rivolto soprattutto ad operatori di Polizia che vogliono tenersi costantemente aggiornati
martedì 28 novembre 2017
La polizia locale può allontanare un consigliere comunale intemperante che disturba il regolare funzionamento del consiglio?
Allontanamento consiglieri comunali e polizia locale
Domanda
La polizia locale può allontanare un consigliere comunale intemperante che disturba il regolare funzionamento del consiglio?
Risposta
Al presidente del consiglio comunale, che nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è ruolo retto dal sindaco, salvo differente previsione statuaria, sono attribuiti i poteri di convocazione e direzione dei lavori e l’attività del consiglio che si sostanzia, attraverso il relativo regolamento, nel disciplinare gli interventi dei consiglieri, ammette le interpellanze, le interrogazioni e le mozioni dei singoli consiglieri; funzione che si può definire di direzione e di coordinamento del collegio.
L’attività è indirizzata al corretto funzionamento dell’istituzione ed è figura del tutto neutrale retta da principi di assoluta imparzialità e correttezza, quale un “primus inter pares”.
Altresì, il presidente è titolare, al fine di assicurare lo svolgimento ordinato delle sedute nel rispetto delle disposizioni statutarie e regolamentari, del potere di “polizia” necessario per mantenere l’ordine, l’osservanza della legge e la regolarità delle discussioni e deliberazioni, ossia quella che viene definita la cd. “polizia dell’adunanza”.
Tuttavia, un recente parere del Sistema delle Autonomie Locali della Regione Friuli Venezia Giulia, n. 7523 del 21.07.2017, sostiene che non sia possibile prefigurare, in capo a chi presiede l’assemblea, un ipotetico “potere di allontanamento” con il conseguente ricorso alla forza pubblica.
Un inciso: gli agenti e gli ufficiali di polizia locale sono agenti di pubblica sicurezza quindi a tutti gli effetti “forza pubblica”.
Tutto ciò premesso, la giurisprudenza amministrativa ritiene comunque legittima la norma regolamentare che preveda l’espulsione del consigliere intemperante, inteso come, a titolo esemplificativo, quel comportamento che turba l’ordine del consiglio, pronuncia parole sconvenienti o lede i principi sopra esposti, comportamenti che impediscono, di fatto, il regolare e corretto svolgimento dell’attività istituzionale cioè siano di effettivo ostacolo al normale funzionamento dell’organo tra cui, a titolo esemplificativo, gli insulti, le urla, i tumulti che possono giungere a situazione di “ordine pubblico” con la richiesta di intervento della forza pubblica. Tale condotta del consigliere dovrà essere gestita dapprima con l’allontanamento temporaneo e/o la sospensione della seduta in attesa di ricondurre gli animi a un pacato confronto o per sedare momentanei dissidi.
In tal senso, anche una recente sentenza della Corte di Cassazione – Penale, sez. IV – n. 27794 del 05.06.2017, che ha ritenuto non punibile per il reato di “abuso d’ufficio” il sindaco che ha allontanato dall’aula, con richiesta di intervento della forza pubblica, nel caso i carabinieri, il consigliere intemperante.
E’ evidente, infine, che nel caso il consigliere si opponga alla forza pubblica, ai sensi dell’art. 337 c.p. scatterà la denuncia prevista per tale condotta penalmente perseguibile.
Domanda
La polizia locale può allontanare un consigliere comunale intemperante che disturba il regolare funzionamento del consiglio?
Risposta
Al presidente del consiglio comunale, che nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è ruolo retto dal sindaco, salvo differente previsione statuaria, sono attribuiti i poteri di convocazione e direzione dei lavori e l’attività del consiglio che si sostanzia, attraverso il relativo regolamento, nel disciplinare gli interventi dei consiglieri, ammette le interpellanze, le interrogazioni e le mozioni dei singoli consiglieri; funzione che si può definire di direzione e di coordinamento del collegio.
L’attività è indirizzata al corretto funzionamento dell’istituzione ed è figura del tutto neutrale retta da principi di assoluta imparzialità e correttezza, quale un “primus inter pares”.
Altresì, il presidente è titolare, al fine di assicurare lo svolgimento ordinato delle sedute nel rispetto delle disposizioni statutarie e regolamentari, del potere di “polizia” necessario per mantenere l’ordine, l’osservanza della legge e la regolarità delle discussioni e deliberazioni, ossia quella che viene definita la cd. “polizia dell’adunanza”.
Tuttavia, un recente parere del Sistema delle Autonomie Locali della Regione Friuli Venezia Giulia, n. 7523 del 21.07.2017, sostiene che non sia possibile prefigurare, in capo a chi presiede l’assemblea, un ipotetico “potere di allontanamento” con il conseguente ricorso alla forza pubblica.
Un inciso: gli agenti e gli ufficiali di polizia locale sono agenti di pubblica sicurezza quindi a tutti gli effetti “forza pubblica”.
Tutto ciò premesso, la giurisprudenza amministrativa ritiene comunque legittima la norma regolamentare che preveda l’espulsione del consigliere intemperante, inteso come, a titolo esemplificativo, quel comportamento che turba l’ordine del consiglio, pronuncia parole sconvenienti o lede i principi sopra esposti, comportamenti che impediscono, di fatto, il regolare e corretto svolgimento dell’attività istituzionale cioè siano di effettivo ostacolo al normale funzionamento dell’organo tra cui, a titolo esemplificativo, gli insulti, le urla, i tumulti che possono giungere a situazione di “ordine pubblico” con la richiesta di intervento della forza pubblica. Tale condotta del consigliere dovrà essere gestita dapprima con l’allontanamento temporaneo e/o la sospensione della seduta in attesa di ricondurre gli animi a un pacato confronto o per sedare momentanei dissidi.
In tal senso, anche una recente sentenza della Corte di Cassazione – Penale, sez. IV – n. 27794 del 05.06.2017, che ha ritenuto non punibile per il reato di “abuso d’ufficio” il sindaco che ha allontanato dall’aula, con richiesta di intervento della forza pubblica, nel caso i carabinieri, il consigliere intemperante.
E’ evidente, infine, che nel caso il consigliere si opponga alla forza pubblica, ai sensi dell’art. 337 c.p. scatterà la denuncia prevista per tale condotta penalmente perseguibile.
http://www.publika.it 13 ottobre 2017
Spettacoli, manifestazioni, sagre, competizioni su strada: nel caso di richiesta di utilizzo della Polizia Locale il costo può essere posto a carico degli organizzatori?
Servizi ai privati e costi per servizi Polizia Locale
Domanda
Spettacoli, manifestazioni, sagre, competizioni su strada: nel caso di richiesta di utilizzo della Polizia Locale il costo può essere posto a carico degli organizzatori?
Risposta
Si. Non solo, il costo deve essere a carico degli organizzatori.
Il legislatore con il d.l. 50/2017 (entrato in vigore il 23.06.2017 e convertito nella l. 96/2017) torna su un tema delicato per gli enti locali, in particolare per i piccoli e medi comuni, ma non solo, che dedicano parte cospicua dell’attività istituzionale della polizia locale a “garantire” la sicurezza, non solo stradale, ad una serie di eventi che specie nel periodo estivo investono i relativi territori. Tali eventi, inoltre, si concentrano, di solito, in giorni festivi o nei fine settimana e quasi sempre in orari serali e/o notturni determinando un un’ulteriore e maggiore onere per l’amministrazione comunale.
E’ evidente che il legislatore tenta ancora una volta, tramite la norma, di richiamare gli enti locali, sempre più a corto di risorse, a un corretto uso delle risorse umane e della propria polizia, ma anche impone, non più come una mera facoltà ma come obbligo da parte della p.a. di determinare e pretendere dal soggetto privato organizzatore, il ristoro delle risorse, non solo umane, impiegate in compiti di vigilanza e/o di polizia stradale e utilizzate per scopi privati ma con effetti pubblici.
In tal senso si rammenta e sottolinea, cercando anche di contestualizzare la norma, che già l’art. 3, lettera c-bis), del d.l. 119/2014 destina una quota tra il 1% e il 3% degli introiti derivanti dalla vendita dei biglietti in occasione di eventi sportivi al finanziamento dei costi sostenuti per il mantenimento della sicurezza e l’ordine pubblico e, in particolare, per la copertura dei costi per il lavoro straordinario e l’indennità spettanti alle forze di polizia.
Tornado alla l. 96/2017, il primo passaggio dell’art. 22, comma 3-bis, recita: “le spese del personale di polizia locale […] in materia di sicurezza e di polizia stradale necessari allo svolgimento di attività e iniziative di carattere privato che incidono sulla sicurezza e sulla fluidità della circolazione nel territorio dell’ente, sono poste interamente a carico del soggetto privato organizzatore o promotore dell’evento […]”.
Rispetto all’art. 43 della l. 449/97 (cd. norma sulle sponsorizzazioni), richiamata dall’art. 119 del d.lgs. 267/2000 (TUEL) che testualmente utilizzavano entrambi il termine “possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione” con i soggetti privati, si passa a “sono poste interamente a carico”: quindi un dovere, un obbligo e, appunto, non più una facoltà.
In tal senso un chiaro parere ANCI del 13.09.2017 esprime utili indirizzi anche per quanto riguarda il secondo e fondamentale passaggio dell’art. 22: “in occasione dei medesimi eventi non sono considerate ai fini di calcolo [gli] straordinari del personale stesso”. Aggiunge sempre la norma che “In sede di contrattazione integrativa sono disciplinate le modalità di utilizzo di tali risorse al fine di remunerare i relativi servizi in coerenza con disposizioni normative e contrattuali vigenti”.
L’ANCI rimanda alla contrattazione decentrata la scelta se remunerare il personale sotto forma di straordinari o attraverso i progetti incentivanti extra orario lavorativo, risorse comunque, si badi bene, escluse dal vincolo e limitazioni previste dal fondo per la produttività collettiva.
Importante, inoltre, sottolineare la necessità di prevedere un regolamento che disciplini modalità e relativi costi per le diverse tipologie di attività: non ultimo risulta altresì necessaria l’adesione volontaria e preventiva del personale “senza possibilità di scelta successiva relativamente alle singole chiamate”.
Si ritiene, infine, che nel caso di manifestazioni per la quali l’amministrazione comunale abbia concesso il patrocinio o abbia partecipato alla realizzazione non si possa applicare quanto previsto dalla norma in esame.
Domanda
Spettacoli, manifestazioni, sagre, competizioni su strada: nel caso di richiesta di utilizzo della Polizia Locale il costo può essere posto a carico degli organizzatori?
Risposta
Si. Non solo, il costo deve essere a carico degli organizzatori.
Il legislatore con il d.l. 50/2017 (entrato in vigore il 23.06.2017 e convertito nella l. 96/2017) torna su un tema delicato per gli enti locali, in particolare per i piccoli e medi comuni, ma non solo, che dedicano parte cospicua dell’attività istituzionale della polizia locale a “garantire” la sicurezza, non solo stradale, ad una serie di eventi che specie nel periodo estivo investono i relativi territori. Tali eventi, inoltre, si concentrano, di solito, in giorni festivi o nei fine settimana e quasi sempre in orari serali e/o notturni determinando un un’ulteriore e maggiore onere per l’amministrazione comunale.
E’ evidente che il legislatore tenta ancora una volta, tramite la norma, di richiamare gli enti locali, sempre più a corto di risorse, a un corretto uso delle risorse umane e della propria polizia, ma anche impone, non più come una mera facoltà ma come obbligo da parte della p.a. di determinare e pretendere dal soggetto privato organizzatore, il ristoro delle risorse, non solo umane, impiegate in compiti di vigilanza e/o di polizia stradale e utilizzate per scopi privati ma con effetti pubblici.
In tal senso si rammenta e sottolinea, cercando anche di contestualizzare la norma, che già l’art. 3, lettera c-bis), del d.l. 119/2014 destina una quota tra il 1% e il 3% degli introiti derivanti dalla vendita dei biglietti in occasione di eventi sportivi al finanziamento dei costi sostenuti per il mantenimento della sicurezza e l’ordine pubblico e, in particolare, per la copertura dei costi per il lavoro straordinario e l’indennità spettanti alle forze di polizia.
Tornado alla l. 96/2017, il primo passaggio dell’art. 22, comma 3-bis, recita: “le spese del personale di polizia locale […] in materia di sicurezza e di polizia stradale necessari allo svolgimento di attività e iniziative di carattere privato che incidono sulla sicurezza e sulla fluidità della circolazione nel territorio dell’ente, sono poste interamente a carico del soggetto privato organizzatore o promotore dell’evento […]”.
Rispetto all’art. 43 della l. 449/97 (cd. norma sulle sponsorizzazioni), richiamata dall’art. 119 del d.lgs. 267/2000 (TUEL) che testualmente utilizzavano entrambi il termine “possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione” con i soggetti privati, si passa a “sono poste interamente a carico”: quindi un dovere, un obbligo e, appunto, non più una facoltà.
In tal senso un chiaro parere ANCI del 13.09.2017 esprime utili indirizzi anche per quanto riguarda il secondo e fondamentale passaggio dell’art. 22: “in occasione dei medesimi eventi non sono considerate ai fini di calcolo [gli] straordinari del personale stesso”. Aggiunge sempre la norma che “In sede di contrattazione integrativa sono disciplinate le modalità di utilizzo di tali risorse al fine di remunerare i relativi servizi in coerenza con disposizioni normative e contrattuali vigenti”.
L’ANCI rimanda alla contrattazione decentrata la scelta se remunerare il personale sotto forma di straordinari o attraverso i progetti incentivanti extra orario lavorativo, risorse comunque, si badi bene, escluse dal vincolo e limitazioni previste dal fondo per la produttività collettiva.
Importante, inoltre, sottolineare la necessità di prevedere un regolamento che disciplini modalità e relativi costi per le diverse tipologie di attività: non ultimo risulta altresì necessaria l’adesione volontaria e preventiva del personale “senza possibilità di scelta successiva relativamente alle singole chiamate”.
Si ritiene, infine, che nel caso di manifestazioni per la quali l’amministrazione comunale abbia concesso il patrocinio o abbia partecipato alla realizzazione non si possa applicare quanto previsto dalla norma in esame.
http://www.publika.it 27 ottobre 2017
domenica 26 novembre 2017
L'ausiliario al traffico non può essere stabilizzato nella Polizia Locale
I FATTI
Un lavoratore LSU del Comune, inquadrato come "ausiliario al traffico", chiede la conversione del Suo rapporto di lavoro in "a tempo indeterminato" e il riconoscimento delle differenze contributive come "Vigile" avendo svolto, in dieci anni, servizio in attività quali la prevenzione ed l' accertamento di violazioni, la redazione e sottoscrizione di verbali e quant'altro.
La corte d'Appello, a cui lo stesso si rivolge, conferma la sentenza del tribunale e respinge la richiesta. Per il lavoratore non rimane altro che ricorrere in Cassazione.
La SENTENZA
La Cassazione, Sez. LAVORO CIVILE, con Ordinanza n.27946 del 23/11/2017, udienza del 28/06/2017, rigetta il ricorso, deducendo sostanzialmente, che l'occupazione temporanea del suddetto lavoratore non può qualificarsi come lavoro subordinato e che l'utilizzo dei lavoratori socialmente utili (LSU) "non determina l' instaurazione di un rapporto di lavoro"
La corte d'Appello, a cui lo stesso si rivolge, conferma la sentenza del tribunale e respinge la richiesta. Per il lavoratore non rimane altro che ricorrere in Cassazione.
La SENTENZA
La Cassazione, Sez. LAVORO CIVILE, con Ordinanza n.27946 del 23/11/2017, udienza del 28/06/2017, rigetta il ricorso, deducendo sostanzialmente, che l'occupazione temporanea del suddetto lavoratore non può qualificarsi come lavoro subordinato e che l'utilizzo dei lavoratori socialmente utili (LSU) "non determina l' instaurazione di un rapporto di lavoro"
sabato 25 novembre 2017
Cartelle esattoriali: Dovute le maggiorazioni ex art. 27 della legge n. 689/1981
"Infatti, la successiva giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto applicabile anche alle violazioni delle norme sulla circolazione stradale la maggiorazione del 10% per ogni semestre di ritardo a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e ciò sino a quando il ruolo non viene trasmesso all'esattore; tale previsione è compatibile con un sistema afflittivo di carattere sanzionatorio in caso di ulteriore ritardo nel pagamento e col chiaro disposto dell'art. 27 della legge n. 689 del 1981 che, in caso di ritardo nel pagamento, prevede la maggiorazione di un decimo per ogni semestre"
Cassazione, Sez. TERZA CIVILE, Ordinanza n.27887 del 23/11/2017 (ECLI:IT:CASS:2017:27887CIV), udienza del 12/10/2017, Presidente VIVALDI ROBERTA Relatore FANTICINI GIOVANNI
Cassazione, Sez. TERZA CIVILE, Ordinanza n.27887 del 23/11/2017 (ECLI:IT:CASS:2017:27887CIV), udienza del 12/10/2017, Presidente VIVALDI ROBERTA Relatore FANTICINI GIOVANNI
Il reato di resistenza a P.U. in assenza di periodi di sospensione del termine di cui all'art. 157 cod. pen. risulta estinto per prescrizione
In appello, il soggetto venira ritenuto colpevole del reato di resistenza (art. 337 cod. pen.), per aver rivolto frasi e gesti di grave minaccia (brandendo una roncola), per opporsi agli agenti di polizia municipale che, nell'esercizio delle funzioni, gli contestavano una violazione del codice della strada (circolazione contromano) commessa alla guida della sua autovettura.
Tuttavia, non essendoci però periodi di sospensione del termine, la Corte ha annullato la sentenza perchè il reato risulta estinto per prescrizione
Cassazione, Sez. SESTA PENALE, Sentenza n.53367 del 23/11/2017 , udienza del 27/10/2017, Presidente PAOLONI GIACOMO Relatore VILLONI ORLANDO
Tuttavia, non essendoci però periodi di sospensione del termine, la Corte ha annullato la sentenza perchè il reato risulta estinto per prescrizione
Cassazione, Sez. SESTA PENALE, Sentenza n.53367 del 23/11/2017 , udienza del 27/10/2017, Presidente PAOLONI GIACOMO Relatore VILLONI ORLANDO
Quanti giorni di giorni di ferie annualmente spettano al segretario comunale nel caso in cui, presso l’ente di assegnazione, l’orario di lavoro sia articolato su cinque giorni settimanali?
19/10/2017
Quanti giorni di giorni di ferie annualmente spettano al segretario comunale nel caso in cui, presso l’ente di assegnazione, l’orario di lavoro sia articolato su cinque giorni settimanali?
Nel merito del quesito formulato, relativamente alla particolare problematica esposta, l’avviso della scrivente Agenza è nel senso che, se presso l’ente di assegnazione l’orario di lavoro è articolato su 5 giorni settimanali, il numero di giorni di ferie spettanti è pari a 28 giorni annuali (26 per il segretario al primo impiego presso la pubblica amministrazione).
Tale indicazione trova il suo preciso fondamento nell’art.20, comma 3, del CCNL dei segretari comunali e provinciali del 16.5.2001, relativo al quadriennio normativo 1998-2001, secondo il quale: 3. Nel caso che presso l’ente, l’Agenzia nazionale o altra amministrazione che si avvalgono di segretari comunali e provinciali collocati in disponibilità, ai sensi rispettivamente dell’art.7, comma 1, e dell’art.19, comma 5, del DPR n.465/1997, l'orario settimanale di lavoro si articoli su cinque giorni, il sabato è considerato non lavorativo ed i giorni di ferie spettanti ai sensi dei commi 1 e 2 sono ridotti, rispettivamente, a 28 e 26, comprensivi delle due giornate previste dall'articolo 1, comma 1, lettera "a", della L. 23 dicembre 1977, n. 937.”.
Pertanto, in base alla suddetta clausola contrattuale, in caso di articolazione dell’orario di lavoro su cinque giorni o presso l’ente di assegnazione o presso l’Agenzia che si avvale di segretari comunali e provinciali in disponibilità o presso altre amministrazioni che ugualmente utilizzano segretari comunali in disponibilità (secondo le previsioni, rispettivamente, dell’art.7, comma 1, e dell’art.19, comma 5, del DPR n.465/1997) i giorni di ferie spettanti al segretario sono 28 giorni annuali (26 per il segretario al primo impiego presso la pubblica amministrazione) e non 32 (o 30 sempre nel caso del segretario al primo impiego presso la pubblica amministrazione).
La formulazione testuale della clausola contrattuale (“presso l’ente, l’Agenzia nazionale o altra amministrazione che si avvalgono di segretari comunali e provinciali collocati in disponibilità, ai sensi rispettivamente dell’art.7, comma 1, e dell’art.19, comma 5, del DPR n.465/1997”), ha inteso semplicemente individuare le tre possibili tipologie di datori di lavoro chiamati a gestire il rapporto di lavoro del segretario anche con riferimento alle ferie e che hanno adottato quella articolazione settimanale dell’orario di lavoro (su 5 o 6 giorni), da prendere in considerazione ai fini della determinazione dei giorni di ferie annualmente spettanti al segretario stesso.
Proprio sulla base del dato formale della clausola contrattuale, poiché l’indicazione “segretari comunali e provinciali collocati in disponibilità” è contenuta in uno specifico periodo incidentale, che la collega direttamente solo alla “Agenzia nazionale” o alla “altra amministrazione” che si avvale dei segretari, si esclude che la stessa possa essere ritenuta estesa anche all’”ente”, pure richiamato nella clausola contrattuale.
Conseguentemente, il suddetto “ente”, non può che essere quello di titolarità del segretario, rappresentando esso una autonoma tipologia di datore di lavoro, distinta da quelle che pure sono prese in considerazione, ciascuna sempre nella propria individualità, nella disciplina contrattuale (l’Agenzia nazionale o altra amministrazione che si avvalgono di segretari comunali e provinciali collocati in disponibilità).
Giova evidenziare che la medesima tecnica utilizzata dalle parti negoziali, del resto, è presente anche in altre clausole contrattuali (ad esempio, art.26 del CCNL del 16.5.1001, concernente il servizio militare; art.29 del medesimo CCNL del 16.5.2001, relativo alle altre aspettative previste da disposizioni di legge), sempre con la medesima finalità di individuare i tre distinti soggetti datoriali che possono intervenire nella gestione degli istituti ivi disciplinati.
Si esclude, pertanto, una lettura volta a limitare l’applicazione della disciplina dell’art.20, comma 3, del citato CCNL del 16.5.2001, ai soli segretari in disponibilità ed utilizzati da altre amministrazioni.
Infatti, diversamente ritenendo, si perverrebbe alla conclusione, paradossale, per cui, sia nel caso dell’art.20, comma 3, del CCNL del 16.5.2001, sia negli altri casi in cui è stata utilizzata come detto la medesima tecnica definitoria, le parti negoziali hanno inteso disciplinare alcuni istituti solo con riferimento alle limitate ipotesi dei segretari in disponibilità ed utilizzati da altri soggetti datoriali e non anche alla generalità dei segretari titolari di incarico presso enti locali.
Quanti giorni di giorni di ferie annualmente spettano al segretario comunale nel caso in cui, presso l’ente di assegnazione, l’orario di lavoro sia articolato su cinque giorni settimanali?
Nel merito del quesito formulato, relativamente alla particolare problematica esposta, l’avviso della scrivente Agenza è nel senso che, se presso l’ente di assegnazione l’orario di lavoro è articolato su 5 giorni settimanali, il numero di giorni di ferie spettanti è pari a 28 giorni annuali (26 per il segretario al primo impiego presso la pubblica amministrazione).
Tale indicazione trova il suo preciso fondamento nell’art.20, comma 3, del CCNL dei segretari comunali e provinciali del 16.5.2001, relativo al quadriennio normativo 1998-2001, secondo il quale: 3. Nel caso che presso l’ente, l’Agenzia nazionale o altra amministrazione che si avvalgono di segretari comunali e provinciali collocati in disponibilità, ai sensi rispettivamente dell’art.7, comma 1, e dell’art.19, comma 5, del DPR n.465/1997, l'orario settimanale di lavoro si articoli su cinque giorni, il sabato è considerato non lavorativo ed i giorni di ferie spettanti ai sensi dei commi 1 e 2 sono ridotti, rispettivamente, a 28 e 26, comprensivi delle due giornate previste dall'articolo 1, comma 1, lettera "a", della L. 23 dicembre 1977, n. 937.”.
Pertanto, in base alla suddetta clausola contrattuale, in caso di articolazione dell’orario di lavoro su cinque giorni o presso l’ente di assegnazione o presso l’Agenzia che si avvale di segretari comunali e provinciali in disponibilità o presso altre amministrazioni che ugualmente utilizzano segretari comunali in disponibilità (secondo le previsioni, rispettivamente, dell’art.7, comma 1, e dell’art.19, comma 5, del DPR n.465/1997) i giorni di ferie spettanti al segretario sono 28 giorni annuali (26 per il segretario al primo impiego presso la pubblica amministrazione) e non 32 (o 30 sempre nel caso del segretario al primo impiego presso la pubblica amministrazione).
La formulazione testuale della clausola contrattuale (“presso l’ente, l’Agenzia nazionale o altra amministrazione che si avvalgono di segretari comunali e provinciali collocati in disponibilità, ai sensi rispettivamente dell’art.7, comma 1, e dell’art.19, comma 5, del DPR n.465/1997”), ha inteso semplicemente individuare le tre possibili tipologie di datori di lavoro chiamati a gestire il rapporto di lavoro del segretario anche con riferimento alle ferie e che hanno adottato quella articolazione settimanale dell’orario di lavoro (su 5 o 6 giorni), da prendere in considerazione ai fini della determinazione dei giorni di ferie annualmente spettanti al segretario stesso.
Proprio sulla base del dato formale della clausola contrattuale, poiché l’indicazione “segretari comunali e provinciali collocati in disponibilità” è contenuta in uno specifico periodo incidentale, che la collega direttamente solo alla “Agenzia nazionale” o alla “altra amministrazione” che si avvale dei segretari, si esclude che la stessa possa essere ritenuta estesa anche all’”ente”, pure richiamato nella clausola contrattuale.
Conseguentemente, il suddetto “ente”, non può che essere quello di titolarità del segretario, rappresentando esso una autonoma tipologia di datore di lavoro, distinta da quelle che pure sono prese in considerazione, ciascuna sempre nella propria individualità, nella disciplina contrattuale (l’Agenzia nazionale o altra amministrazione che si avvalgono di segretari comunali e provinciali collocati in disponibilità).
Giova evidenziare che la medesima tecnica utilizzata dalle parti negoziali, del resto, è presente anche in altre clausole contrattuali (ad esempio, art.26 del CCNL del 16.5.1001, concernente il servizio militare; art.29 del medesimo CCNL del 16.5.2001, relativo alle altre aspettative previste da disposizioni di legge), sempre con la medesima finalità di individuare i tre distinti soggetti datoriali che possono intervenire nella gestione degli istituti ivi disciplinati.
Si esclude, pertanto, una lettura volta a limitare l’applicazione della disciplina dell’art.20, comma 3, del citato CCNL del 16.5.2001, ai soli segretari in disponibilità ed utilizzati da altre amministrazioni.
Infatti, diversamente ritenendo, si perverrebbe alla conclusione, paradossale, per cui, sia nel caso dell’art.20, comma 3, del CCNL del 16.5.2001, sia negli altri casi in cui è stata utilizzata come detto la medesima tecnica definitoria, le parti negoziali hanno inteso disciplinare alcuni istituti solo con riferimento alle limitate ipotesi dei segretari in disponibilità ed utilizzati da altri soggetti datoriali e non anche alla generalità dei segretari titolari di incarico presso enti locali.
ARAN
I trenta giorni di congedo per malattia del figlio, di cui all’art.17, comma 6, del CCNL del 14.9.2000, sono utili ai fini del computo della tredicesima mensilità?
06/11/2017
I trenta giorni di congedo per malattia del figlio, di cui all’art.17, comma 6, del CCNL del 14.9.2000, sono utili ai fini del computo della tredicesima mensilità?
I congedi per malattia del figlio determinano la maturazione dei ratei della tredicesima mensilità solo nell’ambito dei trenta giorni retribuiti per intero previsti dall’art.17, comma 6, del CCNL del 14.9.2000. A tal fine, si richiamano le espresse previsioni dell’art.5, comma 9, del CCNL del 9.5.2006, secondo le quali: “…. i ratei giornalieri della tredicesima spettano comunque per i periodi di congedo parentale e di congedo per malattia del figlio per i quali è prevista la corresponsione della retribuzione per intero, secondo la disciplina dell’art.17, commi 5 e 6, del CCNL del 14.9.2000.”.
I trenta giorni di congedo per malattia del figlio, di cui all’art.17, comma 6, del CCNL del 14.9.2000, sono utili ai fini del computo della tredicesima mensilità?
I congedi per malattia del figlio determinano la maturazione dei ratei della tredicesima mensilità solo nell’ambito dei trenta giorni retribuiti per intero previsti dall’art.17, comma 6, del CCNL del 14.9.2000. A tal fine, si richiamano le espresse previsioni dell’art.5, comma 9, del CCNL del 9.5.2006, secondo le quali: “…. i ratei giornalieri della tredicesima spettano comunque per i periodi di congedo parentale e di congedo per malattia del figlio per i quali è prevista la corresponsione della retribuzione per intero, secondo la disciplina dell’art.17, commi 5 e 6, del CCNL del 14.9.2000.”.
ARAN
Come devono essere valutati i periodi di congedo parentale ai fini della determinazione della tredicesima mensilità?
06/11/2017
Come devono essere valutati i periodi di congedo parentale ai fini della determinazione della tredicesima mensilità?
I periodi di congedo parentale retribuiti al 30%, ai sensi dell’art.34 del D.Lgs.n.151/2001, non sono in alcun modo utili ai fini della maturazione della tredicesima mensilità. L’art.5, comma 9, del CCNL del 9.5.2006 prevede, infatti, che, per gli istituti di tutela della maternità di cui al D.Lgs.n.151/2001, trovano applicazione le regole ivi stabilite e, quindi, anche la specifica disposizione dell’art.34 di tale decreto legislativo, che esclude la computabilità dei periodi di congedo parentale ai fini della maturazione della tredicesima mensilità.
Solo ed esclusivamente i periodi di congedo parentale, per i quali è prevista dall’art.17 del CCNL del 14.9.2000 la corresponsione della retribuzione per intero, sono utili per la maturazione della tredicesima mensilità, secondo le espresse disposizioni del citato art.5, comma 9, del CCNL del 9.5.2006 (“…. i ratei giornalieri della tredicesima spettano comunque per i periodi di congedo parentale e di congedo per malattia del figlio per i quali è prevista la corresponsione della retribuzione per intero, secondo la disciplina dell’art.17, commi 5 e 6, del CCNL del 14.9.2000.”).
ARAN
I periodi di congedo parentale retribuiti al 30%, ai sensi dell’art.34 del D.Lgs.n.151/2001, non sono in alcun modo utili ai fini della maturazione della tredicesima mensilità. L’art.5, comma 9, del CCNL del 9.5.2006 prevede, infatti, che, per gli istituti di tutela della maternità di cui al D.Lgs.n.151/2001, trovano applicazione le regole ivi stabilite e, quindi, anche la specifica disposizione dell’art.34 di tale decreto legislativo, che esclude la computabilità dei periodi di congedo parentale ai fini della maturazione della tredicesima mensilità.
Solo ed esclusivamente i periodi di congedo parentale, per i quali è prevista dall’art.17 del CCNL del 14.9.2000 la corresponsione della retribuzione per intero, sono utili per la maturazione della tredicesima mensilità, secondo le espresse disposizioni del citato art.5, comma 9, del CCNL del 9.5.2006 (“…. i ratei giornalieri della tredicesima spettano comunque per i periodi di congedo parentale e di congedo per malattia del figlio per i quali è prevista la corresponsione della retribuzione per intero, secondo la disciplina dell’art.17, commi 5 e 6, del CCNL del 14.9.2000.”).
ARAN
La maturazione delle ferie durante il congedo parentale
06/11/2017 RAL_1950_Orientamenti Applicativi
Quali sono gli effetti sulle ferie della fruizione di periodi di congedo parentale, di cui all’art.17, comma 5, del CCNL con riferimento sia a quello retribuito al 100%, sia a quello successivo retribuito al 30%?
Quali sono gli effetti sulle ferie della fruizione di periodi di congedo parentale, di cui all’art.17, comma 5, del CCNL con riferimento sia a quello retribuito al 100%, sia a quello successivo retribuito al 30%?
Relativamente alla problematica prospettata, si ritiene utile precisare quanto segue:
1) i primi trenta giorni di congedo parentale di cui all’art.17, comma 5, del CCNL del 14.9.2000, sulla base della espressa previsione contrattuale (…non riducono le ferie…), sono utili ai fini della maturazione delle ferie;
2) gli ulteriori periodi di congedo parentale retribuiti al 30% non sono utili al medesimo fine, nel rispetto delle previsioni dell’art.34, comma 5, del D.Lgs.n.151/2001.
ARAN
1) i primi trenta giorni di congedo parentale di cui all’art.17, comma 5, del CCNL del 14.9.2000, sulla base della espressa previsione contrattuale (…non riducono le ferie…), sono utili ai fini della maturazione delle ferie;
2) gli ulteriori periodi di congedo parentale retribuiti al 30% non sono utili al medesimo fine, nel rispetto delle previsioni dell’art.34, comma 5, del D.Lgs.n.151/2001.
ARAN
CIRCOLARE MADIA PER LA STABILIZZAZIONE DI PRECARI STORICI
Si segnala che sul portale del Ministro per la semplificazione e la Pubblica Amministrazione, il 23 novembre scorso è stata diffusa la circolare n.3/2017 applicativa del D.lgs 75/2017, con la quale si vede la stabilizzazione di 50 mila precari storici.
La circolare, dunque, fornisce indirizzi operativi per le Pubbliche amministrazioni in materia di superamento del precariato storico e valorizzazione dell'esperienza professionale del personale con contratto di lavoro flessibile, le quali, a partire da gennaio 2018 potranno partire subito con le assunzioni per il triennio 2018-2020, senza aspettare il piano triennale dei fabbisogni, tenendo tuttavia conto dei limiti derivanti dalle risorse finanziarie a disposizione e delle figure professionali già presenti nella pianta organica.
Particolare attenzione merita la parte del testo che impone il divieto di riproporre nuovi contratti di tipo precario per il futuro. Le amministrazioni che hanno necessità di ricorrere a tipologie di lavoro flessibile dovranno privilegiare, per il reclutamento speciale, l'utilizzo di risorse di turn over ordinario nel rispetto del principio dell'adeguato "accesso dall'esterno".
FUNZIONE PUBBLICA, CIRCOLARE N.3, 23 NOVEMBRE 2017
La circolare, dunque, fornisce indirizzi operativi per le Pubbliche amministrazioni in materia di superamento del precariato storico e valorizzazione dell'esperienza professionale del personale con contratto di lavoro flessibile, le quali, a partire da gennaio 2018 potranno partire subito con le assunzioni per il triennio 2018-2020, senza aspettare il piano triennale dei fabbisogni, tenendo tuttavia conto dei limiti derivanti dalle risorse finanziarie a disposizione e delle figure professionali già presenti nella pianta organica.
Particolare attenzione merita la parte del testo che impone il divieto di riproporre nuovi contratti di tipo precario per il futuro. Le amministrazioni che hanno necessità di ricorrere a tipologie di lavoro flessibile dovranno privilegiare, per il reclutamento speciale, l'utilizzo di risorse di turn over ordinario nel rispetto del principio dell'adeguato "accesso dall'esterno".
FUNZIONE PUBBLICA, CIRCOLARE N.3, 23 NOVEMBRE 2017
http://www.logospa.it
venerdì 24 novembre 2017
Regione Sicilia:Disposizioni per la corretta custodia e per la registrazione nell’anagrafe degli animali d’affezione. Norme per la corretta movimentazione di cani e gatti
DECRETO 3 novembre 2017
Disposizioni per la corretta custodia e per la registrazione nell’anagrafe degli animali d’affezione. Norme per la corretta movimentazione di cani e gatti.
Disposizioni per la corretta custodia e per la registrazione nell’anagrafe degli animali d’affezione. Norme per la corretta movimentazione di cani e gatti.
giovedì 23 novembre 2017
Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica
È stato assorbito in un altro ddl il disegno di legge C.73:"Introduzione del titolo V-bis del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante disposizioni per la tutela e lo sviluppo della mobilità ciclistica"
Il testo approvato dalla Camera ora è passato al Senato.
Sotto il testo
----
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati DECARO, GANDOLFI, BRAGA, CATALANO, TARICCO, MARIANI, NARDUOLO, PASTORINO, CIVATI, TENTORI, Giuseppe GUERINI, BONOMO, MOGNATO, ZARDINI, ARLOTTI, Marco DI MAIO, FAUTTILLI, BRATTI, COVA, GADDA, CENNI, COMINELLI, MALPEZZI, SERENI, MAESTRI, GINATO, D’ARIENZO, FOSSATI, GRIBAUDO, MANZI, IACONO, ARGENTIN, GASPARINI, CRIVELLARI, MATTIELLO, BRUNO BOSSIO, CARDINALE, CARRA, MARCHI, FEDI, IORI, MANFREDI, Cinzia Maria FONTANA, MORETTO, PETITTI, VENITTELLI, LAFORGIA, COCCIA, GHIZZONI, FRAGOMELI, BRANDOLIN, DE MICHELI, GALPERTI, ANTEZZA, ZANIN, CAPONE, MONGIELLO e VARGIU
(V. Stampato Camera n. 2305)
approvato dalla Camera dei deputati il 14 novembre 2017
Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza
il 16 novembre 2017
il 16 novembre 2017
Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Oggetto e finalità)
1.
La presente legge persegue l'obiettivo di promuovere l'uso della
bicicletta come mezzo di trasporto sia per le esigenze quotidiane sia
per le attività turistiche e ricreative, al fine di migliorare
l'efficienza, la sicurezza e la sostenibilità della mobilità urbana,
tutelare il patrimonio naturale e ambientale, ridurre gli effetti
negativi della mobilità in relazione alla salute e al consumo di suolo,
valorizzare il territorio e i beni culturali, accrescere e sviluppare
l'attività turistica, in coerenza con il piano strategico di sviluppo
del turismo in Italia, di cui all'articolo 34-quinquies, comma 1,
del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con
modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e con il piano
straordinario della mobilità turistica, di cui all'articolo 11, comma 1,
del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni,
dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, e secondo quanto previsto dalla
legge 9 agosto 2017, n. 128, in materia di ferrovie turistiche.
2.
Lo Stato, le regioni, gli enti locali e gli altri soggetti pubblici
interessati, nell'ambito delle rispettive competenze, nel rispetto del
quadro finanziario definito ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettera e),
e in conformità con la disciplina generale dei trasporti e del governo
del territorio, perseguono l'obiettivo di cui al comma 1, in modo da
rendere lo sviluppo della mobilità ciclistica e delle necessarie
infrastrutture di rete una componente fondamentale delle politiche della
mobilità in tutto il territorio nazionale e da pervenire a un sistema
generale e integrato della mobilità, sostenibile dal punto di vista
economico, sociale e ambientale e accessibile a tutti i cittadini.
3.
Le disposizioni della presente legge si applicano alle regioni a
statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di
attuazione.
Art. 2.
(Definizioni)
1. Ai fini della presente legge si intende per:
a) «ciclovia»:
un itinerario che consenta il transito delle biciclette nelle due
direzioni, dotato di diversi livelli di protezione determinati da
provvedimenti o da infrastrutture che rendono la percorrenza ciclistica
più agevole e sicura;
b) «rete
cicloviaria»: l'insieme di diverse ciclovie o di segmenti di ciclovie
raccordati tra loro, descritti, segnalati e legittimamente percorribili
dal ciclista senza soluzione di continuità;
c) «via verde ciclabile» o «greenway»: pista o strada ciclabile in sede propria sulla quale non è consentito il traffico motorizzato;
d) «sentiero
ciclabile o percorso natura»: itinerario in parchi e zone protette,
sulle sponde di fiumi o in ambiti rurali, anche senza particolari
caratteristiche costruttive, dove è ammessa la circolazione delle
biciclette;
e) «strada
senza traffico»: strada con traffico motorizzato inferiore alla media
di cinquanta veicoli al giorno calcolata su base annua;
f) «strada
a basso traffico»: strada con traffico motorizzato inferiore alla media
di cinquecento veicoli al giorno calcolata su base annua senza punte
superiori a cinquanta veicoli all'ora;
g) «strada
30»: strada urbana o extraurbana sottoposta al limite di velocità di 30
chilometri orari o a un limite inferiore, segnalata con le modalità
stabilite dall'articolo 135, comma 14, del regolamento di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495; è considerata
«strada 30» anche la strada extraurbana con sezione della carreggiata
non inferiore a tre metri riservata ai veicoli non a motore, eccetto
quelli autorizzati, e sottoposta al limite di velocità di 30 chilometri
orari.
2. Con
riferimento ai parametri di traffico e sicurezza sono qualificati come
ciclovie gli itinerari che comprendono una o più delle seguenti
categorie:
a) le piste o
corsie ciclabili, come definite dall'articolo 3, comma 1, numero 39),
del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285, e dall'articolo 140, comma 7, del regolamento di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495;
b) gli itinerari ciclopedonali, come definiti dall'articolo 2, comma 3, lettera F-bis, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
c) le vie verdi ciclabili;
d) i sentieri ciclabili o i percorsi natura;
e) le strade senza traffico e a basso traffico;
f) le strade 30;
g) le
aree pedonali, come definite dall'articolo 3, comma 1, numero 2), del
codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.
285;
h) le zone a
traffico limitato, come definite dall'articolo 3, comma 1, numero 54),
del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285;
i) le zone
residenziali, come definite dall'articolo 3, comma 1, numero 58), del
codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.
285.
Art. 3.
(Piano generale della mobilità ciclistica)
1.
In vista degli obiettivi e delle finalità di cui all'articolo 1, entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con
decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dei
beni e delle attività culturali e del turismo, previa intesa in sede di
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, è approvato il Piano generale della mobilità
ciclistica. Il Piano di cui al precedente periodo costituisce parte
integrante del Piano generale dei trasporti e della logistica ed è
adottato in coerenza:
a) con il sistema nazionale delle ciclovie turistiche di cui all'articolo 1, comma 640, della legge 28 dicembre 2015, n. 208;
b) con
i programmi per la mobilità sostenibile finanziati a valere sul fondo
di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232,
ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 21 luglio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 226 del 27 settembre 2017.
2.
Il Piano generale della mobilità ciclistica è articolato con
riferimento a due specifici settori di intervento, relativi,
rispettivamente, allo sviluppo della mobilità ciclistica in ambito
urbano e metropolitano e allo sviluppo della mobilità ciclistica su
percorsi definiti a livello regionale, nazionale ed europeo.
3. Il Piano generale della mobilità ciclistica si riferisce a un periodo di tre anni e reca:
a) la
definizione, per ciascuno dei tre anni del periodo di riferimento,
degli obiettivi annuali di sviluppo della mobilità ciclistica, da
perseguire in relazione ai due distinti settori di intervento di cui al
comma 2, avendo riguardo alla domanda complessiva di mobilità;
b) l'individuazione
delle ciclovie di interesse nazionale che costituiscono la Rete
ciclabile nazionale «Bicitalia» di cui all'articolo 4 e gli indirizzi
per la definizione e l'attuazione dei progetti di competenza regionale
finalizzati alla realizzazione della Rete stessa;
c) l'indicazione,
in ordine di priorità, con relativa motivazione, degli interventi da
realizzare per il conseguimento degli obiettivi di cui alla lettera a), nei limiti delle risorse di cui alla lettera e);
d) l'individuazione
degli interventi prioritari per assicurare le connessioni della Rete
ciclabile nazionale «Bicitalia» di cui all'articolo 4 con le altre
modalità di trasporto;
e) la
definizione del quadro, per ciascuno dei tre anni del periodo di
riferimento, delle risorse finanziarie pubbliche e private di cui
all'articolo 10, da ripartire per il finanziamento degli interventi
previsti nel medesimo Piano generale, nonché di quelli indicati nei
piani della mobilità ciclistica delle regioni, dei comuni, delle città
metropolitane e delle province di cui, rispettivamente, agli articoli 5 e
6;
g) gli
indirizzi volti ad assicurare un efficace coordinamento dell'azione
amministrativa delle regioni, delle città metropolitane, delle province e
dei comuni concernente la mobilità ciclistica e le relative
infrastrutture, nonché a promuovere la partecipazione degli utenti alla
programmazione, realizzazione e gestione della rete cicloviaria;
h) l'individuazione
degli atti amministrativi, compresi quelli di natura regolamentare e
gli atti di indirizzo, che dovranno essere adottati per conseguire gli
obiettivi stabiliti dal medesimo Piano generale;
i) la definizione, nei limiti delle risorse di cui alla lettera e),
delle azioni necessarie a sostenere lo sviluppo della mobilità
ciclistica in ambito urbano, con particolare riferimento alla sicurezza
dei ciclisti e all'interscambio modale tra la mobilità ciclistica, il
trasporto ferroviario e il trasporto pubblico locale.
4.
Il Piano generale della mobilità ciclistica può essere aggiornato
annualmente anche al fine di tenere conto delle ulteriori risorse
eventualmente rese disponibili ai sensi della legislazione nel frattempo
intervenuta. Gli aggiornamenti annuali sono approvati, con le modalità
di cui al comma 1, entro il 31 marzo di ciascun anno. In sede di
aggiornamento del Piano generale della mobilità ciclistica, la Rete
ciclabile nazionale «Bicitalia» di cui all'articolo 4 può essere
integrata con ciclovie di interesse nazionale, individuate anche su
proposta delle regioni interessate nell'ambito dei piani regionali di
cui all'articolo 5.
Art. 4.
(Rete ciclabile nazionale «Bicitalia»)
1.
La Rete ciclabile nazionale denominata «Bicitalia» costituisce la rete
infrastrutturale di livello nazionale integrata nel sistema della rete
ciclabile transeuropea «EuroVelo». Essa è composta dalle ciclovie di
interesse nazionale di cui all'articolo 3, comma 3, lettera b),
compresi i relativi accessori e pertinenze, dedicate ai ciclisti e, in
generale, agli utenti non motorizzati. Le infrastrutture della Rete
ciclabile nazionale costituiscono infrastrutture di interesse strategico
nazionale.
2. La Rete
ciclabile nazionale «Bicitalia» è individuata nell'ambito del Piano
generale della mobilità ciclistica di cui all'articolo 3 sulla base dei
seguenti criteri:
a) sviluppo
complessivo non inferiore a 20.000 chilometri in base a una struttura a
rete, articolata in una serie di itinerari da nord a sud, attraversati
da itinerari da est ad ovest, che interessano tutto il territorio
nazionale;
b) integrazione
e interconnessione con le reti infrastrutturali a supporto delle altre
modalità di trasporto e con le altre reti ciclabili presenti nel
territorio;
c) collegamento
con le aree naturali protette e con le zone a elevata naturalità e di
rilevante interesse escursionistico, paesaggistico, storico, culturale e
architettonico;
d) integrazione
con altre reti di percorrenza turistica di interesse nazionale e
locale, con particolare attenzione alla rete dei cammini e sentieri,
alle ippovie, alle ferrovie turistiche e ai percorsi fluviali, lacustri e
costieri;
e) sviluppo di piste ciclabili e vie verdi ciclabili o greenway;
f) utilizzo eventuale della viabilità minore esistente;
g) recupero
a fini ciclabili, per destinazione a uso pubblico, di strade arginali
di fiumi, torrenti, laghi e canali; tratturi; viabilità dismessa o
declassata; sedimi di strade ferrate dismesse e comunque non
recuperabili all'esercizio ferroviario; viabilità forestale e viabilità
militare radiata; strade di servizio; altre opere infrastrutturali
lineari, comprese opere di bonifica, acquedotti, reti energetiche,
condotte fognarie, cablaggi, ponti dismessi e altri manufatti stradali;
h) collegamento
ciclabile tra comuni limitrofi, attraversamento di ogni capoluogo
regionale e penetrazione nelle principali città di interesse
turistico-culturale con il raggiungimento dei rispettivi centri storici;
i) continuità
e interconnessione con le reti ciclabili urbane, anche attraverso la
realizzazione di aree pedonali e zone a traffico limitato, nonché
attraverso l'adozione di provvedimenti di moderazione del traffico;
l) attribuzione
agli itinerari promiscui che compongono la Rete ciclabile stessa della
qualifica di itinerario ciclopedonale prevista dall'articolo 2, comma 2,
lettera f-bis), del codice della strada, di cui al decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ove ricorrano le caratteristiche ivi
richieste, e loro assoggettamento in ogni caso a pubblico passaggio.
3.
Nel Piano generale della mobilità ciclistica sono stabiliti gli
obiettivi programmatici concernenti la realizzazione e la gestione della
Rete ciclabile nazionale «Bicitalia» e i relativi oneri riferibili agli
aspetti di rilevanza sovraregionale e di competenza statale, cui si
provvede nel rispetto del quadro finanziario definito ai sensi
dell'articolo 3, comma 3, lettera e), e dei suoi eventuali aggiornamenti.
4.
Le regioni provvedono, sentiti gli enti locali interessati, a
predisporre i progetti necessari alla realizzazione della Rete ciclabile
nazionale «Bicitalia» entro dodici mesi dall'approvazione del Piano
generale della mobilità ciclistica. Al fine di consentire l'utilizzo a
fini ciclabili di aree facenti parte del demanio militare o del
patrimonio della Difesa o soggette a servitù militari, le regioni
stipulano appositi protocolli di intesa con il Ministero della difesa.
5.
Gli atti di intesa, i pareri, i nulla osta, le autorizzazioni e le
approvazioni prescritti per la realizzazione dei progetti di cui al
comma 4 sono acquisiti mediante la convocazione di una conferenza di
servizi, ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
6.
Le regioni, acquisiti ai sensi dei commi 4 e 5 i pareri degli enti
locali interessati, ne danno evidenza pubblicando il progetto, i pareri e
tutta la documentazione prodotta nei propri siti internet
istituzionali, approvano i progetti e provvedono a inviarli entro un
mese dall'approvazione al Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti.
7. I progetti per
la realizzazione della Rete ciclabile nazionale «Bicitalia» sono
approvati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro due mesi dalla
ricezione, salvo che i predetti progetti risultino difformi dalle
indicazioni contenute nel Piano generale della mobilità ciclistica o nel
relativo quadro finanziario di cui all'articolo 3, comma 3, lettera e),
e nei suoi eventuali aggiornamenti. In caso di difformità, il Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, comunica alla regione le motivazioni
della mancata approvazione del progetto, richiedendone la modifica alla
regione stessa.
8. La
regione trasmette il progetto conseguentemente modificato al Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti entro due mesi dalla comunicazione
della mancata approvazione. Esso si intende approvato, salvo che il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, non lo respinga espressamente
entro i trenta giorni successivi alla ricezione.
9.
L'approvazione dei progetti di cui al comma 4, secondo le modalità
definite dai commi da 4 a 8, costituisce, ai sensi del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, variante
a tutti gli strumenti urbanistici vigenti.
Art. 5.
(Piani regionali della mobilità ciclistica)
1.
Per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 1 le regioni,
nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto del quadro
finanziario di cui all'articolo 3, comma 3, lettera e), e dei
suoi eventuali aggiornamenti, predispongono e approvano con cadenza
triennale, in coerenza con il piano regionale dei trasporti e della
logistica e con il Piano nazionale della mobilità ciclistica, il piano
regionale della mobilità ciclistica. Il piano regionale della mobilità
ciclistica individua gli interventi da adottare per promuovere l'uso
della bicicletta come mezzo di trasporto sia per le esigenze quotidiane
sia per le attività turistiche e ricreative nel territorio regionale e
per conseguire le altre finalità della presente legge.
2.
Il piano regionale della mobilità ciclistica disciplina l'intero
sistema ciclabile regionale ed è redatto sulla base dei piani urbani
della mobilità sostenibile e dei relativi programmi e progetti
presentati dai comuni e dalle città metropolitane, assumendo e
valorizzando, quali dorsali delle reti, gli itinerari della Rete
ciclabile nazionale «Bicitalia». Il piano regionale della mobilità
ciclistica definisce:
a) la
rete ciclabile regionale, che è individuata in coerenza con la Rete
ciclabile nazionale «Bicitalia» ed è caratterizzata dall'integrazione e
interconnessione con le reti infrastrutturali regionali a supporto delle
altre modalità di trasporto;
b) la
puntuale individuazione delle ciclovie che ricadono nel territorio
regionale incluse nella Rete ciclabile nazionale «Bicitalia» e le
eventuali proposte di integrazione o modifica della suddetta Rete
«Bicitalia»;
c) nell'ambito della rete di cui alla lettera a),
gli itinerari nelle zone rurali finalizzati alla conoscenza e alla
fruizione di sentieri di campagna, delle aree circostanti, dei laghi e
dei corsi d'acqua nonché dei parchi, delle riserve naturali e delle
altre zone di interesse naturalistico comprese nel territorio regionale;
d) il
sistema di interscambio tra la bicicletta e gli altri mezzi di
trasporto, pubblici e privati, lungo le infrastrutture di livello
provinciale, regionale e nazionale;
e) il
sistema delle aree di sosta, attrezzate e non attrezzate, e i servizi
per i ciclisti, con particolare attenzione ai percorsi extraurbani;
f) gli
indirizzi relativi alla predisposizione delle reti ciclabili urbane ed
extraurbane, delle aree di sosta delle biciclette, dei provvedimenti
relativi alla sicurezza dei pedoni e dei ciclisti, nonché gli interventi
necessari a favorire l'uso della bicicletta nelle aree urbane;
g) la procedura di recepimento degli indirizzi di cui alla lettera f)
negli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, nei
regolamenti edilizi e negli interventi di costruzione o ristrutturazione
degli edifici pubblici, con particolare riferimento a quelli
scolastici;
h)
l'eventuale realizzazione di azioni di comunicazione, educazione e
formazione per la promozione degli spostamenti in bicicletta e del
trasporto integrato tra biciclette e mezzi di trasporto pubblico.
3.
Per promuovere la fruizione dei servizi di trasporto intermodali, le
regioni e gli enti locali possono stipulare, senza nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica, accordi con i gestori del trasporto
pubblico regionale e locale e delle relative infrastrutture, anche
attraverso l'inserimento di specifiche clausole nei contratti di
servizio e di programma, per rimuovere ostacoli e barriere
infrastrutturali e organizzativi, favorire l'accessibilità in bicicletta
di parcheggi, stazioni ferroviarie, scali fluviali e lacustri, porti e
aeroporti e fornire adeguata segnalazione degli appositi percorsi e
delle modalità di accesso ai mezzi di trasporto pubblico, anche con
riguardo alla possibilità di trasportare la bicicletta sugli altri mezzi
di trasporto.
4. Nel piano
regionale della mobilità ciclistica sono altresì definiti gli obiettivi
programmatici concernenti la realizzazione e la gestione della rete
regionale di percorribilità ciclistica e i relativi costi, nel rispetto
del quadro finanziario definito ai sensi dell'articolo 3, comma 3,
lettera e), e dei suoi eventuali aggiornamenti.
5.
Il piano regionale della mobilità ciclistica è approvato con
deliberazione della regione ed è inviato, entro dieci giorni
dall'approvazione, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In
sede di prima attuazione della presente legge il termine di
approvazione del piano regionale della mobilità ciclistica è stabilito
in dodici mesi a decorrere dalla data di approvazione del Piano generale
della mobilità ciclistica di cui all'articolo 2, comma 1. Il piano
regionale della mobilità ciclistica è pubblicato nel sito internet istituzionale dell'ente.
Art. 6.
(Biciplan)
1.
I comuni non facenti parte di città metropolitane e le città
metropolitane predispongono e adottano, nel rispetto del quadro
finanziario definito ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettera e),
e dei suoi eventuali aggiornamenti, i piani urbani della mobilità
ciclistica, denominati «biciplan», quali piani di settore dei piani
urbani della mobilità sostenibile (PUMS), finalizzati a definire gli
obiettivi, le strategie e le azioni necessari a promuovere e
intensificare l'uso della bicicletta come mezzo di trasporto sia per le
esigenze quotidiane sia per le attività turistiche e ricreative e a
migliorare la sicurezza dei ciclisti e dei pedoni. I biciplan sono
pubblicati in formato di tipo aperto nei siti internet istituzionali dei rispettivi enti.
2. I biciplan definiscono:
a) la
rete degli itinerari ciclabili prioritari o delle ciclovie del
territorio comunale destinata all'attraversamento e al collegamento tra
le parti della città lungo le principali direttrici di traffico, con
infrastrutture capaci, dirette e sicure, nonché gli obiettivi
programmatici concernenti la realizzazione di tali infrastrutture;
b) la rete secondaria dei percorsi ciclabili all'interno dei quartieri e dei centri abitati;
c) la
rete delle vie verdi ciclabili, destinata a connettere le aree verdi e i
parchi della città, le aree rurali e le aste fluviali del territorio
comunale e le stesse con le reti di cui alle lettere a) e b);
d) gli interventi volti alla realizzazione delle reti di cui alle lettere a) e c) in coerenza con le previsioni dei piani di settore sovraordinati;
e) il
raccordo tra le reti e gli interventi definiti nelle lettere precedenti
e le zone a priorità ciclabile, le isole ambientali, le strade 30, le
aree pedonali, le zone residenziali e le zone a traffico limitato;
f) gli
interventi che possono essere realizzati sui principali nodi di
interferenza con il traffico autoveicolare, sui punti della rete
stradale più pericolosi per i pedoni e i ciclisti e sui punti di
attraversamento di infrastrutture ferroviarie o autostradali;
g) gli
obiettivi da conseguire nel territorio del comune o della città
metropolitana, nel triennio di riferimento, relativamente all'uso della
bicicletta come mezzo di trasporto, alla sicurezza della mobilità
ciclistica e alla ripartizione modale;
h) eventuali azioni per incentivare l'uso della bicicletta negli spostamenti casa-scuola e casa-lavoro;
i) gli
interventi finalizzati a favorire l'integrazione della mobilità
ciclistica con i servizi di trasporto pubblico urbano, regionale e
nazionale;
l) le azioni finalizzate a migliorare la sicurezza dei ciclisti;
m) le azioni finalizzate a contrastare il furto delle biciclette;
n) eventuali
azioni utili a estendere gli spazi destinati alla sosta delle
biciclette prioritariamente in prossimità degli edifici scolastici e di
quelli adibiti a pubbliche funzioni nonché in prossimità dei principali
nodi di interscambio modale e a diffondere l'utilizzo di servizi di
condivisione delle biciclette (bike-sharing);
o) le tipologie di servizi di trasporto di merci o persone che possono essere effettuati con velocipedi e biciclette;
p) eventuali attività di promozione e di educazione alla mobilità sostenibile;
q) il
programma finanziario triennale di attuazione degli interventi definiti
dal piano stesso nel rispetto del quadro finanziario di cui
all'articolo 3, comma 3, lettera e), e dei suoi eventuali aggiornamenti.
3.
Gli strumenti di pianificazione di cui al comma 1 costituiscono atti di
indirizzo per la programmazione pluriennale delle opere di competenza
dei rispettivi enti.
4. Gli
enti interessati assicurano la coerenza degli atti di pianificazione
territoriale e urbanistica con gli strumenti di pianificazione di cui al
comma 1.
Art. 7.
(Disposizioni particolari per le città metropolitane e per le province)
1.
Le città metropolitane e le province adottano le misure necessarie per
garantire un'idonea attuazione delle finalità di cui all'articolo 1 nel
rispetto del quadro finanziario definito ai sensi dell'articolo 3, comma
3, lettera e), e dei suoi eventuali aggiornamenti.
2. Le città metropolitane e le province, nell'ambito dell'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 1, comma 85, lettere a) e b),
della legge 7 aprile 2014, n. 56, definiscono gli interventi di
pianificazione finalizzati a promuovere l'uso della bicicletta come
mezzo di trasporto, in coerenza con il piano regionale della mobilità
ciclistica di cui all'articolo 5 e con i piani di cui al comma 1
dell'articolo 6. Gli strumenti di pianificazione di cui al presente
comma sono pubblicati nel sito internet istituzionale dell'ente.
3.
Gli strumenti di pianificazione di cui al comma 2 individuano la rete
ciclabile e ciclopedonale nel territorio di competenza, in attuazione e a
integrazione della rete di livello regionale e in corrispondenza con le
reti individuate nei biciplan.
4.
Gli strumenti di pianificazione di cui al comma 2 costituiscono atti di
indirizzo per la programmazione pluriennale delle opere di competenza
dei rispettivi enti. Gli enti interessati assicurano la coerenza degli
atti di pianificazione territoriale e urbanistica con gli strumenti di
pianificazione di cui al precedente periodo.
Art. 8.
(Disposizioni particolari per i comuni)
1.
I comuni possono prevedere, in prossimità di aeroporti, di stazioni
ferroviarie, di autostazioni, di stazioni metropolitane e di stazioni di
mezzi di trasporto marittimi, fluviali e lacustri, ove presenti, la
realizzazione di velostazioni, ossia di centri per il deposito custodito
di biciclette, l'assistenza tecnica e l'eventuale servizio di noleggio.
2.
Per la realizzazione delle velostazioni di cui al comma 1, i comuni
possono stipulare convenzioni con le aziende che gestiscono la sosta di
veicoli, le strutture destinate a parcheggio, le stazioni ferroviarie,
metropolitane o automobilistiche o le stazioni di mezzi di trasporto
marittimo, fluviale e lacustre, ove presenti.
3.
La gestione delle velostazioni di cui al comma 1 può essere affidata ai
soggetti di cui al comma 2, alle aziende di gestione dei servizi di
trasporto pubblico, a cooperative sociali e di servizi o ad
associazioni, secondo procedure di affidamento a evidenza pubblica
conformi alla normativa vigente.
4.
I comuni prevedono nei regolamenti edilizi misure finalizzate alla
realizzazione di spazi comuni e attrezzati per il deposito di biciclette
negli edifici adibiti a residenza e ad attività terziarie o produttive e
nelle strutture pubbliche.
5.
In sede di attuazione degli strumenti urbanistici i comuni stabiliscono
i parametri di dotazione di stalli per le biciclette destinati ad uso
pubblico e ad uso pertinenziale.
Art. 9.
(Modifica all'articolo 1 del codice della strada, in materia di princìpi generali)
1.
Al comma 2 dell'articolo 1 del codice della strada, di cui al decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, le parole: «al principio della
sicurezza stradale» sono sostituite dalle seguenti: «ai princìpi della
sicurezza stradale e della mobilità sostenibile» e dopo le parole:
«fluidità della circolazione» sono aggiunte le seguenti: «; di
promuovere l'uso dei velocipedi».
2. Al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 61, al comma 1, lettera c),
le parole: «Gli autobus da noleggio, da gran turismo e di linea possono
essere dotati di strutture portasci o portabagagli applicate
posteriormente a sbalzo, in deroga alla predetta lunghezza massima» sono
sostituite dalle seguenti: «Gli autobus da noleggio, da gran turismo e
di linea possono essere dotati di strutture portasci, portabiciclette o
portabagagli applicate a sbalzo posteriormente o, per le sole strutture
portabiciclette, anche anteriormente»;
b) all'articolo 164, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
«2-bis. Nel caso di autobus da noleggio, da gran turismo e di linea, in deroga al comma 2, è consentito l'utilizzo di strutture portabiciclette applicate a sbalzo anteriormente; tale struttura può sporgere longitudinalmente dalla parte anteriore fino ad un massimo di 80 cm dalla sagoma propria del mezzo».
«2-bis. Nel caso di autobus da noleggio, da gran turismo e di linea, in deroga al comma 2, è consentito l'utilizzo di strutture portabiciclette applicate a sbalzo anteriormente; tale struttura può sporgere longitudinalmente dalla parte anteriore fino ad un massimo di 80 cm dalla sagoma propria del mezzo».
Art. 10.
(Disposizioni finanziarie)
1. Per la definizione del quadro finanziario di cui all'articolo 3, comma 3, lettera e), concorrono:
a) le risorse di cui all'articolo 1, comma 640, primo periodo, della legge 28 dicembre 2015, n. 208;
b) le
risorse del fondo di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11
dicembre 2016, n. 232, destinate ai programmi per la mobilità
sostenibile, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 21 luglio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 226 del 27 settembre 2017;
c) le
risorse relative al finanziamento e al cofinanziamento dei programmi
operativi finanziati dai fondi strutturali e di investimento europei,
ove prevedano misure rientranti nell'ambito di applicazione della
presente legge, nonché le risorse individuate dalle regioni e dagli enti
locali a valere sui propri bilanci;
d) gli
eventuali proventi di sponsorizzazioni da parte di soggetti privati,
nonché i lasciti, le donazioni e altri atti di liberalità finalizzati al
finanziamento della mobilità ciclistica.
Art. 11.
(Relazione annuale sulla mobilità ciclistica)
1.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti presenta entro il 30
giugno di ogni anno alle Camere una relazione sullo stato di attuazione
della presente legge e della legge 19 ottobre 1998, n. 366, nella quale
in particolare indica:
a) l'entità
delle risorse finanziarie stanziate e spese a livello locale,
regionale, nazionale e dell'Unione europea per la realizzazione degli
interventi di cui alla presente legge;
b) il numero e la qualità degli interventi finanziati e realizzati con le risorse di cui alla lettera a);
c) lo
stato di attuazione della Rete ciclabile nazionale «Bicitalia» e il
cronoprogramma degli interventi previsti dalla programmazione nazionale;
d) i
risultati conseguiti nell'incremento della mobilità ciclistica nei
centri urbani, nella riduzione del traffico automobilistico,
dell'inquinamento atmosferico e dei sinistri e danni agli utenti della
strada, nonché nel rafforzamento della sicurezza della mobilità
ciclistica;
e) lo stato di attuazione dell'integrazione modale tra la bicicletta e gli altri mezzi di trasporto locale e regionale;
f) la partecipazione a progetti e a programmi dell'Unione europea;
g) un'analisi comparata con le iniziative assunte negli altri Paesi membri dell'Unione europea.
2.
Entro il 1º aprile di ciascun anno, le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano presentano una relazione al Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti sullo stato di attuazione degli
interventi previsti dalla presente legge, sulla loro efficacia,
sull'impatto sui cittadini e sulla società, sugli obiettivi conseguiti e
sulle misure da adottare per migliorare l'efficacia degli interventi
previsti dal piano regionale della mobilità ciclistica nel rispettivo
territorio.
3. La relazione di cui al comma 1 è pubblicata nel sito internet istituzionale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in formato di tipo aperto, come definito dalla lettera a) del comma 3 dell'articolo 68 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
4.
Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono all'attuazione
delle disposizioni contenute nel presente articolo nell'ambito delle
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica.
Dispositivi informatici che limitano l'uso di cellulari. Risposta ad interrogazione parlamentare.
Atto Camera
Interrogazione a risposta scritta 4-17906
presentato daInterrogazione a risposta scritta 4-17906
MINNUCCI Emiliano
Venerdì 22 settembre 2017, seduta n. 856
MINNUCCI. —
Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
le riforme al codice della strada, e al relativo regolamento di
attuazione, sono connotate dalla volontà di aumentare la sicurezza dei
cittadini, sia migliorando la dotazione e la qualità delle
infrastrutture sia dettando nuove regole da rispettare alla guida di un
autoveicolo;
l'articolo 173 del codice della strada vigente vieta al conducente
l'uso di apparecchi radiotelefonici e di cuffie sonore, fatta eccezione
per i conducenti dei veicoli delle forze armate e della polizia di
Stato, della guardia di finanza, della polizia penitenziaria, dei vigili
del fuoco, della Croce rossa, del Corpo forestale dello Stato, della
protezione civile; è consentito l'uso di apparecchi a viva voce, o
dotati di auricolare purché il conducente abbia adeguate capacità
uditive ad entrambe le orecchie e se non richiedono per il loro
funzionamento l'uso delle mani; i trasgressori sono soggetti alla
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 161 ad euro
647 e alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della
patente di guida da uno a tre mesi, qualora lo stesso soggetto compia
un'ulteriore violazione nel corso di un biennio;
nel 2015, nei soli comuni capoluogo le contravvenzioni elevate
dalla polizia municipale per violazione dell'articolo 173 del codice
della strada sono state 77.665;
secondo i dati forniti dalla polizia stradale, nel 2016 le
infrazioni rilevate alle regole sull'uso dell'auricolare o vivavoce
(articolo 173 codice della strada) sono state 45.428 (su un totale di
2.110.614 infrazioni); di queste, quasi la metà (20.312) in autostrada; i
dati parziali del 2017 rilevano un netto aumento: su un totale di
1.080.205 le infrazioni all'uso dell'auricolare o vivavoce sono state
rilevate in 26.948 casi, di cui 12.603 in autostrada;
studi recenti evidenziano che inviare sms o telefonare senza bluetooth
o auricolare mentre si è al volante è il comportamento che aumenta di
più il rischio di essere coinvolti in un incidente (rispetto a chi guida
con attenzione il rischio è maggiore dell'83 per cento); secondo il
sottosegretario Nencini, l'uso di smartphone e dispositivi elettronici, è la prima causa di incidenti anche mortali sulle strade;
le più avanzate tecnologie informatiche consentono di inibire, o
almeno controllare, l'uso dei cellulari alla guida mediante una app da scaricare sul cellulare collegata ad un sistema hardware installato sul veicolo;
tali dispositivi consentono un vero e proprio monitoraggio della
guida (velocità, percorso e altro) utile in particolare nelle strade
adibite anche al trasporto pubblico –:
se sia a conoscenza di tali dispositivi informatici e quali
iniziative intenda assumere per prevedere l'obbligo di installarli su
tutti i veicoli, adeguando, a tal fine, le disposizioni normative e
regolamentari.
(4-17906)
Atto Camera
Risposta scritta pubblicata Venerdì 17 novembre 2017
nell'allegato B della seduta n. 887
4-17906
presentata da
MINNUCCI Emiliano
Risposta scritta pubblicata Venerdì 17 novembre 2017
nell'allegato B della seduta n. 887
4-17906
presentata da
MINNUCCI Emiliano
Risposta. — Con
riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle
informazione pervenute dalla direzione generale per la sicurezza
stradale di questo Ministero, si forniscono i seguenti elementi di
risposta.
In merito alla questione concernente i dispositivi informatici che consentirebbero di inibire o almeno controllare l'uso dei cellulari alla guida mediante una app da scaricare sul cellulare e collegata ad un sistema hardware installato sul veicolo, il Ministero dell'interno comunica che non risultano pervenute all'attenzione del servizio della Polizia stradale notizie riguardanti la disponibilità di siffatte applicazioni tecnologiche.
Inoltre, anche nell'ipotesi in cui detti dispositivi fossero sul mercato, si osservi che non se ne potrebbe imporre il montaggio sui veicoli in quanto gli stessi andrebbero inevitabilmente a modificare le caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore e loro rimorchi di cui all'articolo 71 del Codice della strada, modifiche che, com'è noto, sono regolate dall'Unione europea.
Pertanto, pur apprezzando il valore della proposta, non è possibile per uno Stato membro introdurre l'obbligo di dotare i veicoli con dispositivi ulteriori o diversi rispetto a quelli previsti dalle norme europee.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.
In merito alla questione concernente i dispositivi informatici che consentirebbero di inibire o almeno controllare l'uso dei cellulari alla guida mediante una app da scaricare sul cellulare e collegata ad un sistema hardware installato sul veicolo, il Ministero dell'interno comunica che non risultano pervenute all'attenzione del servizio della Polizia stradale notizie riguardanti la disponibilità di siffatte applicazioni tecnologiche.
Inoltre, anche nell'ipotesi in cui detti dispositivi fossero sul mercato, si osservi che non se ne potrebbe imporre il montaggio sui veicoli in quanto gli stessi andrebbero inevitabilmente a modificare le caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore e loro rimorchi di cui all'articolo 71 del Codice della strada, modifiche che, com'è noto, sono regolate dall'Unione europea.
Pertanto, pur apprezzando il valore della proposta, non è possibile per uno Stato membro introdurre l'obbligo di dotare i veicoli con dispositivi ulteriori o diversi rispetto a quelli previsti dalle norme europee.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Riccardo Nencini.
mercoledì 22 novembre 2017
Non commette reato di minaccia a P.U. l'ubriaco che si rivolge agli agenti:"...adesso vi rovino io, non sapete con chi avete a che fare"
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 settembre – 13 novembre 2017, n. 51687
Presidente Ippolito – Relatore Villoni
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato quella emessa dal Tribunale di Chieti il 02/10/2014 e ribadito la condanna di U.V. alla pena, condizionalmente sospesa, di otto mesi di reclusione irrogatale all’esito del giudizio di primo grado in ordine al reato di cui agli artt. 81, 336 cod. pen..
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata che con un primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ribadita sussistenza del reato in addebito, sostenendo che le frasi rivolte all’indirizzo dei pubblici ufficiali (“adesso basta non avete capito nulla, ho registrato tutto, adesso vi rovino io, non sapete con chi avete a che fare”), dato anche il contesto della loro pronuncia (imputata colta in stato di ebbrezza alcoolica alla guida di un’autovettura) risultavano prive sia di senso logico che di valenza minatoria.
Con un secondo motivo, deduce, inoltre, violazione di legge riguardo alla dosimetria della pena.
1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
2. Effettivamente le frasi sopra riportate e pronunciate dall’imputata all’indirizzo degli Agenti di Polizia che l’avevano fermata per un controllo autostradale, atteso anche il contesto in cui le stesse sono state pronunciate (imputata risultata positiva all’alcoltest), risultano prive di concreta valenza intimidatoria e non possono di per sé integrare il reato contestato di cui all’art. 336 cod. pen..
Ai fini dell’integrazione del delitto di minaccia a pubblico ufficiale di cui all’art. 336 cod. pen., questa deve essere, infatti, idonea a coartare la libertà di azione del pubblico ufficiale (Sez. 6, sent. n. 7482 del 03/12/2007, Di Prima, Rv. 239014) ovvero a turbarlo nell’assolvimento dei suoi compiti istituzionali (Sez. 6, sent. n. 6164 del 10/01/2011, Stefanello, Rv. 249376 in fattispecie di ritenuta irrilevanza penale dell’utilizzo di espressioni del tipo "ti sistemo io" e "se no te ne accorgi cosa succede"; Sez. 6, sent. n. 20320 del 07/05/2015, Lobina, Rv. 263398 in fattispecie di esclusione del reato circa l’utilizzo dell’espressione "se mi fai la contravvenzione giuro che te la faccio pagare, chiamo il mio avvocato e ti querelo").
L’estensione dell’ambito di applicazione della norma oltre tali limiti significhirebbe per contro tutelare non tanto e non solo il sereno adempimento dei doveri istituzionali da parte dei pubblici ufficiali quanto la loro variabile suscettibilità al cospetto di reazioni di soggetti privati che, pur non risultando oltraggiose, risultino in ipotesi determinate da costernazione, malumore, contrarietà, insofferenza, non collaborazione o addirittura improntate ad implicita sfida al loro operato, senza che tale atteggiamento si traduca in manifestazioni di carattere verbale.
3. Per le ragioni anzidette, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Presidente Ippolito – Relatore Villoni
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato quella emessa dal Tribunale di Chieti il 02/10/2014 e ribadito la condanna di U.V. alla pena, condizionalmente sospesa, di otto mesi di reclusione irrogatale all’esito del giudizio di primo grado in ordine al reato di cui agli artt. 81, 336 cod. pen..
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata che con un primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ribadita sussistenza del reato in addebito, sostenendo che le frasi rivolte all’indirizzo dei pubblici ufficiali (“adesso basta non avete capito nulla, ho registrato tutto, adesso vi rovino io, non sapete con chi avete a che fare”), dato anche il contesto della loro pronuncia (imputata colta in stato di ebbrezza alcoolica alla guida di un’autovettura) risultavano prive sia di senso logico che di valenza minatoria.
Con un secondo motivo, deduce, inoltre, violazione di legge riguardo alla dosimetria della pena.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
2. Effettivamente le frasi sopra riportate e pronunciate dall’imputata all’indirizzo degli Agenti di Polizia che l’avevano fermata per un controllo autostradale, atteso anche il contesto in cui le stesse sono state pronunciate (imputata risultata positiva all’alcoltest), risultano prive di concreta valenza intimidatoria e non possono di per sé integrare il reato contestato di cui all’art. 336 cod. pen..
Ai fini dell’integrazione del delitto di minaccia a pubblico ufficiale di cui all’art. 336 cod. pen., questa deve essere, infatti, idonea a coartare la libertà di azione del pubblico ufficiale (Sez. 6, sent. n. 7482 del 03/12/2007, Di Prima, Rv. 239014) ovvero a turbarlo nell’assolvimento dei suoi compiti istituzionali (Sez. 6, sent. n. 6164 del 10/01/2011, Stefanello, Rv. 249376 in fattispecie di ritenuta irrilevanza penale dell’utilizzo di espressioni del tipo "ti sistemo io" e "se no te ne accorgi cosa succede"; Sez. 6, sent. n. 20320 del 07/05/2015, Lobina, Rv. 263398 in fattispecie di esclusione del reato circa l’utilizzo dell’espressione "se mi fai la contravvenzione giuro che te la faccio pagare, chiamo il mio avvocato e ti querelo").
L’estensione dell’ambito di applicazione della norma oltre tali limiti significhirebbe per contro tutelare non tanto e non solo il sereno adempimento dei doveri istituzionali da parte dei pubblici ufficiali quanto la loro variabile suscettibilità al cospetto di reazioni di soggetti privati che, pur non risultando oltraggiose, risultino in ipotesi determinate da costernazione, malumore, contrarietà, insofferenza, non collaborazione o addirittura improntate ad implicita sfida al loro operato, senza che tale atteggiamento si traduca in manifestazioni di carattere verbale.
3. Per le ragioni anzidette, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Omicidio stradale:Non ci sono attenuanti generiche per il neopatentato ubriaco che uccide un agente
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 settembre – 15 novembre 2017, n. 52121
Presidente Piccialli – Relatore Ranaldi
1. Con sentenza del 11.7.2016 la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Crotone - emessa in sede di giudizio abbreviato - che ha dichiarato la penale responsabilità di B.S. in ordine ai reati a lui ascritti di omicidio colposo, omessa assistenza stradale e guida in stato di ebbrezza, condannandolo, previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti, alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione, oltre al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite.
2. Avverso la sentenza propone ricorso il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Catanzaro, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 62-bis, 69 e 133 cod. pen..
Deduce che la mera giovane età ed incensuratezza del prevenuto, unitamente alla sua confessione, vanno correlati alla concreta gravità del fatto,in maniera tale da non consentire il riconoscimento delle attenuanti generiche, tantomeno in termini di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti, come erroneamente disposto dalla Corte territoriale.
1. Il ricorso è fondato.
2. La motivazione della sentenza impugnata presenta profili di manifesta illogicità e contraddittorietà, ed appare violativa delle relative prescrizioni di legge, quanto alla determinazione del trattamento sanzionatorio, in relazione al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche reputate prevalenti sulle contestate aggravanti.
Ed invero, a fronte della assoluta gravità del fatto) per come rappresentato e valutato dai giudici di merito di entrambi i gradi del giudizio, sono stati valorizzati elementi mitigatori delle pena privi di specifica rilevanza e significatività rispetto alle condotte criminose di cui si è reso responsabile l’imputato.
In proposito la Corte di appello ha valorizzato l’incensuratezza e la giovane età del B. , nonché la confessione del medesimo, nonostante abbia riconosciuto la particolare gravità e lesività della condotta colposa posta in essere dal prevenuto, "date le modalità del fatto che hanno portato alla morte dell’agente I. ed al ferimento del D. , il quale non è stato anch’egli travolto dall’autovettura condotta dal B. solo grazie alla prontezza di riflessi ed alla casuale posizione logistica che gli hanno consentito di fare un balzo all’indietro, verso l’auto di servizio" (pag. 10). La valutazione di assoluta gravità della condotta criminosa del prevenuto è stata ribadita nella pagina successiva, laddove si evidenzia: "l’essersi l’imputato posto alla guida in stato di ubriachezza; l’aver tenuto una velocità molto elevata non adeguata alle condizioni di tempo (di notte, senza illuminazione Pubblica), di luogo (strada statale con limite di velocità di 90 Km/h) ed al proprio stato di alterazione dovuto all’uso consapevole di sostanze alcoliche (riflessi e capacità di attenzione scemati); l’essersi allontanato dal luogo del sinistro dopo avere realizzato di aver travolto e, probabilmente, ucciso una persona", elementi che sono stati considerati sintomatici "di una personalità spregiudicata e superficiale" (pag. 11).
Rispetto alla natura ed entità del fatto, con particolare riguardo alla incosciente ed azzardata condotta di guida attribuita al prevenuto, la giovane età del medesimo, lungi dal costituire elemento attenuante, costituisce elemento aggravante rispetto al fatto specifico, trattandosi di soggetto neopatentato dal quale l’ordinamento pretende estrema prudenza e rigoroso rispetto delle norme stradali, nonché assoluto divieto di guidare sotto la (sia pur minima) influenza di bevande alcoliche (cfr. art. 186-bis cod. strada), proprio in considerazione della limitata esperienza di guida.
Per quanto attiene alla confessione, è la stessa Corte di appello a riconoscere che la stessa non ha avuto particolare rilevanza processuale, in quanto intervenuta "dopo l’omissione di soccorso e le evidenze a suo carico".
Il dato costituito dall’incensuratezza, come noto di per sé non giustifica la concessione delle circostanze attenuanti generiche (ex art. 62-bis, comma 3, cod. pen.).
3. Il giudice di merito, in buona sostanza, non ha fatto buon governo del potere discrezionale che la legge gli attribuisce nella determinazione del trattamento sanzionatorio, dovendosi considerare che l’art. 62-bis del codice penale non individua, né specifica, le situazioni presenza delle quali esse debbono trovare applicazione, attribuendo al giudice un ampio potere discrezionale, nella determinazione e valutazione degli elementi e dei dati, che possano influire sulla decisione. È, tuttavia, evidente che il giudice può e deve fare riferimento sia ai criteri enunciati nell’art. 133 del codice penale - norma omnicomprensiva delle possibili situazioni influenti nel trattamento sanzionatorio, - sia ad elementi e situazioni di fatto particolari - diversi da quelli legislativamente indicati nell’art. 133 cod. pen. - ave ti valore significante, ai fini dell’adeguamento della pena alla natura ed all’entità del fatto di reato commesso, ed alla personalità del reo. Il potere discrezionale del giudice nonostante la sua ampiezza ed estensione - non è tuttavia illimitato e sottratto al controllo: egli ha l’obbligo di motivare la sua decisione - che non deve mai tradursi in arbitrio - indicando i parametri e i criteri utilizzati ed enunciando le ragioni che pone a fondamento del diniego o della concessione delle attenuanti generiche (Sez. 1, n. 9548 del 01/10/1986 - dep. 1987, Esposito, Rv. 17662201).
Nel caso l’adeguamento della pena al fatto si è tradotto in un beneficio accordato sulla base di elementi non aventi valore significante rispetto alla natura dei reati commessi, ed in palese contrasto con quanto processualmente emerso in relazione alla entità del fatto ed alla riconosciuta negativa personalità del reo, concretizzandosi in una valutazione sostanzialmente non rispettosa dei criteri enunciati nell’art. 133 cod. pen., e di fatto immotivata anche in relazione alla ritenuta prevalenza delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti.
4. Ne consegue che l’impugnata sentenza va annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio sul punto alla Corte di appello di Catanzaro, che provvederà al regolamento delle spese tra le parti anche per questo giudizio di legittimità.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia sul punto alla Corte di appello di Catanzaro, altra sezione, cui demanda altresì il regolamento delle spese tra le parti.
Presidente Piccialli – Relatore Ranaldi
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 11.7.2016 la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Crotone - emessa in sede di giudizio abbreviato - che ha dichiarato la penale responsabilità di B.S. in ordine ai reati a lui ascritti di omicidio colposo, omessa assistenza stradale e guida in stato di ebbrezza, condannandolo, previo riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti, alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione, oltre al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite.
2. Avverso la sentenza propone ricorso il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Catanzaro, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 62-bis, 69 e 133 cod. pen..
Deduce che la mera giovane età ed incensuratezza del prevenuto, unitamente alla sua confessione, vanno correlati alla concreta gravità del fatto,in maniera tale da non consentire il riconoscimento delle attenuanti generiche, tantomeno in termini di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti, come erroneamente disposto dalla Corte territoriale.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
2. La motivazione della sentenza impugnata presenta profili di manifesta illogicità e contraddittorietà, ed appare violativa delle relative prescrizioni di legge, quanto alla determinazione del trattamento sanzionatorio, in relazione al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche reputate prevalenti sulle contestate aggravanti.
Ed invero, a fronte della assoluta gravità del fatto) per come rappresentato e valutato dai giudici di merito di entrambi i gradi del giudizio, sono stati valorizzati elementi mitigatori delle pena privi di specifica rilevanza e significatività rispetto alle condotte criminose di cui si è reso responsabile l’imputato.
In proposito la Corte di appello ha valorizzato l’incensuratezza e la giovane età del B. , nonché la confessione del medesimo, nonostante abbia riconosciuto la particolare gravità e lesività della condotta colposa posta in essere dal prevenuto, "date le modalità del fatto che hanno portato alla morte dell’agente I. ed al ferimento del D. , il quale non è stato anch’egli travolto dall’autovettura condotta dal B. solo grazie alla prontezza di riflessi ed alla casuale posizione logistica che gli hanno consentito di fare un balzo all’indietro, verso l’auto di servizio" (pag. 10). La valutazione di assoluta gravità della condotta criminosa del prevenuto è stata ribadita nella pagina successiva, laddove si evidenzia: "l’essersi l’imputato posto alla guida in stato di ubriachezza; l’aver tenuto una velocità molto elevata non adeguata alle condizioni di tempo (di notte, senza illuminazione Pubblica), di luogo (strada statale con limite di velocità di 90 Km/h) ed al proprio stato di alterazione dovuto all’uso consapevole di sostanze alcoliche (riflessi e capacità di attenzione scemati); l’essersi allontanato dal luogo del sinistro dopo avere realizzato di aver travolto e, probabilmente, ucciso una persona", elementi che sono stati considerati sintomatici "di una personalità spregiudicata e superficiale" (pag. 11).
Rispetto alla natura ed entità del fatto, con particolare riguardo alla incosciente ed azzardata condotta di guida attribuita al prevenuto, la giovane età del medesimo, lungi dal costituire elemento attenuante, costituisce elemento aggravante rispetto al fatto specifico, trattandosi di soggetto neopatentato dal quale l’ordinamento pretende estrema prudenza e rigoroso rispetto delle norme stradali, nonché assoluto divieto di guidare sotto la (sia pur minima) influenza di bevande alcoliche (cfr. art. 186-bis cod. strada), proprio in considerazione della limitata esperienza di guida.
Per quanto attiene alla confessione, è la stessa Corte di appello a riconoscere che la stessa non ha avuto particolare rilevanza processuale, in quanto intervenuta "dopo l’omissione di soccorso e le evidenze a suo carico".
Il dato costituito dall’incensuratezza, come noto di per sé non giustifica la concessione delle circostanze attenuanti generiche (ex art. 62-bis, comma 3, cod. pen.).
3. Il giudice di merito, in buona sostanza, non ha fatto buon governo del potere discrezionale che la legge gli attribuisce nella determinazione del trattamento sanzionatorio, dovendosi considerare che l’art. 62-bis del codice penale non individua, né specifica, le situazioni presenza delle quali esse debbono trovare applicazione, attribuendo al giudice un ampio potere discrezionale, nella determinazione e valutazione degli elementi e dei dati, che possano influire sulla decisione. È, tuttavia, evidente che il giudice può e deve fare riferimento sia ai criteri enunciati nell’art. 133 del codice penale - norma omnicomprensiva delle possibili situazioni influenti nel trattamento sanzionatorio, - sia ad elementi e situazioni di fatto particolari - diversi da quelli legislativamente indicati nell’art. 133 cod. pen. - ave ti valore significante, ai fini dell’adeguamento della pena alla natura ed all’entità del fatto di reato commesso, ed alla personalità del reo. Il potere discrezionale del giudice nonostante la sua ampiezza ed estensione - non è tuttavia illimitato e sottratto al controllo: egli ha l’obbligo di motivare la sua decisione - che non deve mai tradursi in arbitrio - indicando i parametri e i criteri utilizzati ed enunciando le ragioni che pone a fondamento del diniego o della concessione delle attenuanti generiche (Sez. 1, n. 9548 del 01/10/1986 - dep. 1987, Esposito, Rv. 17662201).
Nel caso l’adeguamento della pena al fatto si è tradotto in un beneficio accordato sulla base di elementi non aventi valore significante rispetto alla natura dei reati commessi, ed in palese contrasto con quanto processualmente emerso in relazione alla entità del fatto ed alla riconosciuta negativa personalità del reo, concretizzandosi in una valutazione sostanzialmente non rispettosa dei criteri enunciati nell’art. 133 cod. pen., e di fatto immotivata anche in relazione alla ritenuta prevalenza delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti.
4. Ne consegue che l’impugnata sentenza va annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio sul punto alla Corte di appello di Catanzaro, che provvederà al regolamento delle spese tra le parti anche per questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia sul punto alla Corte di appello di Catanzaro, altra sezione, cui demanda altresì il regolamento delle spese tra le parti.
La querela anche se non esplicità può essere desunta, come per es. dal verbale di sommarie informazioni
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 9 – 17 novembre 2017, n. 52538
Presidente Piccialli – Relatore Serrao
Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Rossano nei confronti di F.S. in relazione ai reati di lesioni colpose ed omissione di soccorso commessi ai danni della coniuge in (omissis) .
2. F.S. ricorre per cassazione deducendo erronea applicazione dell’art. 590 cod. pen. e vizio di motivazione in relazione agli artt. 337, 136, 357, 373 e 347 cod.proc.pen. perché, contrariamente a quanto indicato nella sentenza, non è stato acquisito alcun atto dal quale emerga la volontà della persona offesa di querelare il proprio coniuge, dandosi atto dell’asserita volontà punitiva esclusivamente nella comunicazione della notizia di reato. Secondo il ricorrente, la natura di atto negoziale propria della querela impedisce che ad essa sia equiparabile la comunicazione della notizia di reato.
3. La parte civile ha depositato, nel corso dell’udienza di discussione, conclusioni e nota spese.
1. Il ricorso è infondato.
1.1. In linea di principio, nel caso in cui l’atto venga redatto dalla polizia giudiziaria che raccoglie le dichiarazioni della parte, la volontà della persona offesa deve essere esplicita, ancorché non ritualizzata in forme sacramentali, ovvero desumibile da espressioni interpretabili quali manifestazioni di volontà di perseguire l’autore del fatto (Sez. 5, n. 15166 del 15/02/2016, Martinez, Rv. 26672201). In tal senso, ad esempio, è stato affermato che la dichiarazione con la quale la persona offesa, all’atto della denuncia, si costituisce o si riserva di costituirsi parte civile, deve essere qualificata come valida manifestazione del diritto di querela (Sez. 5, n. 15691 del 06/12/2013, dep.2014, Anzalone, Rv. 26055701); analogamente la sollecitazione rivolta all’Autorità Giudiziaria di "voler prendere provvedimenti al più presto", contenuta nella integrazione ad una precedente denuncia, costituisce manifestazione di volontà diretta a richiedere la punizione dell’autore del reato e conferisce all’atto valore di querela (Sez. 5, n.6333 del 18/10/2013, C., Rv. 25887601). Anche manifestazioni non esplicite, in situazioni di incertezza, devono comunque essere interpretate alla luce del favor querelae; occorre, tuttavia, che ci si trovi in presenza di una manifestazione lessicale proveniente inequivocabilmente dalla parte (Sez. 5, n. 15166 del 15/02/2016, Martinez, Rv. 26672201). In ogni caso, la manifestazione della volontà di querelarsi può essere ritenuta esistente dal giudice del merito, con accertamento sottratto al sindacato di legittimità se rispondente alle regole della logica e del diritto, indipendentemente dalla qualifica assegnata alla dichiarazione orale dalla polizia giudiziaria che la ha ricevuta, sempre che l’intenzione di voler perseguire l’autore dei fatti ivi denunciati emerga chiaramente dalla dichiarazione stessa ovvero da altri fatti dimostrativi del medesimo intento (Sez. 3, n. 10254 del 12/02/2014, Q, Rv. 25838401).
1.2. Tanto premesso in linea di principio, dall’esame degli atti, consentito in ragione della natura della censura, emerge che la persona offesa G.A. ha rappresentato alla Polizia Giudiziaria la volontà di querelare il coniuge, manifestando la richiesta di punizione del colpevole. La Corte territoriale ha affermato, con motivazione ineccepibile, che la richiesta di punizione fosse stata chiaramente espressa dalla persona offesa ai carabinieri, che l’avevano riportata nel verbale di denuncia e sommarie informazioni del 30 agosto 2010. Il Tribunale aveva espresso conforme valutazione richiamando la richiesta della persona offesa che il colpevole fosse punito riportata nella comunicazione di notizia di reato redatta dai Carabinieri della Compagnia di (omissis) . I giudici di merito hanno motivato il loro giudizio valutando il contesto in cui tale manifestazione di volontà era stata raccolta: presso l’ospedale di (omissis) prima che la persona offesa fosse trasferita in altro nosocomio per essere sottoposta ad intervento chirurgico. Date le circostanze del caso, hanno ritenuto che essa fosse valida manifestazione della volontà di querelare l’imputato, ancorché non formalizzata in un vero e proprio atto di querela, qualificandola come querela proposta oralmente.
2. Tanto è sufficiente per affermare, alla luce dei principi sopra esposti, che il ricorso sia infondato; al rigetto dell’impugnazione segue, a norma dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Con riguardo alla condanna del ricorrente alla refusione delle spese in favore della parte civile, occorre rilevare che la richiesta di liquidazione dei compensi presentata dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato elenca i compensi tabellari ai sensi dell’art.12, comma 3, D.M. n.55/2014 non in conformità ai limiti quantitativi previsti dall’art.106 bis d.P.R. 30 maggio 2002, n.115. Deve, pertanto, essere applicato il seguente principio interpretativo, già affermato nella giurisprudenza di legittimità: "In tema di patrocinio dei non abbienti, affinché la Corte di cassazione possa procede alla liquidazione delle spese che l’imputato ricorrente è condannato a rifondere alla parte civile ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, ex art. 110, d. P. R. n. 115 del 2002, è indispensabile che il difensore abbia presentato una nota spese conforme, nella indicazione delle voci e nei limiti quantitativi, alle prescrizioni dettate dall’art.82 del su citato d.P.R." (Sez.4, n.20044 del 17/03/2015, S., Rv. 26386601; Sez.6, n.3885 del 18/01/2012, Iovine, Rv.25213501). Conseguentemente, potrà essere disposta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di parte civile in favore dello Stato, ferma restando la competenza della Corte di Appello di Catanzaro, a norma dell’art.83, comma 2, d.P.R. n.115/2002 a disporne la liquidazione.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese della costituita parte civile in favore dello Stato ex art.110, comma 3, d.p.r. 115/2002" nella misura in cui saranno liquidate dalla Corte di Appello di Catanzaro.
Presidente Piccialli – Relatore Serrao
Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Rossano nei confronti di F.S. in relazione ai reati di lesioni colpose ed omissione di soccorso commessi ai danni della coniuge in (omissis) .
2. F.S. ricorre per cassazione deducendo erronea applicazione dell’art. 590 cod. pen. e vizio di motivazione in relazione agli artt. 337, 136, 357, 373 e 347 cod.proc.pen. perché, contrariamente a quanto indicato nella sentenza, non è stato acquisito alcun atto dal quale emerga la volontà della persona offesa di querelare il proprio coniuge, dandosi atto dell’asserita volontà punitiva esclusivamente nella comunicazione della notizia di reato. Secondo il ricorrente, la natura di atto negoziale propria della querela impedisce che ad essa sia equiparabile la comunicazione della notizia di reato.
3. La parte civile ha depositato, nel corso dell’udienza di discussione, conclusioni e nota spese.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
1.1. In linea di principio, nel caso in cui l’atto venga redatto dalla polizia giudiziaria che raccoglie le dichiarazioni della parte, la volontà della persona offesa deve essere esplicita, ancorché non ritualizzata in forme sacramentali, ovvero desumibile da espressioni interpretabili quali manifestazioni di volontà di perseguire l’autore del fatto (Sez. 5, n. 15166 del 15/02/2016, Martinez, Rv. 26672201). In tal senso, ad esempio, è stato affermato che la dichiarazione con la quale la persona offesa, all’atto della denuncia, si costituisce o si riserva di costituirsi parte civile, deve essere qualificata come valida manifestazione del diritto di querela (Sez. 5, n. 15691 del 06/12/2013, dep.2014, Anzalone, Rv. 26055701); analogamente la sollecitazione rivolta all’Autorità Giudiziaria di "voler prendere provvedimenti al più presto", contenuta nella integrazione ad una precedente denuncia, costituisce manifestazione di volontà diretta a richiedere la punizione dell’autore del reato e conferisce all’atto valore di querela (Sez. 5, n.6333 del 18/10/2013, C., Rv. 25887601). Anche manifestazioni non esplicite, in situazioni di incertezza, devono comunque essere interpretate alla luce del favor querelae; occorre, tuttavia, che ci si trovi in presenza di una manifestazione lessicale proveniente inequivocabilmente dalla parte (Sez. 5, n. 15166 del 15/02/2016, Martinez, Rv. 26672201). In ogni caso, la manifestazione della volontà di querelarsi può essere ritenuta esistente dal giudice del merito, con accertamento sottratto al sindacato di legittimità se rispondente alle regole della logica e del diritto, indipendentemente dalla qualifica assegnata alla dichiarazione orale dalla polizia giudiziaria che la ha ricevuta, sempre che l’intenzione di voler perseguire l’autore dei fatti ivi denunciati emerga chiaramente dalla dichiarazione stessa ovvero da altri fatti dimostrativi del medesimo intento (Sez. 3, n. 10254 del 12/02/2014, Q, Rv. 25838401).
1.2. Tanto premesso in linea di principio, dall’esame degli atti, consentito in ragione della natura della censura, emerge che la persona offesa G.A. ha rappresentato alla Polizia Giudiziaria la volontà di querelare il coniuge, manifestando la richiesta di punizione del colpevole. La Corte territoriale ha affermato, con motivazione ineccepibile, che la richiesta di punizione fosse stata chiaramente espressa dalla persona offesa ai carabinieri, che l’avevano riportata nel verbale di denuncia e sommarie informazioni del 30 agosto 2010. Il Tribunale aveva espresso conforme valutazione richiamando la richiesta della persona offesa che il colpevole fosse punito riportata nella comunicazione di notizia di reato redatta dai Carabinieri della Compagnia di (omissis) . I giudici di merito hanno motivato il loro giudizio valutando il contesto in cui tale manifestazione di volontà era stata raccolta: presso l’ospedale di (omissis) prima che la persona offesa fosse trasferita in altro nosocomio per essere sottoposta ad intervento chirurgico. Date le circostanze del caso, hanno ritenuto che essa fosse valida manifestazione della volontà di querelare l’imputato, ancorché non formalizzata in un vero e proprio atto di querela, qualificandola come querela proposta oralmente.
2. Tanto è sufficiente per affermare, alla luce dei principi sopra esposti, che il ricorso sia infondato; al rigetto dell’impugnazione segue, a norma dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Con riguardo alla condanna del ricorrente alla refusione delle spese in favore della parte civile, occorre rilevare che la richiesta di liquidazione dei compensi presentata dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato elenca i compensi tabellari ai sensi dell’art.12, comma 3, D.M. n.55/2014 non in conformità ai limiti quantitativi previsti dall’art.106 bis d.P.R. 30 maggio 2002, n.115. Deve, pertanto, essere applicato il seguente principio interpretativo, già affermato nella giurisprudenza di legittimità: "In tema di patrocinio dei non abbienti, affinché la Corte di cassazione possa procede alla liquidazione delle spese che l’imputato ricorrente è condannato a rifondere alla parte civile ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, ex art. 110, d. P. R. n. 115 del 2002, è indispensabile che il difensore abbia presentato una nota spese conforme, nella indicazione delle voci e nei limiti quantitativi, alle prescrizioni dettate dall’art.82 del su citato d.P.R." (Sez.4, n.20044 del 17/03/2015, S., Rv. 26386601; Sez.6, n.3885 del 18/01/2012, Iovine, Rv.25213501). Conseguentemente, potrà essere disposta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di parte civile in favore dello Stato, ferma restando la competenza della Corte di Appello di Catanzaro, a norma dell’art.83, comma 2, d.P.R. n.115/2002 a disporne la liquidazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese della costituita parte civile in favore dello Stato ex art.110, comma 3, d.p.r. 115/2002" nella misura in cui saranno liquidate dalla Corte di Appello di Catanzaro.
domenica 19 novembre 2017
Chi causa un'incidente con la Bici rischia la patente?
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 settembre – 15 novembre 2017, n. 52148
Presidente Izzo – Relatore Di Salvo
Presidente Izzo – Relatore Di Salvo
sabato 18 novembre 2017
Niente multa per i veicoli che circolano sul territorio nazionale sprovvisti di assicurazione
Niente multa per i veicoli che circolano sul territorio nazionale sprovvisti di assicurazione |
Linee Guida Gestione Veicoli sequestrati/fermati/affidati
Il sempre crescente numero di veicoli, trattenuti a vario titolo (rimossi, sequestrati/fermato od affidati) che la Polizia Locale si trova a dover gestire impone una riflessione sul miglior modo per limitare il periodo di giacenza presso i depositi convenzionati e, di conseguenza, per la riduzione delle relative spese di custodia che l’A.C. si trova a dover anticipare.
di Pinomassimo La Rizza
Commissario di P.M. di Palermo
Commissario di P.M. di Palermo
Linee Guida Gestione Veicoli sequestrati/fermati/affidati
Parere MIT su modifiche introdotte agli artt. 7 e 158 del Codice della strada
M INF. SISTRA.REGISTRO UFFICIALE .U.000 6556. 27-10-2017
venerdì 17 novembre 2017
Da 15 novembre 2017 obbligo dotazioni invernali, gomme o catene
Con l'avvicinarsi dell'inverno, tornano in vigore le ordinanze sull'obbligo di circolazione con gli pneumatici invernali montati o con le catene da neve a bordo.
Il 15 novembre 2017 fino al 15 aprile 2018,
scatterà l'obbligo del montaggio dei pneumatici invernali o catene a bordo sui
veicoli così come sancito dall'articolo 6 del Codice della Strada introdotto
dalla legge numero 120 del 29 luglio 2010. Va ricordato che l'applicazione di
questa norma spetta agli enti che gestiscono le singole strade che impongono o
meno questo obbligo attraverso un apposito segnale apposto nelle tratte
interessate e comunque attraverso specifiche ordinanze. Alcune Regioni dove il
clima è più rigido o le zone di montagna possono introdurre delle deroghe che
anticipano tale periodo, è il caso della Valle d'Aosta dove è scattato già il 15 ottobre u.s.. La
circolazione senza pneumatici invernali M+S - o senza dotazioni alternative,
come le catene portate a bordo - quando vige l'obbligo può essere punita con
una sanzione pecuniaria che varia in base alla tipologia di strada, come qui
sotto riportato:
giovedì 16 novembre 2017
Approvato al Senato il Decreto Fiscale. Rottamazione bis di multe stradali e cartelle
Il Senato ha approvato oggi il decreto fiscale 148/17, cambiando anche il titolo: "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili"
Ora la palla passa alla Camera e se verra approvato, nel giro di circa un mese, diventerà legge.
Con questo decreto vengono riaperti i termini per il pagamento delle multe stradali e i tributi.
Ora la palla passa alla Camera e se verra approvato, nel giro di circa un mese, diventerà legge.
Con questo decreto vengono riaperti i termini per il pagamento delle multe stradali e i tributi.
Cittadino straniero appartenente all'Unione Europea o ad uno Stato extra comunitario. Patente di guida non al seguito
Cittadino straniero appartenente all'Unione Europea o ad uno Stato extra comunitario. Patente di guida non al seguito. Contestazione artt. 180, commi I e 7, ovvero 116, commi 15 e 17, C.d.S.
(Prot. n. 300/A/8581/17/106/15 del 13 novembre 2017)
(Prot. n. 300/A/8581/17/106/15 del 13 novembre 2017)
ASAPS
martedì 14 novembre 2017
STUPEFACENTI: SEGNALAZIONE AL PREFETTO AI SENSI DELL’ART 75 DPR 309/90; PERQUISIZIONE PERSONALE E LOCALE AI SENSI DELL’ART.103 DPR 309/90
STUPEFACENTI
SEGNALAZIONE AL PREFETTO AI SENSI DELL’ART 75
DPR 309/90
PERQUISIZIONE PERSONALE E LOCALE AI SENSI
DELL’ART.103 DPR 309/90
|
Iscriviti a:
Post (Atom)