mercoledì 29 febbraio 2012

Milleproroghe:Proroga termini in materia di assunzioni


MODIFICAZIONI APPORTATE IN SEDE DI CONVERSIONE AL DECRETO‐LEGGE 29 DICEMBRE 2011, N. 216(cosiddetto "milleproroghe"), 
coordinato con le modifiche introdotte dalla legge di conversione 24 febbraio 2012 n. 14 (pubblicato nel supplemento ordinario n. 36/L alla Gazzetta Ufficiale del 27 febbraio 2012 n. 48)

PROROGA DI TERMINI PREVISTI DA DISPOSIZIONI LEGISLATIVE
Art. 1


Proroga termini in materia di assunzioni

1. Il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato di cui all'articolo 1, commi 523, 527 e 643, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, e all'articolo 66, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, è prorogato al 31 dicembre 2012.
2. Il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato relative alle cessazioni verificatesi nell'anno 2009 e nell'anno 2010, di cui all'articolo 3, comma 102, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni e all'articolo 66, commi 9-bis, 13 e 14, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e successive modificazioni, è prorogato al 31 dicembre 2012 e le relative autorizzazioni ad assumere, ove previste, possono essere concesse entro il 31 luglio 2012.
3. All'articolo 66, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le parole: «Per il triennio 2009-2011» sono sostituite dalle seguenti: «Per il quadriennio 2009-2012». Al medesimo comma è soppresso il sesto periodo.
4. L'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, approvate successivamente al 30 settembre 2003, è prorogata fino al 31 dicembre 2012, compresa la Presidenza del Consiglio dei ministri. La disposizione di cui all'articolo 1, comma 346, lettera e), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, continua ad applicarsi, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.
4-bis. L'efficacia delle graduatorie di merito per l'ammissione al tirocinio tecnico-pratico, pubblicate in data 16 ottobre 2009, relative alla selezione pubblica per l'assunzione di 825 funzionari per attività amministrativo-tributaria presso l'Agenzia delle entrate, di cui all'avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 101 del 30 dicembre 2008, è prorogata al 31 dicembre 2012. In ottemperanza ai principi di buon andamento ed economicità della pubblica amministrazione, l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia del territorio e l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in funzione delle finalità di potenziamento dell'azione di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale, prima di reclutare nuovo personale con qualifica di funzionario amministrativo-tributario, attingono, fino alla loro completa utilizzazione, dalle graduatorie regionali dei candidati che hanno riportato un punteggio utile per accedere al tirocinio, nel rispetto dei vincoli di assunzione previsti dalla legislazione vigente.
5. Il termine per procedere alle assunzioni relative all'anno 2011, previste dall'articolo 29, comma 9, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, è prorogato al 31 dicembre 2012; a tal fine, è considerato il limite di cui all'articolo 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come vigente al 31 dicembre 2010.
6. (soppresso).
6-bis. Le disposizioni dell'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, si applicano alle assunzioni del personale educativo e scolastico degli enti locali, nonché di personale destinato all'esercizio delle funzioni fondamentali di cui all'articolo 21, comma 3, lettera b), della legge 5 maggio 2009, n. 42, ed ai lavoratori socialmente utili coinvolti in percorsi di stabilizzazione già avviati ai sensi dell'articolo 1, comma 1156, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nei limiti delle risorse già disponibili nel bilancio degli enti locali a tal fine destinate, a decorrere dall'anno 2013.
6-ter. Con riferimento al personale soprannumerario, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), prima di avvalersi delle proroghe di cui ai commi 1, 2 e 4 del presente articolo, deve procedere al riassetto organizzativo e funzionale previsto dall'articolo 21, comma 7, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214; a tal fine il termine previsto dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, per l'INPS è prorogato all'atto del riassetto organizzativo e funzionale previsto dall'articolo 21, comma 7, del citato decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
6-quater. Per le esigenze funzionali di cui al comma 2 dell'articolo 10-bis del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, la possibilità di utilizzo temporaneo del contingente di personale in servizio presso il Dipartimento della funzione pubblica alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, secondo le modalità del comma 3 del medesimo articolo, è consentita fino al 31 dicembre 2015.
6-quinquies. Al fine di prorogare gli interventi di cui all'articolo 9, comma 15-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, alle finalità dell'elenco 3 di cui all'articolo 33, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183, è aggiunta la seguente: «Interventi di carattere sociale di cui all'articolo 9, comma 15-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122».

Il governo vara un nuovo reato Omicidio stradale

Leggi l'articolo qui oppure qui

Non c'è reato ma solo ammenda per chi usa il contrassegno invalidi del parente

Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 29 febbraio 2012 n. 7966
Farà certamnte discutere la sentenza di cui sopra.
Puoi leggere il commento del "sole 24 ore" qui

Favoreggiamento alla prostituzione:la mera tolleranza dell'altrui prostituzione in locali non aperti al pubblico o non utilizzati dal pubblico, di per sé, non è prevista come reato.

Cassazione, sez. III, 23 febbraio 2012, n. 7076
(Pres. Teresi – Rel. Franco)

Svolgimento del processo
Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Ancona confermò il decreto di sequestro preventivo di tre appartamenti siti in Ancona ritenendo che sussistesse il fumus almeno del reato di cui all'art. 3, n. 3, legge 20 febbraio 1958, n. 75, in quanto era assai probabile che gli indagati tollerassero abitualmente la presenza di più persone che, all'interno dei medesimi appartamenti, si davano alla prostituzione. Ritenne altresì sussistente il periculum in mora perché era probabile che gli indagati, per affittare più facilmente gli immobili, fossero propensi a disinteressarsi dell'effettivo uso degli stessi.
Gli indagati propongono ricorso per cassazione deducendo:
1) mancanza di motivazione sul fumus del reato ipotizzato. Lamentano che il tribunale del riesame non ha risposto alle eccezioni sollevate con la richiesta di riesame e comunque ha ritenuto il fumus in termini meramente probabilistici e presuntivi, e con una deduzione incoerente ed incompleta. Il tribunale ha altresì omesso di prendere in considerazione le diffide inviate dai locatori alle inquiline.
2) mancanza di motivazione in riferimento al periculum in mora ed al rapporto pertinenziale tra i beni sequestrati ed il reato, in quanto è provato che gli appartamenti non erano organicamente e stabilmente strumentali alla attività illecita.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
Agli indagati sembra essere stato contestato il fatto che, avendo la proprietà o comunque la disponibilità di tre appartamenti, li avevano concessi in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione ovvero vi avevano tollerato abitualmente la presenza di più persone che, all'interno dei medesimi appartamenti, si davano alla prostituzione, comunque favorendone in tal modo la prostituzione.
Il tribunale del riesame sembra aver ritenuto sussistente esclusivamente il fumus del reato di cui all'art. 3, comma 3, legge 20 febbraio 1958, n. 75, il quale riguarda la condotta di “chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze o qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all'interno del locale stesso, si danno alla prostituzione”.
È quindi decisivo il rilievo che il delitto di tolleranza abituale della prostituzione, quindi, richiede per la sua configurabilità che si sia in presenza di un locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico (quale albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo), nel cui interno il preposto, gerente o proprietario tolleri abitualmente la presenza di persone che esercitino la prostituzione.
Da tale disposizione si ricava anche che la mera tolleranza dell'altrui prostituzione in locali non aperti al pubblico o non utilizzati dal pubblico, di per sé, non è prevista come reato.
Nella specie, a quanto emerge dalla ordinanza impugnata, tale ipotesi delittuosa - in riferimento alla quale soltanto il tribunale del riesame ha confermato la misura cautelare reale - non è prospettabile nemmeno in astratto non trattandosi di locali aperti al pubblico o utilizzati dal pubblico.
L'ordinanza impugnata, comunque, manca totalmente di motivazione anche in ordine alla possibilità di configurazione del fumus del reato di cui all'art. 3, comma 2, legge 20 febbraio 1958, n. 75, ossia del reato di concessione in locazione di una casa od altro a scopo di esercizio di una casa di prostituzione. Secondo il prevalente e più convincente orientamento di questa Corte, invero, “per integrare il concetto di casa di prostituzione previsto nei numeri 1 e 2 dell'art. 3 della legge 20 febbraio 1958 n. 75 è necessario un minimo, anche rudimentale, di organizzazione della prostituzione, che implica una pluralità di persone esercenti il meretricio” (Sez. III, 19.5.1999, n. 8600, Campanella, m. 214228); e “per integrare il concetto di casa di prostituzione, è necessario il contestuale esercizio del meretricio da parte di più persone negli stessi locali ed, all'interno dello stesso locale, l'esistenza di una sia pur minima forma di organizzazione” (Sez. III, 16.4.2004, n. 23657, Rincari, m. 228971), con la conseguenza che “Il reato di chi, avendo la proprietà o l’amministrazione di una casa, la concede in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione non sussiste, pertanto, quando il locatore conceda in locazione l'immobile ad una sola donna, pur essendo consapevole che la locataria è una prostituta, e che eserciterà nella casa locata autonomamente e per proprio conto” (Sez. III, 19.5.1999, n. 8600, Campanella, m. 214228, cit.) e persino che “Non integra il reato di locazione di immobile alfine dell'esercizio di una casa di prostituzione concedere in locazione un appartamento all'interno del quale, sebbene con frequente turnazione, venga esercitata la prostituzione di volta in volta da una sola donna” (Sez. III, 16.4.2004, n. 23657, Rincari, m. 228971, cit.). Questo orientamento è stato da ultimo ulteriormente confermato da questa Sezione con sentenza 28 settembre 2011, Pastorelli (che ha anche rilevato come non convince il contrario indirizzo: Sez. Ili, 5.11.1999, n. 2730, Gori, m. 215760; Sez. Ili, 27.2.2007, n. 21090, Petrosillo, m. 236739), alle cui considerazioni, per brevità, si fa qui richiamo. Orbene, l'ordinanza impugnata non contiene alcuna motivazione sulla sussistenza dei requisiti per poter configurare il fumus del delitto di locazione di appartamento al fine dell'esercizio di una casa di prostituzione, ed in particolare, tra l'altro, sull'esistenza di una pluralità di persone esercenti il meretricio nell'appartamento e di una attività di organizzazione.
Allo stesso modo, l'ordinanza impugnata non contiene alcuna motivazione sulla sussistenza del fumus di un eventuale reato di favoreggiamento della prostituzione. Va ricordato che secondo una giurisprudenza da tempo affermata e prevalente, non è ravvisabile il favoreggiamento della prostituzione nel fatto di chi concede in locazione, a prezzo di mercato (altrimenti potrebbe ipotizzarsi lo sfruttamento), un appartamento ad una prostituta, anche se sia consapevole che la locataria vi eserciterà la prostituzione in via del tutto autonoma e per proprio conto (Sez. III, 6.5.1971, n. 999, Campo, m. 119000; Sez. III, 5.3.1984, n. 4996, Siclari, m. 164513; Sez. III, 3.5.1991, n. 6400, Tebaldi, m. 188540; Sez. III, 19.5.1999, n. 8600, Campanella, m. 214228). Questo orientamento, che qui va condiviso, è stato poi confermato anche da Sez. III, 13.4.2000, n. 8345, Donati, m. 217080, che pure è stata citata in senso contrario da decisioni che sembrerebbero aver affermato un principio opposto (Sez. III, 23.5.2007, n. 35373, Galindo, m. 237400), ma che in realtà nella motivazione richiedono pur sempre che, per aversi favoreggiamento, vi siano prestazioni ed attività ulteriori rispetto a quella della semplice concessione in locazione a prezzo di mercato. La citata sentenza Donati, infatti, rileva giustamente come la giurisprudenza che esclude il favoreggiamento in caso di mera locazione sia stata ispirata proprio dalla finalità di evitare aberrazioni non solo sul piano dell'etica e del senso comune ma anche in rapporto alla ratio e alla intentio legis cui porterebbe la configurazione come favoreggiamento di qualsiasi aiuto prestato solo alla prostituta in quanto persona e non direttamente all'esercizio del meretricio in quanto tale. In particolare, la detta sentenza ha, più che condivisibilmente, osservato che “se la locazione non è concessa allo scopo specifico di esercitare nell'immobile locato una casa di prostituzione (nel qual caso ricorrerebbe l'ipotesi di cui al n. 2 dell'art. 3 legge 75/1958), la condotta del locatore non configura propriamente un aiuto alla prostituzione esercitata dalla locataria, ma semplicemente la stipulazione di un contratto attraverso cui è consentito a quest'ultima di realizzare il suo diritto all'abitazione. Insomma l'aiuto (o più esattamente il negozio giuridico) riguarda la persona e le sue esigenze abitative, e non la sua attività di prostituta. E vero che indirettamente ne è agevolata anche la prostituzione; ma questo rapporto indiretto non può essere incluso nel nesso causale penalmente rilevante tra condotta dell'agente ed evento di favoreggiamento della prostituzione. Altrimenti si arriverebbe al paradosso che colui che soccorre una (a lui) nota prostituta che sta annegando sarebbe imputabile di favoreggiamento perché indirettamente consente alla prostituta di continuare ad esercitare il suo mestiere! In verità - com'è noto - secondo la legge 75/1958 la prostituzione per se stessa non è prevista come reato, mentre è penalmente sanzionata ogni attività che induca, favorisca o sfrutti la prostituzione altrui, giacché il legislatore è mosso dallo scopo evidente di evitare che il mercimonio del sesso (penalmente irrilevante, ma socialmente riprovevole) sia comunque incentivato o agevolato da interessi o da comportamenti di terzi. Orbene, anche quando il reato previsto è a forma libera (come il favoreggiamento e lo sfruttamento, che possono essere commessi in qualsiasi modo), la condotta dell'agente deve essere legata all'evento da un nesso causale penalmente rilevante. Poiché l'evento del reato non è la prostituzione, bensì - nella fattispecie de qua - l'aiuto alla prostituzione, ciò significa che esula il reato ove la condotta dell'agente non abbia cagionato un effettivo ausilio per il meretricio, nel senso che questo sarebbe stato esercitato ugualmente in condizioni sostanzialmente equivalenti”.
Orbene, nel caso in esame, l'ordinanza impugnata non solo non ha dato alcuna motivazione sul fatto che gli indagati avessero agito allo scopo specifico di far esercitare nell'immobile locato una casa di prostituzione (intesa nel senso specificato) o comunque allo scopo specifico di fornire un contributo causale alla prostituzione esercitata dalla locataria, ma nemmeno ha indicato un qualche elemento da cui potesse ricavarsi il fumus che gli indagati comunque tollerassero la prostituzione svolta negli immobili (fatto che peraltro, di per sé solo, per le ragioni dianzi indicate non costituisce reato) ma addirittura rileva che era solo probabile, e quindi nemmeno certo, che gli stessi fossero a conoscenza dell'attività svolta negli appartamenti.
Analogo vizio di mancanza di motivazione, o di motivazione meramente apparente e generica, è ravvisabile in ordine al periculum in mora, che l'ordinanza impugnata ha apoditticamente ravvisato nel pericolo che la libera disponibilità degli appartamenti potesse consentire la protrazione della attività criminosa, per la probabilità che gli indagati, per affittare gli appartamenti, siano propensi a disinteressarsi del loro effettivo uso. E difatti, non è stata nemmeno indicata quale relazione specifica e stabile esista tra la cosa sequestrata e l'attività illecita, ed in particolare che gli appartamenti siano organicamente e stabilmente strumentali alla attività illecita.
L'ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata per mancanza di motivazione sul fumus del reato ipotizzato e sul periculum in mora, con rinvio per nuovo esame al tribunale di Ancona, che si uniformerà ai principi di diritto dianzi enunciati.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Ancona per nuovo esame

"Equitalia, la multa è illegale":il testo della sentenza

In riferimento al post "Equitalia, la multa è illegale" del 27 febbraio u.s. mi sono pervenute parecchie mail dove si richiedeva il testo della sentenza.
Eccola:


Forza Nuova protesta a Macerata contro le strisce blu

Multati per scherzo circa 200 vetture in segno di protesta contro le "strisce blu" da "Forza Nuova" di Macerata:
Sotto il verbale:

"Magna magna" a Roma?

Finiscono nuovamente nel mirino alcuni colleghi della P.M. di Roma.Speriamo che non sia vero ma se cosi' non fosse che cambino lavoro questi signori (colleghi di che?)!!!
Leggi l'articolo qui

Semplificazioni:pagamento delle multe online

Arriva il pagamento delle multe online. Le commissioni Affari Costituzionali e Attività produttive della Camera hanno approvato un emendamento al dl semplificazioni che prevede l'obbligo per le amministrazioni di pubblicare sul proprio sito i codici Iban sui quali il cittadino può fare il versamento per sanzioni per via telematica.
Leggi l'articolo qui

Liberalizzazioni: ora la palla passa al Senato


Dopo che stanotte la commissione industria ha approvato n. 141 emendamenti,  effettuando un vero e proprio restyiling al decreto sulle liberalizzazioni, il provvedimento ora passa al Senato e probabilmente sarà approvato entro domani.
Molte le novità rispetto alla prima stesura a cominciare dalle farmacie (quasi 5 mila nuove aperture e possibilità di vendere dal 2013 farmaci mono‐dose).
La patata bollente delle licenze sui taxi viene ora passata ai comuni su parere preventivo e non vincolante dei Trasporti che a loro volta potranno solo fare ricorso al TAR, mentre è stato rinviato a successivo emendamento la questione della tesoreria unica.
Tra gli emendamenti approvati nella serata di ieri ce n'è anche uno per rendere più veloce ottenere il risarcimento per il furto e l'incendio da parte delle assicurazioni e una clausola che prevede regole più stringenti per le compagnie di assicurazioni nel caso dei guidatori virtuosi che non fanno incidenti. Sarà "automatica" infatti la riduzione del premio dell'Rc auto "nella misura preventivamente quantificata in rapporto alla classe di appartenenza attribuita alla polizza ed esplicitamente indicata nel contratto".

Il software, sebbene acquistato, non può essere utilizzato su più computer.


La Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 15 febbraio 2012, n. 5879, si è pronunciata rigettando il ricorso presentato e ritenendo che la condotta illecita contestata e accertata  dalla sentenza di appello (violazione prevista dalla prima parte del primo comma dell’art.171-bis della legge 22 aprile 1941, n.633), consista esclusivamente nella illecita duplicazione dei programmi al fine di essere utilizzati su plurimi apparecchi, escludendo, quindi, che la contestazione attribuisca rilievo alla presenza o meno del marchio Siae.
 Mi raccomando quindi di stare attenti in ufficio!!!!
Per vedere la sentenza clicca qui

martedì 28 febbraio 2012

L'Agenzia delle Entrate definisce le modalità di partecipazione dei Comuni all'accertamento fiscale e contributivo

Provvedimento del 27.2.2012 n. 24114

 N. 24114 /12 protocollo
Modalità tecniche di accesso alle banche dati, di trasmissione di copia delle
dichiarazioni relative ai contribuenti in essi residenti e di partecipazione
all'accertamento fiscale e contributivo da parte dei Comuni, ai sensi
dell’articolo 1 del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203 convertito, con
modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 e modificato dall’articolo 18
del decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito dalla legge 30 luglio
2010, n. 122.
IL DIRETTORE DELL’AGENZIA
In base alle attribuzioni conferitegli dalle norme riportate nel seguito del
presente provvedimento, di intesa con l’INPS, la Guardia di Finanza, la
Conferenza Unificata e con l’Agenzia del Territorio per i tributi di relativa
competenza
Dispone:
1. Modalità di accesso alle banche dati e di trasmissione delle dichiarazioni dei
contribuenti residenti nei Comuni
1.1 I servizi di fornitura e/o accesso alle banche dati a disposizione
dell’Agenzia delle Entrate ovvero dell’INPS nonché la trasmissione delle
dichiarazioni dei contribuenti residenti nei Comuni verranno definiti, attivati e
regolati da specifiche Convenzioni di cooperazione informatica stipulate da
ciascun Comune con l’Agenzia delle Entrate, ovvero con l’INPS, secondo quanto
previsto dalla vigente normativa in materia ed in conformità ai principi stabiliti
dal Codice e dagli standard di sicurezza informatica, nonché per quanto relativo
al trattamento dei dati personali.
2
1.2 Nelle more della stipula delle Convenzioni di cui al punto 1.1, restano
validi gli accordi convenzionali in corso tra l’Agenzia delle Entrate ovvero
l’INPS ovvero l’Agenzia del Territorio ed i Comuni, previste da norme e
provvedimenti attualmente in vigore.
2. Modalità di trasmissione delle informazioni suscettibili di utilizzo ai fini
dell’accertamento fiscale e contributivo
2.1 I Comuni partecipano all’attività di accertamento fiscale e contributivo
nell’ambito dell’ordinario contesto operativo di svolgimento delle proprie attività
istituzionali, fornendo informazioni suscettibili di utilizzo ai fini
dell’accertamento dei tributi statali e dei contributi previdenziali e assistenziali
attraverso segnalazioni qualificate, intendendosi per tali le posizioni soggettive in
relazione alle quali sono rilevati e segnalati atti, fatti e negozi che evidenziano,
senza ulteriori elaborazioni logiche, comportamenti evasivi e/o elusivi.
2.2 Fermo restando, ove non espressamente modificate dal presente
provvedimento, le previsioni già stabilite dai provvedimenti del Direttore
dell’Agenzia delle Entrate del 3 dicembre 2007, numero 187461 e del 26
novembre 2008, numero 175466, i Comuni trasmettono – esclusivamente in via
telematica – le segnalazioni di cui al precedente punto 2.1 rilevanti ai fini
dell’accertamento dei tributi statali all’Agenzia delle Entrate ovvero all’Agenzia
del Territorio ovvero alla Guardia di Finanza mentre quelle rilevanti ai fini
dell’accertamento dei contributi previdenziali e assistenziali. direttamente
all’INPS.
2.3 Per la trasmissione all’Agenzia delle Entrate ovvero alla Guardia di
Finanza delle segnalazioni qualificate rilevanti ai fini dell’accertamento dei
tributi statali, i Comuni si avvalgono dei servizi appositamente predisposti messi
a disposizione nell’ambito della procedura informatica fornita dall’Agenzia delle
Entrate a seguito della stipula delle Convenzioni di cui al punto 1.1 tra i Comuni
e l’Agenzia stessa. Tali servizi sono in grado di verificare e garantire la
congruenza dei dati da trasmettere con quanto previsto dall’allegato tecnico al
presente provvedimento.
2.4 Per la trasmissione all’INPS delle segnalazioni rilevanti ai fini
dell’accertamento dei contributi previdenziali e assistenziali, i Comuni si
avvarranno della procedura informatica appositamente predisposta e fornita
dall’INPS a seguito della stipula delle Convenzioni di cui al punto 1.1 tra i
Comuni e l’Istituto.
2.5 Sia le segnalazioni trasmesse all’Agenzia delle Entrate ovvero alla
Guardia di Finanza che quelle trasmesse all’INPS sono caratterizzate dal nome e
cognome, codice fiscale o partita IVA dei soggetti in relazione ai quali sono
rilevati e segnalati i fatti, atti e negozi, che evidenziano comportamenti evasivi ed
elusivi.
3
2.6 Per la trasmissione delle segnalazioni rilevanti ai fini
dell’accertamento fiscale dei tributi statali all’Agenzia del Territorio, i Comuni si
avvalgono del Portale per i Comuni; le segnalazioni indirizzate all’Agenzia del
Territorio contengono, oltre ai dati di cui al comma 2.5, anche gli identificativi
catastali degli immobili interessati.
2.7 Per i periodi d’imposta i cui termini per l’esercizio dell’attività
d’accertamento dell’Agenzia delle Entrate ovvero dell’INPS decadono il 31
dicembre dell’anno nel quale si effettua la segnalazione, la trasmissione
telematica di cui al punto precedente è effettuata entro e non oltre il giorno 30 del
mese di giugno.
3. Ambiti di intervento, tipologie e trattamento delle segnalazioni trasmesse dai
Comuni
3.1 Con riferimento alle segnalazioni qualificate rilevanti ai fini
dell’accertamento dei tributi statali trasmesse dai Comuni all’Agenzia delle
Entrate ovvero alla Guardia di Finanza, restano validi gli ambiti d’intervento già
previsti al punto 4.1 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate
del 3 dicembre 2007.
3.1. bis Con riferimento alle segnalazioni qualificate rilevati per le attività
istituzionali e di controllo fiscale dell’Agenzia del Territorio, fermi restando gli
ambiti di intervento e le modalità di trasmissione già previsti al punto 12 del
provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 3 dicembre 2007, è
individuato quale ulteriore ambito di intervento quello della collaborazione per
l’individuazione di ulteriori fabbricati che non risultano dichiarati al catasto, di
cui all’art. 19, comma 12, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito
con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Restano valide le vigenti
modalità di fruizione da parte dei Comuni delle informazioni utili alla
partecipazione all’attività di accertamento fiscale.
3.2 Con riferimento alle segnalazioni qualificate, rilevanti ai fini
dell’accertamento dei contributi previdenziali e assistenziali non dichiarati,
trasmesse dai Comuni all’INPS, è individuato seguente quale specifico ambito
d’intervento quello del “Contrasto al lavoro sommerso”.
3.3 Nell’ambito di cui al precedente punto 3.2 le segnalazioni qualificate
da inviare all’INPS hanno riguardo ai soggetti che:
effettuano attività edilizia omettendo la denunzia contributiva
relativa all’impresa;
svolgono attività di commercio ambulante o su area pubblica
omettendo la Comunicazione Unica ai fini fiscali, amministrativi e
previdenziali e/o la denunzia contributiva relativa all’impresa;
4
svolgono attività commerciale o artigiana omettendo sia la
Comunicazione Unica ai fini fiscali, amministrativi e previdenziali
che la denunzia contributiva relativa all’impresa.
3.4 Le segnalazioni trasmesse dai Comuni all’Agenzia delle Entrate, alla
Guardia di Finanza e all’INPS sono oggetto di valutazione da parte degli Uffici
dei rispettivi enti, secondo gli ordinari criteri di proficuità comparata per la
predisposizione dei rispettivi piani annuali dei controlli.
3.5 Gli avvisi di accertamento notificati e gli accertamenti con adesione
perfezionati, riferiti in tutto o in parte alle segnalazioni trasmesse dai Comuni
all’Agenzia delle Entrate ovvero alla Guardia di Finanza, sono tracciati sino alla
fase della riscossione delle maggiori imposte, interessi e sanzioni correlati agli
specifici elementi di rettifica o accertamento. A seguito della riscossione, la
quota dei tributi statali stabilita dall’articolo 2, comma 10 lettera b) del decreto
legislativo 14 marzo 2011, numero 23 è destinata ai Comuni che hanno
contribuito all’accertamento, secondo le disposizioni del provvedimento del
Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 26 novembre 2008, numero 175466, e
del decreto di cui al comma 7 dell’art. 18 del decreto legge n. 78 del 31 maggio
2010, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Restano valide, per le
segnalazioni trasmesse dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre 2014, le disposizioni
di cui all’art. 1, comma 12-bis, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138,
convertito dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.
3.6 Gli avvisi di accertamento notificati, riferiti in tutto o in parte alle
segnalazioni trasmesse dai Comuni all’INPS, sono tracciati sino alla fase della
riscossione delle sanzioni civili, a seguito della quale, viene destinata - ai
Comuni che hanno contribuito all’accertamento - la quota di compartecipazione
di cui al decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito dalla legge 30 luglio
2010, n. 122.
3.7 L’Agenzia delle Entrate, l’Agenzia del Territorio e l’INPS forniscono:
ai Comuni, mediante collegamento telematico, le informazioni sullo stato di
ciascun atto collegato alle segnalazioni ricevute dai Comuni secondo le modalità
stabilite dal D.M. 23 marzo 2011 e dal decreto del Ministero dell'Economia e
delle Finanze 15 luglio 2011; all’ANCI, riepiloghi periodici delle segnalazioni e
dei conseguenti atti di accertamento. L’Agenzia del Territorio rende disponibili
ai Comuni le informazioni sugli atti collegati alle segnalazioni nel Portale per i
Comuni.
4. Trattamento dei dati
4.1 I dati e le notizie raccolti, che sono trasmessi nell’osservanza del
decreto legislativo n. 196 del 30 giugno 2003 (Codice in materia di protezione
dei dati personali), sono trattati secondo i principi di necessità, pertinenza e non
eccedenza stabiliti dalla medesima normativa.
5
4.2 Il trattamento dei dati contenuti nelle segnalazioni qualificate
trasmesse dai Comuni è riservato esclusivamente agli operatori dell’Agenzia
delle Entrate, dell’Agenzia del Territorio, della Guardia di Finanza e dell’INPS
incaricati dei controlli, le cui transazioni sono compiutamente tracciate.
4.3 Nel caso in cui i Comuni, con particolare riguardo a quelli di minori
dimensioni, promuovano, anche attraverso l’ANCI, la costituzione di strutture di
servizio intermedie finalizzate al supporto dell’elaborazione dei dati riguardanti
le proprie entrate, sulle attività di partecipazione all’accertamento dei tributi
erariali, nonché alla facilitazione degli interscambi informativi con il sistema
allestito dall’Agenzia delle Entrate di cui al presente provvedimento, i Comuni
stessi possono conferire a tali strutture di servizio, anche temporaneamente e
sulla base di apposite comunicazioni del Sindaco, da inoltrare all’Agenzia delle
Entrate a cui perviene anche comunicazione dell’eventuale disdetta da parte del
Comune, la gestione delle Convenzioni di cooperazione informatica di cui
all’articolo 1.
4.4 A seguito dell’avvenuta comunicazione all’Agenzia delle Entrate del
conferimento di cui al punto precedente, le strutture di servizio assumeranno ogni
responsabilità connessa al trattamento dei dati su mandato dei Comuni
interessati, assicurando l’accesso agli operatori comunali sulla base degli stessi
requisiti tecnici e di salvaguardia della sicurezza previsti dalle convenzioni
vigenti che manterranno integra la propria validità.
4.5 L’impiego delle strutture di servizio di cui al punto 4.3
nell’interscambio informativo tra i Comuni e gli Organismi centrali diversi
dall’Agenzia delle Entrate potrà essere attivato, nel rispetto delle norme vigenti,
previa valutazione degli Organismi stessi sulla base di specifici atti e
convenzioni.
5. Sicurezza dei dati
5.1 La sicurezza nella trasmissione dei dati, rispettivamente all’Agenzia
delle Entrate, all’Agenzia del Territorio ovvero alla Guardia di Finanza e
all’INPS, è garantita dalle applicazioni messe a disposizione dai rispettivi enti.
6. Consultazione del Garante per la protezione dei dati personali
6.1 Il Garante per la protezione dei dati personali è stato consultato all’atto
della predisposizione del presente provvedimento ai sensi dell’articolo 154,
comma 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
Motivazioni
Il presente provvedimento, predisposto di intesa con la Guardia di
Finanza, l’INPS, l’Agenzia del Territorio e la Conferenza Unificata, dà
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attuazione a quanto disposto dall’articolo 1 del decreto legge 30 settembre 2005,
n. 203 convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 e
ulteriormente modificato dall’articolo 18 del decreto legge n. 78 del 31 maggio
2010, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che disciplina il processo di
partecipazione dei Comuni all’accertamento fiscale e contributivo ed il
riconoscimento di una quota delle maggiori somme relative a tributi statali
ovvero alle sanzioni civili, collegate al recupero dei contributi previdenziali ed
assistenziali, riscossi a seguito di interventi che abbiano contribuito al buon esito
dell’accertamento stesso.
Il provvedimento specifica che le modalità di accesso da parte dei Comuni
alle banche dati dell’Agenzia delle Entrate e dell’INPS, così come la
trasmissione – da parte dei citati enti – di copia delle dichiarazioni relative ai
contribuenti in essi residenti sono di tipo telematico e saranno puntualmente
definite mediante apposite Convenzioni di cooperazione informatica che i
Comuni stipuleranno rispettivamente con l’Agenzia delle Entrate e l’INPS.
Con riguardo alla trasmissione delle informazioni suscettibili di utilizzo ai
fini dell’accertamento fiscale e contributivo, viene specificato che i Comuni
possono inviare quelle rilevanti ai fini dell’accertamento dei tributi statali o
all’Agenzia delle Entrate ovvero alla Guardia di Finanza ovvero all’Agenzia del
Territorio, a seconda delle specifiche che sono contenute nell’allegato al presente
provvedimento, mentre invieranno esclusivamente all’INPS quelle rilevanti ai
fini dell’accertamento contributivo. Viene a tal fine richiamata la previsione del
provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 3 dicembre 2007 in
base alla quale le informazioni in argomento dovranno essere strutturate dai
Comuni in forma di segnalazioni qualificate.
Il provvedimento, poi, specifica che tali segnalazioni dovranno essere
inviate telematicamente dai Comuni ai quattro enti mediante appositi applicativi
informatici appositamente messi loro a disposizione dall’Agenzia delle Entrate,
dalla Guardia di Finanza ovvero dall’Agenzia del Territorio ovvero dall’INPS.
Viene infine individuato lo specifico ambito di intervento e le tipologie di
segnalazioni qualificate che i Comuni dovranno inviare all’INPS, al fine della
loro partecipazione all’accertamento dei contributi previdenziali ed assistenziali
non dichiarati.
Riferimenti normativi
a) Attribuzioni del Direttore dell’Agenzia delle Entrate:
Decreto legislativo del 30 luglio 1999, n. 300 (art. 57; art. 62; art. 66; art. 67,
comma 1; art. 68, comma 1; art. 71, comma 3, lettera a); art. 73, comma 4).
Statuto dell’Agenzia delle Entrate, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 20
febbraio 2001, n. 42 (art. 5, comma 1; art. 6, comma 1).
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Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del 13 febbraio 2001, n. 36 (art. 2, comma 1).
Decreto del Ministro delle finanze del 28 dicembre 2000, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del 12 febbraio 2001, n. 9.
b) Disciplina normativa di riferimento:
Decreto del Ministero delle finanze del 31 luglio 1998.
Decreto del Presidente della Repubblica, 28 dicembre 2000, n. 445 e successive
modificazione ed integrazioni.
Decreto legislativo del 30 giugno 2003 n. 196.
Deliberazione del Centro Nazionale per l’informatica nella Pubblica
Amministrazione del 19 febbraio 2004, n. 11.
Decreto legislativo del 7 marzo 2005, n. 82.
Decreto legge del 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla
legge del 2 dicembre 2005, n. 248, articolo 1, come modificato dall’articolo 83,
comma 4, del decreto legge del 25 giugno 2008, n. 112 e, da ultimo modificato
dall’articolo 18 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito dalla legge 30
luglio 2010, n. 122.
Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 3 dicembre 2007.
Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 articolo 83, comma 16, convertito con
modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 26 novembre 2008.
Decreto legislativo del 14 marzo 2011, n. 23.
Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 23 marzo 2011.
Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 15 luglio 2011.
Decreto legge del 13 agosto 2011, n. 138, convertito, dalla Legge del 14
settembre 2011, n. 148.
Decreto legge del 6 dicembre 2011, n. 201 convertito, dalla Legge del 22
dicembre 2011, n. 214).
Roma, 27/02/2012
IL DIRETTORE DELL’AGENZIA
Attilio Befera
Firma autografa sostituita da indicazione a stampa ai sensi dell’art. 3,
comma 2, del D. Lgs. N. 39/93
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ALLEGATO 1
Specifiche tecniche per la trasmissione delle segnalazioni qualificate da parte
dei Comuni all’Agenzia delle entrate e alla Guardia di Finanza
AMBITO D’INTERVENTO 1 - Segnalazione Commercio e Professioni
A) Svolgimento attività senza Partita IVA
Tali segnalazioni sono esclusivamente di competenza della Guardia di Finanza
e possono essere inserite solo attraverso l’indicazione del codice fiscale.
B) Svolgimento attività diversa da quella rilevata
Tali segnalazioni sono esclusivamente di competenza dell’Agenzia delle entrate
e possono essere inserite solo attraverso l’indicazione della partita IVA.
C) Ricavi/compensi incoerenti rispetto a quelli dichiarati
Tali segnalazioni sono esclusivamente di competenza della Guardia di Finanza
e possono essere inserite solo attraverso l’indicazione della Partita IVA.
D) Affissione pubblicitaria abusiva
Tali segnalazioni sono esclusivamente di competenza della Guardia di Finanza
e possono essere inserite attraverso l’indicazione del codice fiscale o della Partita
IVA.
E) Ente non commerciale con attività lucrativa
Tale tipologia è suddivisa in due sottocategorie:
1) Segnalazioni relative a soggetti iscritti a registri gestiti da enti pubblici (ad
esempio: Onlus, Organizzazioni di Volontariato, ecc.)
Tali segnalazioni sono esclusivamente di competenza dell’Agenzia delle
entrate.
2) Segnalazione relativa ad altri soggetti non rientranti nei casi precedenti (ad
esempio: circoli ricreativi)
Tali segnalazioni sono esclusivamente di competenza della Guardia di Finanza.
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AMBITO D’INTERVENTO 2 - Urbanistica e Territorio
A) Opere di lottizzazione in funzione strumentale alla cessione di terreni
Tali segnalazioni sono di competenza solo dell’Agenzia delle entrate.
B) Professionista od imprenditore che ha partecipato ad operazioni di abusivismo
edilizio
Tale tipologia è suddivisa in due sottocategorie:
1) segnalazioni relative ai professionisti che ha partecipato ad operazioni di
abusivismo edilizio
Tali segnalazioni sono di competenza solo dell’Agenzia delle entrate.
2) segnalazioni relative agli imprenditori che ha partecipato ad operazioni di
abusivismo edilizio
Tali segnalazioni sono di competenza solo della Guardia di Finanza.
AMBITO D’INTERVENTO 3 - Proprietà Edilizie e Patrimonio
Immobiliare
A) Proprietà o diritto reale non indicati in dichiarazione
Tali segnalazioni sono di competenza solo dell’Agenzia delle entrate.
B) Proprietà o diritto reale in assenza di contratti registrati
Tali segnalazioni sono di competenza solo della Guardia di Finanza.
C) Accertamento per omessa dichiarazione ICI
Tali segnalazioni sono di competenza solo dell’Agenzia delle entrate.
D) Accertamento per omessa dichiarazione TARSU – TIA
Le segnalazioni riguardanti tale tipologia sono suddivise in due sottocategorie:
1) Segnalazioni riguardanti la possibile locazione in nero
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Tali segnalazioni sono di competenza solo della Guardia di Finanza.
2) Segnalazioni riguardanti la mancata od infedele dichiarazione della
rendita catastale dell’immobile
Tali segnalazioni sono di competenza solo dell’Agenzia delle entrate.
E) Revisione di rendita catastale ex art. 1, comma 336, della legge n. 311/2004
Tali segnalazioni sono di competenza solo dell’Agenzia delle entrate.
AMBITO D’INTERVENTO 4 - Segnalazione Residenze Fiscali all’estero
A) Esito negativo del procedimento di conferma di espatrio ex art. 83, comma
16, del D.L. n. 112/2008
Tali segnalazioni sono di competenza solo dell’Agenzia delle entrate.
B) Domiciliato ex art. 43, commi 1 e 2, del Codice Civile a seguito di vigilanza
nel triennio ex art. 83, comma 16, del D.L. n. 112/2008
Tali segnalazioni sono di competenza solo dell’Agenzia delle entrate.
C) Domiciliato ex art. 43, commi 1 e 2, del Codice Civile a seguito di vigilanza
oltre il triennio
Tali segnalazioni sono di competenza solo della Guardia di Finanza.
AMBITO D’INTERVENTO 5 - Beni Indicanti Capacità Contributiva
La tipologia è suddivisa in due sottocategorie:
A) Segnalazioni relative a “soggetti per i quali, di fatto e di diritto, siano
riconducibili beni indicativi di capacità contributiva”.
Tali segnalazioni sono di competenza solo dell’Agenzia delle entrate.
B) Segnalazioni relative a “soggetti interponenti”.
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Tali segnalazioni sono di competenza solo della Guardia di Finanza.

il sindaco non può impedire l’installazione di slot per limitarne la diffusione


Sono illegittime le ordinanze del Sindaco che limitano in tutto il territorio comunale l’uso degli apparecchi da gioco lecito che consentono vincite in denaro e l’accesso da parte del pubblico nelle sale da giochi ove sono installati: il caso alla luce della sentenza del TAR Campania, NA, Sez. III, 15.2.2011, n. 952

Il potere sindacale di ordinanza, ai sensi dei coo. 1 e 4 dell’art. 54 del d. lgs. n. 267 del 2000, può essere esercitato qualora la violazione delle norme che tutelano i beni previsti dal dm. del 5.8.2008 (situazioni di degrado o isolamento, tutela del patrimonio pubblico e della sua fruibilità, incuria ed occupazione abusiva di immobili, intralcio alla viabilità o alterazione del decoro urbano) non assuma
rilevanza solo in sé stessa (poiché in tal caso soccorrono gli strumenti ordinari) ma possa costituire la premessa per l’insorgere di fenomeni di criminalità suscettibili di minare la sicurezza pubblica; pertanto, in tali casi, venendo in gioco interessi che vanno oltre le normali competenze di polizia amministrativa locale, il Sindaco, in qualità di ufficiale di governo, assume il ruolo di garante della sicurezza pubblica e può provvedere, sotto il controllo prefettizio ed in conformità delle direttive del ministero dell’interno, alle misure necessarie a prevenire o eliminare i gravi pericoli che la minacciano.
Il Sindaco può adottare ordinanze contingibili ed urgenti ai sensi del co. 4 dell’art. 54 d. lgs. n. 267 del 2000 solo al “fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli”; pertanto, trattandosi di poteri  straordinari e di provvedimenti atipici l’amministrazione quando vi ricorre, specie se non sussiste il presupposto dell’urgenza, deve compiere un supplementare sforzo istruttorio e motivazionale per evidenziare la gravità e il pericolo della situazione.
Il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti previsto dall’art. 54 d. lgs. n. 267 del 2000, pur dopo il suo ampliamento ad opera del d.l. n. 92 del 2008, convertito con modificazioni in l. n. 125 del 2008, conserva la sua connotazione atipica e residuale, ed è pertanto esercitabile, sussistendone le condizioni, tutte le volte in cui non sia conferito dalla legge il potere di emanare atti tipici, in presenza di presupposti indicati da specifiche normative di settore.
 E’ illegittima un'ordinanza contingibile ed urgente, adottata ex art. 54 d. lgs. n. 267 del 2000, con la quale il Sindaco, in ragione della elevata diffusione degli apparecchi da gioco lecito che consentono vincite in denaro, limita in tutto il territorio comunale l’uso di tali apparecchi e l’accesso da parte del pubblico nelle sale da giochi ove gli stessi sono installati, allorquando nel provvedimento non emerga alcuna situazione di grave pericolo potenziale o reale che minaccia la sicurezza pubblica; pertanto, detto intervento si colloca al di fuori del perimetro segnato dal co. 4, dell’art. 54 cit., anche nella sua nuova declinazione, essendo, evidente che la diffusione degli apparecchi da gioco leciti non  costituisce di per sé una motivazione sufficiente per intervenire al di fuori dell’ordinaria distribuzione delle competenze.
Nell’ultimo periodo sono state emanate molte ordinanze comunali c.d. “antislot”, motivate da ragioni di ordine pubblico ed emergenza sociale, ma non tutte hanno raggiunto l’obiettivo prefissato, avendo, molte delle quali, subìto una bocciatura da parte dei Tribunali regionali, con la conseguente sospensione della loro efficacia e la condanna al pagamento delle spese processuali.
Nella sentenza di cui è massima si tratta di un ricorso proposto da due imprenditori avverso le ordinanze con le quali il Sindaco di un comune, utilizzando i poteri di cui all’art.54 del d. lgs. n. 267 del 2000, ha introdotto disposizioni per limitare l’installazione e l’uso delle macchine da gioco. Segnatamente, con tali provvedimenti il Primo cittadino ha ingiunto ai titolari delle sale da gioco di limitare il numero massimo di apparecchi di cui all’art. 110, co. 6, del TULPS o di esporre all’interno dell’esercizio la tabella dei giochi proibiti vidimata dal Questore o di non pubblicizzare l’attività con insegne o cartelli utilizzando termini che richiamino il gioco d’azzardo. Inoltre, ha vietato l’apertura di nuove sale a una distanza inferiore ai 1000 metri da scuole e ospedali; ha consentito l’installazione di apparecchi solo nelle sale da giochi; ha vietato il rilascio di autorizzazioni per l’occupazione del suolo pubblico per le sale giochi autorizzate anche alla somministrazione di alimenti e bevande; ha impeditol’utilizzo delle aree esterne per l’installazione delle macchinette se queste sono prospicienti la strada o altre aree pubbliche; ha ingiunto di posizionare gli apparecchi in aree specificamente dedicate; ha fissato gli orari massimi di apertura delle sale (dalla 11.00 alle 01.00); ha disposto gli orari massimi d’uso degli apparecchi da gioco (dalle ore 13.00 alle ore23.00), nonché ha definito le sanzioni pecuniarie amministrative per le violazioni delledisposizioni predette.
I ricorrenti, premesso che con i provvedimenti gravati si introducono regole più stringenti rispetto a quelle stabilite dalla normativa statale, hanno dedotto, quali motivi di ricorso:
l’incompetenza assoluta in quanto la materia del gioco lecito è interamente disciplinata dalla normativa statale (art. 22 della l. n. 289/2002 e decreti interdirettoriali del 27.10.2003 per bar e ristoranti e decreto interdirettoriale del 18.1.2007 per le sale giochi);violazione dell’art. 54, co. 4 del d. lgs. n. 267 del 2000 ed eccesso di potere per sviamento in quanto difettano i presupposti per l’adozione di ordinanze contigibili e urgenti, non essendo, peraltro, stato compiuto alcuno specifico accertamento circa l’uso patologico delle macchinette de quibus da parte della popolazione; violazione dell’art. 54, cit. in relazione all’art. 110, co. 9, 10 e 11 del TULPS in quanto il Sindaco introduce un nuovo impianto sanzionatorio che si sovrappone a quello già molto articolato previsto dalla normativa statale; eccesso di potere per carenza di istruttoria in quanto non è documentato in alcun modo la necessità del ricorso a poteri extra ordinem; violazione dell’art. 97cost. e ed eccesso di potere per disparità di trattamento in quanto vengono penalizzati sologli apparecchi da gioco lecito e non gli altri giochi (es. Lotto, Superenalotto, Gratta eVinci, Bingo, ecc…).
I giudici hanno ritenuto “fondati e assorbenti i motivi di ricorso con i quali si deduce l’insussistenza dei presupposti per l’emanazione delle ordinanze de quibus anche sotto il profilo della carenza di istruttoria e del difetto di motivazione”, ribadendo che il potere sindacale di ordinanza si fonda sull’art. 54 TUEL il quale stabilisce che “il Sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimentidi cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche aifini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione”.
Per il collegio “è indubbio che la riforma operata con il citato decreto (...) abbia inteso ampliare i poteri di ordinanza attribuiti al Sindaco. In particolare, la congiunzione 'anche' testimonia la volontà del legislatore di consentire provvedimenti atipici anche in mancanza dei tradizionali presupposti della contigibilità e dell’urgenza, ma pur sempre finalizzati alla prevenzione e eliminazione di gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana”; pertanto, “i poteri esercitabili dai Sindaci (...) non possono che essere quelli finalizzati all’attività di prevenzione e repressione dei reati e non i poteri concernenti lo svolgimento di funzioni di polizia amministrativa nelle materie di
competenza delle Regioni e delle Province autonome”. In tale fattispecie “il sindaco nell’introdurre una disciplina del gioco lecito che si sovrappone del tutto, innovandola, a quella dettata dalla normativa statale, non indica alcuna situazione di grave pericolo potenziale o reale che minaccia la sicurezza pubblica né giustifica in altro modo la necessità di ricorrere ai poteri”.
Sulla base di ciò, il Collegio ha ritenuto che la diffusione degli apparecchi da gioco leciti non costituisce di per sé una motivazione sufficiente per intervenire al di fuori dell’ordinaria distribuzione delle competenze.
Il TAR, inoltre, non ha riconosciuto come emergenza le motivazioni con cui il Sindaco ha emanato i provvedimenti de quibus, evidenziando, inoltre, come il Primo cittadino abbia utilizzato uno strumento, quale l’ordinanza, per regolamentare una materia di cui esiste già una legge nazionale.

Tratto da G.A. n. 3/2011 Dott.ssa Valeria Coppola

lunedì 27 febbraio 2012

Equitalia, la multa è illegale

Gli interessi del 10 per cento applicati sulle contravvenzioni rendono nulle le cartelle in cui viene chiesto di pagare le vecchie contravvenzioni. Lo stabilisce una sentenza della Cassazione. Che fino a oggi è stata bellamente ignorata.
Leggi il testo integrale dell'articolo qui 


NOTA DEL 29/02/12 VEDI COMMENTO SOTTO PER VEDERE IL LINK DELLA SENTENZA

Riscossione coattiva

Interessante articolo sul "Sole 24 Ore" si oggi

Per l’esecuzione di opere su suolo di proprietà pubblica (chiosco per rivendita giornali),non è sufficiente il provvedimento di concessione per l’occupazione di detto suolo, ma occorre l’ulteriore ed autonomo titolo edilizio


N. 01106/2012REG.PROV.COLL.
N. 10387/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10387 del 2011, proposto dalla signora Alba Soldatelli, rappresentata e difesa dall'avv. Edoardo Giardino, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via A. Emo, 106;
contro

Comune di Mazzano Romano;
nei confronti di

Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge presso la sede di Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il LAZIO – ROMA, SEZIONE prima quater, 24 ottobre 2011, n. 08169, resa tra le parti, concernente RIMOZIONE DI OPERE ABUSIVE REALIZZATE SU SUOLO PUBBLICO IN RELAZIONE A PARERE DI COMPATIBILITÀ PAESAGGISTICA.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Sopraintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2012 il Cons. Gabriella De Michele e udito per l’appellante l’avv. Giardino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

La questione sottoposta all’esame del Collegio concerne l’ordine di immediata rimozione di un chiosco, adibito a rivendita di giornali, emesso dal Comune di Mazzano Romano in data 19 luglio 2011, nonché del parere del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali-Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, emesso il 29.11.2010. Il ricorso avverso tali provvedimenti è stato respinto dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, sez. I quater, con sentenza n. 8169/11 del 24.10.2011, emessa in forma semplificata, in considerazione della constatata mancanza del titolo abilitativo idoneo per la realizzazione del manufatto e del parere della Soprintendenza, che rilevava l’impatto prospettico del chiosco rispetto alla visuale dell’immobile tutelato (parere a sua volta oggetto di impugnativa, ma non sulla base di puntuali ed autonomi motivi di gravame).

Con l’atto di appello in esame (n. 10387/2011, notificato il 14.12.2011) le conclusioni sopra sintetizzate vengono contestate, in quanto non sarebbero stati considerati i “plurimi provvedimenti”, in base ai quali dovrebbe ritenersi legittimata l’installazione del chiosco di cui trattasi (concessioni per la concessione di suolo pubblico e per il relativo ampliamento, nonché atto di autorizzazione per la vendita al minuto di articoli di cartoleria, giornali e riviste), con ulteriore erronea configurazione dell’ingiunzione impugnata come atto discrezionale, mentre l’assenza di titolo abilitativo avrebbe reso doveroso e vincolato il provvedimento repressivo. Detto provvedimento, viceversa, riconduce la disposta rimozione del chiosco all’interesse pubblico, ritenuto prevalente, alla realizzazione di un intervento di recupero e ristrutturazione della piazza Giovanni XXIII, finanziato dalla Regione Lazio. In presenza di un abuso edilizio da rimuovere, peraltro, non sarebbe stata congrua la manifestata disponibilità del Comune “a concedere l’autorizzazione allo spostamento in altra area da concordare”, senza comunque dare poi seguito a tale affermazione. Il provvedimento sanzionatorio, inoltre, non avrebbe potuto essere emesso senza previo annullamento, in via di autotutela, dei “provvedimenti….ampliativi e legittimanti per la ricorrente…a tutt’oggi vigenti”, non potendosi “ordinare la rimozione di un’opera, la cui esistenza è tuttavia legittimata da altro atto amministrativo, a sua volta….pienamente legittimo ed efficace”. Confermerebbe la legittimità del manufatto realizzato la dicitura, contenuta nell’atto di concessione, secondo cui il titolo in questione veniva rilasciato fino al 31.12.1989 e si sarebbe rinnovato tacitamente negli anni successivi “salvo però il diritto dell’Amministrazione comunale di far rimuovere il manufatto, ove esigenze diverse lo rendano necessario”, con conseguente giusto titolo della concessionaria a partecipare al procedimento, conclusosi con l’emanazione dell’ingiunzione impugnata. Quanto al parere della Soprintendenza, il vizio di legittimità – che la sentenza di primo grado afferma erroneamente non dedotto – consisterebbe nell’erronea valutazione di abusività del manufatto. La sentenza appellata, inoltre, non avrebbe potuto rilevare la manifesta infondatezza del ricorso, ex art. 74 D.Lgs. 2.7.2010, n. 104, senza esaminare compiutamente tutte le argomentazioni difensive del ricorrente, con conseguente insussistenza dei presupposti applicativi della predetta norma. Illegittima, infine, dovrebbe ritenersi la condanna alle spese, che prescinderebbe “dai motivi di fatto e di diritto che comprovano la fondatezza delle ragioni della ricorrente”.

Premesso quanto sopra il Collegio ritiene che la causa – giunta alla camera di consiglio in data odierna per la decisione dell’istanza cautelare – possa essere decisa nel merito, sussistendo i presupposti di cui all’art. 60 del citato D.Lgs. n. 104/2010, in quanto – in base alla documentazione in atti ed alle stesse argomentazioni difensive della parte appellante – il chiosco di cui trattasi risulta effettivamente privo di titolo abilitativo, sotto il profilo urbanistico-edilizio. Contrariamente a quanto sostenuto nell’appello, infatti, per l’esecuzione di opere su suolo di proprietà pubblica non è sufficiente il provvedimento di concessione per l’occupazione di detto suolo, ma occorre l’ulteriore ed autonomo titolo edilizio, che opera su un piano diverso – e risponde a diversi presupposti – rispetto sia all’atto che accorda l’utilizzo a fini privati di una determinata porzione di terreno di proprietà pubblica, sia ad altri atti autorizzativi eventualmente necessari (come, per quanto qui interessa, l’autorizzazione commerciale per la vendita di determinati prodotti). La nozione di costruzione, per cui si richiede il rilascio del titolo abilitativo in questione (permesso di costruire), si identifica d’altra parte con qualsiasi trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, intesa come modifica dello stato dei luoghi caratterizzata da stabilità, a prescindere dai materiali usati, quando si tratti di soddisfare esigenze non precarie del soggetto che tale trasformazione ponga in essere (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. VI, 27.1.2003, n. 419).

Quando pertanto la Soprintendenza ha rilevato, per diversi fini (ovvero nell’ambito di un parere, espresso per lavori di ristrutturazione della piazza) l’abusività di manufatti, che si chiedeva di rimuovere come condizione per la positività del parere stesso, in modo da “riqualificare effettivamente i prospetti dell’edificio e renderne libera la visuale”, l’Amministrazione non ha potuto che emettere l’ordinanza impugnata, con una sovrabbondanza di motivazione che – ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990, come successivamente modificata ed integrata – non offre spunti per il richiesto annullamento di un atto, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso, senza che si imponesse alcuna misura in via di autotutela in rapporto a provvedimenti (concessione per l’occupazione di suolo pubblico, ampliamento dell’area concessa ed autorizzazione commerciale), che non si sovrapponevano al titolo abilitativo mancante né potevano sostituirlo, per diversità di presupposti normativi e di interessi pubblici sottesi (dovendosi rapportare il titolo urbanistico-edilizio, in via esclusiva, alle dimensioni ed alle caratteristiche costruttive del manufatto di cui si discute). L’Amministrazione comunale, tuttavia, sembra avere rilevato sia l’utilità dell’esercizio commerciale interessato (l’unico del genere, a quanto sembra, a disposizione della collettività locale), sia l’anomalia di una pluriennale permanenza in loco del chiosco, senza che venisse in alcun modo rilevata, da parte degli organi competenti, la necessità di regolarizzazione dello stesso sul piano urbanistico. Appare dunque ragionevole che per la struttura in questione – a quanto sembra prefabbricata e presumibilmente smontabile, o trasportabile – sia stata prevista la possibilità di diversa collocazione, con rilascio di tutte le autorizzazioni necessarie in termini, che l’impegno assunto dall’Amministrazione stessa deve far presumere celeri, nell’interesse anche pubblico al ripristino di un servizio utile per la cittadinanza.
Con riferimento alle censure prospettate, tuttavia, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto, con assorbimento delle ragioni difensive – non già puntualmente esaminate – che presuppongono la legittima collocazione del chiosco sotto ogni profilo giuridicamente rilevante.
La sentenza appellata, inoltre, ha correttamente applicato quanto disposto dagli artt. 60 e 74 del codice del processo amministrativo e fatto discendere dalla soccombenza la condanna della ricorrente alle spese di giudizio e onorari a favore del Ministero resistente.
Quanto alle spese del presente giudizio, tuttavia, il Collegio stesso ravvisa giusti motivi per disporne la compensazione, tenuto conto delle peculiarità della vicenda sottoposta a giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge l'appello, come in epigrafe proposto; compensa le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore

Roberta Vigotti, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere






L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE

















DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/02/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Torre del Lago:Sorpreso su un motorino rubato E lui morde la vigilessa

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Vigilessa condannata per peculato a seguito delle telefonate indirizzate a parenti ed amici effettuate durante le ore di servizio

 Casalpusterlengo, 12 febbraio 2012 - La vigilessa Sonia N., condannata in primo grado dal Tribunale di Lodi per peculato, a seguito delle telefonate indirizzate a parenti ed amici effettuate durante le ore di servizio e con le apparecchiature pubbliche, mentre si trovava alle dipendenze del comune di Fombio, potrebbe essere sospesa dal servizio prestato, attualmente, nel comune di Casalpusterlengo. «Agiremo nel pieno rispetto delle disposizioni, delle leggi e dei regolamenti» glissa, garbatamente il sindaco di Casalpusterlengo Flavio Parmesani, indicando di non voler aggiungere proprio null’altro su una questione estremamente delicata. E soprattutto senza voler entrare nel merito di una querelle originata in un altro comune (Fombio) in un periodo compreso tra il 2004 e il 2007. 

La condanna per le telefonate, private, effettuate dall’ufficio inflitta dai giudici di Lodi a Sonia N., prevede una pena di due anni e 2 mesi di reclusione, un anno di interdizione dai pubblici uffici, il pagamento di spese legali pari a tremila euro e un risarcimento da stabilire in sede civile per i danni arrecati all’ente presso il quale lavorava. La vigilessa e i suoi difensori hanno già annunciato di essere pronti a ricorrere in appello per ribadire alcune delle tesi esposte durante un lungo procedimento articolato in ben 12 udienze prima del verdetto. In particolare i legali della vigilessa hanno sostenuto che «l’apparecchio telefonico era collocato in un guardiola della Polizia locale di Fombio dove chiunque poteva accedere». Un’affermazione contestata dalla controparte pronta a sostenere che solo Sonia N. lavorava in quell’ufficio.La vigilessa in un precedente contenzioso contro il comune di Fombio aveva vinto una causa per mobbing, davanti al giudice del lavoro, per essere stata emarginata e obbligata a lavorare in un ufficio decentrato. Per la “marginalizzazione dall’attività lavorativa” il comune di Fombio era stato condannato e Sonia N. era stata indennizzata con 30mila euro.
Fonte:www.la nazione.it

Riconseguimento di patente di guida a seguito della revoca di altra già posseduta.

Emanata la Circolare Prot. n. 5262 Roma, 23 febbraio 2012, da parte del Ministero, che fornisce chiarimenti per il "Riconseguimento di patente di guida a seguito della revoca di altra già posseduta"

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DIPARTIMENTO PER I TRASPORTI, LA NAVIGAZIONE
ED I SISTEMI INFORMATIVI E STATISTICI
Direzione generale per la motorizzazione
Divisione 5


Prot. n. 5262 Roma, 23 febbraio 2012

OGGETTO: Riconseguimento di patente di guida a seguito della revoca di altra già posseduta.


Si richiama l'attenzione di codesti Uffici sulla diversa disciplina derivante dall'applicazione di un provvedimento di revoca della patente emesso ai sensi dell'articolo 130 CdS , ovvero ai sensi dell'articolo 219 CdS, nel caso in cui il destinatario di tale provvedimento intenda riacquisire un titolo abilitativo alla guida.
REVOCA EX ART. 130 CDS :
- è sempre disposta da un Ufficio della Motorizzazione;
- l'interessato può conseguire una nuova patente di guida allorché siano cessati i motivi che hanno determinato il provvedimento;
- l'interessato può conseguire direttamente una patente di guida di categoria non superiore a quella della patente revocata, senza che siano operanti i criteri di propedeuticità previsti dall'articolo 116 per il conseguimento delle patenti di categoria C, D ed E;
- alla nuova patente non si applicano le disposizioni relative ai neopatentati, nemmeno con riferimento alla gestione del punteggio.

Pertanto, in tal caso, sulla nuova patente dovrà essere riportata la data di abilitazione della patente precedente.
REVOCA EX ART. 219 CDS:
- è emesso dal prefetto del luogo della commessa violazione, che dà comunicazione dell'ordinanza all'UMC competente territorialmente;
- l'interessato può conseguire una nuova patente di guida solo quando siano trascorsi almeno due anni dal momento in cui è divenuto definitivo il provvedimento di revoca; dovranno trascorrere almeno tre anni dalla data di accertamento del reato, se la revoca è disposta per violazione degli articoli 186, 186-bis o 187 CdS;
- ai fini del conseguimento della nuova patente di guida dovranno essere rispettati i criteri di propedeuticità di cui all'articolo 116 CdS;
- in relazione alla nuova patente conseguita, il titolare sarà soggetto a tutte le disposizioni in materia di neopatentati, ivi comprese quelle relative alla gestione del punteggio.
Pertanto, in tal caso, sulla nuova patente non dovrà essere riportata la data di abilitazione della patente precedente e la data abilitazione coinciderà con la data rilascio della nuova patente.
Si richiama infine l'attenzione sulla circostanza che, in nessun caso, dal conseguimento per esame di una nuova patente di guida, a seguito di revoca di quella precedentemente posseduta, potrà derivare l'abilitazione alla guida di veicoli della categoria A, qualora quella precedentemente posseduta fosse a tal fine idonea.
Infatti, ai sensi di quanto disposto dalla tabella dell'allegato IV del Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti 30 settembre 2003, n. 40T, recante "Disposizioni comunitarie in materia di patenti di guida e di recepimento della direttiva 2000/56/CE", la patente di categoria B:
- abilitava i titolari della stessa alla guida di veicoli della categoria A nell'ambito dei Paesi appartenenti all'UE ed al SEE, se conseguita prima del 1 gennaio 1986; ovvero
- abilitava i titolari alla guida dei predetti veicoli di categoria A esclusivamente entro l'ambito del territorio nazionale, se conseguita dopo tale data ma prima del 25 aprile 1988.
Nei casi di conseguimento per esame di nuova patente dopo un provvedimento di revoca, tuttavia, poiché la data di conseguimento della stessa è evidentemente successiva alle predette date, nessun diritto acquisito può essere vantato, né riconosciuto, con riferimento alla patente di categoria A.

IL DIRETTORE GENERALE
arch. Maurizio Vitelli

Autovelox e Tutor:dal 27 febbraio al al 4 marzo 2012

La Polizia di Stato rende pubbliche le tratte stradali dove sono operativi, giorno per giorno, gli strumenti di controllo della velocità. Un modo per invitare gli automobilisti a moderare l'andatura rispettando i limiti e prevenire così gli incidenti. E' importante tenere la velocità sotto controllo.
L'elenco degli autovelox è aggiornato settimanalmente
Ecco il link

Palermo, due autovelox fissi in viale Regione

 Uno sarà collocato sulla carreggiata in direzione Catania nei pressi di via Nave, e l’altro sulla carreggiata opposta nei pressi dello svincolo per via Ernesto Basile

di GIUSEPPE CADILI
PALERMO. Sarà ancora più dura per gli indisciplinati del volante correre sulla circonvallazione. Individuati dalla polizia municipale i due punti dove saranno piazzati i due box per le postazioni fisse degli autovelox. Uno sarà collocato sulla carreggiata in direzione Catania nei pressi di via Nave, e l’altro sulla carreggiata opposta nei pressi dello svincolo per via Ernesto Basile. Questi i punti dove il nucleo autovelox della polizia municipale ha deciso, dopo diversi sopralluoghi in viale Regione siciliana, di sistemare i box, all’interno di ciascuno dei quali sarà collocato l’occhio elettronico. E da quel momento non ci sarà più bisogno di alcuna pattuglia per farlo funzionare: l’autovelox sarà in azione costantemente e inchioderà tutti gli indisciplinati.

Le sanzioni sono di tre tipi: per chi viaggia ad una velocità superiore fra i 10 e i 40 chilometri orari rispetto al limite previsto dai cartelli è prevista solo la multa. Quando si supera il limite di velocità di 40 chilometri ma non oltre i 60 chilometri orari, è prevista non solo una multa salata che va e da 500 a 2.000 euro, ma anche il ritiro della patente da uno a tre mesi. Per chi, infine, supera di oltre 60 chilometri orari i limiti massimi di velocità è prevista una multa che va da 779 a 3.119 euro. E inoltre scatta la sospensione della patente di guida da sei a dodici mesi.
«Nel giro di un mese – sottolineano dal nucleo autovelox della polizia municipale – i box saranno sistemati e possiamo quindi avviare questo nuovo tipo di controllo immediatamente».
Fonte:www.gds.it del 26/02/12

domenica 26 febbraio 2012

Sosta su "isola di traffico" non consentita nemmeno ai disabili

Corte di Cassazione Sez. Seconda Civ. - Sent. del 21.02.2012, n. 2491
Presidente Oddo - Relatore Piccialli


Svolgimento del processo

P.F. impugnò ex art. 204 bis Codice della Strada in relazione all’art. 22 L. 689/81 il verbale in data 8.6.07 della polizia municipale di Venezia, con cui gli era stata contestata l’infrazione amministrativa di cui all’art. 146/2 cit. cod., per aver sostato con un’autovettura, appartenente alla moglie invalida, nella circostanza trasportata, esponente il contrassegno di cui agli artt. 11, 12 del D.P.R. 24.7.96 n. 503, in uno spazio non consentito, costituito da una c.d. “isola di traffico” destinata alla “canalizzazione”dei veicoli.
Secondo l’opponente non sussisteva la citata violazione, in quanto l’autovettura, per l’indisponibilità nella circostanza di spazi riservati ai portatori di handicap, avrebbe avuto la facoltà di sostare anche in quelli normalmente interdetti alla sosta, ove non determinante situazioni di intralcio o pericolo per la circolazione, come nella specie, in cui la sosta era avvenuta in un’area posta tra un attraversamento pedonale ed i parcheggi a pagamento contrassegnati dalle c.d. “strisce blu”. L’opposizione, cui aveva resistito il Comune, venne dichiarata inammissibile dall’adito Giudice di Pace di Mestre con sentenza n. 648/08 (sul rilievo quella analoga proposta dalla proprietaria del veicolo era stata respinta), ma accolta, su appello del soccombente, resistito dall’amministrazione, dal Tribunale di Venezia, con sentenza del n. 1175 del 20.5.2010; tale decisione si basava sull’essenziale rilievo che nella fattispecie fosse mancata la concreta valutazione di un pericolo o grave intralcio per la circolazione, tanto più necessaria per l’assenza, sul segnale recante il divieto di sosta, del cartello aggiuntivo indicante la rimozione del veicolo ai sensi dell’art. 159 C.d.S. Avverso detta decisione il Comune di Venezia ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati con successiva memoria, cui ha resistito l’intimato con controricorso.
All’esito dell’esame preliminare, in difformità dalla proposta reiettiva del consigliere relatore, la sesta sezione di questa Corte ha disposto procedersi alla trattazione in pubblica udienza.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione di norme di legge, con riferimento agli artt. 11 D.P.R. 503/96 e 159 C.d.S., per non avere il giudice di appello considerato che la sosta in deroga è vietata al soggetto invalido tutte volte in cui la stessa possa costituire, come nella specie, intralcio alla circolazione e conseguente pericolo, dovendo l’interesse generale prevalere su quello specifico dei soggetti inabili.
Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione, per non avere il giudice a quo considerato che il diritto del soggetto invalido a poter parcheggiare il suo veicolo nelle immediate vicinanze della propria destinazione finale subisca affievolimento nelle suddette ipotesi di grave intralcio alla circolazione o pericolo.
Con il terzo motivo si denuncia ulteriore vizio motivazionale, in relazione all’interpretazione delle citate norme di riferimento proposta dal tribunale lagunare, circa la ritenuta necessità del cartello aggiuntivo comminante la rimozione del veicolo e quella di accertare, di volta in volta, le situazioni di intralcio o pericolo, che non potrebbero essere demandate alla discrezionalità degli agenti preposti alla sorveglianza del traffico.
Le censure, che per la stretta connessione possono essere esaminate congiuntamente, vanno accolte per quanto di seguito precisato, comportando la cassazione della sentenza impugnata. Come era stato già ritenuto da questa Corte in varie pronunzie (v. Cass. nn. 7293/10, 21271/09, 1272/08, 19146/06), venendo recentemente ribadito dalla Sez. 6/2Asottosezione, con ordinanza n. 168 del 30/9/11-11.1.12 (che ha definito i giudizi relativi alle parallele opposizioni proposte da G..P. , la moglie disabile dell’odierno ricorrente, nell’ambito della presente e di analoga vicenda), la norma essenziale di riferimento, costituita dall’art. 11 co. 1 del D.P.R. 503 del 1996, disciplinante la “circolazione e sosta dei veicoli al servizio delle persone disabili”e prevedente che “alle persone detentrici del contrassegno di cui all’art. 12, viene consentita, dalle autorità competenti, la circolazione e la sosta del veicolo al loro specifico servizio, purché ciò non costituisca grave intralcio al traffico, nel caso di sospensione o limitazione della circolazione per motivi di sicurezza pubblicaci pubblico interesse o per esigenze di carattere militare, ovvero quando siano stati stabiliti divieti di carattere permanente o temporaneo, oppure quando sia stata vietata o limitata la sosta”, va in tale ultima parte interpretata, come evidenziato dalla locuzione, coniugante il verbo al congiuntivo passato, con riferimento non generalizzato a tutti i casi in cui la sosta sia vietata, bensì limitato a quelli nei quali il divieto sia stato stabilito con un apposito provvedimento dell’autorità competente, lasciando così al di fuori della relativa previsione tutte le ipotesi, direttamente riconducibili alla legge (o a regolamenti integrativi, aventi carattere di generalità), nei quali la valutazione di non ammissibilità della sosta (in relazione alle superiori esigenze collettive della sicurezza e della regolarità della circolazione) non esige un concreto apprezzamento da parte della P.A., ma è insita nella disposizione stessa, essendo stata compiuta “a monte” e direttamente dal legislatore, costituendo pertanto la ratio stessa del divieto. Solo nei diversi casi in cui il divieto sia stato stabilito con provvedimento ad hoc dell’autorità competente, a quest’ultima è conferita una potestà, altrettanto discrezionale, di autorizzare la fermatala sosta (o la circolazione) in deroga al divieto, imposto ai rimanenti utenti della strada, facoltà che tuttavia incontra il limite costituito dall’insussistenza di “grave intralcio al traffico”. Sulla scorta di tali premesse normative e considerato che nel caso di specie la sosta, avvenuta come da verbale, assistito da fede privilegiata ex art. 2700 c.c., su “isola di traffico” (vale a dire su “parte della strada, opportunamente delimitata e non transitabile, destinata a incanalare le correnti di traffico”: v. art. 3, co. 1 nn. 27, 28 C.d.S.), era stata dunque attuata in violazione non di uno specifico divieto, temporaneo o permanente, adottato dall’autorità comunale, ma imposto ex lege, in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 146 co. 2, 158 lett. d), non sarebbe stata necessaria alcuna indagine in concreto sulla sussistenza ed entità dell’intralcio al traffico, né avrebbe potuto rilevare al riguardo la presenza o meno del cartello indicatore, di cui all’art. 149 cit. cod., comminante la rimozione del veicolo nei casi di violazione di divieti di sosta imposti dall’ente proprietario per ravvisato grave intralcio o pericolo per la circolazione. Nel caso di specie, invero, il divieto di circolazione, e quindi anche della sosta (costituente una modalità di circolazione dei veicoli), derivava direttamente dalla legge e, come tale, andava osservato da tutti i conducenti, ivi compresi quelli di veicoli a servizio di persone disabili, per i quali non sussisteva possibilità alcuna di deroga ai sensi della citata norma speciale, neppure nella dedotta ipotesi in cui gli spazi di sosta riservati a tali soggetti fossero stati tutti, legittimamente o meno, occupati.
La cassazione della sentenza impugnata va disposta senza rinvio, con diretta pronunzia nel merito, rigettando l’appello nella parte in cui ha accolto l’opposizione (che il primo giudice aveva dichiarato radicalmente inammissibile, mentre il secondo l’ha ritenuta ammissibile, con statuizione non censurata dall’ente ricorrente), non rendendosi necessari altri accertamenti di fatto, in considerazione della evidenziata infondatezza dei motivi oppositivi, erroneamente accolti dal giudice del gravame.
Le spese, infine, seguono la soccombenza, e vanno liquidate, per il presente grado e per quello di appello, nelle rispettive misure di cui in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e pronunziando nel merito, rigettato l’appello nella parte in cui ha accolto l’opposizione, respinge quest’ultima, condannando F.P. al rimborso delle spese processuali in favore del Comune di Venezia, che liquida in complessivi Euro 700, 00, di cui 200 per esborsi, quelle del presente giudizio, ed in complessivi Euro 550, 00, di cui 50 per esborsi e 100 per diritti, quel le del grado di appello.
Depositata in Cancelleria il 210.02.2012

Proposta di legge su processo penale nei casi di particolare tenuità

Addio a tutti i reati più piccoli saranno archiviati senza processo.La Camera sta per modificare il codice di procedura penale per dire basta ai procedimenti contro i "mini crimini". Così i "fatti di particolare tenuità" come microfurti, liti e ingiurie non saranno più perseguiti: ma la modifica non riguarderà recidivi e delitti gravi
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Manifestazione del 23 febbraio.Intervento Senatore Saia.

La Polizia Locale  manifesta davanti a Montecitorio il 23 febbraio 2012. La categoria tutta, sindacati e associazioni di categoria, si sono ritrovate per la seconda volta davanti alla sede della Camera del nostro Parlamento per ricordare ancora una volta lo stato di disagio che sta vivendo la categoria.
Guarda il video dell'intervento del Senatore Saia.