lunedì 30 settembre 2013

Per il cittadino residente all’estero valida la notifica presso la ditta.


Corte di cassazione - Sezione I civile -Sentenza 25 settembre 2013 n. 21896

Licenziamento per ritardi

Con sentenza n. 21203 del 17 settembre 2013, la Cassazione ha affermato la legittimità del licenziamento comminato al lavoratore che si reca ripetutamente in ritardo al lavoro falsificando, inoltre, l'orario di ingresso.

Procedura di mobilità e comunicazione alla RSU

Con sentenza n. 21910 del 26 settembre 2013, la Cassazione ha affermato che ai fini degli effetti della procedura di mobilità la comunicazione può essere fatta anche soltanto alla RSU con esclusione delle sigle territoriali o di categoria, pur se la RSU appartiene ad una organizzazione sindacale irrilevante sul piano nazionale ma radicata in quel determinato contesto e firmataria di un accordo collettivo applicato nell'unità di riferimento. 

Vigili urbani aderiscono individualmente ai Fondi Aperti

I Vigili urbani aderiscono individualmente ai Fondi Aperti | Previdenza complementare
La previdenza integrativa e la spesa del personale di Arturo Bianco

"Stesse regole per sale Slot e Vlt."

Le “sale dedicate” agli apparecchi di gioco VLT, di cui al novellato art. 110, sesto comma, lett. b), r.d. 18 giugno 1931, n. 771 (T.U.L.P.S.), ed alla disciplina attuativa dettata dal decreto direttoriale del 22 gennaio 2010 (emanato dal Direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato), devono ritenersi comprese nel novero degli esercizi pubblici, disciplinati dal capo secondo (artt. 86 - 100) del T.U.L.P.S. (rilevante nel giudizio, poiché l’impugnata autorizzazione è stata emanata ai sensi dell’art. 88 T.U.L.P.S.).
Infatti, deve qualificarsi pubblico esercizio, ai sensi del T.U.L.P.S. e della disciplina provinciale dettata in materia, ogni luogo di esercizio di un’attività d’impresa, avente ad oggetto una prestazione d’opera o di servizio rivolta al pubblico, il quale vi possa accedere liberamente (mentre irrilevante è il divieto di accesso a determinate categorie di persone, quali i minori d’età, trattandosi di limitazione inerente alle modalità di esercizio dell’attività, non incidente sulla sua natura).

Mario Serio
Riproduzione riservata

domenica 29 settembre 2013

INPS: prepensionamenti ex art. 4 legge n. 92/2012 e ricongiunzioni

L’Inps, con messaggio n. 14984 del 24 settembre 2013 fornisce chiarimenti in ordine alla proponibilità di una seconda domanda di ricongiunzione al momento dell'accesso alla prestazione di sostegno al reddito prevista dall'art. 4, della legge n. 92 del 28 giugno 2012. Si premette che la prestazione in argomento non è una prestazione pensionistica ma una prestazione di sostegno al reddito. Infatti, l'art 4 della legge 92/2012 prevede che il datore di lavoro si impegna a corrispondere all'INPS la provvista finanziaria necessaria per l'erogazione ai lavoratori di una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe al momento della risoluzione del rapporto di lavoro in base alle regole vigenti e per l'accredito della contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento. In merito alla proponibilità di una seconda domanda di ricongiunzione si precisa che l'art. 4 della legge n. 29/1979 prevede che questa può essere presentata:
 
  • nel momento in cui il richiedente possa far valere, successivamente alla prima domanda di ricongiunzione, un periodo di assicurazione di almeno dieci anni, di cui almeno cinque di contribuzione versata in costanza di effettiva attività lavorativa (comma 1);
  • all'atto del pensionamento, in mancanza del requisito assicurativo e contributivo di cui al comma 1; in questo secondo caso, la ricongiunzione può essere azionata esclusivamente nella gestione nella quale era stata richiesta con la prima domanda (comma 2).
 Pertanto, una seconda domanda di ricongiunzione, in mancanza del requisito di 10 anni stabilito dal comma 1, potrà essere validamente presentata soltanto contestualmente alla domanda di pensione (e sempreché risultino soddisfatte, anche con l’apporto dei periodi ricongiunti, le condizioni per il pensionamento) e non al momento dell'accesso alla prestazione di sostegno al reddito.
Infine si ribadisce che sulla prestazione erogata ai soggetti in argomento, come precisato al paragrafo 7 della circolare 119 del 1 agosto 2013 non possono essere effettuate trattenute per il pagamento di oneri per riscatti e ricongiunzioni che devono quindi essere interamente versati prima dell’accesso alla prestazione.

giovedì 26 settembre 2013

Criteri per l’organizzazione delle aree adibite al parcheggio e alla sosta dei veicoli.

Da:"Nuove Direzioni" <info@nuovedirezioni.it>


Criteri per l’organizzazione delle aree adibite al parcheggio e alla sosta dei veicoli.
Le Giornate della Polizia Locale
XXXII edizione
Riccione, Palazzo dei Congressi
20 settembre 2013
S12 – Sessione tutela della strada e dei suoi utenti
Relazione dell’Avvocato Fabio Dimita
Direttore amministrativo Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

Grazie per l’attenzione, Pier Luigi Ciolli

Pensionamenti in caso di soprannumero


PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

CIRCOLARE 29 luglio 2013, n. 3 
Art. 2 del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito in legge  n.  135
del  2012,  c.d.  «Spending  review»  -  pensionamenti  in  caso   di
soprannumero. (13A07754) 
(GU n.225 del 25-9-2013)
 
 Vigente al: 25-9-2013  
 
 
                                  Alle Amministrazioni dello Stato 
 
                                  Alle Agenzie 
 
                                  Agli Enti  pubblici  non  economici
                                  nazionali 
 
                                  Agli Enti di ricerca 
 
                                  Agli Enti pubblici di cui  all'art.
                                  70,   comma    4,    del    decreto
                                  legislativo n. 165 del 2001 
 
  1. Premessa. Il regime dei pensionamenti in deroga. 
 
  L'art. 2, comma 11, lett. a), del decreto-legge  n.  95  del  2012,
convertito in 1. n. 135 del 2012, c.d. «Spending review», nell'ambito
delle misure che le  pubbliche  amministrazioni  devono  adottare  in
relazione alle situazioni di soprannumero, prevede: «a) applicazione,
ai lavoratori che risultino in possesso dei  requisiti  anagrafici  e
contributivi  i  quali,  ai  fini  del  diritto  all'accesso  e  alla
decorrenza del trattamento  pensionistico  in  base  alla  disciplina
vigente  prima  dell'entrata   in   vigore   dell'articolo   24   del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertilo, con modificazioni,
dalla legge  22  dicembre  2011,  n.  214,  avrebbero  comportalo  la
decorrenza del trattamento medesimo entro il 31  dicembre  2014,  dei
requisiti anagrafici e di anzianita' contributiva nonche' del  regime
delle decorrenze previsti dalla  predetta  disciplina  pensionistica,
con   conseguente   richiesta   all'ente   di   appartenenza    della
certificazione di tale  diritto.  Si  applica,  senza  necessita'  di
motivazione, l'articolo 72, comma 11,  del  decreto-legge  25  giugno
2008, n. 112, convertilo, con modificazioni,  dalla  legge  6  agosto
2008, n. 133. (....)». 
  Di seguito a quanto chiarito nella direttiva n.  10  del  2012  del
Dipartimento della funzione pubblica, in presenza  di  situazioni  di
soprannumero  eventualmente  risultanti  all'esito  delle   riduzioni
effettuate dai decreti del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
adottati ai sensi dell'art. 2, comma 5, del predetto d.l. n.  95  del
2012,  e  nei  limiti  della  necessita'   del   riassorbimento,   la
disposizione disciplina delle particolari ipotesi  di  pensionamento,
prevedendo l'applicazione del regime di accesso e  di  decorrenza  al
trattamento pensionistico previgente rispetto  alla  riforma  operata
con l'art. 24 del decreto legge 6 dicembre 2011. n. 201.  convertito.
con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. 
  La presente circolare e' stata elaborata a  seguito  di'  confronto
istruttorio con  il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,  il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali e 1"INPS  al  fine  di
dare indicazioni omogenee alle amministrazioni  interessate  e  viene
diramata a seguito di informativa sindacale. Le  amministrazioni  che
intendano  adottare  criteri  ulteriori  ed   eventualmente   diversi
rispetto agli indirizzi contenuti nella presente  circolare  dovranno
comunque adottare criteri generali e  oggettivi  da  seguire,  previa
informativa  ed  eventuale  esame  con  le  organizzazioni  sindacali
rappresentative ai sensi dell'art. 6 del d.lgs. n. 165 del 2001. 
  L'applicazione della norma puo' comportare l'«esodo volontario», in
caso di dimissioni del dipendente, o la risoluzione  unilaterale  del
rapporto da  parte  dell'amministrazione,  con  accesso  speciale  al
pensionamento. Il ricorso  ai  pensionamenti  in  deroga  di  cui  al
menzionato comma 11  ha  comunque  carattere  sussidiario;  rimangono
infatti vigenti le normali regole  di  pensionamento  e.  quindi,  il
riassorbimento della soprannumerarieta' deve  essere  compiuto  dando
priorita' ai pensionamenti secondo le regole ordinarie. 
 
  2. Destinatari dei pensionamenti in deroga. 
 
  I pensionamenti di cui al citato comma 11, lett. a). riguardano  le
categorie di personale interessate dall'attuazione  del  processo  di
riassetto    organizzativo    disciplinato    dall'art.    2.     Per
l'individuazione  dei  destinatari  si  rinvia  al  contenuto   della
direttiva n. 10 del 24 settembre 2012 del Dipartimento della funzione
pubblica, pubblicata sul sito del Dipartimento. a pag. 3 -  paragrafo
«Amministrazioni destinatarie». 
  Considerato il mutato quadro normativo e  finanziario  rispetto  al
momento in cui fu approvato il decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112,
convertito  in  legge  6  agosto  2008,  n.  133,  le  procedure   di
pensionamento in esame riguardano anche i dipendenti  gia'  collocati
in esonero, alle stesse condizioni degli altri dipendenti. 
 
  3.  Individuazione  delle  aree  territoriali  e/o   degli   ambiti
istituzionali in cui applicare i pensionamenti in deroga. 
 
  Gli ambiti istituzionali e/o le aree territoriali in cui  applicare
i pensionamenti in deroga possono  essere  prestabiliti  da  ciascuna
amministrazione sulla base di  criteri  oggettivi  e  predeterminati,
previa  informativa  ed  eventuale  esame  sindacale  ai  sensi   del
menzionato art. 6, che tengano conto dei fabbisogni e del livello  di
copertura degli organici per sede o per ambito istituzionale. 
 
  4. Esodo volontario. 
 
  Poiche'  la  norma  non   stabilisce   un   ordine   di   priorita'
nell'attuazione  dei  pensionamenti,  risponde  ad  un  criterio   di
ragionevolezza ed all'esigenza  di  contemperamento  degli  interessi
coinvolti   (quello   dell'amministrazione    all'assorbimento    del
soprannumero e quello dei dipendenti  a  non  veder  pregiudicate  le
proprie aspettative professionali) il ricorso prioritario, nei limiti
del  soprannumero,  all'esodo  volontario,  ossia  l'attuazione   dei
pensionamenti in base alle  domande  volontariamente  presentate  dai
dipendenti muniti dei requisiti (di seguito illustrati). A tal  fine,
per il caso di domande eccedenti il contingente del soprannumero,  si
ritiene  ragionevole  che  sia  seguito  il  criterio  della  maggior
anzianita' contributiva. Questo criterio, d'altra  parte,  si  desume
anche dalla normativa in esame, li' dove si  fa  appunto  riferimento
alla  maggior  anzianita'  contributiva  per  la   dichiarazione   di
eccedenza (art. 2. comma 11, lett. e) «definizione, previo esame  con
le organizzazioni  sindacali  che  deve  comunque  concludersi  entro
trenta giorni, di criteri e tempi di utilizzo di .forme  contrattuali
a tempo parziale del personale non dirigenziale di cui  alla  lettera
c)  che,  in  relazione  alla  maggiore  anzianita'  contribuiva,  e'
dichiarato in eccedenza,  al  netto  degli  interventi  di  cui  alle
lettere  precedenti.»).  Le  pubbliche   amministrazioni,   pertanto,
porranno  in  essere   ogni   necessaria   attivita'   di   immediata
informazione sulla accessibilita' del diritto  a  pensione  per  quei
soggetti per i quali  il  regime  di  accesso  e  di  decorrenza  del
trattamento pensionistico puo' essere attivato ai sensi dei requisiti
richiesti precedententemente all'entrata in vigore dell'art.  24  del
d.l. n. 201 del 2011. 
 
  5.   Risoluzione   unilaterale   del   rapporto   obbligatoria    e
pensionamenti in deroga. 
 
  Se il ricorso allo strumento  dell'esodo  volontario  non  consente
l'assorbimento del soprannumero, le amministrazioni devono  procedere
con la risoluzione obbligatoria del rapporto cui segue l'applicazione
del regime derogatorio di accesso al pensionamento.  Come  visto,  la
disposizione prevede che si applica, senza necessita' di motivazione,
l'art. 72. comma 11, del d.l. n. 112 del 2008, facendo  in  tal  modo
rinvio allo strumento della risoluzione unilaterale del  rapporto  di
lavoro con il preavviso di 6 mesi, i cui presupposti debbono pertanto
essere integrati con tutti i requisiti pensionistici richiamati nella
predetta lettera a) (di seguito illustrati). 
  Come  detto,  la  norma  non  enuncia  i  criteri  da  seguire  per
l'applicazione  dei  pensionamenti  in  presenza  di  piu'   soggetti
possibili destinatari della disposizione. In proposito,  il  criterio
piu' ragionevole e desumibile dalla legge e' quello che  tiene  conto
del minor pregiudizio  dal  punto  di  vista  pensionistico  per  gli
interessati, considerando cioe' la maggior  anzianita'  contributiva.
In tale  ottica,  ai  fini  dell'assorbimento  dei  soprannumeri,  le
amministrazioni dovrebbero valutare prioritariamente  la  risoluzione
del rapporto di lavoro al 30 dicembre  2014  (fermo  restando  quanto
specificato  nel  successivo  paragrafo  8  circa  il  regime   delle
decorrenze a seconda della  diversa  gestione  di  appartenenza)  nei
confronti di quei dipendenti che alla medesima data sono in  possesso
dell'anzianita' contributiva piu' elevata. Occorre,  tuttavia,  tener
presente che, se nell'ambito dei soprannumerari - cui si  applica  il
regime di deroga - ci sono dei dipendenti che  maturano  i  requisiti
per l'accesso alla pensione di  vecchiaia  o  raggiungono  il  limite
ordinamentale dei 65  anni,  essendo  gia'  titolari  del  diritto  a
pensione, o il requisito dei 40 anni di anzianita'  contributiva  per
la  pensione  di  anzianita'   a   prescindere   dall'eta',   questi,
nell'ambito del soprannumero, devono essere collocati a riposo in via
prioritaria anche in presenza di altri possibili destinatari. 
  Per  i  casi  di  dubbio  circa   l'anzianita'   contributiva   dei
dipendenti, si invitano le Amministrazioni a prendere i contatti  con
l'ente previdenziale di riferimento  che  provvedera'  a  fornire  le
informazioni necessarie anche sulla base di eventuali  direttive  del
Ministero vigilante. 
  La risoluzione unilaterale  del  rapporto  di  lavoro  deve  essere
preceduta dalla comunicazione del preavviso  di  6  mesi  in  base  a
quanto stabilito dall'art. 72, comma 11. del citato d.l. n.  112  del
2008. chiarendo ancora una volta che la cessazione del rapporto e  la
decorrenza del trattamento pensionistico deve avvenire  entro  il  31
dicembre 2014. 
  Rimane salvo naturalmente il regime ordinario del  collocamento  in
quiescenza per limiti di eta'. 
 
  6. Ambito temporale di vigenza dello speciale regime di accesso  al
trattamento pensionistico. 
 
  La norma stabilisce l'ultrattivita' delle disposizioni relative  ai
requisiti di accesso al trattamento pensionistico e  alle  decorrenze
previgenti rispetto alla riforma operata con il citato  art.  24  del
d.l. n. 201 del 2011. Tale ultrattivita' e' fissata  a  tutto  l'anno
2014, nei limiti in cui la decorrenza del trattamento  avvenga  entro
tale termine. Conseguentemente, per il periodo  considerato,  occorre
far riferimento ai requisiti di accesso alla  pensione  previgenti  e
applicare, se del caso e secondo  quanto  si  dira'  di  seguito.  il
regime della finestra mobile, tendendo presente che il  pensionamento
non potra' aver luogo in presenza di situazioni in cui il  dipendente
matura i requisiti per l'accesso al trattamento ma non la  decorrenza
dello stesso entro il 31 dicembre 2014. In sostanza, la  norma  vuole
evitare che ci siano fratture tra il  momento  della  cessazione  del
rapporto di lavoro e il  momento  della  percezione  del  trattamento
pensionistico. 
 
  7. Requisiti di accesso al trattamento pensionistico  (disposizioni
ante art. 24 del d.l. n. 201 del 2011). 
 
  Si  ritiene  utile  riepilogare   la   disciplina   vigente   prima
dell'entrata in vigore dell'art. 24 del d.l. n. 201 del 2011, sia  ai
fini del diritto all'accesso che  della  decorrenza  del  trattamento
pensionistico   applicabile   ai   dipendenti    interessati    dalle
disposizioni del citato art. 2, comma 11, lett. a), del predetto d.l.
n. 95 del 2012, segnalando  che  a  decorrere  dal  1°  gennaio  2013
l'applicazione dei requisiti di accesso al trattamento  pensionistico
deve tener conto dell'adeguamento alla speranza di  vita  determinato
con decreto del Ministero dell'economia e delle  finanze  6  dicembre
2012 (G.u. 13 dicembre 2011, n. 289). Pertanto, a decorrere  da  tale
anno, i requisiti anagrafici per il conseguimento della  pensione  di
vecchiaia sono incrementati di 3 mesi e i valori  di  somma  di  eta'
anagrafica e  di  anzianita'  contributiva  di  cui  alla  Tabella  B
allegata alla legge n. 243 del 2004 sono incrementati di 0,3  unita'.
Tali adeguamenti sono  stati  tenuti  presenti  nelle  tabelle  sotto
riportate.  Gli  aumenti  per  l'adeguamento  agli  incrementi  della
speranza di vita non si applicano invece al requisito contributivo di
40 anni per il conseguimento della pensione di anzianita', posto  che
l'adeguamento di questo requisito e' stato introdotto  dall'art.  24,
comma 12, del predetto d.l. n. 201 del 2011 e non era invece previsto
sulla base delle disposizioni vigenti prima  dell'entrata  in  vigore
dello stesso decreto-legge. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
  8. Decorrenza del trattamento (finestra mobile). 
 
  La norma subordina la possibilita' di attuare i pensionamenti  alla
circostanza che la decorrenza del trattamento  avvenga  entro  il  31
dicembre 2014. In sede applicativa, occorre  pertanto  verificare  in
concreto la necessita' di applicare il regime della  finestra  mobile
di  cui  all'art.  12  del  decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78,
convertito  in  legge  30  luglio  2010,  n.  122.  Come  noto,  tale
disposizione in generale ha introdotto il posticipo di 12 mesi  della
decorrenza  del  trattamento  pensionistico  per  i  dipendenti   che
maturano i  requisiti  anagrafici  e  contributivi  per  l'accesso  a
pensione a partire dal l° gennaio 2011 (per i dettagli si  fa  rinvio
ai chiarimenti contenuti nelle circolari n. 18  dell'8  ottobre  2010
dell'INPDAP e n. 53 del 16 maggio 2011 dell'INPS). 
  Di conseguenza la pensione avra' decorrenza  immediata  per  coloro
che hanno maturato i requisiti pensionistici prima del l gennaio 2011
e nei confronti di coloro per i quali  siano  gia'  decorsi  12  mesi
dalla maturazione del primi requisiti utili per l'accesso a  pensione
(ad es. ha decorrenza immediata la pensione di colui  che  compie  65
anni  il  2  giugno  2012  e  che  ha  maturato  il  31  marzo   2011
un'anzianita' contributiva  pari  a  35  anni.  In  questo  caso,  il
dipendente ha maturato il diritto alla pensione di anzianita'  il  31
marzo 2011 e quindi al momento del compimento dei  65  anni  di  eta'
sono gia' decorsi i 12 mesi dalla maturazione del diritto). 
  Parimenti, considerato che ai fini dell'applicazione  dell'articolo
2, comma 11, in esame i requisiti devono essere tali  da  comportare,
in base alla previgente  normativa,  la  decorrenza  del  trattamento
pensionistico entro il 31 dicembre 2014 e  tenuto  conto  che  per  i
requisiti maturati  a  partire  dal  1°  gennaio  2011  l'accesso  al
pensionamento avviene decorsi 12 mesi dalla maturazione degli  stessi
(c.d. finestra mobile), i  sopra  illustrati  requisiti  sia  per  le
pensioni di vecchiaia che di anzianita' devono  essere  raggiunti  al
massimo  alla  data  del  30   novembre   2013   per   gli   iscritti
all'assicurazione generale obbligatoria (decorrenza della pensione  l
dicembre 2014) ed alla data del 30 dicembre  2013  per  gli  iscritti
alle gestioni ex INPDAP (decorrenza della pensione 31 dicembre 2014). 
  Per quanto attiene al requisito di cui al  punto  7.2.,  lett.  a),
ovvero  i  40  anni  di  contribuzione  indipendentemente   dall'eta'
anagrafica, occorre tenere  presente  che  l'accesso  al  trattamento
pensionistico  per  questo  canale  di  uscita  anticipata   subisce,
rispetto ai 12 mesi di finestra mobile, un ulteriore posticipo  di  1
mese per requisiti maturati nell'anno 2012 e di 2 mesi per  requisiti
maturati nell'anno 2013 (art. 18, comma 22-ter, del  decreto-legge  6
luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011, n.  111).  Di
conseguenza, i 40  anni  di  anzianita'  contributiva  devono  essere
raggiunti al massimo alla data del 30 settembre 2013 per gli iscritti
all'assicurazione generale obbligatoria (decorrenza della pensione 1°
dicembre 2014) ed alla data del 30 ottobre 2013 per gli iscritti alle
gestioni ex INPDAP (decorrenza della pensione 31 dicembre 2014). 
 
  9.  Liquidazione  del  trattamento  di  fine  servizio  o  di  fine
rapporto. 
 
  Ai  fini  della  liquidazione  del  trattamento  di  fine  rapporto
"comunque denominato'', il comma 11 del predetto art. 2, lett. a), ai
numeri 1 e 2. distingue due fattispecie: 
    1. per il personale «che ha maturato i requisiti alla data del 31
dicembre  2011  il  trattamento  di  .fine  rapporto  medesimo  sara'
corrisposto  al  momento   della   maturazione   del   diritto   alla
corresponsione  dello  stesso  sulla   base   di   quanto   stabilito
dall'articolo 1, commi 22 e 23, del decreto-legge 13 agosto 2011,  n.
138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011. n.
148;» 
    2.  per  il  personale   «che   matura   i   requisiti   indicati
successivamente  al  31  dicembre  2011   [e   che   quindi   risulta
destinatario del regime previgente in virtu' della  deroga]  in  ogni
caso il trattamento di fine rapporto sara' corrisposto al momento  in
cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione dello
stesso  secondo  le  disposizioni   dell'articolo   24   del   citato
decreto-legge n. 201 del  2011  e  sulla  base  di  quanto  stabilito
dall'articolo 1, comma 22, del decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138,
convertito, con modificazioni, dalla  legge  14  settembre  2011,  n.
148.» 
 
    Roma, 29 luglio 2013 
 
                                                Il Ministro           
                                      per la pubblica amministrazione 
                                           e la semplificazione       
                                                   D'Alia             
 

Registrato alla Corte dei conti il 3 settembre 2013 
Presidenza del Consiglio dei ministri, registro n. 7, foglio n. 284 

mercoledì 25 settembre 2013

Sconto 30%:Quinta circolare del Ministero

Circolare Ministero Interno Prot. n. 300/A/7065/13/101/20/21/1 del 16 settembre 2013

Legge di conversione del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, Modifica dell'art. 202 del Codice della Strada.

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"Ni" all'accertamento sintomatico


Lo stato di ebbrezza può essere accertato, per tutte le ipotesi di reato oggi previste dall’articolo 186 del Codice della Strada, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale , ma ATTENZIONE, ogni scusa è buona per non far raggiungere la prova idonea ad attestare, oltre ogni ragionevole dubbio, la condotta criminosa dell'imputato, prevista dalla legge (art. 186, comma 2 lettera b) e c), e ricordiamoci, infine, che ogni testa è un TRIBUNALE!!!.
Le sentenze sotto riportate ne sono la dimostrazione.
Mario Serio
Rriproduzione Riservata




Suprema Corte di Cassazione,
sezione IV
sentenza n. 48251 del 13 dicembre 2012

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Suprema Corte di Cassazione,
sezione IV
sentenza n. 2568 del 17 gennaio 2013
la Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è più previsto dalle legge come reato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.11.2012.

Suprema Corte di Cassazione,
sezione VII
sentenza n. 5517 del 04 febbraio 2013
Ritenuta l'ipotesi di cui all'art. 186 comma 2 lett. a) C.d.S., annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non essere il reato ascritto previsto dalla legge come reato.

Suprema Corte di Cassazione,
sezione IV
sentenza n. 35303 del 21/08/2013
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 29 gennaio – 29 maggio 2013, n. 23306
Presidente Brusco – Relatore Casella
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 21 febbraio - 27 maggio 2013, n. 22644
Presidente D’Isa – Relatore Esposito
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

 

Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza n. 48251 del 13 dicembre 2012
Ritenuto in fatto

Con sentenza in data 24 febbraio 2012 la corte di appello di Milano confermava la sentenza emessa in data 30.06-2011 dal G.I.P. del Tribunale della stessa città che aveva dichiarato Z. D. responsabile del reato di cui all’articolo 186, comma 2, lett.b) del decreto legislativo 30.04.1992 n. 285 e lo aveva condannato alla pena di mesi uno di arresto ed euro 600 di ammenda, con la sospensione condizionale della pena e la sospensione della patente di guida per la durata di mesi sei.
Avverso tale sentenza lo Z. D. personalmente proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone l’annullamento per il seguente motivo:
1) art. 606 lett. b} c.p.p. per erronea applicazione della legge penale con riguardo alla declaratoria di responsabilità.
Sosteneva il ricorrente che erroneamente i giudici di merito avevano desunto lo stato di ebbrezza penalmente rilevante, riconducibile cioè alla fattispecie di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) del Codice della Strada, sulla base del mero accertamento sintomatico. A seguito infatti della modifica introdotta con la legge 120/2010, che ha depenalizzato l’ipotesi prevista dall’art.l86, comma 2, lett. a} del Codice della Strada, l’accertamento del reato deve essere effettuato necessariamente mediante il ricorso a strumenti tecnici che consentano di determinare il tasso alcolemico in modo certo e incontroverso, ciò che non è accaduto nel caso di specie. Secondo il ricorrente infatti la rilevazione empirica, basata sull’osservazione di soli, presunti elementi sintomatici, poteva al più costituire un mero indizio, da cui si poteva desumere lo stato di ebbrezza, ma non il grado della stessa.
Considerato in diritto
Il ricorso non è fondato.
Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto provata la responsabilità del ricorrente in ordine al reato previsto dall’articolo 186, comma 2, lett. b) del Codice della Strada.
Tanto premesso si osserva che la legge n. 120 del 29 luglio 2010 (disposizioni in tema di sicurezza stradale} ha innovato la precedente disciplina del Codice della Strada in relazione alla fattispecie di cui all’art. 186 lett. a, che è stata depenalizzata e punita soltanto con una sanzione amministrativa.
Tale modifica normativa non esclude però che lo stato di ubriachezza possa essere provato con indici sintomatici.
Peraltro, dal momento che l’ipotesi di cui alla lettera a) dell’art.186 C.d.S. non costituisce più reato, è necessario che il giudice indichi con chiarezza le ragioni per cui ha ritenuto sussistente l’ipotesi criminosa di cui alla lettera b} o alla lettera c).
La giurisprudenza di questa Corte, infatti, ha affermato condivisibilmente (cfr. Cass., sez. 4, Sent. n.48297 del 27.11.2008, Rv. 242392} ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza (pur dopo le modifiche apportate all’art. 186 cod. strada dall’art. 4, comma primo, lett. d), D.L. n. 92 del 2008, conv. con mod. dalla legge n. l25 del 2008), che lo stato di ebbrezza può essere accertato, non soltanto per l’ipotesi di cui alla fascia a) ma anche per quelle più gravi, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale; dovrà comunque essere ravvisata l’ipotesi più lieve quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una delle due altre ipotesi.
Pertanto, se si ammette l’accertamento dello stato di ebbrezza su base sintomatica, dovrà ritenersi consentito l’accertamento sintomatico per tutte le ipotesi di reato oggi previste dall’articolo 186 del Codice della Strada.
E’ ovvio che in tutti i casi in cui, pur avendo il giudice di merito accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, secondo il criterio dell’“oltre ogni ragionevole dubbio”, che la condotta dell’agente possa rientrare nelle due fasce di maggiore gravità, il giudice dovrà ravvisare l’ipotesi più lieve con tutte le conseguenze che ne derivano (in virtù della legge n. l20 del 29 luglio 2010 l’ipotesi prevista dall’art. l86 lett. a del Codice della Strada non è più prevista dalla legge come reato).
Ma nulla vieta che, a fronte di manifestazioni eclatanti di ebbrezza, il giudice, fornendo la sua decisione di adeguata motivazione, possa logicamente ritenere superata una delle due soglie superiori.

E ciò è appunto avvenuto nella fattispecie di cui è causa, come si può evincere dalla lettura della sentenza impugnata. Secondo – i giudici della Corte di appello di Milano, infatti, non poteva essere ritenuta la sussistenza dell’ipotesi più lieve prevista dalla lettera a) dell’art. l86 del Codice della Strada, in quanto sussistevano elementi sintomatici gravi, dal momento che lo Z. D., come riferito dagli agenti operanti, si era allontanato a bordo della sua autovettura a velocità sostenuta, aveva schivato miracolosamente altri veicoli, omettendo di dare la precedenza ai pedoni, aveva attraversato un incrocio incurante del semaforo rosso e quindi si era fermato in un’area di parcheggio accasciandosi sul sedile dell’autovettura. Gli agenti hanno poi riferito che l’imputato, visibilmente ubriaco, aveva con se quattro confezioni di tetrapak di vino del tutto svuotate e aveva rifiutato di sottoporsi all’alcoltest.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma il 29.11.2012

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Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza n. 2568 del 17 gennaio 2013
Ritenuto in fatto
1. – Con sentenza resa in data 1.3.2012, la Corte d’appello di Lecce ha integralmente confermato la sentenza del Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontata, del 15.3.2011, con la quale F. L. è stato riconosciuto colpevole del reato previsto e punito dall’art. 186, comma 2, c.d.s., per esser stato colto in stato di ebbrezza alla guida del proprio veicolo in Francavilla Fontana il 19.5.2007, e condannato alla pena di dieci giorni di arresto ed euro 300,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali e alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un mese.
2. – Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, rilevando l’erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’articolo 606, lett. b), c.p.p., per avere il giudice a quo omesso di ritenere integrata la meno grave ipotesi di cui all’articolo 186, comma 2 lettera a), c.d.s. (attualmente priva di rilievo penale), in assenza di un accertamento strumentale della condizione di ebbrezza dell’imputato, e in mancanza di ulteriori elementi idonei ad attestare, oltre ogni ragionevole dubbio, l’eventuale integrazione delle più gravi ipotesi previste dalle lettere b) e c) del medesimo articolo 186 c.d.s..
Considerato in diritto
3. – Il ricorso è fondato.
Secondo l’insegnamento di questa Corte (v., da ultimo, Cass., Sez. 4, n. 6889/2011, Rv. 252728; Cass., Sez. 4, n. 28787/2011, Rv. 250714), “ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, lo stato di ebbrezza può essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall’art. 186 c.d.s., con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatico, indipendentemente dall’accertamento strumentale, dovendosi comunque ravvisare l’ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minimo, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una delle due altre ipotesi, che conservano rilievo penale” (v. altresì Cass., Sez. 4, n. 48026/2009, Rv. 245802; Cass., n. 18486/2009; Cass., Sez. 4, n. 48297/2008, Rv. 242392; Cass., Sez. 4, n. 47378/ 2008, Rv. 242765).
Nel caso di specie, la corte distrettuale ha indicato, a fondamento dell’accertamento della responsabilità dell’imputato, il riscontro dell’alito vinoso dell’imputato, nonché la grave portata dell’incidente, resa evidente dalle conseguenze riscontrate dalle forze dell’ordine intervenute.
Da tali premesse, la corte distrettuale ha concluso che il tasso alcolemico riscontrabile sulla persona dell’imputato fosse molto superiore all’entità di 0,5 g/l, in quanto con un tasso superiore di poco a quella soglia “non si va ad urtare un palo dell’illuminazione pubblica con la propria auto senza una ragione specifica, che, peraltro, non è stata indicata dall’appellante”.
Il ragionamento seguito dal giudice del merito, se appare certamente tale da lasciar ritenere sussistente il ricorso di una non irrilevante condizione di ebbrezza dell’imputato, non appare tuttavia in grado di attestare, oltre ogni ragionevole dubbio, che detta condizione di ebbrezza fosse tale da integrare la (sia pur) più lieve ipotesi criminosa prevista dalla legge (art. 186, comma 2 lettera b), c.d.s., che prevede come penalmente rilevante il riscontro di un valore corrispondente a un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l.

Il livello minimo previsto (0,5 g/l) come penalmente rilevante dall’art. 186 c.d.s. vigente all’epoca del fatto (19.5.2007), è considerato, dall’attuale formulazione del medesimo articolo 186 c.d.s., penalmente irrilevante (cfr. l’art. 186, comma 2 lettera a), c.d.s.), ove non sia stata accertato il raggiungimento di un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l.

Deve ritenersi, pertanto, che, nel caso di specie, non sia stata raggiunta una prova idonea ad attestare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’imputato abbia integrato gli estremi sufficienti a ritenere consumata la più lieve ipotesi criminosa ad oggi prevista per legge.
Ne deriva il conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, non essendo il fatto ascritto all’imputato più previsto dalla legge come reato.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è più previsto dalle legge come reato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.11.2012.

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Suprema Corte di Cassazione
sezione VII
sentenza n. 5517 del 04 febbraio 2013
Osserva
Ricorre per cassazione il difensore dl fiducia di E. A. avverso la sentenza emessa in data 28.4.2011 dalla Corte di Appello di Milano che confermava quella del Tribunale di Lecco in data 11.10.2010 con cui il predetto era Stato riconosciuto colpevole del reato dl cui all'art. 186 comma 2 (lett. b) C.d.S. (commesso il 22.8.2006) e condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di giorni 10 di arresto ed € 300,00 di ammenda oltre alla sospensione della patente per giorni 15.
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine al procedimento di rilevazione del tasso alcolemico e della sua misurazione (0,78 e 0,94 g/I) e la mancata applicazione dell'ipotesi (depenalizzata) di cui alla lett. a) del 2° comma dell'art. 186 C.d.S. nella formulazione successivamente entrata in vigore.
In via preliminare ed assorbente va rilevato, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., che "Ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza — che può essere accertato, non soltanto per l'ipotesi di cui alla fascia a) ma anche per quelle più gravi, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall'accertamento strumentale - deve comunque essere ravvisata l'ipotesi più lieve quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente rientri nell'ambito di una delle due altre ipotesi" (Cass. pen. Sez. IV, n. 6889 del 16.12.2011, Rv. 252728).
Sicché nel caso di specie, essendovi state due misurazioni di cui la prima (per giunta quella più prossima all'ingestione dell'alcool) rientrante nei parametri di cui alla lett. a) del 2° comma dell'art. 186 C.d.S., nel testo oggi vigente e non essendo decisiva ai fini della qualificazione dell'ipotesi ravvisabile la sintomatologia rilevata, deve ritenersi per il principio in dubbio pro reo (ex art. 2 comma 4 c.p.), la minore ipotesi sopra indicata della lett. a) del 2° comma dell'art. 186 C.d.S. oggi vigente.
Consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non essere il reato ascritto previsto dalla legge come reato.
P.Q.M.
Ritenuta l'ipotesi di cui all'art. 186 comma 2 lett. a) C.d.S., annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non essere il reato ascritto previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Roma, il 21.11.2012

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Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza n. 35303 del 21/08/2013

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di Pistoia, sezione distaccata di Monsummano Terme, con sentenza in data 15.12.2009, dichiarava N. M. responsabile del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada, commesso in data 4 gennaio 2009, condannando l’imputato alla pena di mesi tre di arresto ed € 2.000,00 di ammenda, concesso il beneficio della sospensione condizionale.
2. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 6.07.2012 in parziale riforma della sentenza del Tribunale, concesse le attenuanti generiche, rideterminava la pena in mesi due dl arresto ed € 1.500,00 di ammenda, e sostituiva la pena detentiva in quella pecuniaria della specie corrispondente pari ad € 2.280,00 dl ammenda. La Corte territoriale considerava accertato il superamento del valore soglia di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada, stante l’attendibilità degli esiti del test alcolimetrico effettuato e tenuto conto della sintomatologia presentata dal prevenuto al momento del controllo, secondo le indicazioni riferite dagli agenti verbalizzanti. La Corte di Appello rigettava la richiesta di sostituzione della pena con quella del lavoro di pubblica utilità, avanzata dalla difesa con memoria ln data 20.06.2012, osservando che la previsione dl cui all’art. 186, comma 9 bis, cod. strada, risulta incompatibile con il giudizio di appello.
3. Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione GF a mezzo del difensore.
Con il primo motivo, la parte deduce l’inosservanza di legge ed il vizio motivazionale. Il ricorrente rileva che gli elementi sintomatici riferiti dall’agente accertatore risultano generici e di significato ambiguo. Sotto altro aspetto, considera che non vi è prova che l’apparecchio utilizzato per il test alcolmetrico sia stato sottoposto alle prescritte verifiche periodiche. Il ricorrente rileva che l’apparecchio in questione era stato attivato da personale diverso da quello che effettuò le due misurazioni nel confronti di N. M. Tanto premesso, l’esponente sottolinea che, nel caso di specie, su entrambi gli scontrini emessi dall’apparecchiatura, all’esito delle due prove effettuate, risulta la dicitura “volume insufficiente”; ritiene che la spiegazione tecnica resa in dibattimento dal teste risulti generica e confusa; ed assume che i risultati siano perciò inutilizzabili. Al riguardo, l’esponente evidenzia che il Giudice di Pace di Monsummano ha accolto l’opposizione avverso l’ordinanza prefettizia di sospensione della patente, proprio sulla base del motivo ora riferito.
Il ricorrente rileva, pertanto, che erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto affidabile l’esito delle prove effettuate, pure a fronte della dicitura “volume insufficiente”. L’esponente fa poi riferimento ad una dichiarazione scritta proveniente dalla ditta produttrice dell’apparecchio, con riguardo al significato da attribuire alla predetta dicitura; e ribadisce che l’immissione di un volume di aria insufficiente fa si che il risultato risulti inattendibile.
Sotto altro aspetto, l’esponente rileva che anche ritenendo acclarato io stato di ebbrezza sulla base degli indici sintomatici riferiti dal verbalizzanti, la fattispecie applicabile è quella di cui all’art. 186, comma 2, lett. a), cod. strada, riguardante le ipotesi in cui il tasso alcolemico è compreso tra 0,5 e 0,8 g/I; e sottolinea che detta fattispecie, per effetto delle modifiche apportate al codice della strada dalla legge n. 120 del 2010, risulta ad oggi priva di rilevanza penale.
Con il secondo motivo la parte deduce l’inosservanza di legge, in riferimento n al disposto di cui all’art. 186, comma 9 bis, cod. strada ed il vizio di motivazione.
L’esponente rileva di avere impugnato la sentenza di primo grado anche in riferimento alla determinazione delle pena e dl avere tempestivamente depositato memoria contenente nuovo motivo di appello, in data 21.06.2012, chiedendo la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità. Osserva di avere pure prodotto documentazione attestante la disponibilità di un ente per l’effettuazione del lavoro di pubblica utilità, con indicazione del relativo programma e degli orari.
Tanto chiarito, la parte evidenzia che la Corte territoriale ha rigettato l’istanza, ritenendo erroneamente che la previsione di cui all’art. 186, comma 9 bis, cod. strada, sia incompatibile con il giudizio di appello. La parte considera che il trattamento sanzionatorio più favorevole, da applicare nel caso di specie, tenuto conto degli assetti sanzionatori dettati dalla riforma del 2010, sia da individuare nel novellato art. 186, comma 9 bis, cod. strada, ove è prevista una inedita ipotesi di estinzione del reato; e ritiene che la sanzione sostitutiva di che trattasi possa essere applicata in ogni fase del giudizio.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dl legge e vizio di motivazione. Osserva che la Corte territoriale, a fronte di specifiche doglianze dedotte nei motivi di appello, relative alla mancata concessione della non menzione ex art. 175 cod. pen. e della sospensione condizionale della pena, ha omesso di esaminare dette questioni ed ha sostituito la pena detentiva con quella pecuniaria della specie corrispondente ai sensi dell’art. 53, legge n. 689/1981.

Considerato in diritto

4. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
4.1 Il primo motivo di doglianza è fondato.
Come noto, la giurisprudenza dl legittimità ha ripetutamente affermato, in riferimento alla prova dello stato di ebbrezza derivante degli esiti delle misurazioni effettuate con le procedure e gli strumenti di cui agli artt. 186 cod. strada e 379 Reg. Es. cod. strada, che allorquando l’alcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa dell’imputato fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l’utilizzo di una errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione, non essendo sufficiente che ci si limiti a contestare la regolarità dell’etilometro ovvero a rilevare la mancata omologazione dell’apparecchio (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 17463 del 24/03/2011, dep. 05/05/2011, Rv. 250324; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 42084 del 04/10/2011, dep. 16/11/2011, Rv. 251117).
4.2 Orbene, tanto premesso, deve osservarsi che, nel caso di specie, le circostanze riferite dai giudici di merito, in ordine agli esiti delle misurazioni effettuate nel confronti di N. M. inducono a rilevare che non sussistono presupposti per poter affermare che l’esame dell’alcoltest sia risultato “positivo”; e, che, di riflesso, le censure dedotte dalla difesa, in ordine al difetto dl prova circa il superamento di un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, risultano fondate.
La Corte di Appello ha dato atto che, su entrambi gli scontrini relativi alle due misurazioni effettuate, risultava sia la dicitura “volume insufficiente”, sia il dato numerico relativo al tasso alcolemico. Non di meno, il Collegio ha ritenuto dirimente l’indicazione relativa al tasso alcolemico, considerando che se la quantità di aria immessa nella strumento fosse stata realmente insufficiente, la macchina non avrebbe potuto registrare alcun dato relativo al tasso di alcol.
Il ragionamento sviluppato dalla Corte territoriale, nei termini ora riferiti, da un lato risulta gravemente carente, poiché muove dalla immotivata obliterazione di un dato fattuale con il quale il giudice del gravame avrebbe dovuto necessariamente confrontarsi, essendo stato specificamente a ciò sollecitato dalla difesa appellante; dall’altro, si risolve in un apprezzamento del compendio probatorio che contrasta con i criteri di logica comune.
Ed invero, l’indicazione, su entrambi i tagliandi rilasciati dall’etilometro, della dicitura “volume insufficiente”, contrasta insanabilmente con la contestuale indicazione, pure presente sugli scontrini, relativa al valore relativo al tasso alcolemico registrato, evenienza quest’ultima che presuppone l’effettuazione di una corretta misurazione del campione di aria alveolare espirato. Come si vede, i giudici di merito hanno omesso di considerare che proprio l’incompatibilità logica tra i dati rilasciati dalla apparecchiatura, in entrambe le misurazioni effettuate, era indicativa del ripetuto malfunzionamento della macchina. E, del tutto illogicamente, hanno ritenuto affidabili i dati relativi al tasso alcolemico, emergenti dalle prove che erano state effettuate, nei confronti di N. M.
L’ordine di considerazioni che precede evidenzia che, nel caso di specie, lo stato di ebbrezza non può ritenersi provato sulla base dell’effettuato alcoltest.
4.3 Tanto chiarito, deve allora considerarsi che la giurisprudenza della Corte regolatrice ha ripetutamente affermato che, nel reato di guida in stato dl ebbrezza, l’esame strumentale non costituisce una prova legale; e che l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire anche in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall’art. 186 cod. strada; e che in tal caso la decisione deve essere sorretta da congrua motivazione (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 27940 del 07/06/2012, dep. 12/07/2012, Rv. 253598).
4.4 La Corte di Appello di Firenze, con riguardo agli elementi sintomatici, indicativi dello stato di ebbrezza, ha rilevato che i verbalizzanti avevano riferito che N. M. presentava alitosi alcolica, eloquio impastato, instabilità e occhi lucidi.
Ebbene, dal generici elementi sintomatici, riferiti dalla Corte di Appello, non emergono circostanze idonee a dimostrare che lo stato di ebbrezza, in cui pure versava N.M. al momento del controllo, sia tale da far rientrare la condotta di guida nell’ambito applicativo del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada, oggetto di addebito; e neppure in altra ipotesi penalmente rilevante contenuta nella norma di cui all’art. 186, cod. strada, a seguito delle modifiche introdotte con Legge 29.07.2010 n. 120. Tanto si afferma, atteso che per effetto dalla novellazione del 2010, la rilevanza penale della condotta, in riferimento alla norma incriminatrice in esame, ricorre – unicamente – qualora risulti accertato un tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi per litro, mentre qualora ricorra un valore superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro, la condotta risulta sanzionata solo in via amministrativa, ai sensi dell’art. 186, comma 2, lett. a), cod. strada.
5. Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Resta assorbita ogni altra ragione di doglianza.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Roma il 13 giugno 2013

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Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 29 gennaio – 29 maggio 2013, n. 23306
Presidente Brusco – Relatore Casella

Ritenuto in fatto


Con sentenza in data 7 marzo 2012, la Corte d'appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza di assoluzione pronunziata il 30 novembre 2010 dal Tribunale di Udine - Sezione staccata di Cividale del Friuli, dichiarò B.A. responsabile della contravvenzione, contestatagli sub capo A della rubrica, di cui all'art. 186, comma 2^ lett. c) cod. strada, commessa in (omissis) allorché fu sorpreso da una pattuglia di Carabinieri alla guida dell'autocarro tg. (omissis), in stato di ebbrezza alcoolica accertato in 2,71 gr./l. in esito ad una sola prova alcoolimetrica eseguita tramite l'apposito etilometro. Per l'effetto l'imputato fu condannato alle pene ed alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, ritenute di giustizia.

Ricorre personalmente il B. per cassazione deducendo un unico motivo per violazione dell'art. 186 cod. strada e per vizio di motivazione, così sintetizzato. SI duole il ricorrente della ritenuta colpevolezza in ordine alla suddetta contravvenzione, in mancanza di due successive misurazioni del tasso alcoolemico, eseguite dall'apposito strumento, non essendo consentito, in difetto, in nome del principio del libero convincimento, che ravvisare la meno grave ipotesi integrante l’illecito amministrativo di cui all'art. 186 lett. a) cod. strada.

Conclude quindi per l'annullamento della impugnata sentenza.
  
Considerato in diritto


Il ricorso è Infondato e deve quindi, per quanto di ragione, esser respinto con il conseguente onere del pagamento delle spese processuali a carico del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen..
l'iter argomentativo seguito dalla Corte d'appello di Trieste per giungere alla riforma della sentenza di assoluzione di primo grado risulta del tutto corretto e conforme a quell'orientamento interpretativo dell'art. 186 cod. strada, testimoniato da numerose pronunzie emesse da questa stessa Corte - condivise dal Collegio - (cfr. Sez. 4 n.38438 del 2006; Sez. 4 n.48297 del 2008; Sez. 4 n. 22774 del 2008; Sez. 4 n.48309 del 2008 - non massimata - Sez. 4 n. 48251 del 2012) secondo il quale, da un lato, in difetto di previsione della "prova legale ", ma valendo tuttavia il principio del libero convincimento del giudice in materia di valutazione della prova, l'accertamento del tasso alcoolemico può esser dimostrato con qualsiasi mezzo e non necessariamente con l'etilometro; dall'altro, una volta novellato l'art. 186 cod. strada dall'art. 4, co.l0 lett. d) D.L. n.92 del 2008 convertito con modificazioni nella L. n. 125 del 2008, lo stato di ebbrezza, egualmente accertato con ogni mezzo e quindi anche su base sintomatica, potrà esser riferito non solo alla ipotesi più lieve di cui alla fascia a) - attualmente depenalizzata - ma anche alle ulteriori e più gravi ipotesi ove si dimostri che la condotta dell'agente a talune di queste sia riconducibile, al di là di ogni ragionevole dubbio. La ratio legis (come acutamente messo in luce dalla motivazione della sentenza impugnata) appare invero improntata, fin dalla previsione dell'inasprimento delle pene anche accessorie (di cui alla recente novella) in proporzione all'aumento del tasso alcool emico, alla obiettiva finalità di contrastare il correlativo aumento della pericolosità per l'incolumità degli altri utenti della strada insita nella circolazione di veicoli (in special modo di quelli a motore) guidati da chi si trovi in stato di ebbrezza. Nel caso di specie i Giudici di seconda istanza hanno ineccepibilmente e logicamente ritenuto la colpevolezza dell'imputato in ordine al reato, cosiccome contestatogli al capo A della rubrica ex art. 186, comma 2^ lett. c) cod. strada: ipotesi più grave appunto integrata da un tasso alcoolemico superiore a 1,5 gr./litro, sulla base di un'eclatante manifestazione di ebbrezza, riscontrata dai Carabinieri all'atto del controllo e congruamente apprezzata in punto di fatto dalla Corte d'appello che ha evidenziato come l'imputato:

- procedesse, alla guida dell'autocarro con "andatura irregolare";
- non fosse in grado di "impegnare l'intersezione stradale, tanto da arrestarsi al centro della carreggiata";
-"pronunciasse frasi sconnesse e non fosse in grado di reggersi sulle gambe".

Ed ha ancora correttamente rimarcato la Corte distrettuale, il dato - di già ex se rilevante - della prima ed unica rilevazione del tasso alcoolemico eseguita con l'etilometro in dotazione alla P.G., pari a 2,71 gr./l. e quindi superiore di oltre cinque volte la soglia della rilevanza penale dello stato di ebbrezza, fissata normativamente nello 0,50 gr./l. Ora, pur trattandosi di un unico esperimento non idoneo a soddisfare le prescrizioni di prova legale dettate dall'art. 379 del regolamento cod. strada, non può revocarsi il dubbio come il tasso di alcool rilevato nel sangue del prevenuto si ponga in logica consequenzialità ed in riscontro indiziario di un rilevante e grave stato di ebbrezza, constato de visu dai Carabinieri di guisa da apparire ragionevolmente plausibile che anche un secondo esperimento strumentale tramite etilometro, eseguito alla distanza temporale prevista, non avrebbe dato un esito di certo inferiore alla rilevazione di 1,50 gr./l. E costituisce dato fattuale del tutto coerente con tale consistente stato di ebbrezza, la stessa impossibilità fisica dell'imputato di effettuare la seconda rilevazione con l'etilometro, di cui peraltro ha dato atto il Giudice di prime cure.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 21 febbraio - 27 maggio 2013, n. 22644
Presidente D’Isa – Relatore Esposito


Ritenuto in fatto


Con sentenza del 28/6/2012 la Corte d’Appello di Milano, escludendo l’aumento di pena per l’aggravante in ragione della ritenuta mancata contestazione, confermava nel resto la sentenza del Tribunale di Varese che aveva dichiarato M.G. responsabile del reato di cui all’art. 186, 1° e 2° lett. b) C.d.S., per aver circolato sulla pubblica via in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche (fatto del 10/3/2008). Con la riduzione del rito, il M. era condannato alla pena di mesi due di arresto e € 4.000,00 di ammenda, con sospensione della patente di guida per un anno.
In fatto era accaduto che il rilievo del tasso alcolmetrico mediante alcoltest non aveva avuto esito a causa delle condizioni psicofisiche dell’imputato; tali da non permettergli di soffiare la quantità minima necessaria per la rilevazione. La responsabilità in relazione al reato in questione era stata ritenuta, pertanto, in ragione della manifestazione, da parte dell’imputato di indici sintomatici inequivoci dello stato di ebbrezza.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, deducendo l’omessa e/o erronea motivazione in punto di riconducibilità della fattispecie contestata nell’alveo dell’art. 186 comma 2 lett. B) c.d.s.; in alternativa l’inosservanza di legge con riferimento al combinato disposto degli artt. 192 C.P.P. e 186 comma 2 lett. B) c.d.s.
Rilevava vizio della motivazione per avere la Corte di merito ritenuto, l’impossibilità (di soffiare nell’etilometro equivalente alla esistenza di un tasso di alcool nel sangue superiore a 0,5 g/l, osservando che i sintomi di ebbrezza etilica sono solo esemplificativi, ma non costituiscono prova ai fini della contravvenzione di cui alla lett. b) dell’art. 186 c.d.s., sicché se il giudice si avvale delle sole circostanze sintomatiche, in difetto di ulteriori accertamenti, il fatto sarà riconducibile alla fattispecie meno grave.

Osservava, di conseguenza, che la condotta accertata poteva essere ritenuta esclusivamente significativa dell’illecito amministrativo di cui alla lett. a) dell’art. 186 c.d.s., per la quale non può essere disposto il rinvio all’autorità amministrativa in ragione del principio di irretroattività, operante anche per tale categoria di illeciti.
Chiedeva, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.


Considerato in diritto
 

Il motivo di ricorso è infondato, sotto entrambi i profili prospettati.
 
Sussiste, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la possibilità di inferire esclusivamente da elementi sintomatici, pur in mancanza dell’accertamento mediante test, il reato di cui all’art. 186 cod. strad. nelle sue differenti specie, anche con riguardo alle ipotesi di reato caratterizzate da più alti livelli alcolmetrici, purché la decisione risulti sorretta da congrua motivazione (Sez. 4, Sentenza n. 43017 del 12/10/2011 Rv. 251004; Sez. 4, Sentenza n. 279 40 del 07/06/2012 Rv. 253598).
 
Nel caso in argomento tale motivazione congrua è ravvisabile, in ragione della evidenziata incapacità dell’istante, per l’effetto dell’ebbrezza alcolica, di collaborare per l’accertamento del livello alcolmetrico mediante l’apparecchiatura a disposizione degli accertatori e per i molteplici ulteriori elementi sintomatici messi in evidenza dalla sentenza di primo grado, idonei a far ritenere superata la soglia di cui alla lett. b) dell’art. 186 cod. str.
Nessun vizio di motivazione o di violazione di legge è pertanto ravvisabile.
Per tutte ragioni esposte il ricorso va rigettato. Il rigetto comporta a carico del ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.