso alcolemico», nonché ad «esporre all'entrata, all'interno e all'uscita dei locali apposite tabelle che riproducano: a) la descrizione dei sintomi correlati ai diversi livelli di concentrazione alcolemica nell'aria alveolare espirata; b) le quantità, espresse in centimetri cubici, delle bevande alcoliche più comuni che determinano il superamento del tasso alcolemico per la guida in stato di ebbrezza, pari a 0,5 grammi per litro, da determinare anche sulla base del peso corporeo».

L'inosservanza di ognuna di tali prescrizioni comporta «la sanzione di chiusura del locale da sette fino a trenta giorni, secondo la valutazione dell'autorità competente» (comma 3).
Tale disciplina è stata in più occasioni ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale, che ha evidenziato, da un lato, l’assenza di profili di irragionevolezza della scelta compiuta dal legislatore con la normativa in esame, che “risponde all'obiettivo, non irragionevole, di limitare la somministrazione di bevande alcoliche in quelle situazioni nelle quali gli effetti conseguenti al loro consumo possono risultare ampliati dall'ascolto di musica, protratto per ore e talora fino al mattino” (sentenza n. 152/2010).

Sotto altro profilo, la Corte ha ritenuto insussistente anche la violazione dell'art. 41 Cost., negando che sia «configurabile una lesione della libertà d'iniziativa economica allorché l'apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all'utilità sociale», purché, per un verso, l'individuazione di quest'ultima «non appaia arbitraria e che, per altro verso, gli interventi del legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue» (sentenze n. 152/2010 e n. 167 del 2009).

La norma in esame, che, come le altre contenute nel decreto-legge n. 117 del 2007, persegue la finalità tipica delle disposizioni concernenti la sicurezza stradale, cioè quella, «connessa alla strutturale pericolosità dei veicoli a motore, di assicurare l'incolumità personale dei soggetti coinvolti nella loro circolazione (conducenti, trasportati, pedoni), risponde quindi a esigenze di sicurezza delle strade (e quindi alla sicurezza degli utenti: art. 41, secondo comma, della Costituzione), per la «protezione di valori primari attinenti alla persona», il cui rispetto «è il limite insuperabile di ogni attività economica» (Corte Cost., sentenza n. 152/2010).

Ciò premesso, va esaminato il primo motivo, con cui il ricorrente ha contestato la violazione dell’art. 6, comma 2, del d.l. 117/2007, conv. in l. 160/2007, e degli artt. 200 e 201 del d.lgs. 285/92 e 14 della l. 689/81, non avendo la Polizia Municipale, in occasione del sopralluogo effettuato il 18.5.2008, redatto né consegnato alcun verbale di contestazione.
La circostanza risulta pacificamente dagli atti di causa.

Peraltro tale verbale non è nemmeno stato inviato successivamente al gestore del locale, in quanto gli agenti accertatori si sono limitati ad inviare successivamente alla Prefettura, in data 29 maggio 2008, una relazione in ordine al sopralluogo effettuato.
Tale circostanza integra una omissione procedimentale che inficia la legittimità del provvedimento di contenuto sanzionatorio in questa sede impugnato.

La mancanza di un verbale dal quale risulti, infatti, quanto riscontrato dagli agenti al momento del sopralluogo, non consente di ritenere accertato il presupposto per l’emissione dell’ordine di chiusura, ovvero la somministrazione in quel momento di bevande alcoliche.

Tale carenza, inoltre, ha impedito alla parte interessata di poter contraddire con riferimento alle circostanze poste alla base del provvedimento sanzionatorio.


La fondatezza di tale censura comporta l’accoglimento dell’impugnazione, senza che residui alcun interesse all’esame delle ulteriori censure, anche considerato che la chiusura del locale è stata disposta per un periodo di giorni 7 e che il Tribunale ha accolto anche l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato.

Il ricorso va quindi accolto, con annullamento dell’atto impugnato.


La peculiarità della vicenda controversa giustifica comunque la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato;

compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2017 con l'intervento dei magistrati:


Germana Panzironi, Presidente
Rita Tricarico, Consigliere
Francesca Petrucciani, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE
Francesca Petrucciani

IL PRESIDENTE
Germana Panzironi


IL SEGRETARIO

Commette reato chi altera la scadenza dell'orario di parcheggio

"...configura il reato di falsità materiale commessa dal privato (artt. 477 e 482 cod. pen.) l'alterazione della scadenza dell'orario di parcheggio sullo scontrino rilasciato dal parchimetro nelle aree adibite alla sosta per le autovetture del Comune, atteso che lo scontrino riveste la caratteristiche tipiche del certificato amministrativo (attestante l'avvenuto pagamento della somma prescritta per la sosta), e dell'autorizzazione amministrativa (autorizzando, per l'orario indicato a sostare nell'area pubblica)..."
Cassazione, Sez. QUINTA PENALE, Sentenza n.48107 del 18/10/2017 , udienza del 22/09/2017,

venerdì 27 ottobre 2017

Il veicolo con nuovo impianto gpl puo circolare e fare la revisione prima della visita di prova, se è già stata prenotato il collaudo

Veicoli da sottoporre a revisione ai sensi dell’articolo 80 del CdS alimentati a GPL o CNG

Data emissione
24-10-2017
Tipologia atto
Circolare
Protocollo
22151
Allegati

2017_10_24 -Prot 22151 Veicoli alimentati a GPL o CNG da sottoporre a revisione ai sensi dell’art. 80 del CdS.pdf
MIT

La cartella di pagamento che trae origine da un verbale non notificato deve essere impugnata entro trenta giorni

Con una sentenza del 22 settembre scorso (sentenza Cassazione SSUU 22080_17) le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno finalmente posto fine ad un lungo periodo di incertezza, stabilendo che deve essere impugnata nel termine di trenta giorni la cartella di pagamento che trae origine da un verbale per violazione del codice della strada non notificato.
Vediamo meglio cosa ha deciso la Cassazione.
Può capitare (succede più spesso di quanto si possa credere) di ricevere una cartella, con la quale viene intimato il pagamento di una sanzione derivante da un verbale di violazione del codice della strada mai notificato. In questi casi nessuno ha mai dubitato che il cittadino debba poter proporre opposizione, facendo presente, per l’appunto, che solo con la notifica della cartella è venuto a conoscenza del verbale.
Ma qual è lo strumento che deve essere utilizzato per proporre opposizione e qual è il termine entro il quale detta opposizione deve essere proposta?
Sino ad oggi la giurisprudenza non aveva dato una risposta univoca. In particolare, negli anni si sono formati due orientamenti, basati entrambi su argomentazioni serie e condivisibili.
Il primo orientamento sosteneva che lo strumento da utilizzare fosse l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., il secondo sosteneva invece che lo strumento fosse quello del ricorso ex 7 d.lgs. n.150/11.
Al di là degli aspetti più tecnici, che interessano poco il cittadino, la grande differenza tra le due teorie consiste nel diverso termine di impugnazione.
Infatti, richiamando la norma dell’art. 615 c.p.c., il primo orientamento sosteneva che l’opposizione potesse essere proposta sempre, senza alcun termine di decadenza. L’altro orientamento, invece, sosteneva che il termine fosse di trenta giorni, come previsto dal comma 3 dell’art. 7 d.lgs. n.150/11.
Ebbene, le Sezioni Unite, con la sentenza n.22080/17, hanno recepito questo secondo e più severo orientamento, affermando il seguente principio: “L’opposizione alla cartella di pagamento, emessa ai fini della riscossione di una sanzione amministrativa pecuniaria comminata per violazione del codice della strada, va proposta ai sensi dell’art. 7 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150 e non nelle forme della opposizione alla esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., qualora la parte deduca che essa costituisce il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata in ragione della nullità o dell’omissione della notificazione del processo verbale di accertamento della violazione del codice della strada. Il termine per la proponibilità del ricorso, a pena di inammissibilità, è quello di trenta giorni decorrente dalla data di notificazione della cartella di pagamento”.
Da oggi in poi, dunque, occorrerà prestare massima attenzione alla data di notifica delle cartelle, perché, una volta trascorsi trenta giorni, non sarà più possibile eccepire la mancata notifica del verbale presupposto.
Ma nella sentenza delle Sezioni Unite c’è un’ulteriore, importante precisazione.
Chi propone opposizione, oltre ad eccepire l’omessa notifica del verbale, potrebbe voler articolare altre difese. La Cassazione ritiene che ciò non sia ammissibile, in quanto:
  • se il Giudice accerterà che la notifica del verbale non aveva avuto luogo, dichiarerà l’estinzione della pretesa sanzionatoria;
  • se invece il Giudice accerterà che detta notifica aveva avuto luogo, dichiarerà inammissibile l’opposizione alla cartella (in quanto essa avrebbe dovuto essere proposta nel termine di trenta giorni dalla notifica del verbale).
In conclusione, dunque, il cittadino che riceve una cartella che trae origine da un verbale non notificato deve proporre opposizione ai sensi dell’art. 7 d.lgs. n.150/11, depositando il ricorso entro trenta giorni dalla notifica della cartella ed eccependo solamente l’omessa notifica del verbale.
Avv. Mauro Sbaraglia

http://www.avvocatosbaraglia.it

giovedì 26 ottobre 2017

SI' ALLA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO SE VEICOLO E' GRAVATO DA FERMO

È fondata la domanda di risoluzione del contratto di vendita di un veicolo usato gravato da fermo amministrativo.

Questo, infatti, costituisce un vincolo sul bene che ne determina una parziale indisponibilità e che, se conosciuto, avrebbe indotto l'acquirente ad astenersi dalla conclusione del contratto.

Così ha disposto il Tribunale di Genova con sentenza n. 1526/2017: l'omissione di tale informazione da parte del venditore professionale rappresenta una grave inadempimento.

“Il fermo amministrativo costituisce in base all'art. 86 del D.P.R. 602/1973 sulla riscossione un vincolo di natura reale sul bene mobile registrato, che ne segue le sorti e la circolazione, determinandone una parziale indisponibilità fin quando non sia assolto il credito tributario principale, da esso assistito: con apprezzabili esiti sanzionatori in caso di circolazione del veicolo interessato”.
 
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Il vice Comandante di P.L. responsabile nella gestione dei ricorsi al C.d.S. può essere sospeso

Legittima la sanzione disciplinare di otto giorni di sospensione dal servizio con privazione della retribuzione irrogata dal Comune nei confronti del vice comandante della Polizia Urbana Municipale, per omissioni e ritardi nella gestione dell'istruttoria di numerosi ricorsi amministrativi (circa trecento pratiche) avverso la contestazione della violazione delle norme del codice della strada
Cassazione, Sez. LAVORO CIVILE, Sentenza n.25378 del 25/10/2017 , udienza del 13/06/2017

Annullata la sentenza al Comandante di stazione CC che non sanziona il veicolo privo di assicurazione

La corte annulla la precedente sentenza e rinvia per un nuovo giudizio in quanto riconosce la non intenzionalità dell'ufficiale nel voler favorire il proprietario dell'auto privo di assicurazione

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 26 settembre – 11 ottobre 2017, n. 46788
Presidente Rotundo – Relatore Capozzi

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Potenza, a seguito di gravame interposto dal Procuratore della Repubblica presso il locale Tribunale avverso la sentenza assolutoria emessa il 17.4.2015 dal GUP del Tribunale di Matera, in riforma della decisione ha riconosciuto V.F. colpevole del reato di cui all’art. 323 c.p. perché quale comandante della Stazione CC. di (omissis) , nell’esercizio delle sue funzioni, in violazione di quanto prescritto dall’art. 193 C.d.S., avendo riscontrato nel corso di un controllo su strada che l’autovettura Opel Vectra condotta dal proprietario T.D. era priva di assicurazione RCA obbligatoria, ometteva di contravvenzionare il T. e procedere al sequestro amministrativo dell’autovettura, così intenzionalmente procurando al predetto T. un ingiusto vantaggio patrimoniale, condannando l’imputato a pena di giustizia.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che, a mezzo del difensore, deduce:
2.1. mancanza di motivazione in relazione all’elemento psicologico del reato, non bastando a sostanziare la intenzionalità del dolo il rilievo operato dalla Corte circa l’obiettiva finalità di vantaggio nei confronti del privato derivante dalla violazione della norma del codice della strada, essendo l’obiettivo perseguito dal maresciallo V. comunque il perseguimento del pubblico interesse.
2.2. Violazione degli artt. 62bis, 132 e 133 cod. pen. essendo ingiustificatamente - nonostante l’incensuratezza dell’imputato e la non gravità dell’omissione - non concesse le attenuanti generiche.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato sull’assorbente primo motivo.
2. Nel delitto di abuso d’ufficio, per la configurabilità dell’elemento soggettivo è richiesto che l’evento costituito dall’ingiusto vantaggio patrimoniale o dal danno ingiusto sia voluto dall’agente e non semplicemente previsto ed accettato come possibile conseguenza della propria condotta, per cui deve escludersi la sussistenza del dolo, sotto il profilo dell’intenzionalità, qualora risulti, con ragionevole certezza, che l’agente si sia proposto il raggiungimento di un fine pubblico, proprio del suo ufficio (Sez. 6, n. 18149 del 07/04/2005, Fabbri ed altro, Rv. 231343); ancora, la prova dell’intenzionalità del dolo esige il raggiungimento della certezza che la volontà dell’imputato sia stata orientata proprio a procurare il vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto. Tale certezza non può provenire esclusivamente dal comportamento "non iure" osservato dall’agente, ma deve trovare conferma anche in altri elementi sintomatici, quali la specifica competenza professionale dell’agente, l’apparato motivazionale su cui riposa il provvedimento ed i rapporti personali tra l’agente e il soggetto o i soggetti che dal provvedimento ricevono vantaggio patrimoniale o subiscono danno (Sez. 6, n. 35814 del 27/06/2007, Pacia e altri, Rv. 237916).
La Corte ha, inoltre, ritenuto che una condotta di omesso controllo in relazione ad una situazione di illegittimità, pur grave e diffusa, negli atti di un’amministrazione comunale non può equivalere a ritenere dimostrata la presenza del dolo dell’abuso di ufficio affermando che la prova dell’intenzionalità del dolo esige il raggiungimento della certezza che la volontà dell’imputato sia stata orientata proprio a procurare il vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto e tale certezza non può essere ricavata esclusivamente dal rilievo di un comportamento "non iure" osservato dall’agente, ma deve trovare conferma anche in altri elementi sintomatici, che evidenzino la effettiva "ratio" ispiratrice del comportamento, quali, ad esempio, la specifica competenza professionale dell’agente, l’apparato motivazionale su cui riposa il provvedimento ed il tenore dei rapporti personali tra l’agente e il soggetto o i soggetti che dal provvedimento stesso ricevono vantaggio patrimoniale o subiscono danno (Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013, Barla e altri, Rv. 255368).
3. Esula, pertanto, dall’alveo di legittimità il giudizio espresso dalla sentenza di "oggettiva finalizzazione" della condotta omissiva posta in essere dal ricorrente, essendosi omesso di motivare sulla intenzionalità favoritrice rispetto ad una condotta tenuta nel corso di un occasionale controllo su strada nei confronti di un soggetto privo di relazioni con il ricorrente ed a seguito del quale non fu comunque consentita la prosecuzione della marcia del veicolo.
4. La sentenza deve, pertanto, essere annullata rinviando per un nuovo giudizio alla Corte di appello di Salerno.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Salerno

Compiuta giacenza:La notifica si perfeziona decorsi 10 gg. dalla spedizione

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 settembre – 19 ottobre 2017, n. 48191
Presidente Fiale – Relatore Gai

Ritenuto in fatto

1. M.G. ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, avverso l’ordinanza del 23/11/2016 con cui il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Pisa ha dichiarato inammissibile l’opposizione presentata avverso il decreto penale di condanna n. 113/2016, con il quale il M. era stato condannato, alla pena di Euro 7.500,00 di ammenda, per il reato di cui all’art. 29 quattuordecies comma 3 lett. a) del d.lgs n. 152 del 2006, perché tardiva.
2. Premette il ricorrente che il decreto penale gli è stato notificato a mezzo postale e che, stante l’assenza del destinatario, gli è stato dato avviso mediante invio di lettera raccomandata, ai sensi dell’art. 8 comma 3 della legge n. 890 del 1982, non ritirata dal destinatario, e con perfezionamento della compiuta giacenza all’11/07/2016, tenuto conto del disposto di cui al comma 4 del medesimo articolo secondo cui la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata.
In tale contesto fattuale, il ricorrente deduce la violazione della legge penale processuale di cui all’art. 170 cod.proc.pen. e art. 8 della legge n. 890 del 1982 e il vizio di motivazione.
Argomenta il ricorrente che dall’avviso di ricevimento della raccomandata inviata al medesimo risulterebbe del tutto incerta la data di spedizione della comunicazione di avviso di deposito di cui all’art. 8 comma 2 della legge n. 890 del 1982, sicché dinnanzi a tale incertezza il Giudice avrebbe omesso di verificare la data delle esperite formalità da parte dell’agente notificatore, avendo solo verificato il decorso di quindici giorni per proporre l’opposizione al decreto penale, decorrente dalla data della compiuta giacenza indicata nell’11/07/2016. Di fronte all’incertezza della spedizione il Giudice avrebbe dovuto considerare quale dies a quo, da cui far decorrere il termine per proporre l’opposizione, dal primo fatto noto successivo ovvero dalla data di ricevimento dell’avviso spedito con lettera raccomandata (in luogo della data di spedizione come previsto dal comma 4 della legge n. 890 del 1982), avviso ricevuto in data 04/07/2016, da cui la tempestività dell’opposizione depositata in data 27/07/2016.
Diversamente argomentando, prosegue il ricorrente, si prospetterebbe una questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 comma 4 della legge 890 del 1982, in combinato disposto con l’art. 170 c.p.p. per contrasto con l’art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede, come dispone l’art. 157 comma 8 c.p.p. per il caso di notificazione a mezzo dell’ufficiale giudiziario, che gli effetti della notificazione decorrano dal ricevimento della raccomandata e non dalla spedizione e ciò per irragionevole disparità di trattamento delle due situazioni.
3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

Considerato in diritto

4. Il ricorso è inammissibile per la proposizione di motivi, sia sotto il diverso profilo della violazione di legge e del difetto di motivazione, manifestamente infondati.
Manifestamente infondata è la censura di violazione di legge in relazione all’art. 170 c.p.p. e art. 8 della legge n. 890 del 1982.
Risulta dagli atti, a cui questa Corte ha accesso in presenza di una questione processuale, che la notificazione all’imputato, a mezzo del servizio postale, si è perfezionata in data 11/07/206, tenuto conto della mancata consegna, attestata al 01/07/2016, come è chiaramente evincibile dalla lettura degli originali delle cartoline in atti; in tale situazione l’opposizione a decreto penale, depositata in data 27/07/2016 è tardiva per decorso del termine di quindici giorni, ex art. 461 c.p.p., decorrente dalla compiuta giacenza, come risulta dal timbro postale, all’11/0/2016.
È noto che, come affermato da consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in caso di notifica a mezzo del servizio postale, la decorrenza del termine di dieci giorni trascorsi i quali la notifica si ha per avvenuta è fissata non con riguardo alla ricezione della raccomandata, con la quale il destinatario viene informato delle attività svolte dall’agente postale, bensì con riferimento alla data dell’invio di detta lettera raccomandata (Sez. 3, n. 11938 del 10/11/2016, Pietrobon, Rv. 270306, Sez. 3, n. 7276 del 11/11/2014, Buttaccio, Rv. 262619; Sez. 3, n. 32119 del 11/06/2013, Busetto, Rv. 257052).
A tali condivisibili principi si è attenuto il giudice che ha ritenuto tardiva l’opposizione, presentata solo in data 27/07/2016 e, dunque, oltre il termine di giorni quindici a decorrere dall’ 11/07/2016, data della compiuta giacenza.
Infatti, notificato il decreto penale a mezzo del servizio postale, risulta dagli atti che, nella specie, risultato assente il destinatario, l’agente notificatore aveva inviato avviso di ricevimento al 01/07/2016, e non ritirato, sicché aveva indicato, al termine delle operazioni compiute, all’li luglio 2016, la data della compiuta giacenza. È stato, dunque, osservato l’adempimento prescritto dalla legge n. 890 del 1982, art. 8 comma 2, come modificato dalla legge n. 248 del 2007, per il caso di mancata consegna dell’atto. Di qui l’avvenuto perfezionamento della notifica all’interessato in data 11/07/2016, ovvero decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata ex art. 8, comma 4 legge cit.
In tale contesto del tutto infondata è la doglianza mossa dal ricorrente secondo cui il giudice avrebbe omesso il controllo sulla data di spedizione, la cui incertezza (peraltro da escludersi dalla visione dell’originale della raccomandata in cui risulta l’invio in data 1 luglio 2016) avrebbe dovuto condurre a dare rilievo alla successiva data di consegna dell’avviso, in quanto ciò che fa fede, e non viene per nulla messo in discussione dal ricorrente, è la data attestata dall’agente notificatore dell’avvenuta compiuta giacenza all’11/07/2016, ovvero l’attestazione che il plico è stato giacente per dieci giorni decorrenti dalla spedizione secondo il disposto normativo. L’art. 8, comma 4, legge cit. prevede appunto, senza eccezioni, che la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al comma 2, ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore, conseguentemente, alcun accertamento doveva essere compiuto dal Giudice a fronte dell’attestazione della compiuta giacenza indicata dall’agente notificatore e non contestata dal ricorrente.
6. Manifestamente infondata è anche la prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 comma 4 della legge n. 890 del 1982 in relazione all’art. 3 Cost. per disparità di trattamento con la disciplina dell’art. 157 comma 8 cp.p, con riferimento alla decorrenza degli effetti della notificazione dal momento di ricevimento della raccomandata e non dall’invio.
In virtù del carattere incidentale del giudizio di legittimità costituzionale, il giudice a quo deve, in primo luogo, verificare che il giudizio alla sua attenzione "non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale" (c.d. "rilevanza"), vale a dire, che la disposizione della cui costituzionalità si dubita dovrà essere applicata nel giudizio a quo e, quindi, che quel medesimo giudizio non potrà essere definito se prima non viene risolto il dubbio di legittimità costituzionale che ha investito la relativa disposizione.
Il presupposto della rilevanza della questione nel giudizio a quo deriva dal disposto dell’art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, secondo cui la questione di legittimità costituzionale può essere proposta solo quando "il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della suddetta questione di costituzionalità".
Occorre, dunque, stabilire in primo luogo se la norma della cui legittimità costituzionale si dubita dovrà essere necessariamente applicata nel presente giudizio. Tale giudizio è positivo giacché, la norma di cui si dubita della legittimità costituzionale deve essere applicata al caso concreto.
Con riguardo all’ulteriore profilo della non manifesta infondatezza, ritiene il Collegio che la questione sia manifestamente infondata in quanto tesa ad investire la Corte costituzionale di una questione che rientra nell’ambito che si deve ritenere riservato alla discrezionalità del legislatore.
La Corte costituzionale ha infatti ripetutamente avvertito che - ove questa sia investita di questioni che sollecitano l’emissione di pronunce manipolative - la decisione deve essere "a rime obbligate", ossia trovare la propria necessità costituzionale già nel tessuto normativo esistente; solo una manipolazione del testo a rime costituzionalmente obbligate consente di ritenere che la Corte costituzionale eserciti una propria prerogativa interpretativa, senza appropriarsi di prerogative di scelta riservate al legislatore.
Nel caso qui in esame non si ravvisa l’esistenza di una risposta "a rime obbligate".
In presenza di procedimenti notificatori diversi (quello a mezzo ufficiale giudiziario e quello a mezzo posta) nel confronto tra le due normative in relazione alla diversa decorrenza degli effetti della stessa, non vi è spazio per una pronuncia a "rime obbligate", tenuto conto che è la stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 346 del 1998) ad aver affermato che, nella disciplina delle modalità delle notificazioni il legislatore non incontra limiti, salvo quelli derivanti dal fondamentale diritto del destinatario dell’atto di essere posto in condizione di conoscere il contenuto di esso e il procedimento al quale si riferisce, diritto alla conoscenza dell’atto che non può dirsi osservato, come vorrebbe il ricorrente, solo dalla "necessaria" estensione della disciplina prevista per gli effetti delle notifiche a mezzo ufficiale giudiziario a quelle a mezzo posta. Non c’è in altri termini spazio per una pronuncia a "rime obbligate".
Peraltro, deve osservarsi quanto al profilo della conoscenza dell’atto, ossia la piena conoscenza del decreto penale da parte del ricorrente che questi aveva rilasciato procura speciale per l’opposizione, sicché la questione sarebbe priva di rilevanza concreta secondo i canoni indicati dai Giudici delle leggi.
7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 c.p.p. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

martedì 24 ottobre 2017

Lo svolgimento di mansioni superiori non dà diritto a ottenere l' inquadramento

Nullo l’accordo con la Pa che inquadra il dipendente nelle mansioni superiori «svolte di fatto»
Nell’ambito del pubblico impiego lo svolgimento di mansioni superiori non dà diritto a ottenere il corrispondente inquadramento. Di conseguenza è nulla la conciliazione tra Pa e dipendente che preveda tale riconoscimento. Come dice la Corte di cassazione con la sentenza n. 25018/2017 depositata ieri, nonostante la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, non scatta il diritto all’inquadramento superiore sia perché ciò determina esborso di risorse erariali sia perché nella pubblica amministrazione vige come regola aurea quella della procedura concorsuale per ricoprire le posizioni lavorative.
Autotutela non esercitabile
L’Office regional du tourisme di Cogne aveva annullato in autotutela i verbali di conciliazione che riconoscevano ad alcuni lavoratori l’inquadramento superiore a partire dal 1° gennaio 2017. Tribunale e Corte d’appello avevano accolto il ricorso dei dipendenti interessati al salto di carriera, sul presupposto che l’autotutela non si può esercitare quando la Pa è in posizione di parte contrattuale, ma solo quando esercita il proprio potere amministrativo. La Cassazione nel dar torto ai giudici di merito precisa che questi avrebbero comunque dovuto riconoscere la nullità dell’accordo conciliativo intercorso tra la preesistente Azienda autonoma di soggiorno e turismo di Cogne e i dipendenti cui erano state affidate mansioni superiori. Infatti, tali accordi violano le norme imperative che governano il pubblico impiego e non sono previsti dalle norme dei contratti collettivi di lavoro.
Rilevanza della nullità
Dunque, secondo la Cassazione, la gestione ormai privatistica del rapporto di lavoro pubblico non consente però alle pubbliche amministrazioni di sorvolare sull’applicazione di norme imperative. Anzi, in tali situazioni, la Pa al pari del datore di lavoro privato non fa che prendere atto della nullità di un accordo negoziale cui legittimamente non dà seguito non adempiendo alla prestazione contra legem. Quindi il vero thema decidendum in tal caso non è se la Pa poteva annullare degli atti negoziali seppure nulli. Potere che non ha. Ma andava semplicemente indagata e affermata la nullità di tali accordi per violazione del testo unico del pubblico impiego, cioè l’articolo 52 del Dlgs 165/2001, dove si afferma che l'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione.
Le mansioni superiori nella Pa
Quindi nella Pa il datore non può attribuire inquadramenti in violazione del contratto collettivo e del testo unico che pone al centro delle assunzioni nella Pa la procedura concorsuale. È quindi nullo qualsiasi atto in deroga anche in melius. Cosicché il dipendente pubblico che di fatto abbia svolto mansioni di qualifica superiore ha diritto a vedersi riconoscere la differenza retributiva per il periodo corrispondente a quello in cui ha rivestito il diverso ruolo. Non a caso il Legislatore, come confermato dalla giurisprudenza di legittimità, ha previsto anche la responsabilità personale del dirigente che abbia dato causa ai maggiori esborsi in maniera colpevole o dolosa.

di Paola Rossi QEL
http://www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com/

Dispositivi controllo velocità a bordo auto.Sentenza Tribunale di Belluno 535/17

Dispositivi controllo velocità a bordo auto, vanno segnalati
Sentenza Tribunale di Belluno apre spiragli a possibili ricorsi contro multe ScoutSpeed


ROMA - I controlli di velocità effettuati con apparecchi installati a bordo di pattuglie in movimento devono essere segnalati come avviene con i normali Autovelox, posizionati a bordo strada. A chiarirlo è la sentenza numero 535/2017 del Tribunale di Belluno. Il pronunciamento, depositato il 12 ottobre, apre un varco per possibili ricorsi contro sanzioni elevate con i cosiddetti sistemi dinamici, tipo ScoutSpeed, in utilizzo da tempo alle Forze dell'Ordine. Confermando il pronunciamento di un Giudice di Pace di Belluno, avverso un verbale elevato dalla Polizia Locale di Feltre, il collegio della cittadina veneta, in composizione monocratica, ha sentenziato che anche l'impiego di tali dispositivi debba essere appunto segnalato come avviene con gli Autovelox, nonostante le disposizioni contrarie contenute nel Decreto Ministeriale numero 282 del 2017. Nel pubblicare e commentare la decisione, il quotidiano di informazione giuridica dirittoegiustizia.it della Giuffé Editore, sottolinea come ''sono nulle le infrazioni accertate in un tratto stradale da una pattuglia in movimento, senza adeguata segnaletica di controllo elettronico in atto''. Il presupposto giuridico di tale pronunciamento deriva dall'accertato contrasto tra norme legislativo di rango differente. Quella che esonera i dispositivi di rilevamento della velocità posizionati a bordo dei veicoli dalla preventiva segnalazione obbligatoria è, infatti, contenuta nel Decreto Ministeriale numero 282 del 2017.


Questa è in evidente contrasto con l'articolo 142, comma 6-bis del Codice della Strada che ''obbliga alla preventiva segnalazione tutte le postazioni di controllo. Dunque, secondo la sentenza - viene chiarito -, una fonte subordinata non può derogare alle previsioni del Codice della Strada''. Per effettuare correttamente le operazioni di controllo possono essere facilmente impiegate, chiarisce il Tribunale, delle modalità di avvertimento come i segnali stradali luminosi a messaggio variabile, installabili sulle pattuglie. Diverso, invece, è il caso di utilizzo dello ScoutSpeed da parte di una pattuglia che poi procede al fermo del trasgressore: ''Come ha osservato il primo giudice - chiarisce il pronunciamento -, poiché in via di principio è richiesta l'immediata contestazione al conducente del veicolo che procede oltre i limiti di velocità, è consentito rilevare in movimento la velocità di un veicolo, per poi fermarlo e contestare immediatamente la violazione ma laddove ciò non avvenga diviene necessario preavvertire i conducenti, mediante segnalazione preventiva e ben visibile, dell'utilizzo della postazione mobile di controllo''.

In sintesi, conclude il commento di dirittoegirustizia.it, senza la contestazione immediata ''il verbale per eccesso di velocità accertato a bordo di un veicolo in movimento non vale senza una preventiva informativa agli automobilisti, come per tutti gli altri controlli sull'eccesso di velocità da effettuare sulle strade''. Da evidenziare che, nella medesima decisione, la Corte ha chiarito che gli stessi apparecchi possono invece essere lecitamente impiegati a bordo dei veicoli in ''borghese'' e senza avvisi esterni per effettuare altre operazioni di verifica come il controllo delle assicurazioni dei veicoli o della revisione periodica.

https://www.ansa.it 17 ottobre 2017

lunedì 23 ottobre 2017

E' legittima l'ordinanza del Sindaco per l'allontanamento di gatti e cani nonchè la sanificazione dell'abitazione civile

L’art. 54, comma 4, del decreto legislativo n. 267/2000 attribuisce al sindaco, quale ufficiale del Governo, il potere di adottare “con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”.
Tale potere è riconosciuto sulla base di presupposti ben individuati dalla giurisprudenza: necessità di intervenire in determinate materie quali la sanità e l’igiene; attualità o imminenza di un fatto eccezionale, quale causa da rimuovere con urgenza; preventivo accertamento da parte di organi competenti della situazione di pericolo e di danno; la mancanza di strumenti alternativi previsti dall’ordinamento, stante il carattere extra ordinem del potere sindacale.
Inoltre il giudice amministrativo, con riferimento ad una fattispecie analoga a quella in esame, ha ritenuto legittima l’ordinanza contingibile e urgente adottata per ragioni igienico-sanitarie, ai sensi dell’art. 38 della legge n. 142/1990 (oggi sostituito dall’art. 54, comma 4, del decreto legislativo n. 267/2000), al fine di provvedere allo spostamento di animali (nella specie cani) tenuti presso la residenza del proprietario in altro luogo idoneo.
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Secondo la giurisprudenza, il provvedimento amministrativo può ritenersi sufficientemente motivato se la motivazione risulta espressa per relationem, ossia facendo riferimento ad atti del procedimento, non essendo neppure necessario che tali siano allegati al provvedimento essendo sufficiente che esso possa essere acquisito con i mezzi previsti dalla legge.
Né giova alla ricorrente dedurre che nella motivazione dell’impugnata ordinanza non viene indicata la norma violata, perché le ordinanze contingibili ed urgenti non sono provvedimenti sanzionatori, essendo finalizzate a prevenire ed eliminare “gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”.
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... per l’annullamento dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Volano n. 66/2016 in data 19.12.2016, prot. 7008, notificata in pari data, con la quale è stato disposto l’allontanamento di gatti e di un cane, nonché un intervento di sanificazione di casa adibita a civile abitazione e parti comuni, e di qualsiasi altro atto presupposto connesso o conseguente;
...
1. Il Collegio ritiene che la decisone assunta nella sede cautelare vada confermata alla luce delle seguenti considerazioni.
2. Innanzi tutto giova rammentare che l’art. 54, comma 4, del decreto legislativo n. 267/2000 attribuisce al sindaco, quale ufficiale del Governo, il potere di adottare “con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”.
Tale potere è riconosciuto sulla base di presupposti ben individuati dalla giurisprudenza: necessità di intervenire in determinate materie quali la sanità e l’igiene; attualità o imminenza di un fatto eccezionale, quale causa da rimuovere con urgenza; preventivo accertamento da parte di organi competenti della situazione di pericolo e di danno; la mancanza di strumenti alternativi previsti dall’ordinamento, stante il carattere extra ordinem del potere sindacale.
Inoltre il giudice amministrativo (TAR Campania, Napoli, Sez. V, 14.10.2005, n. 16477), con riferimento ad una fattispecie analoga a quella in esame, ha ritenuto legittima l’ordinanza contingibile e urgente adottata per ragioni igienico-sanitarie, ai sensi dell’art. 38 della legge n. 142/1990 (oggi sostituito dall’art. 54, comma 4, del decreto legislativo n. 267/2000), al fine di provvedere allo spostamento di animali (nella specie cani) tenuti presso la residenza del proprietario in altro luogo idoneo.
3. Tenuto conto di quanto precede, il primo ed il quarto motivo, suscettibili di esame congiunto, non possono essere accolti.
Innanzi tutto, sebbene l’impugnata ordinanza effettivamente non contenga un espresso riferimento alla disposizione dell’art. 54, comma 4, del decreto legislativo n. 267/2000, tuttavia il Collegio ritiene che -conseguendo l’adozione di tale provvedimento sindacale al verbale di sopralluogo dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari in data 15.06.2016 ed alla successiva relazione di sopralluogo del Corpo di Polizia Locale Alta Vallagarina in data 30.11.2016, ove sono stati inequivocabilmente evidenziati lo stato di degrado dell’immobile di cui è parte l’unità abitativa di proprietà della ricorrente, nonché il conseguente pericolo la sanità e l’igiene pubblica- il provvedimento stesso vada senz’altro qualificato come un’ordinanza contingibile e urgente e, quindi, nessun rilievo possa assumere il mancato richiamo dei presupposti normativi in base ai quali è stato adottato.
Giova poi rammentare che, secondo la giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 22.03.2017, n. 1299), il provvedimento amministrativo può ritenersi sufficientemente motivato se la motivazione risulta espressa per relationem, ossia facendo riferimento ad atti del procedimento, non essendo neppure necessario che tali siano allegati al provvedimento essendo sufficiente che esso possa essere acquisito con i mezzi previsti dalla legge. Pertanto la ricorrente non ha motivo di dolersi del fatto che non siano stati resi disponibili il verbale di sopralluogo dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari in data 15.06.2016 e la successiva relazione di sopralluogo del Corpo di Polizia Locale Alta Vallagarina in data 30.11.2016, perché tali atti sono stati prodotti in giudizio dal Comune di Volano unitamente ai verbali del Corpo di Polizia Locale Alta Vallagarina in data 02.05.2016, 07.05.2016 e 09.05.2016.
Né giova alla ricorrente dedurre che nella motivazione dell’impugnata ordinanza non viene indicata la norma violata, perché le ordinanze contingibili ed urgenti non sono provvedimenti sanzionatori, essendo finalizzate a prevenire ed eliminare “gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”. Quanto poi alle ulteriori carenze motivazionali evidenziate dalla ricorrente, consistenti nella mancata specificazione degli animali presenti nell’edificio e nella mancata allegazione di elementi di valutazione in ordine al pregiudizio per la salute pubblica, è sufficiente leggere i suddetti verbali ed esaminare la documentazione fotografica agli stessi allegata per verificare che il pericolo per la salute delle persone che abitano l’edificio in questione è stato determinato dalla mancata cura degli animali che la ricorrente detiene presso la propria abitazione (particolarmente eloquenti appaiono le descrizioni dello stato dei luoghi contenute nei predetti verbali e le fotografie che documentano la presenza di escrementi di animali nelle parti comuni dell’edificio).
4. Analoghe considerazioni valgono per le ulteriori censure incentrate sul difetto di istruttoria. A tal riguardo non può sottacersi la contraddittorietà delle affermazioni della ricorrente in quanto la stessa, dapprima ammette che «all’interno dell’immobile, costituito da più appartamenti, sono effettivamente presenti degli animali domestici che peraltro non sono di proprietà della ricorrente» (pag. 5) e subito dopo sostiene che i suoi animali «sono ben curati, nutriti e tenuti in stato di benessere» (pag. 6), come sarebbe provato dalla documentazione medica allegata al ricorso.
Ciò posto comunque non giova alla ricorrente lamentare che non è stato effettuato alcun sopralluogo all’interno della sua abitazione, che i luoghi ritenuti insalubri non costituiscono una proprietà esclusiva, essendo parti comuni dell’edificio e che, in definitiva, non sono provate né l’esistenza di una situazione di pericolo, né che tale situazione sia causata dagli animali presenti all’interno della sua abitazione.
Difatti -premesso che la ricorrente non ha indicato quali sarebbero gli altri animali presenti nell’edificio- è sufficiente osservare che:
A) i verbali di sopralluogo costituiscono atti pubblici, sicché fanno piena prova fino a querela di falso di quanto negli stessi attestato dai pubblici ufficiali che hanno eseguito i sopralluoghi;
B) come già evidenziato, i suddetti verbali di sopralluogo e la documentazione fotografica agli stessi allegata comprovano una palese situazione di pericolo per la salute di tutti coloro che abitano all’interno dell’edificio;
C) sebbene dal verbale di sopralluogo dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari in data 15.06.2016 effettivamente si evinca che non è stato possibile accedere all’abitazione della ricorrente, tuttavia dal verbale del Corpo di Polizia Locale Alta Vallagarina in data 09.05.2016 si desume inequivocabilmente che la situazione di pericolo è causata dagli animali presenti all’interno dell’abitazione di proprietà della ricorrente.
In definitiva -tenuto conto dell’istruttoria svolta dall’Amministrazione e del fatto che, come evidenziato dal Comune nelle sue difese, l’adozione dell’impugnata ordinanza è stata preceduta da tentativi di sensibilizzazione, che non hanno però trovato alcun riscontro neppure parziale da parte della ricorrente, che «evidentemente rivendica il diritto di poter trattenere presso la propria abitazione degli animali trascurando il fatto che tale presenza se non è accompagnata dall’adozione di minime operazioni di igienizzazione può provocare situazioni di vero e proprio pericolo per la salubrità»- risulta palese l’interesse pubblico all’allontanamento degli animali in questione.
Del resto, a fronte delle inequivocabili risultanze dell’istruttoria, nessun rilievo assume la circostanza che il regolamento del Comune di Volano per la detenzione e la circolazione di animali non preveda alcun limite numerico alla detenzione di animali, anche perché la stessa ricorrente evidenzia che tale regolamento impone ai proprietari di garantire il benessere degli animali.
5. Risultano poi palesemente infondate le censure dedotte con il terzo motivo, incentrate sulla violazione delle disposizioni di cui all’art. 1 della legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo (legge n. 281/1991) e all’art. 13 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia. Difatti il Collegio ritiene che anche lasciar vivere animali da compagnia in precarie condizioni igienico-sanitarie configuri una forma di maltrattamenti e, quindi, che sia la condotta della ricorrente -e non il provvedimento impugnato- a porsi in contrasto con le predette disposizioni.
6. Infine, quanto all’asserita violazione delle norme sul procedimento amministrativo, il Collegio osserva che la ricorrente non ha replicato alle difese svolte dall’Amministrazione, ove è stato evidenziato che è stata trasmessa, a mezzo raccomandata, la nota del 04.10.2016 recante la comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all’emissione di una «ordinanza di allontanamento dall’immobile ... della colonia felina e del cane e di prescrizione di un intervento di sanificazione», ma la raccomandata non è stata ritirata dalla ricorrente ed è stata, quindi, restituita al Comune per compiuta giacenza.
Inoltre, assume rilevanza decisiva la circostanza che l’Amministrazione abbia ampiamente dimostrato in giudizio come la partecipazione della ricorrente al procedimento non avrebbe comunque potuto incidere sul contenuto del provvedimento finale, stante l’acclarata esigenza di «intervenire sia al fine di tutelare l’igiene e la sanità pubblica, che le condizioni degli animali detenuti dalla signora Al.To.».
Ne consegue -alla luce della disposizione dell’art. 21-octies, comma 2, seconda parte, della legge n. 241/1990, secondo la quale “Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”- la ricorrente non ha motivo di dolersi del fatto che non sarebbe stata posta in condizione di partecipare al procedimento.
7. In definitiva il ricorso deve essere respinto perché infondato (TRGA Trentino Alto Adige-Trento, sentenza 16.08.2017 n. 255 - link a www.giustizia-amministrativa.it).






http://www.ptpl.altervista.org/

Sentenze utili della Corte dei Conti riguardanti il personale

Illegittimo il mandato di pagamento in assenza della determina di liquidazione
Il responsabile del servizio finanziario che effettua i pagamenti dei compensi per straordinari elettorali in assenza del provvedimento di liquidazione della spesa, risponde dell’irregolarità contabile del procedimento di spesa.

Questo il principio ribadito dalla Corte dei Conti, sez. giur. Emilia-Romagna, con la sentenza n. 204 depositata il 17 ottobre 2017.

Nel caso di specie il responsabile del servizio finanziario, a seguito dell’ordine di esecuzione delle erogazioni per straordinari elettorali, aveva disposto il pagamento dei relativi compensi, in assenza di regolare provvedimento di liquidazione della spesa.

Per effetto di tale irregolarità, la Prefettura, su indicazione del Ministero dell’Interno, non aveva ammesso a rimborso le spese per lavoro straordinario corrisposte al personale comunale, che sono quindi rimaste a carico del Comune, nonostante le prestazioni lavorative fossero state rese nell’esclusivo interesse dello Stato.

Tale spesa, in quanto priva di utilità, perché estranea alle funzioni istituzionali del comune, essendo funzione statale, è stata addebitata al Responsabile del servizio finanziario che avrebbe dovuto provvedere all’adempimento delle proprie funzioni con la corretta applicazione dei procedimenti contabili, secondo le fasi disciplinate dagli artt. 184 e 185 del Tuel.

In particolare, rientra nelle conoscenze elementari del responsabile del servizio finanziario, e costituisce adempimento che richiede una diligenza invero minima, accertarsi, prima di emettere i mandati di pagamento, che il responsabile del servizio abbia adottato la prescritta determina di liquidazione della spesa, come prescritto dalla legge.

Leggi la sentenza
CC Giur. Emilia Romagna sent. n. 204 -17


Danno pubblico derivante dalla copertura assicurativa del danno erariale dei propri funzionari
Gli oneri della copertura assicurativa per i danni erariali che amministratori e dipendenti dell’ente potrebbero essere chiamati a risarcire in conseguenza della loro responsabilità amministrativa o contabile nei confronti dell’ente stesso o di altri enti pubblici non possono essere assunti a carico dell’ente medesimo.

L’importo dei relativi premi di polizza posti a carico del bilancio dell’ente costituisco un danno pubblico.

Questo il principio ribadito dalla Corte dei Conti, sez. giur. Toscana, con la sentenza n. 243 depositata il 12 ottobre 2017.

Nel caso di specie il direttore di un ente aveva stipulato una polizza assicurativa volta a coprire la responsabilità civile verso terzi dei propri dirigenti e del collegio di Revisione, e nella specie la responsabilità amministrativo contabile.

Come noto l’art. 3, comma 59, della legge 244/2007 ha previsto la nullità, per illiceità della causa, del contratto di assicurazione stipulato da un ente pubblico a favore dei propri amministratori per i rischi derivanti dall’espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad enti pubblici e la responsabilità contabile, sanzionando l’amministratore che stipula il contratto ed il beneficiario della copertura assicurativa con il pagamento a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare dei premi complessivamente stabiliti nel contratto medesimo.

Tale norma ha tradotto in legge un principio più volte espresso nelle pronunce della Corte dei Conti circa l’illegittimità della stipulazione da parte della p.a. di polizze assicurative volte alla copertura di danni erariali dei propri amministratori e dipendenti (Sezioni Riunite, sentenza n.707-A del 5 aprile 1991; Sezione giurisdizionale Regione Umbria, sentenza n. 553/2002; Sezione giurisdizionale Emilia Romagna, sentenza n.95/2012).

A tal proposito la giurisprudenza contabile ha evidenziato che l’assunzione da parte dell’ente pubblico dell’onere della tutela assicurativa dei propri amministratori o dipendenti, in ordine alla responsabilità amministrativa per danni alle pubbliche finanze, determinerebbe un effetto di deresponsabilizzazione dei pubblici amministratori e dipendenti i quali, i forza di tali polizze, pur gestendo risorse pubbliche ed esercitando pubbliche funzioni, non risponderebbero mai personalmente dei danni causati agli enti pubblici cui sono legati da rapporto di servizio non sopportando neppure l’onere del premio assicurativo.

L’assicurabilità di tale tipo di rischi contrasta, inoltre, con il carattere personale della responsabilità amministrativa, di cui all’articolo 1 della legge 20/1994 e con l’art. 28 della Costituzione il quale dispone che i funzionari e dipendenti degli enti pubblici sono direttamente responsabili “secondo le leggi civili, penali e amministrative”, con conseguente esclusione della possibilità di estensione d tale ultima forma di responsabilità all’ente.

Il danno erariale, ai sensi dell’art. 3, comma 59, della legge 244/2007, è stato determinato in misura pari a dieci volte l’ammontare dei premi complessivamente stabiliti nel contratto di assicurazione illegittimo.

Leggi la sentenza
CC Giur. Toscana sent. n. 243 -17
 
 http://www.self-entilocali.it

sabato 21 ottobre 2017

L'etilometro necessita di una sola visita primitiva e di successive visite periodiche


MINISTERO DELL'INTERNO
DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
Direzione Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria,
delle Comunicazioni e per i reparti Speciali della Polizia di Stato


Prot. n. 300/A/7897/17/144/4/20
Roma, 20 ottobre 2017

OGGETTO:Accertamento dello stato di ebbrezza alcolica con etilometro. Revisioni primitive e periodiche. Chiarimenti.
In seguito ad alcuni quesiti posti in materia di verifiche di funzionalità degli etilometri, il Centro Superiore Ricerche e Prove Autoveicoli e Dispositivi del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha fornito il proprio parere in merito ad un recente orientamento secondo cui, in ossequio ad un presunto principio di continuità degli interventi di manutenzione, l'effettuazione tardiva di verifica periodica comporterebbe la necessità di sottoporre l'apparecchio a verifica primitiva.

Considerata la rilevanza della problematica, si ritiene opportuno renderne noto il contenuto.
Il suddetto Centro cita la circolare n. 87/91, emanata dal Ministero dei Trasporti, d'intesa con il Ministero della Sanità il 6 giugno 1991 che, nel dettare le norme e le procedure delle verifiche e delle prove da effettuare sugli etilometri prima dell'immissione in uso e, successivamente, con cadenza periodica, dedica ad ognuna di queste verifiche due paragrafi diversi e prevede modalità di prova differenziate.

La circolare specifica chiaramente che le visite primitive devono essere effettuate su singoli apparecchi nuovi prima della loro immissione in servizio, mentre quelle periodiche con frequenza annuale o dopo ogni riparazione dell'apparecchio. Inoltre, lo stesso Decreto Ministeriale 25 luglio 1990, che determina le tariffe ed i diritti per le prove di omologazione, le verifiche, le prove primitive e gli accertamenti periodici sull'etilometro, ribadisce che le verifiche e le prove primitive sono quelle effettuate prima dell'immissione in uso dell'etilometro.
Sulla scorta di tali considerazioni di carattere normativo, il C.S.R.P.A.D. ritiene esclusa l'ipotesi che debba essere ripetuta una prova primitiva su uno strumento già in uso anche qualora abbia subito intervalli di mancato impiego di qualsiasi durata ovvero non sia stato revisionato secondo le periodicità previste dalle norme o dal costruttore.

A tal proposito è opportuno ribadire, in conformità a quanto disposto dall'art. 4 del decreto ministeriale n. 196 del 22 maggio 1990, la necessità che ogni etilometro impiegato nei servizi di controllo su strada sia sempre accompagnato dalla copia, autenticata dal funzionario dell'ufficio, del proprio libretto metrologico, sul quale sono registrate la visita primitiva e le periodiche successive, al fine di poter evadere tempestivamente, in ossequio al principio di trasparenza dell'azione amministrativa, l'eventuale richiesta dell'interessato di prenderne visione.
* * *

Le Prefetture U.T.G. estenderanno il contenuto della presente ai Corpi o Servizi di Polizia Municipale e Provinciale.

IL DIRETTORE CENTRALE
Sgalla

venerdì 20 ottobre 2017

Autovelox mobili: K.O. alla prima ripresa

Che le norme sull'autovelox siano diventate più restringenti lo si era capito subito dopo l'uscita del Decreto Ministeriale numero 282 del 13-06-2017 (di cui questo blog aveva dato larga anticipazione). A poco meno di un mese, usciva anche la circolare del Ministero dell'Interno che ne regolamentava l'uso.

Il motivo era solo e soltanto uno, senza tanto girarci intorno: "far si che i comuni non continuassero, imperterriti, a far cassa mediante un uso contorto e distorto dell'autovelox".
A tal proposito, fu anche  presentata anche una Mozione dall'allora Vice Presidente della Camere Simone Baldelli a cui il sottoscritto rispose pubblicamente su FB (V.post)

Ed ecco, che a distanza di qualche mese, vengono fuori le prime "criticità", non di poco conto, che certamente mettono K.O. tecnico il 90% se non di più, gli autovelox in Italia.

E' quanto emerge dalla risposta del MIT ad un' unione di comuni:

"Il campo di velocità per eseguire le verifiche di taratura dei dispositivi che rilevano la velocità istantanea è generalmente compreso tra i 30 e i 230 Km/h, secondo quanto riportato al punto 3.1 dell'allegato al DM 282/2017,quale che sia il tipo di taratura (in fase di approvazione, in fase di verifica iniziale, o in fase di verifica periodica), a prescindere dal tipo di strada. Fanno eccezione le tarature periodiche per dispositivi inamovibili o fissi (punto 3.3) per i quali le velocità dei veicoli devono essere distribuite tra quelle permesse (possibili) nella tratta dove è installato il dispositivo ( con un numero di rilevamenti compresi tra 100 e 200); o eventuali tarature (anche iniziali) per specifici dispositivi per i quali si dimostri che non sono applicabili le disposizioni del DM 282 (capo 6 dell'allegato al decreto) per le quali possono essere proposte modalità diverse di eseguire la taratura da parte del soggetto intestatario dell'approvazione del dispositivo, da sottoporre all'attenzione del ministero e ad ACCREDIA per la loro eventuale approvazione".

Inoltre, dalla lettura del citato D.M , al punto 3.2, viene anche fuori che:

  1. le verifiche di taratura in fase di approvazione del prototipi quelle iniziali devono essere effettuate su pista o su strada non aperta al pubblico passaggio;
  2. il numero totale dei rilevamenti deve essere compreso fra un minimo di 100 ed un massimo d1 200;
  3. per le verifiche di taratura periodiche successive a quella iniziale, il numero totale dei rilevamenti può essere cnmpreso tra un minimo di 50 ed un massimo di 100.

A sto punto, non ci resta che andarcelo a vedere nel dettaglio il D.M sopra citato ed attenerci alle nuove regole, per non rischiare di aprire un contenzioso senza precedenti.

Infine, suggerisco la lettura di questo articolo: "Autovelox da tarare, le multe prese da agosto potrebbero essere nulle" –di Maurizio Caprino del 20 ottobre 2017.

Mario Serio
Riproduzione riservata

Qui invece la speciale sezione: AUTOVELOX" DI QUESTO BLOG

martedì 17 ottobre 2017

LEGGE DI BILANCIO 2018: il comunicato stampa del governo. Rinnovati i contratti p.i.ma ancora molti dubbi sulla soglia dei 26.000 euro.

 LEGGE DI BILANCIO 2018

Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (disegno di legge)

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni e del Ministro dell’economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, ha approvato il disegno di legge relativo al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e al bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020.
In considerazione del miglioramento del quadro economico, ottenuto grazie alle riforme avviate dal 2014 e portate a compimento nell’arco della legislatura e all’impegno di famiglie e imprese, e del contesto internazionale favorevole, il Governo ha approvato una manovra indirizzata da un lato al rispetto degli impegni di bilancio presi con la Commissione europea – la correzione del disavanzo strutturale dello 0,3% e il calo del deficit in rapporto al Pil all’1,6% – e dall’altro al rafforzamento di una crescita sostenibile e inclusiva, con la mobilitazione di risorse per il 2018 per circa 20,4 miliardi di euro.
Le coperture, in termini di efficientamento di spesa e maggiori entrate derivanti in gran parte dal contrasto  all’evasione, ammontano a circa 9,5 miliardi, mentre 10,9 miliardi rappresentano l’effetto netto espansivo della manovra, che interesserà in particolare le aree meno avanzate del Paese.
Tra le voci principali della manovra, si conferma la sterilizzazione totale delle clausole di salvaguardia per un totale di 15,7 miliardi. Si eviterà quindi per il 2018 l’aumento delle aliquote Iva e delle accise. Gli altri interventi prevedono per il prossimo anno 300 milioni di investimenti pubblici aggiuntivi, che diventano 1,3 miliardi nel 2019 e 1,9 miliardi nel 2020. Per le politiche a favore dei giovani (essenzialmente la riduzione del cuneo fiscale per le nuove assunzioni con i contratti a tutele crescenti) sono previsti circa 300 milioni che salgono a 800 milioni nel 2019 e 1,2 miliardi nel 2020. Un’attenzione particolare è riservata alle misure di lotta alla povertà, con il reddito di inclusione che viene potenziato di complessivi 300 milioni per il 2018, cifra che si aggiunge agli 1,7 miliardi già previsti a legislazione vigente.
Si potenzia, infine, il contrasto all’evasione fiscale, con l’implementazione di misure già sperimentate, come la fatturazione elettronica e lo split payment (la cui estensione è prevista del decreto fiscale già approvato dal Consiglio dei ministri).
Di seguito alcune tra le misure presenti nella manovra.
  • Stop aumento Iva  e accise – Vengono completamente neutralizzate le clausole di salvaguardia, quindi nel 2018 non ci saranno aumenti delle aliquote dell’Iva e delle accise.
  • Blocco tributi e addizionali locali – Si proroga per il 2018 lo stop all’aumento delle aliquote dei tributi e delle addizionali regionali e degli enti locali.
  • Competitività – Sono confermate molte misure di contenimento della pressione fiscale e sviluppo, già contenute nella precedente legge di bilancio, quali le agevolazioni per gli interventi di ristrutturazione edilizia ed energetica, il superammortamento e l’iperammortamento.
  • Sostegno investimenti Pmi (Nuova Sabatini) – Per assicurare continuità operativa e qualificare maggiormente gli investimenti in chiave “Industria 4.0.” è prorogata la misura di promozione delle piccole e medie imprese nota come “Nuova Sabatini”.
  • Incentivo strutturale per l’occupazione giovanile stabile – A decorrere dal primo gennaio 2018 i datori di lavoro del settore privato che assumono giovani con contratti a tutele crescenti beneficeranno di uno sconto triennale sui contributi previdenziali pari al 50% (esclusi i lavoratori domestici). L’esonero spetta anche per le assunzioni avvenute nei mesi di novembre e dicembre 2017, ferma restando la decorrenza dal primo gennaio 2018.  Lo sconto contributivo si applica anche nei casi di prosecuzione di un contratto di apprendistato in contratto a tempo indeterminato, qualunque sia l’età anagrafica al momento della prosecuzione e quando un datore di lavoro assume, entro sei mesi dal conseguimento del titolo di studio, studenti che abbiano svolto percorsi di alternanza scuola-lavoro o di apprendistato per il conseguimento del titolo di studio.
  • Rinnovo contratti pubblico impiego – Sono stanziate le risorse per avviare il rinnovo, dopo molti anni, dei contratti del pubblico impiego.
  • Ape sociale donna – La misura, introdotta in via sperimentale con la legge di bilancio per il 2017, per le donne, in determinate condizioni, con almeno 63 anni di età e che non siano titolari di pensione diretta, permette di accompagnare con una indennità fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia. Con la nuova norma introdotta dal disegno di legge di bilancio per il 2018 si prevede di ampliare per il prossimo anno la platea dei beneficiari riducendo i requisiti contributivi alle donne con figli. La riduzione è pari a 6 mesi per ogni figlio fino ad un massimo di 2 anni.
  • Ape a tempo determinato – Si amplia per il 2018 la platea dei beneficiari, estendendo l’indennità anche in caso di scadenza di un contratto a tempo determinato, a condizione che il lavoratore, nei 3 anni precedenti la cessazione del rapporto, abbia avuto periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi.
  • Rita – E’ stabilizzata e semplificata la “Rendita integrativa temporanea anticipata”.
  • Bonus cultura per i diciottenni – Viene confermata la misura introdotta nel 2016. I giovani che compiono 18 anni nel 2018, attraverso apposita piattaforma online, hanno a disposizione 500 euro spendibili per l’acquisto di biglietti del teatro o del cinema, l’acquisto di libri e musica registrata, per l’ingresso ai musei.
  • Pacchetto Miur – Per l’università, vi sono misure che consentono di bandire nuovi posti per ricercatori universitari e a favore dei professori in servizio sono sbloccati gli scatti stipendiali che continuano ad essere corrisposti sulla base della previa verifica della produttività scientifica; invece, sul versante della scuola, la legge di bilancio inizia ad affrontare il tema dell’avvicinamento del trattamento retributivo dei dirigenti scolastici a quello degli altri dirigenti statali.
  • Risorse per Province e Città metropolitane – Viene riconosciuto un contributo alle Province e alle Città metropolitane delle Regioni a statuto ordinario per l’esercizio delle funzioni fondamentali in materia di scuole e strade.
  • Investimenti enti locali – Per sostenere gli investimenti degli enti locali sono previsti spazi finanziari, per gli anni 2018-2023, che consentono l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione Si riconoscono, inoltre, ai comuni contributi, per il triennio 2018-2020, per rilanciare gli investimenti in opere pubbliche.
  • Rimborsi ai comuni per minor gettito – Sono assegnate risorse per l’anno 2018 in favore dei comuni penalizzati dalla sostituzione dell’IMU sull’abitazione principale con la TASI su tutti gli immobili.
  • Risorse in favore delle regioni – Sono stanziate per l’anno 2018  risorse in favore delle regioni per la riduzione del debito e per la riduzione della manovra a loro carico. Inoltre, sono previste anticipazioni di liquidità per la copertura del disavanzo sanitario 2016 della Regione Sardegna.
  • Banda larga – Per accelerare la politica di implementazione del 5G, si prevede di mettere a gara lo spettro delle frequenze nelle bande pioniere previste dall’Action Plan della Commissione Europea e si dispone la liberazione della banda 700 MHz.
  • Misure per il Mezzogiorno – Viene rifinanziata per il biennio 2018-2019 la misura che prevede l’ampliamento del credito di imposta per acquisto di bene strumentali nuovi destinati a strutture produttive del Sud. Vengono prorogate le agevolazioni per le assunzioni a tempo indeterminato nel Mezzogiorno, agevolazioni complementari a quelle già previste dalla normativa nazionale. Tra gli altri interventi figurano l’incremento delle risorse del Fondo sviluppo e coesione rifinanziando la programmazione 2014-2020 e l’istituzione del Fondo imprese Sud volto alla crescita dimensionale delle piccole e medie imprese.
  • Sport – Per la prima volta, si prevede un ‘pacchetto’ di misure dedicate esclusivamente allo sport, tra le quali l’istituzione di un fondo ad hoc destinato a tutelare la maternità delle atlete e misure di incentivazione di natura fiscale.
*****
 

Speciale multe (studio Cataldi)

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CQC:Qualificazioni CQC scadute da oltre due anni.


Il ministero (MIT)  ricorda che la cqc scaduta, per il trasporto di persone o di merci (non importa  se una delle due è ancora valida), è  subordinata alla frequenza di un corso di formazione ed al superamento di un esame. 
L'obbligo della frequenza del corso, tuttavia, non  è richiesto, se la cqc risulta ancora valida per le due tipologie di trasporto.

Prot. 21066/8.3 del 9 ottobre 2017 - Qualificazioni CQC scadute da oltre due anni

Infortuni sul lavoro di un giorno: la nuova sanzione compete alla Polizia Locale?






In vigore la nuova legge (v. post) ed è subito polemica su chi e cosa si dovrà fare.

Polizialocaleblog" non entra nel dettaglio della Circolare (che appare peraltro abbastanza chiara),  ma si pone i primi dubbi applicativi, imposti dalla norma,  sulla competenza ad irrogare la sanzione e sulla competenza della Polizia Locale.

Entriamo subito nel vivo della questione: "La Sanzione e a chi spetta accertarla".

La sanzione, per un solo giorno, è di €. 657,60 ;
La sanzione, per più di tre giorni. è di €. 1644,00.
(N.B. l’applicazione di quest'ultima sanzione esclude quella di cui all'’articolo 53 del D.P.R. n. 1124/65);
Come al solito,  non appare chiarissima la competenza della Polizia Locale in questa materia, in quanto la vigilanza è riservata, in primis, all'Azienda Sanitaria Locale e poi anche alle "Forze di Polizia"(competenti all’accertamento e alla irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria sopra richiamata sono gli Organi di vigilanza di cui all’art. 13 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81), ma oramai è assodato in Italia,  che  quando si tratta di attribuire le competenze, la Polizia Locale vi rientra sempre, mentre quando si tratta di riscuotere bonus o indennità varie ed avere anche dei benefici, chissà perchè, rimane sempre esclusa (si fa presto a dire che la P.L. non  parte della 121).

Ci si aspetta che i sindacati facciano la loro parte (la speranza è l'ultima a morire), perchè è giunta l'ora che ci venga detto, a chiare lettere, se la POLIZIA LOCALE ITALIANA FACCIA PARTE O MENO  DELLE FORZE DI POLIZIA ( in vista, anche, della prossima Legge di Bilancio 2018, in corso di approvazione dal Consiglio dei Ministri  in questi giorni, che  prevede un ulteriore bonus per le forze di Polizia)