rivolto soprattutto ad operatori di Polizia che vogliono tenersi costantemente aggiornati
lunedì 30 settembre 2013
Licenziamento per ritardi
Con sentenza n. 21203 del 17 settembre 2013, la Cassazione ha affermato la legittimità del licenziamento comminato al lavoratore che si reca ripetutamente in ritardo al lavoro falsificando, inoltre, l'orario di ingresso.
Procedura di mobilità e comunicazione alla RSU
Con sentenza n. 21910 del 26 settembre 2013, la Cassazione ha affermato che ai fini degli effetti della procedura di mobilità la comunicazione può essere fatta anche soltanto alla RSU con esclusione delle sigle territoriali o di categoria, pur se la RSU appartiene ad una organizzazione sindacale irrilevante sul piano nazionale ma radicata in quel determinato contesto e firmataria di un accordo collettivo applicato nell'unità di riferimento.
"Stesse regole per sale Slot e Vlt."
Le “sale dedicate” agli apparecchi di gioco VLT, di cui al novellato art. 110, sesto comma, lett. b), r.d. 18 giugno 1931, n. 771 (T.U.L.P.S.), ed alla disciplina attuativa dettata dal decreto direttoriale del 22 gennaio 2010 (emanato dal Direttore dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato), devono ritenersi comprese nel novero degli esercizi pubblici, disciplinati dal capo secondo (artt. 86 - 100) del T.U.L.P.S. (rilevante nel giudizio, poiché l’impugnata autorizzazione è stata emanata ai sensi dell’art. 88 T.U.L.P.S.).
Infatti, deve qualificarsi pubblico esercizio, ai sensi del T.U.L.P.S. e della disciplina provinciale dettata in materia, ogni luogo di esercizio di un’attività d’impresa, avente ad oggetto una prestazione d’opera o di servizio rivolta al pubblico, il quale vi possa accedere liberamente (mentre irrilevante è il divieto di accesso a determinate categorie di persone, quali i minori d’età, trattandosi di limitazione inerente alle modalità di esercizio dell’attività, non incidente sulla sua natura).
Infatti, deve qualificarsi pubblico esercizio, ai sensi del T.U.L.P.S. e della disciplina provinciale dettata in materia, ogni luogo di esercizio di un’attività d’impresa, avente ad oggetto una prestazione d’opera o di servizio rivolta al pubblico, il quale vi possa accedere liberamente (mentre irrilevante è il divieto di accesso a determinate categorie di persone, quali i minori d’età, trattandosi di limitazione inerente alle modalità di esercizio dell’attività, non incidente sulla sua natura).
Mario Serio
Riproduzione riservata
domenica 29 settembre 2013
INPS: prepensionamenti ex art. 4 legge n. 92/2012 e ricongiunzioni
L’Inps, con messaggio n. 14984 del 24 settembre 2013 fornisce chiarimenti in ordine alla proponibilità di una seconda domanda di ricongiunzione al momento dell'accesso alla prestazione di sostegno al reddito prevista dall'art. 4, della legge n. 92 del 28 giugno 2012. Si premette che la prestazione in argomento non è una prestazione pensionistica ma una prestazione di sostegno al reddito. Infatti, l'art 4 della legge 92/2012 prevede che il datore di lavoro si impegna a corrispondere all'INPS la provvista finanziaria necessaria per l'erogazione ai lavoratori di una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe al momento della risoluzione del rapporto di lavoro in base alle regole vigenti e per l'accredito della contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento. In merito alla proponibilità di una seconda domanda di ricongiunzione si precisa che l'art. 4 della legge n. 29/1979 prevede che questa può essere presentata:
- nel momento in cui il richiedente possa far valere, successivamente alla prima domanda di ricongiunzione, un periodo di assicurazione di almeno dieci anni, di cui almeno cinque di contribuzione versata in costanza di effettiva attività lavorativa (comma 1);
- all'atto del pensionamento, in mancanza del requisito assicurativo e contributivo di cui al comma 1; in questo secondo caso, la ricongiunzione può essere azionata esclusivamente nella gestione nella quale era stata richiesta con la prima domanda (comma 2).
Pertanto, una seconda domanda di ricongiunzione, in mancanza del requisito di 10 anni stabilito dal comma 1, potrà essere validamente presentata soltanto contestualmente alla domanda di pensione (e sempreché risultino soddisfatte, anche con l’apporto dei periodi ricongiunti, le condizioni per il pensionamento) e non al momento dell'accesso alla prestazione di sostegno al reddito.
Infine si ribadisce che sulla prestazione erogata ai soggetti in argomento, come precisato al paragrafo 7 della circolare 119 del 1 agosto 2013 non possono essere effettuate trattenute per il pagamento di oneri per riscatti e ricongiunzioni che devono quindi essere interamente versati prima dell’accesso alla prestazione.
sabato 28 settembre 2013
giovedì 26 settembre 2013
Criteri per l’organizzazione delle aree adibite al parcheggio e alla sosta dei veicoli.
Da:"Nuove Direzioni" <info@nuovedirezioni.it>
Criteri per l’organizzazione delle aree adibite al parcheggio e alla sosta dei veicoli.
Criteri per l’organizzazione delle aree adibite al parcheggio e alla sosta dei veicoli.
Le
Giornate della Polizia Locale
XXXII
edizione
Riccione,
Palazzo dei Congressi
20 settembre
2013
S12 –
Sessione tutela della strada e dei suoi utenti
Relazione
dell’Avvocato Fabio Dimita
Direttore
amministrativo Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Grazie
per l’attenzione, Pier Luigi Ciolli
Pensionamenti in caso di soprannumero
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA
CIRCOLARE 29 luglio 2013, n. 3Art. 2 del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito in legge n. 135 del 2012, c.d. «Spending review» - pensionamenti in caso di soprannumero. (13A07754)(GU n.225 del 25-9-2013)
Vigente al: 25-9-2013
Alle Amministrazioni dello Stato
Alle Agenzie
Agli Enti pubblici non economici
nazionali
Agli Enti di ricerca
Agli Enti pubblici di cui all'art.
70, comma 4, del decreto
legislativo n. 165 del 2001
1. Premessa. Il regime dei pensionamenti in deroga.
L'art. 2, comma 11, lett. a), del decreto-legge n. 95 del 2012,
convertito in 1. n. 135 del 2012, c.d. «Spending review», nell'ambito
delle misure che le pubbliche amministrazioni devono adottare in
relazione alle situazioni di soprannumero, prevede: «a) applicazione,
ai lavoratori che risultino in possesso dei requisiti anagrafici e
contributivi i quali, ai fini del diritto all'accesso e alla
decorrenza del trattamento pensionistico in base alla disciplina
vigente prima dell'entrata in vigore dell'articolo 24 del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertilo, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, avrebbero comportalo la
decorrenza del trattamento medesimo entro il 31 dicembre 2014, dei
requisiti anagrafici e di anzianita' contributiva nonche' del regime
delle decorrenze previsti dalla predetta disciplina pensionistica,
con conseguente richiesta all'ente di appartenenza della
certificazione di tale diritto. Si applica, senza necessita' di
motivazione, l'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112, convertilo, con modificazioni, dalla legge 6 agosto
2008, n. 133. (....)».
Di seguito a quanto chiarito nella direttiva n. 10 del 2012 del
Dipartimento della funzione pubblica, in presenza di situazioni di
soprannumero eventualmente risultanti all'esito delle riduzioni
effettuate dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri
adottati ai sensi dell'art. 2, comma 5, del predetto d.l. n. 95 del
2012, e nei limiti della necessita' del riassorbimento, la
disposizione disciplina delle particolari ipotesi di pensionamento,
prevedendo l'applicazione del regime di accesso e di decorrenza al
trattamento pensionistico previgente rispetto alla riforma operata
con l'art. 24 del decreto legge 6 dicembre 2011. n. 201. convertito.
con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
La presente circolare e' stata elaborata a seguito di' confronto
istruttorio con il Ministero dell'economia e delle finanze, il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali e 1"INPS al fine di
dare indicazioni omogenee alle amministrazioni interessate e viene
diramata a seguito di informativa sindacale. Le amministrazioni che
intendano adottare criteri ulteriori ed eventualmente diversi
rispetto agli indirizzi contenuti nella presente circolare dovranno
comunque adottare criteri generali e oggettivi da seguire, previa
informativa ed eventuale esame con le organizzazioni sindacali
rappresentative ai sensi dell'art. 6 del d.lgs. n. 165 del 2001.
L'applicazione della norma puo' comportare l'«esodo volontario», in
caso di dimissioni del dipendente, o la risoluzione unilaterale del
rapporto da parte dell'amministrazione, con accesso speciale al
pensionamento. Il ricorso ai pensionamenti in deroga di cui al
menzionato comma 11 ha comunque carattere sussidiario; rimangono
infatti vigenti le normali regole di pensionamento e. quindi, il
riassorbimento della soprannumerarieta' deve essere compiuto dando
priorita' ai pensionamenti secondo le regole ordinarie.
2. Destinatari dei pensionamenti in deroga.
I pensionamenti di cui al citato comma 11, lett. a). riguardano le
categorie di personale interessate dall'attuazione del processo di
riassetto organizzativo disciplinato dall'art. 2. Per
l'individuazione dei destinatari si rinvia al contenuto della
direttiva n. 10 del 24 settembre 2012 del Dipartimento della funzione
pubblica, pubblicata sul sito del Dipartimento. a pag. 3 - paragrafo
«Amministrazioni destinatarie».
Considerato il mutato quadro normativo e finanziario rispetto al
momento in cui fu approvato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, le procedure di
pensionamento in esame riguardano anche i dipendenti gia' collocati
in esonero, alle stesse condizioni degli altri dipendenti.
3. Individuazione delle aree territoriali e/o degli ambiti
istituzionali in cui applicare i pensionamenti in deroga.
Gli ambiti istituzionali e/o le aree territoriali in cui applicare
i pensionamenti in deroga possono essere prestabiliti da ciascuna
amministrazione sulla base di criteri oggettivi e predeterminati,
previa informativa ed eventuale esame sindacale ai sensi del
menzionato art. 6, che tengano conto dei fabbisogni e del livello di
copertura degli organici per sede o per ambito istituzionale.
4. Esodo volontario.
Poiche' la norma non stabilisce un ordine di priorita'
nell'attuazione dei pensionamenti, risponde ad un criterio di
ragionevolezza ed all'esigenza di contemperamento degli interessi
coinvolti (quello dell'amministrazione all'assorbimento del
soprannumero e quello dei dipendenti a non veder pregiudicate le
proprie aspettative professionali) il ricorso prioritario, nei limiti
del soprannumero, all'esodo volontario, ossia l'attuazione dei
pensionamenti in base alle domande volontariamente presentate dai
dipendenti muniti dei requisiti (di seguito illustrati). A tal fine,
per il caso di domande eccedenti il contingente del soprannumero, si
ritiene ragionevole che sia seguito il criterio della maggior
anzianita' contributiva. Questo criterio, d'altra parte, si desume
anche dalla normativa in esame, li' dove si fa appunto riferimento
alla maggior anzianita' contributiva per la dichiarazione di
eccedenza (art. 2. comma 11, lett. e) «definizione, previo esame con
le organizzazioni sindacali che deve comunque concludersi entro
trenta giorni, di criteri e tempi di utilizzo di .forme contrattuali
a tempo parziale del personale non dirigenziale di cui alla lettera
c) che, in relazione alla maggiore anzianita' contribuiva, e'
dichiarato in eccedenza, al netto degli interventi di cui alle
lettere precedenti.»). Le pubbliche amministrazioni, pertanto,
porranno in essere ogni necessaria attivita' di immediata
informazione sulla accessibilita' del diritto a pensione per quei
soggetti per i quali il regime di accesso e di decorrenza del
trattamento pensionistico puo' essere attivato ai sensi dei requisiti
richiesti precedententemente all'entrata in vigore dell'art. 24 del
d.l. n. 201 del 2011.
5. Risoluzione unilaterale del rapporto obbligatoria e
pensionamenti in deroga.
Se il ricorso allo strumento dell'esodo volontario non consente
l'assorbimento del soprannumero, le amministrazioni devono procedere
con la risoluzione obbligatoria del rapporto cui segue l'applicazione
del regime derogatorio di accesso al pensionamento. Come visto, la
disposizione prevede che si applica, senza necessita' di motivazione,
l'art. 72. comma 11, del d.l. n. 112 del 2008, facendo in tal modo
rinvio allo strumento della risoluzione unilaterale del rapporto di
lavoro con il preavviso di 6 mesi, i cui presupposti debbono pertanto
essere integrati con tutti i requisiti pensionistici richiamati nella
predetta lettera a) (di seguito illustrati).
Come detto, la norma non enuncia i criteri da seguire per
l'applicazione dei pensionamenti in presenza di piu' soggetti
possibili destinatari della disposizione. In proposito, il criterio
piu' ragionevole e desumibile dalla legge e' quello che tiene conto
del minor pregiudizio dal punto di vista pensionistico per gli
interessati, considerando cioe' la maggior anzianita' contributiva.
In tale ottica, ai fini dell'assorbimento dei soprannumeri, le
amministrazioni dovrebbero valutare prioritariamente la risoluzione
del rapporto di lavoro al 30 dicembre 2014 (fermo restando quanto
specificato nel successivo paragrafo 8 circa il regime delle
decorrenze a seconda della diversa gestione di appartenenza) nei
confronti di quei dipendenti che alla medesima data sono in possesso
dell'anzianita' contributiva piu' elevata. Occorre, tuttavia, tener
presente che, se nell'ambito dei soprannumerari - cui si applica il
regime di deroga - ci sono dei dipendenti che maturano i requisiti
per l'accesso alla pensione di vecchiaia o raggiungono il limite
ordinamentale dei 65 anni, essendo gia' titolari del diritto a
pensione, o il requisito dei 40 anni di anzianita' contributiva per
la pensione di anzianita' a prescindere dall'eta', questi,
nell'ambito del soprannumero, devono essere collocati a riposo in via
prioritaria anche in presenza di altri possibili destinatari.
Per i casi di dubbio circa l'anzianita' contributiva dei
dipendenti, si invitano le Amministrazioni a prendere i contatti con
l'ente previdenziale di riferimento che provvedera' a fornire le
informazioni necessarie anche sulla base di eventuali direttive del
Ministero vigilante.
La risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro deve essere
preceduta dalla comunicazione del preavviso di 6 mesi in base a
quanto stabilito dall'art. 72, comma 11. del citato d.l. n. 112 del
2008. chiarendo ancora una volta che la cessazione del rapporto e la
decorrenza del trattamento pensionistico deve avvenire entro il 31
dicembre 2014.
Rimane salvo naturalmente il regime ordinario del collocamento in
quiescenza per limiti di eta'.
6. Ambito temporale di vigenza dello speciale regime di accesso al
trattamento pensionistico.
La norma stabilisce l'ultrattivita' delle disposizioni relative ai
requisiti di accesso al trattamento pensionistico e alle decorrenze
previgenti rispetto alla riforma operata con il citato art. 24 del
d.l. n. 201 del 2011. Tale ultrattivita' e' fissata a tutto l'anno
2014, nei limiti in cui la decorrenza del trattamento avvenga entro
tale termine. Conseguentemente, per il periodo considerato, occorre
far riferimento ai requisiti di accesso alla pensione previgenti e
applicare, se del caso e secondo quanto si dira' di seguito. il
regime della finestra mobile, tendendo presente che il pensionamento
non potra' aver luogo in presenza di situazioni in cui il dipendente
matura i requisiti per l'accesso al trattamento ma non la decorrenza
dello stesso entro il 31 dicembre 2014. In sostanza, la norma vuole
evitare che ci siano fratture tra il momento della cessazione del
rapporto di lavoro e il momento della percezione del trattamento
pensionistico.
7. Requisiti di accesso al trattamento pensionistico (disposizioni
ante art. 24 del d.l. n. 201 del 2011).
Si ritiene utile riepilogare la disciplina vigente prima
dell'entrata in vigore dell'art. 24 del d.l. n. 201 del 2011, sia ai
fini del diritto all'accesso che della decorrenza del trattamento
pensionistico applicabile ai dipendenti interessati dalle
disposizioni del citato art. 2, comma 11, lett. a), del predetto d.l.
n. 95 del 2012, segnalando che a decorrere dal 1° gennaio 2013
l'applicazione dei requisiti di accesso al trattamento pensionistico
deve tener conto dell'adeguamento alla speranza di vita determinato
con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 6 dicembre
2012 (G.u. 13 dicembre 2011, n. 289). Pertanto, a decorrere da tale
anno, i requisiti anagrafici per il conseguimento della pensione di
vecchiaia sono incrementati di 3 mesi e i valori di somma di eta'
anagrafica e di anzianita' contributiva di cui alla Tabella B
allegata alla legge n. 243 del 2004 sono incrementati di 0,3 unita'.
Tali adeguamenti sono stati tenuti presenti nelle tabelle sotto
riportate. Gli aumenti per l'adeguamento agli incrementi della
speranza di vita non si applicano invece al requisito contributivo di
40 anni per il conseguimento della pensione di anzianita', posto che
l'adeguamento di questo requisito e' stato introdotto dall'art. 24,
comma 12, del predetto d.l. n. 201 del 2011 e non era invece previsto
sulla base delle disposizioni vigenti prima dell'entrata in vigore
dello stesso decreto-legge.
Parte di provvedimento in formato grafico
8. Decorrenza del trattamento (finestra mobile).
La norma subordina la possibilita' di attuare i pensionamenti alla
circostanza che la decorrenza del trattamento avvenga entro il 31
dicembre 2014. In sede applicativa, occorre pertanto verificare in
concreto la necessita' di applicare il regime della finestra mobile
di cui all'art. 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122. Come noto, tale
disposizione in generale ha introdotto il posticipo di 12 mesi della
decorrenza del trattamento pensionistico per i dipendenti che
maturano i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso a
pensione a partire dal l° gennaio 2011 (per i dettagli si fa rinvio
ai chiarimenti contenuti nelle circolari n. 18 dell'8 ottobre 2010
dell'INPDAP e n. 53 del 16 maggio 2011 dell'INPS).
Di conseguenza la pensione avra' decorrenza immediata per coloro
che hanno maturato i requisiti pensionistici prima del l gennaio 2011
e nei confronti di coloro per i quali siano gia' decorsi 12 mesi
dalla maturazione del primi requisiti utili per l'accesso a pensione
(ad es. ha decorrenza immediata la pensione di colui che compie 65
anni il 2 giugno 2012 e che ha maturato il 31 marzo 2011
un'anzianita' contributiva pari a 35 anni. In questo caso, il
dipendente ha maturato il diritto alla pensione di anzianita' il 31
marzo 2011 e quindi al momento del compimento dei 65 anni di eta'
sono gia' decorsi i 12 mesi dalla maturazione del diritto).
Parimenti, considerato che ai fini dell'applicazione dell'articolo
2, comma 11, in esame i requisiti devono essere tali da comportare,
in base alla previgente normativa, la decorrenza del trattamento
pensionistico entro il 31 dicembre 2014 e tenuto conto che per i
requisiti maturati a partire dal 1° gennaio 2011 l'accesso al
pensionamento avviene decorsi 12 mesi dalla maturazione degli stessi
(c.d. finestra mobile), i sopra illustrati requisiti sia per le
pensioni di vecchiaia che di anzianita' devono essere raggiunti al
massimo alla data del 30 novembre 2013 per gli iscritti
all'assicurazione generale obbligatoria (decorrenza della pensione l
dicembre 2014) ed alla data del 30 dicembre 2013 per gli iscritti
alle gestioni ex INPDAP (decorrenza della pensione 31 dicembre 2014).
Per quanto attiene al requisito di cui al punto 7.2., lett. a),
ovvero i 40 anni di contribuzione indipendentemente dall'eta'
anagrafica, occorre tenere presente che l'accesso al trattamento
pensionistico per questo canale di uscita anticipata subisce,
rispetto ai 12 mesi di finestra mobile, un ulteriore posticipo di 1
mese per requisiti maturati nell'anno 2012 e di 2 mesi per requisiti
maturati nell'anno 2013 (art. 18, comma 22-ter, del decreto-legge 6
luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111). Di
conseguenza, i 40 anni di anzianita' contributiva devono essere
raggiunti al massimo alla data del 30 settembre 2013 per gli iscritti
all'assicurazione generale obbligatoria (decorrenza della pensione 1°
dicembre 2014) ed alla data del 30 ottobre 2013 per gli iscritti alle
gestioni ex INPDAP (decorrenza della pensione 31 dicembre 2014).
9. Liquidazione del trattamento di fine servizio o di fine
rapporto.
Ai fini della liquidazione del trattamento di fine rapporto
"comunque denominato'', il comma 11 del predetto art. 2, lett. a), ai
numeri 1 e 2. distingue due fattispecie:
1. per il personale «che ha maturato i requisiti alla data del 31
dicembre 2011 il trattamento di .fine rapporto medesimo sara'
corrisposto al momento della maturazione del diritto alla
corresponsione dello stesso sulla base di quanto stabilito
dall'articolo 1, commi 22 e 23, del decreto-legge 13 agosto 2011, n.
138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011. n.
148;»
2. per il personale «che matura i requisiti indicati
successivamente al 31 dicembre 2011 [e che quindi risulta
destinatario del regime previgente in virtu' della deroga] in ogni
caso il trattamento di fine rapporto sara' corrisposto al momento in
cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione dello
stesso secondo le disposizioni dell'articolo 24 del citato
decreto-legge n. 201 del 2011 e sulla base di quanto stabilito
dall'articolo 1, comma 22, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.
148.»
Roma, 29 luglio 2013
Il Ministro
per la pubblica amministrazione
e la semplificazione
D'Alia
Registrato alla Corte dei conti il 3 settembre 2013
Presidenza del Consiglio dei ministri, registro n. 7, foglio n. 284
mercoledì 25 settembre 2013
Sconto 30%:Quinta circolare del Ministero
Circolare Ministero Interno Prot. n. 300/A/7065/13/101/20/21/1 del 16 settembre 2013 |
Legge di conversione del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, Modifica dell'art. 202 del Codice della Strada.
Scarica qui il raccoglitore completo delle nuove norme.
"Ni" all'accertamento sintomatico
Lo stato di ebbrezza può essere accertato, per tutte le ipotesi di reato oggi previste dall’articolo 186 del Codice della Strada, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale , ma ATTENZIONE, ogni scusa è buona per non far raggiungere la prova idonea ad attestare, oltre ogni ragionevole dubbio, la condotta criminosa dell'imputato, prevista dalla legge (art. 186, comma 2 lettera b) e c), e ricordiamoci, infine, che ogni testa è un TRIBUNALE!!!.
Le sentenze sotto riportate ne sono la dimostrazione.
Mario Serio
Rriproduzione Riservata
|
|
Suprema
Corte di Cassazione,
sezione IV
sentenza
n. 48251 del 13 dicembre 2012
|
Rigetta il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
|
Suprema
Corte di Cassazione,
sezione IV
sentenza
n. 2568 del 17 gennaio 2013
|
la
Corte Suprema di Cassazione, annulla senza
rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è più previsto dalle legge
come reato.
Così
deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.11.2012.
|
Suprema
Corte di Cassazione,
sezione VII
sentenza
n. 5517 del 04 febbraio 2013
|
Ritenuta
l'ipotesi di cui all'art. 186 comma 2 lett. a) C.d.S., annulla senza
rinvio la sentenza impugnata per non essere il reato ascritto previsto dalla
legge come reato.
|
Suprema
Corte di Cassazione,
sezione IV
sentenza
n. 35303 del 21/08/2013
|
Annulla senza rinvio la
sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
|
Corte di
Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 29 gennaio – 29 maggio 2013, n. 23306
Presidente Brusco – Relatore Casella |
Rigetta il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
|
Corte di
Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 21 febbraio - 27 maggio 2013, n. 22644
Presidente D’Isa – Relatore Esposito |
Rigetta il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
|
Suprema
Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza n.
48251 del 13 dicembre 2012
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 24 febbraio 2012 la corte di appello di Milano confermava la sentenza emessa in data 30.06-2011 dal G.I.P. del Tribunale della stessa città che aveva dichiarato Z. D. responsabile del reato di cui all’articolo 186, comma 2, lett.b) del decreto legislativo 30.04.1992 n. 285 e lo aveva condannato alla pena di mesi uno di arresto ed euro 600 di ammenda, con la sospensione condizionale della pena e la sospensione della patente di guida per la durata di mesi sei.
Avverso tale sentenza lo Z.
D. personalmente proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone
l’annullamento per il seguente motivo:
1) art. 606 lett. b} c.p.p. per erronea applicazione della legge penale con riguardo alla declaratoria di responsabilità.
Sosteneva il ricorrente che erroneamente i giudici di merito avevano desunto lo stato di ebbrezza penalmente rilevante, riconducibile cioè alla fattispecie di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) del Codice della Strada, sulla base del mero accertamento sintomatico. A seguito infatti della modifica introdotta con la legge 120/2010, che ha depenalizzato l’ipotesi prevista dall’art.l86, comma 2, lett. a} del Codice della Strada, l’accertamento del reato deve essere effettuato necessariamente mediante il ricorso a strumenti tecnici che consentano di determinare il tasso alcolemico in modo certo e incontroverso, ciò che non è accaduto nel caso di specie. Secondo il ricorrente infatti la rilevazione empirica, basata sull’osservazione di soli, presunti elementi sintomatici, poteva al più costituire un mero indizio, da cui si poteva desumere lo stato di ebbrezza, ma non il grado della stessa.
1) art. 606 lett. b} c.p.p. per erronea applicazione della legge penale con riguardo alla declaratoria di responsabilità.
Sosteneva il ricorrente che erroneamente i giudici di merito avevano desunto lo stato di ebbrezza penalmente rilevante, riconducibile cioè alla fattispecie di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) del Codice della Strada, sulla base del mero accertamento sintomatico. A seguito infatti della modifica introdotta con la legge 120/2010, che ha depenalizzato l’ipotesi prevista dall’art.l86, comma 2, lett. a} del Codice della Strada, l’accertamento del reato deve essere effettuato necessariamente mediante il ricorso a strumenti tecnici che consentano di determinare il tasso alcolemico in modo certo e incontroverso, ciò che non è accaduto nel caso di specie. Secondo il ricorrente infatti la rilevazione empirica, basata sull’osservazione di soli, presunti elementi sintomatici, poteva al più costituire un mero indizio, da cui si poteva desumere lo stato di ebbrezza, ma non il grado della stessa.
Considerato in diritto
Il ricorso non è fondato.
Correttamente la Corte
territoriale ha ritenuto provata la responsabilità del ricorrente in ordine al
reato previsto dall’articolo 186, comma 2, lett. b) del Codice della Strada.
Tanto premesso si osserva
che la legge n. 120 del 29 luglio 2010 (disposizioni in tema di sicurezza
stradale} ha innovato la precedente disciplina del Codice della Strada in
relazione alla fattispecie di cui all’art. 186 lett. a, che è stata depenalizzata
e punita soltanto con una sanzione amministrativa.
Tale modifica normativa non esclude però che lo stato di ubriachezza possa essere provato con indici sintomatici.
Peraltro, dal momento che l’ipotesi di cui alla lettera a) dell’art.186 C.d.S. non costituisce più reato, è necessario che il giudice indichi con chiarezza le ragioni per cui ha ritenuto sussistente l’ipotesi criminosa di cui alla lettera b} o alla lettera c).
Tale modifica normativa non esclude però che lo stato di ubriachezza possa essere provato con indici sintomatici.
Peraltro, dal momento che l’ipotesi di cui alla lettera a) dell’art.186 C.d.S. non costituisce più reato, è necessario che il giudice indichi con chiarezza le ragioni per cui ha ritenuto sussistente l’ipotesi criminosa di cui alla lettera b} o alla lettera c).
La giurisprudenza di questa
Corte, infatti, ha affermato condivisibilmente (cfr. Cass., sez. 4, Sent.
n.48297 del 27.11.2008, Rv. 242392} ai fini della configurazione del reato di
guida in stato di ebbrezza (pur dopo le modifiche apportate all’art. 186 cod.
strada dall’art. 4, comma primo, lett. d), D.L. n. 92 del 2008, conv. con mod.
dalla legge n. l25 del 2008), che lo stato di ebbrezza può essere accertato,
non soltanto per l’ipotesi di cui alla fascia a) ma anche per quelle più gravi,
con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente
dall’accertamento strumentale; dovrà comunque essere ravvisata l’ipotesi più
lieve quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non
sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta
dell’agente rientri nell’ambito di una delle due altre ipotesi.
Pertanto, se si ammette l’accertamento dello stato di ebbrezza su base sintomatica, dovrà ritenersi consentito l’accertamento sintomatico per tutte le ipotesi di reato oggi previste dall’articolo 186 del Codice della Strada.
Pertanto, se si ammette l’accertamento dello stato di ebbrezza su base sintomatica, dovrà ritenersi consentito l’accertamento sintomatico per tutte le ipotesi di reato oggi previste dall’articolo 186 del Codice della Strada.
E’ ovvio che in tutti i casi
in cui, pur avendo il giudice di merito accertato il superamento della soglia
minima, non sia possibile affermare, secondo il criterio dell’“oltre ogni
ragionevole dubbio”, che la condotta dell’agente possa rientrare nelle due
fasce di maggiore gravità, il giudice dovrà ravvisare l’ipotesi più lieve con
tutte le conseguenze che ne derivano (in virtù della legge n. l20 del 29 luglio
2010 l’ipotesi prevista dall’art. l86 lett. a del Codice della Strada non è più
prevista dalla legge come reato).
Ma nulla vieta che, a fronte di manifestazioni eclatanti di ebbrezza, il giudice, fornendo la sua decisione di adeguata motivazione, possa logicamente ritenere superata una delle due soglie superiori.
Ma nulla vieta che, a fronte di manifestazioni eclatanti di ebbrezza, il giudice, fornendo la sua decisione di adeguata motivazione, possa logicamente ritenere superata una delle due soglie superiori.
E ciò è appunto avvenuto nella fattispecie di cui è causa, come si può evincere dalla lettura della sentenza impugnata. Secondo – i giudici della Corte di appello di Milano, infatti, non poteva essere ritenuta la sussistenza dell’ipotesi più lieve prevista dalla lettera a) dell’art. l86 del Codice della Strada, in quanto sussistevano elementi sintomatici gravi, dal momento che lo Z. D., come riferito dagli agenti operanti, si era allontanato a bordo della sua autovettura a velocità sostenuta, aveva schivato miracolosamente altri veicoli, omettendo di dare la precedenza ai pedoni, aveva attraversato un incrocio incurante del semaforo rosso e quindi si era fermato in un’area di parcheggio accasciandosi sul sedile dell’autovettura. Gli agenti hanno poi riferito che l’imputato, visibilmente ubriaco, aveva con se quattro confezioni di tetrapak di vino del tutto svuotate e aveva rifiutato di sottoporsi all’alcoltest.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma il
29.11.2012
-----------------------
Suprema
Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza n.
2568 del 17 gennaio 2013
Ritenuto in fatto
1. – Con sentenza resa in
data 1.3.2012, la Corte d’appello di Lecce ha integralmente confermato la
sentenza del Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontata,
del 15.3.2011, con la quale F. L. è stato riconosciuto colpevole del reato
previsto e punito dall’art. 186, comma 2, c.d.s., per esser stato colto in stato
di ebbrezza alla guida del proprio veicolo in Francavilla Fontana il 19.5.2007,
e condannato alla pena di dieci giorni di arresto ed euro 300,00 di ammenda,
oltre al pagamento delle spese processuali e alla sanzione amministrativa
accessoria della sospensione della patente di guida per un mese.
2. – Avverso tale sentenza
ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, rilevando
l’erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’articolo 606,
lett. b), c.p.p., per avere il giudice a quo omesso di ritenere integrata la
meno grave ipotesi di cui all’articolo 186, comma 2 lettera a), c.d.s.
(attualmente priva di rilievo penale), in assenza di un accertamento
strumentale della condizione di ebbrezza dell’imputato, e in mancanza di ulteriori
elementi idonei ad attestare, oltre ogni ragionevole dubbio, l’eventuale
integrazione delle più gravi ipotesi previste dalle lettere b) e c) del
medesimo articolo 186 c.d.s..
Considerato in diritto
3. – Il ricorso è fondato.
Secondo
l’insegnamento di questa Corte (v., da ultimo, Cass., Sez. 4, n. 6889/2011, Rv.
252728; Cass., Sez. 4, n. 28787/2011, Rv. 250714), “ai fini della
configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, lo stato di ebbrezza
può essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall’art. 186
c.d.s., con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatico,
indipendentemente dall’accertamento strumentale, dovendosi comunque ravvisare
l’ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato
il superamento della soglia minimo, non sia possibile affermare, oltre ogni
ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una
delle due altre ipotesi, che conservano rilievo penale” (v. altresì Cass., Sez.
4, n. 48026/2009, Rv. 245802; Cass., n. 18486/2009; Cass., Sez. 4, n.
48297/2008, Rv. 242392; Cass., Sez. 4, n. 47378/ 2008, Rv. 242765).
Nel caso di specie, la corte distrettuale ha indicato, a fondamento dell’accertamento della responsabilità dell’imputato, il riscontro dell’alito vinoso dell’imputato, nonché la grave portata dell’incidente, resa evidente dalle conseguenze riscontrate dalle forze dell’ordine intervenute.
Da tali premesse, la corte distrettuale ha concluso che il tasso alcolemico riscontrabile sulla persona dell’imputato fosse molto superiore all’entità di 0,5 g/l, in quanto con un tasso superiore di poco a quella soglia “non si va ad urtare un palo dell’illuminazione pubblica con la propria auto senza una ragione specifica, che, peraltro, non è stata indicata dall’appellante”.
Nel caso di specie, la corte distrettuale ha indicato, a fondamento dell’accertamento della responsabilità dell’imputato, il riscontro dell’alito vinoso dell’imputato, nonché la grave portata dell’incidente, resa evidente dalle conseguenze riscontrate dalle forze dell’ordine intervenute.
Da tali premesse, la corte distrettuale ha concluso che il tasso alcolemico riscontrabile sulla persona dell’imputato fosse molto superiore all’entità di 0,5 g/l, in quanto con un tasso superiore di poco a quella soglia “non si va ad urtare un palo dell’illuminazione pubblica con la propria auto senza una ragione specifica, che, peraltro, non è stata indicata dall’appellante”.
Il
ragionamento seguito dal giudice del merito, se appare certamente tale da
lasciar ritenere sussistente il ricorso di una non irrilevante condizione di
ebbrezza dell’imputato, non appare tuttavia in grado di attestare, oltre ogni
ragionevole dubbio, che detta condizione di ebbrezza fosse tale da integrare la
(sia pur) più lieve ipotesi criminosa prevista dalla legge (art. 186, comma 2
lettera b), c.d.s., che prevede come penalmente rilevante il riscontro di un
valore corrispondente a un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l.
Il livello minimo previsto (0,5 g/l) come penalmente rilevante dall’art. 186 c.d.s. vigente all’epoca del fatto (19.5.2007), è considerato, dall’attuale formulazione del medesimo articolo 186 c.d.s., penalmente irrilevante (cfr. l’art. 186, comma 2 lettera a), c.d.s.), ove non sia stata accertato il raggiungimento di un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l.
Deve ritenersi, pertanto, che, nel caso di specie, non sia stata raggiunta una prova idonea ad attestare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’imputato abbia integrato gli estremi sufficienti a ritenere consumata la più lieve ipotesi criminosa ad oggi prevista per legge.
Ne deriva il conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, non essendo il fatto ascritto all’imputato più previsto dalla legge come reato.
Per questi motivi
la Corte Suprema di
Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è
più previsto dalle legge come reato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.11.2012.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.11.2012.
-----------------------
Suprema
Corte di Cassazione
sezione VII
sentenza n. 5517
del 04 febbraio 2013
Osserva
Ricorre per
cassazione il difensore dl fiducia di E. A. avverso la sentenza emessa in data
28.4.2011 dalla Corte di Appello di Milano che confermava quella del Tribunale
di Lecco in data 11.10.2010 con cui il predetto era Stato riconosciuto
colpevole del reato dl cui all'art. 186 comma 2 (lett. b) C.d.S. (commesso il
22.8.2006) e condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di giorni 10 di
arresto ed € 300,00 di ammenda oltre alla sospensione della patente per giorni
15.
Deduce la
violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine al procedimento di
rilevazione del tasso alcolemico e della sua misurazione (0,78 e 0,94 g/I) e la
mancata applicazione dell'ipotesi (depenalizzata) di cui alla lett. a) del 2°
comma dell'art. 186 C.d.S. nella formulazione successivamente entrata in
vigore.
In via preliminare
ed assorbente va rilevato, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., che "Ai fini
della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza — che può essere
accertato, non soltanto per l'ipotesi di cui alla fascia a) ma anche per quelle
più gravi, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica,
indipendentemente dall'accertamento strumentale - deve comunque essere
ravvisata l'ipotesi più lieve quando, pur risultando accertato il superamento
della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole
dubbio, che la condotta dell'agente rientri nell'ambito di una delle due altre
ipotesi" (Cass. pen. Sez. IV, n. 6889 del 16.12.2011, Rv. 252728).
Sicché nel caso di
specie, essendovi state due misurazioni di cui la prima (per giunta quella più
prossima all'ingestione dell'alcool) rientrante nei parametri di cui alla lett.
a) del 2° comma dell'art. 186 C.d.S., nel testo oggi vigente e non essendo
decisiva ai fini della qualificazione dell'ipotesi ravvisabile la
sintomatologia rilevata, deve ritenersi per il principio in dubbio pro reo (ex
art. 2 comma 4 c.p.), la minore ipotesi sopra indicata della lett. a) del 2°
comma dell'art. 186 C.d.S. oggi vigente.
Consegue
l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non essere il reato
ascritto previsto dalla legge come reato.
P.Q.M.
Ritenuta l'ipotesi
di cui all'art. 186 comma 2 lett. a) C.d.S., annulla senza rinvio la sentenza
impugnata per non essere il reato ascritto previsto dalla legge come reato.
Così deciso in
Roma, il 21.11.2012
-----------------------
Suprema
Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza n. 35303
del 21/08/2013
Ritenuto
in fatto
1. Il Tribunale di
Pistoia, sezione distaccata di Monsummano Terme, con sentenza in data
15.12.2009, dichiarava N. M. responsabile del reato di cui all’art. 186, comma
2, lett. c), cod. strada, commesso in data 4 gennaio 2009, condannando
l’imputato alla pena di mesi tre di arresto ed € 2.000,00 di ammenda, concesso
il beneficio della sospensione condizionale.
2. La Corte di
Appello di Firenze, con sentenza in data 6.07.2012 in parziale riforma della
sentenza del Tribunale, concesse le attenuanti generiche, rideterminava la pena
in mesi due dl arresto ed € 1.500,00 di ammenda, e sostituiva la pena detentiva
in quella pecuniaria della specie corrispondente pari ad € 2.280,00 dl ammenda.
La Corte territoriale considerava accertato il superamento del valore soglia di
cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada, stante l’attendibilità degli
esiti del test alcolimetrico effettuato e tenuto conto della sintomatologia
presentata dal prevenuto al momento del controllo, secondo le indicazioni
riferite dagli agenti verbalizzanti. La Corte di Appello rigettava la richiesta
di sostituzione della pena con quella del lavoro di pubblica utilità, avanzata
dalla difesa con memoria ln data 20.06.2012, osservando che la previsione dl
cui all’art. 186, comma 9 bis, cod. strada, risulta incompatibile con il
giudizio di appello.
3. Avverso la
predetta sentenza della Corte di Appello di Brescia ha proposto ricorso per
cassazione GF a mezzo del difensore.
Con il primo
motivo, la parte deduce l’inosservanza di legge ed il vizio motivazionale. Il
ricorrente rileva che gli elementi sintomatici riferiti dall’agente accertatore
risultano generici e di significato ambiguo. Sotto altro aspetto, considera che
non vi è prova che l’apparecchio utilizzato per il test alcolmetrico sia stato
sottoposto alle prescritte verifiche periodiche. Il ricorrente rileva che
l’apparecchio in questione era stato attivato da personale diverso da quello
che effettuò le due misurazioni nel confronti di N. M. Tanto premesso, l’esponente
sottolinea che, nel caso di specie, su entrambi gli scontrini emessi
dall’apparecchiatura, all’esito delle due prove effettuate, risulta la dicitura
“volume insufficiente”; ritiene che la spiegazione tecnica resa in dibattimento
dal teste risulti generica e confusa; ed assume che i risultati siano perciò
inutilizzabili. Al riguardo, l’esponente evidenzia che il Giudice di Pace di
Monsummano ha accolto l’opposizione avverso l’ordinanza prefettizia di
sospensione della patente, proprio sulla base del motivo ora riferito.
Il ricorrente
rileva, pertanto, che erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto affidabile
l’esito delle prove effettuate, pure a fronte della dicitura “volume
insufficiente”. L’esponente fa poi riferimento ad una dichiarazione scritta
proveniente dalla ditta produttrice dell’apparecchio, con riguardo al
significato da attribuire alla predetta dicitura; e ribadisce che l’immissione
di un volume di aria insufficiente fa si che il risultato risulti
inattendibile.
Sotto altro
aspetto, l’esponente rileva che anche ritenendo acclarato io stato di ebbrezza
sulla base degli indici sintomatici riferiti dal verbalizzanti, la fattispecie
applicabile è quella di cui all’art. 186, comma 2, lett. a), cod. strada,
riguardante le ipotesi in cui il tasso alcolemico è compreso tra 0,5 e 0,8 g/I;
e sottolinea che detta fattispecie, per effetto delle modifiche apportate al
codice della strada dalla legge n. 120 del 2010, risulta ad oggi priva di
rilevanza penale.
Con il secondo
motivo la parte deduce l’inosservanza di legge, in riferimento n al disposto di
cui all’art. 186, comma 9 bis, cod. strada ed il vizio di motivazione.
L’esponente rileva
di avere impugnato la sentenza di primo grado anche in riferimento alla
determinazione delle pena e dl avere tempestivamente depositato memoria
contenente nuovo motivo di appello, in data 21.06.2012, chiedendo la
sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità. Osserva di avere
pure prodotto documentazione attestante la disponibilità di un ente per l’effettuazione
del lavoro di pubblica utilità, con indicazione del relativo programma e degli
orari.
Tanto chiarito, la
parte evidenzia che la Corte territoriale ha rigettato l’istanza, ritenendo
erroneamente che la previsione di cui all’art. 186, comma 9 bis, cod. strada,
sia incompatibile con il giudizio di appello. La parte considera che il
trattamento sanzionatorio più favorevole, da applicare nel caso di specie,
tenuto conto degli assetti sanzionatori dettati dalla riforma del 2010, sia da
individuare nel novellato art. 186, comma 9 bis, cod. strada, ove è prevista
una inedita ipotesi di estinzione del reato; e ritiene che la sanzione
sostitutiva di che trattasi possa essere applicata in ogni fase del giudizio.
Con il terzo
motivo il ricorrente deduce violazione dl legge e vizio di motivazione. Osserva
che la Corte territoriale, a fronte di specifiche doglianze dedotte nei motivi
di appello, relative alla mancata concessione della non menzione ex art. 175
cod. pen. e della sospensione condizionale della pena, ha omesso di esaminare
dette questioni ed ha sostituito la pena detentiva con quella pecuniaria della
specie corrispondente ai sensi dell’art. 53, legge n. 689/1981.
Considerato
in diritto
4. Il ricorso in
esame muove alle considerazioni che seguono.
4.1 Il primo
motivo di doglianza è fondato.
Come noto, la
giurisprudenza dl legittimità ha ripetutamente affermato, in riferimento alla
prova dello stato di ebbrezza derivante degli esiti delle misurazioni
effettuate con le procedure e gli strumenti di cui agli artt. 186 cod. strada e
379 Reg. Es. cod. strada, che allorquando l’alcoltest risulti positivo,
costituisce onere della difesa dell’imputato fornire una prova contraria a
detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento
utilizzato, oppure l’utilizzo di una errata metodologia nell’esecuzione
dell’aspirazione, non essendo sufficiente che ci si limiti a contestare la
regolarità dell’etilometro ovvero a rilevare la mancata omologazione
dell’apparecchio (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 17463 del 24/03/2011, dep.
05/05/2011, Rv. 250324; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 42084 del 04/10/2011, dep.
16/11/2011, Rv. 251117).
4.2 Orbene, tanto
premesso, deve osservarsi che, nel caso di specie, le circostanze riferite dai
giudici di merito, in ordine agli esiti delle misurazioni effettuate nel
confronti di N. M. inducono a rilevare che non sussistono presupposti per poter
affermare che l’esame dell’alcoltest sia risultato “positivo”; e, che, di
riflesso, le censure dedotte dalla difesa, in ordine al difetto dl prova circa
il superamento di un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, risultano fondate.
La Corte di
Appello ha dato atto che, su entrambi gli scontrini relativi alle due
misurazioni effettuate, risultava sia la dicitura “volume insufficiente”, sia
il dato numerico relativo al tasso alcolemico. Non di meno, il Collegio ha
ritenuto dirimente l’indicazione relativa al tasso alcolemico, considerando che
se la quantità di aria immessa nella strumento fosse stata realmente
insufficiente, la macchina non avrebbe potuto registrare alcun dato relativo al
tasso di alcol.
Il ragionamento
sviluppato dalla Corte territoriale, nei termini ora riferiti, da un lato
risulta gravemente carente, poiché muove dalla immotivata obliterazione di un
dato fattuale con il quale il giudice del gravame avrebbe dovuto
necessariamente confrontarsi, essendo stato specificamente a ciò sollecitato
dalla difesa appellante; dall’altro, si risolve in un apprezzamento del
compendio probatorio che contrasta con i criteri di logica comune.
Ed invero,
l’indicazione, su entrambi i tagliandi rilasciati dall’etilometro, della
dicitura “volume insufficiente”, contrasta insanabilmente con la contestuale
indicazione, pure presente sugli scontrini, relativa al valore relativo al
tasso alcolemico registrato, evenienza quest’ultima che presuppone
l’effettuazione di una corretta misurazione del campione di aria alveolare
espirato. Come si vede, i giudici di merito hanno omesso di considerare che
proprio l’incompatibilità logica tra i dati rilasciati dalla apparecchiatura,
in entrambe le misurazioni effettuate, era indicativa del ripetuto
malfunzionamento della macchina. E, del tutto illogicamente, hanno ritenuto
affidabili i dati relativi al tasso alcolemico, emergenti dalle prove che erano
state effettuate, nei confronti di N. M.
L’ordine di
considerazioni che precede evidenzia che, nel caso di specie, lo stato di
ebbrezza non può ritenersi provato sulla base dell’effettuato alcoltest.
4.3 Tanto
chiarito, deve allora considerarsi che la giurisprudenza della Corte
regolatrice ha ripetutamente affermato che, nel reato di guida in stato dl
ebbrezza, l’esame strumentale non costituisce una prova legale; e che
l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire anche in base ad
elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall’art. 186 cod.
strada; e che in tal caso la decisione deve essere sorretta da congrua
motivazione (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 27940 del 07/06/2012, dep. 12/07/2012,
Rv. 253598).
4.4 La Corte di
Appello di Firenze, con riguardo agli elementi sintomatici, indicativi dello
stato di ebbrezza, ha rilevato che i verbalizzanti avevano riferito che N. M.
presentava alitosi alcolica, eloquio impastato, instabilità e occhi lucidi.
Ebbene, dal
generici elementi sintomatici, riferiti dalla Corte di Appello, non emergono
circostanze idonee a dimostrare che lo stato di ebbrezza, in cui pure versava
N.M. al momento del controllo, sia tale da far rientrare la condotta di guida
nell’ambito applicativo del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod.
strada, oggetto di addebito; e neppure in altra ipotesi penalmente rilevante
contenuta nella norma di cui all’art. 186, cod. strada, a seguito delle
modifiche introdotte con Legge 29.07.2010 n. 120. Tanto si afferma, atteso che
per effetto dalla novellazione del 2010, la rilevanza penale della condotta, in
riferimento alla norma incriminatrice in esame, ricorre – unicamente – qualora
risulti accertato un tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi per litro, mentre
qualora ricorra un valore superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per
litro, la condotta risulta sanzionata solo in via amministrativa, ai sensi
dell’art. 186, comma 2, lett. a), cod. strada.
5. Si impone,
pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto
non è previsto dalla legge come reato. Resta assorbita ogni altra ragione di
doglianza.
P.Q.M.
Annulla senza
rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come
reato.
Così deciso in
Roma il 13 giugno 2013
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Corte di
Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 29 gennaio – 29 maggio 2013, n. 23306
Presidente Brusco – Relatore Casella
Presidente Brusco – Relatore Casella
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 7 marzo 2012, la Corte d'appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza di assoluzione pronunziata il 30 novembre 2010 dal Tribunale di Udine - Sezione staccata di Cividale del Friuli, dichiarò B.A. responsabile della contravvenzione, contestatagli sub capo A della rubrica, di cui all'art. 186, comma 2^ lett. c) cod. strada, commessa in (omissis) allorché fu sorpreso da una pattuglia di Carabinieri alla guida dell'autocarro tg. (omissis), in stato di ebbrezza alcoolica accertato in 2,71 gr./l. in esito ad una sola prova alcoolimetrica eseguita tramite l'apposito etilometro. Per l'effetto l'imputato fu condannato alle pene ed alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, ritenute di giustizia.
Ricorre personalmente il B. per cassazione deducendo un unico motivo per violazione dell'art. 186 cod. strada e per vizio di motivazione, così sintetizzato. SI duole il ricorrente della ritenuta colpevolezza in ordine alla suddetta contravvenzione, in mancanza di due successive misurazioni del tasso alcoolemico, eseguite dall'apposito strumento, non essendo consentito, in difetto, in nome del principio del libero convincimento, che ravvisare la meno grave ipotesi integrante l’illecito amministrativo di cui all'art. 186 lett. a) cod. strada.
Conclude quindi per l'annullamento della impugnata sentenza.
Considerato in diritto
Il ricorso è Infondato e deve quindi, per quanto di ragione, esser respinto con il conseguente onere del pagamento delle spese processuali a carico del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen..
l'iter argomentativo seguito dalla Corte d'appello di Trieste per giungere alla riforma della sentenza di assoluzione di primo grado risulta del tutto corretto e conforme a quell'orientamento interpretativo dell'art. 186 cod. strada, testimoniato da numerose pronunzie emesse da questa stessa Corte - condivise dal Collegio - (cfr. Sez. 4 n.38438 del 2006; Sez. 4 n.48297 del 2008; Sez. 4 n. 22774 del 2008; Sez. 4 n.48309 del 2008 - non massimata - Sez. 4 n. 48251 del 2012) secondo il quale, da un lato, in difetto di previsione della "prova legale ", ma valendo tuttavia il principio del libero convincimento del giudice in materia di valutazione della prova, l'accertamento del tasso alcoolemico può esser dimostrato con qualsiasi mezzo e non necessariamente con l'etilometro; dall'altro, una volta novellato l'art. 186 cod. strada dall'art. 4, co.l0 lett. d) D.L. n.92 del 2008 convertito con modificazioni nella L. n. 125 del 2008, lo stato di ebbrezza, egualmente accertato con ogni mezzo e quindi anche su base sintomatica, potrà esser riferito non solo alla ipotesi più lieve di cui alla fascia a) - attualmente depenalizzata - ma anche alle ulteriori e più gravi ipotesi ove si dimostri che la condotta dell'agente a talune di queste sia riconducibile, al di là di ogni ragionevole dubbio. La ratio legis (come acutamente messo in luce dalla motivazione della sentenza impugnata) appare invero improntata, fin dalla previsione dell'inasprimento delle pene anche accessorie (di cui alla recente novella) in proporzione all'aumento del tasso alcool emico, alla obiettiva finalità di contrastare il correlativo aumento della pericolosità per l'incolumità degli altri utenti della strada insita nella circolazione di veicoli (in special modo di quelli a motore) guidati da chi si trovi in stato di ebbrezza. Nel caso di specie i Giudici di seconda istanza hanno ineccepibilmente e logicamente ritenuto la colpevolezza dell'imputato in ordine al reato, cosiccome contestatogli al capo A della rubrica ex art. 186, comma 2^ lett. c) cod. strada: ipotesi più grave appunto integrata da un tasso alcoolemico superiore a 1,5 gr./litro, sulla base di un'eclatante manifestazione di ebbrezza, riscontrata dai Carabinieri all'atto del controllo e congruamente apprezzata in punto di fatto dalla Corte d'appello che ha evidenziato come l'imputato:
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procedesse, alla guida dell'autocarro con "andatura irregolare";
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non fosse in grado di "impegnare l'intersezione stradale, tanto da
arrestarsi al centro della carreggiata";
-"pronunciasse
frasi sconnesse e non fosse in grado di reggersi sulle gambe".
Ed ha ancora correttamente rimarcato la Corte distrettuale, il dato - di già ex se rilevante - della prima ed unica rilevazione del tasso alcoolemico eseguita con l'etilometro in dotazione alla P.G., pari a 2,71 gr./l. e quindi superiore di oltre cinque volte la soglia della rilevanza penale dello stato di ebbrezza, fissata normativamente nello 0,50 gr./l. Ora, pur trattandosi di un unico esperimento non idoneo a soddisfare le prescrizioni di prova legale dettate dall'art. 379 del regolamento cod. strada, non può revocarsi il dubbio come il tasso di alcool rilevato nel sangue del prevenuto si ponga in logica consequenzialità ed in riscontro indiziario di un rilevante e grave stato di ebbrezza, constato de visu dai Carabinieri di guisa da apparire ragionevolmente plausibile che anche un secondo esperimento strumentale tramite etilometro, eseguito alla distanza temporale prevista, non avrebbe dato un esito di certo inferiore alla rilevazione di 1,50 gr./l. E costituisce dato fattuale del tutto coerente con tale consistente stato di ebbrezza, la stessa impossibilità fisica dell'imputato di effettuare la seconda rilevazione con l'etilometro, di cui peraltro ha dato atto il Giudice di prime cure.
P.Q.M.
Rigetta
il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 21
febbraio - 27 maggio 2013, n. 22644
Presidente D’Isa – Relatore Esposito
Presidente D’Isa – Relatore Esposito
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 28/6/2012 la Corte d’Appello di Milano, escludendo l’aumento di pena per l’aggravante in ragione della ritenuta mancata contestazione, confermava nel resto la sentenza del Tribunale di Varese che aveva dichiarato M.G. responsabile del reato di cui all’art. 186, 1° e 2° lett. b) C.d.S., per aver circolato sulla pubblica via in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche (fatto del 10/3/2008). Con la riduzione del rito, il M. era condannato alla pena di mesi due di arresto e € 4.000,00 di ammenda, con sospensione della patente di guida per un anno.
In fatto era accaduto che il rilievo del tasso alcolmetrico mediante alcoltest non aveva avuto esito a causa delle condizioni psicofisiche dell’imputato; tali da non permettergli di soffiare la quantità minima necessaria per la rilevazione. La responsabilità in relazione al reato in questione era stata ritenuta, pertanto, in ragione della manifestazione, da parte dell’imputato di indici sintomatici inequivoci dello stato di ebbrezza.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, deducendo l’omessa e/o erronea motivazione in punto di riconducibilità della fattispecie contestata nell’alveo dell’art. 186 comma 2 lett. B) c.d.s.; in alternativa l’inosservanza di legge con riferimento al combinato disposto degli artt. 192 C.P.P. e 186 comma 2 lett. B) c.d.s.
Rilevava vizio della motivazione per avere la Corte di merito ritenuto, l’impossibilità (di soffiare nell’etilometro equivalente alla esistenza di un tasso di alcool nel sangue superiore a 0,5 g/l, osservando che i sintomi di ebbrezza etilica sono solo esemplificativi, ma non costituiscono prova ai fini della contravvenzione di cui alla lett. b) dell’art. 186 c.d.s., sicché se il giudice si avvale delle sole circostanze sintomatiche, in difetto di ulteriori accertamenti, il fatto sarà riconducibile alla fattispecie meno grave.
Osservava, di conseguenza, che la condotta accertata poteva essere ritenuta esclusivamente significativa dell’illecito amministrativo di cui alla lett. a) dell’art. 186 c.d.s., per la quale non può essere disposto il rinvio all’autorità amministrativa in ragione del principio di irretroattività, operante anche per tale categoria di illeciti.
Chiedeva, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
Il motivo di ricorso è infondato, sotto entrambi i profili prospettati.
Sussiste, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la possibilità di inferire esclusivamente da elementi sintomatici, pur in mancanza dell’accertamento mediante test, il reato di cui all’art. 186 cod. strad. nelle sue differenti specie, anche con riguardo alle ipotesi di reato caratterizzate da più alti livelli alcolmetrici, purché la decisione risulti sorretta da congrua motivazione (Sez. 4, Sentenza n. 43017 del 12/10/2011 Rv. 251004; Sez. 4, Sentenza n. 279 40 del 07/06/2012 Rv. 253598).
Nel caso in argomento tale motivazione congrua è ravvisabile, in ragione della evidenziata incapacità dell’istante, per l’effetto dell’ebbrezza alcolica, di collaborare per l’accertamento del livello alcolmetrico mediante l’apparecchiatura a disposizione degli accertatori e per i molteplici ulteriori elementi sintomatici messi in evidenza dalla sentenza di primo grado, idonei a far ritenere superata la soglia di cui alla lett. b) dell’art. 186 cod. str.
Nessun vizio di motivazione o di violazione di legge è pertanto ravvisabile.
Per tutte ragioni esposte il ricorso va rigettato. Il rigetto comporta a carico del ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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