mercoledì 31 ottobre 2012

Aosta, per le multe cancellate il pm chiede un anno e dieci mesi per un vigile urbano

Secondo l'accusa, l'uomo ha annullato una sanzione inflitta a una donna
Il pm Luca Ceccanti ha chiesto una condanna complessiva a un anno e dieci mesi di reclusione per l’assistente amministrativo della polizia locale di Aosta Marco Sartori, di 57 anni (difeso dall'avvocato Federico Mavilla), imputato per abuso d’ufficio e falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

Secondo l'accusa, il 22 luglio del 2010 ha annullato a una donna una sanzione (circa 149 euro) per violazione di Zona a traffico limitato, rilasciando un permesso a posteriori, senza che il regolamento lo permettesse. Per la donna, Ecaterina Dragan, di 40 anni,di orgine romena e di Brescia, coimputata per abuso d'ufficio, il pm ha chiesto una condanna a 6 mesi di reclusione. Sartori è accusato anche di aver cancellato due multe (circa 80 euro) per divieto di sosta elevate alla sua auto in occasione della fiera di Sant'Orso del 2010 e a marzo 2011.
Fonte

“ La Polizia Locale e la Spending Review, idee e prospettive”

 Il Commissario Michele Caponigro, Comandante della P.M. di Lacedonia (AV), segnala:

XIV^ EDIZIONE – GIORNATE DI STUDIO
Lacedonia , 16 novembre 2012 - ore 9.00 “ Teatro Nuovo ”
“ la Polizia Locale e la Spending Review, idee e prospettive”
Qui puoi scaricare la brochure e il relativo modulo d'iscrizione.
Mario Serio

Nuove misure di semplificazione per cittadini e imprese

Nuove misure di semplificazione a favore delle imprese e dei cittadini, per completare il cammino intrapreso con il decreto legge 9 febbraio 212 n.5 (Semplifica Italia): questo il contenuto di uno schema di disegno di legge, proposto dal Ministro per la pubblica amministrazione e semplificazione, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, approvato dal Consiglio dei ministri nella riunione del 16 ottobre 2012.
Il provvedimento snellisce oneri ed adempimenti in vari ambiti. Tra le novità:
Sicurezza del lavoro: le misure riguardano gli adempimenti formali, non toccano gli aspetti sostanziali, la cui effettività viene anzi rafforzata, perché vengono liberate risorse utili a migliorare la tutela della salute dei lavoratori.   Le misure agevoleranno le imprese nell’individuazione degli elementi essenziali da indicare nella documentazione, rendendo più facile il corretto adempimento di obblighi sostanziali come valutazione del rischio e sorveglianza sanitaria.  Risulta agevolato il controllo da parte degli organi di vigilanza e la partecipazione dei lavoratori e delle loro rappresentanze.
Ad esempio, per le prestazioni lavorative di breve durata la norma prevede l’individuazione di procedure semplificate che consentano di rispettare gli obblighi di informazione, formazione e sorveglianza sanitaria anche quando la permanenza del lavoratore in azienda non sia superiore cinquanta giornate lavorative nell’anno solare di riferimento. Ciò per evitare la ripetizione, per ragioni solo formali, di adempimenti già posti in essere dallo stesso o da altri datori di lavoro.
Per la redazione dei documenti in materia di sicurezza sul lavoro nei cantieri si prevede l’adozione di modelli semplificati, per evitare la redazione di documenti sovrabbondanti, molto costosi ed inefficaci. Ciò faciliterà l’azienda nella prevenzione effettiva degli infortuni.
La disposizione, poi, consente all’impresa di ridurre i tempi necessari per la sottoposizione delle proprie attrezzature alle verifiche degli organi competenti. Gli enti competenti devono comunicare entro 15 giorni dalla richiesta l’eventuale impossibilità di effettuare la verifica. Ciò permetterà alle impresa di avere maggiore certezza dei tempi necessari per l’effettuazione delle verifiche.  
DURC: si stabilisce che il Documento unico di regolarità contributiva (che attesta l'assolvimento, da parte dell'impresa, degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di INPS, INAIL e Cassa Edile) è sempre acquisito d’ufficio. Il Durc rilasciato per i contratti pubblici di lavori, forniture e servizi ha validità di 180 giorni dalla data di emissione, e non deve essere richiesto per ogni singolo contratto, restando valido nei confronti di tutte le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori.
Invio telematico delle certificazioni di infortunio da parte dei medici: viene eliminato l’obbligo a carico del datore di lavoro di invio all’Inail delle certificazioni mediche di infortunio sul lavoro e di malattia professionale, completando la strada già avviata per medici di medicina generale e Inps; viene esteso il principio della trasmissione telematica del medico certificatore anche per il certificato d’infortunio e di malattia professionale.
Permesso di costruire: la nuova disciplina garantisce tempi certi per la conclusione
dei procedimenti, eliminando il silenzio rifiuto previsto per il rilascio del permesso medesimo nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali ; in questi casi il provvedimento deve essere sempre espresso, in base ai principi stabiliti dalla legge n . 241 del 1990 a garanzia di chi presenta l’istanza.
Autorizzazione paesaggistica: le innovazioni consentono una maggiore certezza del
rispetto dei termini e una riduzione dei tempi di conclusione del procedimento, in virtù dell'obbligo dell'amministrazione competente di emanare il provvedimento, una volta decorso il termine per l'espressione del parere da parte del soprintendente, che viene ridotto a 45 giorni .
Disposizioni in materia di ambiente: vengono semplificati una serie di procedimenti, nel pieno rispetto degli standard comunitari, al fine di assicurarne l'accelerazione, fermi restando i livelli di tutela. Le misure più significative affrontano i problemi della messa in sicurezza e della bonifica, con il duplice fine di difendere l'ambiente e recuperare aree, anche ai fini produttivi. Inoltre, vengono semplificati alcuni passaggi burocratici dei procedimenti di Valutazione Impatto Ambientale (VIA) e di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) .
Tra le semplificazioni per i cittadini, quella che riunisce nel medesimo contesto le procedure per il cambio di residenza e per la dichiarazione relativa al pagamento della tassa sui rifiuti (evitando ai cittadini di fare richieste a più uffici e contribuendo alla prevenzione dell'evasione fiscale) e quella volta a consentire il rilascio in lingua inglese, su richiesta del diretto interessato, delle certificazioni dei titoli di studio universitari.

Disposizioni urgenti in materia di trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici.

DECRETO-LEGGE 29 ottobre 2012 , n. 185
(GU n. 254 del 30-10-2012 )
  note:
  Entrata in vigore del provvedimento: 31/10/2012

Disposizioni urgenti in materia di trattamento di fine  servizio  dei
dipendenti pubblici. (12G0207) 

 
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
 
  Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione; 
  Vista la sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 2012; 
  Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di  emanare  misure
finalizzate a salvaguardare gli obiettivi di finanza pubblica; 
  Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri,  adottata  nella
riunione del 26 ottobre 2012; 
  Sulla proposta del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  del
Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplificazione; 
 
                                Emana 
                     il seguente decreto-legge: 
 
                               Art. 1 
 
  1.  Al  fine  di  dare  attuazione  alla   sentenza   della   Corte
Costituzionale n. 223 del 2012 e di salvaguardare  gli  obiettivi  di
finanza pubblica, l'articolo  12,  comma  10,  del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30
luglio 2010, n. 122, e' abrogato a decorrere dal 1° gennaio  2011.  I
trattamenti di fine servizio, comunque denominati, liquidati in  base
alla predetta disposizione prima della data di entrata in vigore  del
presente decreto sono  riliquidati  d'ufficio  entro  un  anno  dalla
predetta data ai sensi della disciplina vigente prima dell'entrata in
vigore del citato articolo 12, comma 10, e,  in  ogni  caso,  non  si
provvede al recupero a carico del dipendente  delle  eventuali  somme
gia' erogate in eccedenza. Ai maggiori oneri derivanti  dal  presente
comma valutati in 1 milione di euro per l'anno  2012,  7  milioni  di
euro per l'anno 2013, 13 milioni di euro per  l'anno  2014  e  in  20
milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, si provvede: 
    a)  quanto  a  1  milione  di  euro  per  l'anno  2012   mediante
corrispondente riduzione della dotazione  del  Fondo  per  interventi
strutturali di politica economica di cui all'articolo  10,  comma  5,
del  decreto-legge  29  novembre  2004,  n.  282,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307; 
    b) quanto a 7 milioni di euro per l'anno 2013, a 13  milioni  per
l'anno 2014 e a 20 milioni  annui  a  decorrere  dal  2015,  mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento  del  fondo  speciale  di
parte corrente iscritto, ai fini del  bilancio  triennale  2012-2014,
nell'ambito  del  programma  "Fondi  di  riserva  e  speciali"  della
missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero
dell'economia  e  delle  finanze  per   l'anno   2012,   allo   scopo
parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al  Ministero  del
lavoro e delle politiche sociali per 7 milioni  di  euro  per  l'anno
2013  e  l'accantonamento  relativo  al  Ministero   dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca per 20 milioni di euro  a  decorrere
dal 2014. 
  2. Il Ministro dell'economia e  delle  finanze  e'  autorizzato  ad
apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio. 
  3. I processi  pendenti  aventi  ad  oggetto  la  restituzione  del
contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per  cento
della base contributiva utile prevista dall'articolo 11 della legge 8
marzo 1968, n. 152, e dall'articolo 37 del testo  unico  delle  norme
sulle prestazioni previdenziali a  favore  dei  dipendenti  civili  e
militari  dello  Stato  di  cui  al  decreto  del  Presidente   della
Repubblica 29 dicembre 1973,  n.  1032,  si  estinguono  di  diritto;
l'estinzione e' dichiarata con decreto, anche d'ufficio; le  sentenze
eventualmente  emesse,  fatta  eccezione  per   quelle   passate   in
giudicato, restano prive di effetti. 

        
      
                               Art. 2 
 
  1. Il presente decreto entra  in  vigore  il  giorno  successivo  a
quello  della  sua  pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale   della
Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione
in legge. 
  Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare. 
    Dato a Roma, addi' 29 ottobre 2012 
 
                             NAPOLITANO 
 
                              Monti,  Presidente  del  Consiglio  dei
                              Ministri 
 
                              Grilli, Ministro dell'economia e  delle
                              finanze 
 
                              Patroni   Griffi,   Ministro   per   la
                              pubblica    amministrazione    e     la
                              semplificazione 
 
Visto, il Guardasigilli: Severino 

        
      

Tortona 2012:Le novità che interessano il C.d.S.

 Si segnala  qui la relazione dell’ottimo dott. Carmagnini

Raccolta materiale giornata di studio

Si segnala: Raccolta materiale giornata di studio - 11 ottobre 2012
Aggiornata al 25 Ottobre, 2012
Raccolta atti (formato pdf, 0.9Mb)
  • Avv. Alberto Polotti di Zumaglia - Vice Coordinatore Giudice di Pace  di Torino
    " Confronto tra il prima e il dopo: l'attuale situazione processuale in materia di opposizione alle sanzioni amministrative avanti il Giudice di Pace".
  • Dott. Paolo Accardi - Vice Prefetto della Prefettura di Torino
    " L'applicazione del sistema sanzionatorio amministrativo in materia di ricorsi al Codice della Strada" avanti il Prefetto.
  • Avv. Luigi Chiappero - Presidente Commissione scientifica Ordine degli Avvocati Studio Chiusano
    " L'esperienza dell' avvocato penalista nel nuovo processo sulle sanzioni amministrative".
  • Avv. Renato Ambrosio - Ambrosio e Commodo Studio legale Associato Torino
    " L'esperienza dell'avvocato civilista nel nuovo processo sulle sanzioni amministrative".
  • Dott. Marco Nigra- Giudice Tribunale di Torino
    " Riduzione e semplificazione dei riti: principi generali e controversie relative alle violazioni al Codice della Strada".
  • Avv. Pier Francesco Caniglia - Avvocato di Torino
    " Questioni applicative a casi affrontati  del nuovo processo sulle sanzioni amministrative ".
  • Dr. Luciano Marcon - Avvocato Comune di Torino
    "Il Funzionario delegato. Competenze e specialità della figura nell'ambito del nuovo processo sulle sanzioni amministrative".
Fonte:http://www.comune.torino.it/vigiliurbani/notizie/121025.shtml

Comunicato stampa PREMIO ANCI "MIGLIOR OPERAZIONE INVESTIGATIVA" ALLA POLIZIA MUNICIPALE DI TORINO

Alla Polizia municipale del capoluogo piemontese è andato uno dei premi Anci per la “Miglior operazione investigativa” svolta nel corso dell’ultimo anno. La consegna è avvenuta questa mattina a Bologna, nella giornata conclusiva della XXIX assemblea annuale dell’associazione che riunisce i comuni italiani, al termine della presentazione dell’annuale Rapporto nazionale sull’attività della Polizia municipale.
Un riconoscimento che è stato assegnato alla Polizia municipale torinese per l’individuazione e l’arresto dei due pirati della strada che a Torino, nel dicembre dello scorso anno, investirono in corso Peschiera con la loro auto il piccolo Alessandro Sgrò, causandone la morte e fuggendo dopo averlo travolto. I due furono trovati proprio grazie al lavoro svolto dal Nucleo investigativo scientifico e tecnologico (Nist) dei vigili urbani, in particolare dal vicecomandante Paola Loiacono e dal commissario Gianfranco Todesco. La loro attività investigativa permise, con l’ausilio della tecnologia, di rintracciarli e di assicurarli alla giustizia un mese e mezzo dopo l'incidente.
Presente alla cerimonia di consegna del premio, insieme al comandante Mauro Famigli, l’assessore alla Polizia municipale, Giuliana Tedesco, che non ha nascosto la propria soddisfazione per un riconoscimento che, ha sottolineato la responsabile delle politiche cittadine per la sicurezza, “conferma quanto alta sia professionalità dei nostri agenti e la loro capacità di sfruttare al meglio ciò che scienza e tecnologia mettono a disposizione dell’attività investigativa, con risultati spesso brillanti come ha dimostrato l’operazione che ha portato in breve tempo all’individuazione dei responsabili di quell’incidente stradale che, poco meno di un anno fa, spezzò una giovanissima vita”. (mge) 

L'Amministrazione deve sempre garantire la sicurezza, anche sui terreni ai lati della strada


Si fa seguito al post del 26 ottobre u.s.:L'Amministrazione deve sempre garantire la sicurezza, anche sui terreni ai lati della strada
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 settembre – 26 ottobre 2012, n. 18483

Svolgimento del processo
1. Con sentenza in data 23 settembre 2003 il Tribunale di Roma accolse la domanda proposta da F.D.A. e condannò l’Assitalia e l’Aras, ritenutane la concorrente responsabilità seppure a diverso titolo con riferimento al sinistro stradale di cui l’attore era stato vittima, al pagamento in solido di € 1.309.744,65 per danno biologico e patrimoniale e la sola Anas al pagamento dell’ulteriore somma di € 17.300,00 corrispondente al 50% del danno materiale.
2. Con sentenza in data 18 ottobre 2005-7 marzo 2006 la Corte d’Appello di Roma attribuì al D.A. il concorso nella causazione del sinistro pari al 30%, determinò in complessivi € 577.862,14 il risarcimento dovuto, respinse la domanda nei confronti dell’Anas.
La Corte territoriale osservò per quanto interessa: la presenza di sabbia sulla banchina stradale non costituiva una situazione di pericolo occulto e imprevedibile; il conducente rimasto ignoto aveva posto in essere una manovra imprudente e negligente, ma il D.A. procedeva a velocità sicuramente superiore al limite imposto dalla segnaletica stradale; il danno patrimoniale andava liquidato sulla base del triplo della pensione sociale in mancanza della dichiarazione dei redditi ai fini dell’imposta; non spettava il risarcimento dei danni subiti dall’autovettura di cui il D.A. era utilizzatore.
3. Avverso la suddetta sentenza F.D.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad otto motivi.
L’Anas ha resistito con controricorso, mentre l’Assitalia non ha espletato attività difensiva.
Il ricorrente ha presentato memoria.

Motivi della decisione
1.1. Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 d.l. 23 dicembre 1976, n. 357, convertito con legge 26 febbraio 1977, n. 39 e dell’art. 2697 c.c., nonché degli artt. 2056, 2057, 2059 c.c. e 24 Cost.
Si censura la Corte d’Appello per avere determinato il danno patrimoniale sulla base del criterio automatico del triplo della pensione sociale anziché del reddito effettivo che egli si era offerto di provare.
1.2. Il secondo motivo lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla conferenza e rilevanza delle prove documentali in atti, della prova testimoniale sul reddito e della rilevanza della invocata C.T.O. ai fini dell’accertamento dell’effettivo reddito, mezzi di prova e richiesta formulate nelle conclusioni dell’atto di appello.
1.3. Le due censure, che … le medesime questioni possono essere trattate congiuntamente, risultano infondate.
Il ricorrente si duole della negata ammissione delle prove richieste con l’atto di appello, ma non considera che l’accoglimento della relativa istanza era ostacolato dal divieto di nuove prove in appello sancito dal comma 3 dell’art. 345 c.p.c. D’altra parte non trascrive il testo delle prove richieste impedendo al giudice di legittimità, che non ha accesso diretto agli atti, di valutarne l’indispensabilità.
Occorre rilevare che, nello stabilire il criterio cui fare riferimento per la liquidazione del danno patrimoniale, la sentenza impugnata ha fatto leva sull’assenza di qualsiasi reddito di lavoro per gli anni successivi al 1994 e sino al 1998 l’epoca del sinistro e ha rilevato che l’indagine tecnica espletata in primo grado aveva avuto carattere meramente esplorativo ed era pervenuta a conclusioni non suffragate da elementi probatori obiettivi e certi.
Sia il quesito di diritto, sia il momento di sintesi, prescritti dall’art. 366-bis c.p.c. applicabile alla specie ratione temporis, prescindono dalla ratio decidendi della sentenza impugnata e dalla disciplina di cui all’art. 345 c.p.c.
2.1. Il terzo motivo denuncia appunto nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 345, comma 3 c.p.c. e dell’art. 24 Cost.
Lamenta la mancata ammissione di mezzi di prova non potuti produrre in precedenza trattandosi di documenti sequestrati dalla Guardia di Finanza e non in possesso del ricorrente.
2.2. Il quarto motivo adduce nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 345, comma 3 c.p.c. sulla mancata ammissione in appello di prove precostituite rappresentate da documenti che era stato impossibile produrre in primo grado e che risultavano indispensabili per la decisione.
2.3. Il quinto motivo lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione del fatto controverso e oggettivamente decisivo per il giudizio costituito dalla possibilità del ricorrente di produrre tempestivamente in giudizio i documenti relativi ai propri redditi di lavoro autonomo che non erano più nel suo possesso e nella sua disponibilità perché sequestrati dalla Guardia di Finanza.
2.4. Anche queste tre censure consentono trattazione comune. A dimostrazione anticipata della loro infondatezza è sufficiente richiamare quanto già detto in ordine alla mancata trascrizione dei documenti, in palese violazione dell’art. 366, n. 6 c.p.c.
Giova aggiungere che fin da Cass. Sez. Un. n. 8203 del 2005 è orientamento consolidato che, non riguardo alla produzione di nuovi documenti in grado di appello, l’art. 345, terzo comma, c.p.c. va interpretato nel senso che esso fissa sul piano generale il principio della inammissibilità di mezzi di prova ‘‘nuovi’’ - la cui ammissione, cioè, non sia stata richiesta in precedenza - e, quindi, anche delle produzioni documentali, indicando nello stesso tempo i limiti di tale regola, con il porre in via alternativa i requisiti che tali documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame: requisiti consistenti nella dimostrazione che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilità degli stessi per la decisione. Peraltro, nel rito ordinario, risultando il ruolo del giudice nell’inpulso del processo meno incisivo che nel rito del lavoro, l’ammissione di nuovi mezzi di prova ritenuti indispensabili non può comunque prescindere dalla richiesta delle parti.
Peraltro i motivi in esame contengono prospettazioni (il sequestro di documenti da parte della Guardia di Finanza) che non risultano trattate avanti alla Corte territoriale e che, comunque, sono agevolmente superabili in quanto fin dal giudizio di primo grado il ricorrente avrebbe potuto produrre copie rilasciate dall’autorità procedente per l’utilizzazione a fini processuali.
La indispensabilità di un mezzo di prova richiede una valutazione di merito che nella specie è stata effettuata, con esito negativo, dalla Corte d’Appello.
3.1. Il sesto motivo prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 2543 e 2051 c.c.
Si assume che la colpa dell’Anas deve considerarsi presunta salvo prova contraria a carico dell’ente convenuto.
3.2. La censura è fondata. E’ ormai superato da tempo l’orientamento giurisprudenziale, basato sull’art. 2043 c.c., è adottata anche dalla sentenza impugnata, che ravvisava la responsabilità dell’ente tenuto alla manutenzione della strada solo in presenza di una situazione di fatto inquadrabile nelle nozioni di insidia e di trabocchetto, la prova della cui esistenza gravava sul danneggiato e si è invece consolidato l’orientamento, fondato sull’art. 2051 c.c., secondo cui (Cass. sez. III, n. 23562 del 2011) è dovere primario dell’ente proprietario della strada (e dell’Anas, in relazione alle strade e autostrade che le sono affidate e in relazione alle quali esercita i diritti e i poteri attribuiti all’ente proprietario) garantirne la sicurezza mediante l’adozione delle opere e dei provvedimenti necessari. Ne consegue che sussiste la responsabilità di detto ente in relazione agli eventi lesivi occorsi al … del tratto stradale da controllare, anche nei casi in cui l’evento lesivo trovi origine nella cattiva ed omessa manutenzione dei terreni laterali alla strada, ancorché appartenenti a privati, atteso che è comunque obbligo dell’ente verificare che lo stato dei luoghi consenta la circolazione dei veicoli e dei pedoni in totale sicurezza.
3.3. La sentenza va, dunque, cassata sul punto e il giudizio di rinvio procederà al nuovo esame applicando il principio di diritto sopra enunciato.
4.1. Il settimo motivo (erroneamente indicato ancora come sesto) lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione del fatto controverso e oggettivamente decisivo per il giudizio costituito dall’asserito concorso di colpa dell’ing. D.A. nella produzione del sinistro.
4.2. La censura è inammissibile perché supportata da affermazioni generiche e implicanti valutazioni di merito.
5.1. L’ottavo motivo (erroneamente indicato come settimo) adduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione del fatto controverso e oggettivamente decisivo per il giudizio costituito dall’asserito concorso di colpa dell’ing. D.A. nella produzione del sinistro.
5.2. Anche questa censura tratta il tema della dinamica del sinistro e implica apprezzamento di fatto e valutazioni di merito non consentiti in sede di legittimità.
6. Conclusivamente, viene accolto il sesto motivo, mentre il ricorso va rigettato nel testo. Il giudice di rinvio, che si designa nella corte d’Appello di Roma, provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.
Accoglie il sesto motivo del ricorso, che rigetta nel resto. Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Tributi - Riscossione - Fermo amministrativo - Mancata notifica della cartella di pagamento - Illegittimità

CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 ottobre 2012, n. 18380
La CTR di Milano ha respinto l'appello di Equitalia Esatri e dell’Agenzia delle Entrate - appello proposto contro la sentenza n. 191/03/2006 della CTP di Varese che aveva accolto il ricorso del contribuente B. M. - ed ha così annullato il provvedimento di fermo di beni mobili registrati (notificato il 4.7.2006) adottato in relazione al mancato adempimento di numerose cartelle esattoriali, provvedimento impugnato sulla scorta dell'assunto che dette cartelle non erano mai state notificate e che perciò faceva difetto il titolo impositivo, essendosi prescritta la pretesa tributaria.

La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che - premessa la legittimazione passiva anche dell'Agenzia delle Entrate - il difetto di prova in ordine l'avvenuta notifica delle menzionate cartelle esattoriali aveva determinato la decadenza dell'Amministrazione dal diritto di riscuotere l'imposta, con incisione della stessa pretesa tributaria.

Equitalia ESATRI ha interposto ricorso per cassazione affidato unico motivo.

La parte contribuente si è costituita con controricorso.

Il ricorso - ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore - può essere definito ai sensi dell'art. 375 cpc.

Infatti, il motivo di censura proposto dalla ricorrente (con rubrica informata alla tipologia sia del vizio di diritto che del vizio di motivazione, ma sostanzialmente incardinato solo sul primo aspetto) appare inammissibile.

Esso contravviene al principio che questa Corte ha costantemente affermato secondo cui il vizio di violazione di legge non può essere identificato dalla mera enunciazione delle norme che si reclamano violate, ma deve consistere nella chiara identificazione della regula iuris che si assume erroneamente interpretata ed applicata (Sez. L, Sentenza n. 5024 del 08/04/2002), laddove nel motivo di impugnazione non si chiarisce debitamente quale specifico principio normativo consenta di ritenere legittimamente adottato un provvedimento di natura cautelare (quale il fermo amministrativo), in difetto del corretto espletamento della procedura esecutiva a garanzia della quale esso è adottato.

Contravviene inoltre al principio secondo cui le ragioni di gravame, per risultare idonee a contrastare la motivazione della sentenza, devono correlarsi con la stessa, in modo che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata siano contrapposte quelle dell'impugnante e dirette ad incrinarne il fondamento logico - giuridico. Ed è appena il caso di sottolineare che, se ciò non avviene, la censura deve essere ritenuta inammissibile per difetto della necessaria specificità.

Nel concreto, il quesito di diritto formulato dalla ricorrente si limita a postulare che il preavviso di fermo sia comunque legittimo, seppure non preceduto dalla notifica della cartella di pagamento, mentre non tiene conto del fatto che il nucleo logico della decisione impugnata consiste nel rilievo che l'omessa dimostrazione dell'avvenuta notifica delle cartelle implica l'accertamento della decadenza dal diritto alla riscossione, con implicita conseguenza della insussistenza di qualsivoglia titolo per l'adozione di provvedimenti di genere cautelare.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa che non induce a correzioni o integrazioni di quanto esposto nella relazione;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, (dando atto che la parte contro ricorrente si chiama Z. O. G. e non B. M. come - per lapsus calami - è detto nella relazione) condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato; che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in € 3.000,00 oltre accessori di legge ed oltre € 100,00 per esborsi.

I verbali per violazioni del codice della strada saranno notificati anche tramite la posta elettronica certificata?

Gira la notizia che dal 1° gennaio 2013 i verbali per violazioni del codice della strada saranno notificati anche tramite la posta elettronica certificata.
Addirittura il Comune di Torino aveva esternato tale possibilità nell'agosto del 2012 (vedi post).

A parere dello scrivente, tale possibilità è solo utopia dal momento che la sola approvazione del DECRETO-LEGGE 18 ottobre 2012, n. 179 (vedi post)  non è sufficiente a disciplinare una materia cosi' complessa qual' è il codice della strada.

Oltretutto, il predetto decreto prevede che:"Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e il Ministro delegato per l'innovazione tecnologica, sentita l'Agenzia per l'Italia digitale, sono definite le modalita' di comunicazione, variazione e cancellazione del proprio domicilio digitale da parte del cittadino, nonche' le modalita' di consultazione dell'ANPR da parte dei gestori o esercenti di pubblici servizi ai fini del reperimento del domicilio digitale dei propri utenti"

Forse, si dovrà attendere la Mini Riforma del CDS, di cui la commissione Trasporti ha ricevuto, alcuni giorni fà, il parere favorevole dalla Commissione Bilancio e che dovrebbe andare in commissione legislativa dopo il ponte dei Santi.

Ed anche se la Mini riforma dovesse andare in porto, entro 4 mesi dalla sua approvazione dovrà essere emanato un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti, dell’economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per stabilire le procedure per la notificazione dei verbali di accertamento delle violazioni del codice dellastrada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, tramite posta elettronica certificata nei confronti dei trasgressori abilitati all’utilizzo della posta medesima, escludendo l’addebito delle spese di notificazione a carico di questi ultimi (lo prevede l'art. 4  del C. 5361 VALDUCCI, non lo dico io).
Alcune considerazioni finali sono d'obbligo:
1)quanti saranno i cittadini autolesionisti che, a fronte di uno sconto sulle multe, vorranno facilitare il compito della notifica alla P.A. (fonte di ricorsi) per andare a pagare subito?(a Palermo  per es. si dice pagare e morire più tardi che si pò.... );
2)è normale, anche sul piano dell'uguaglianza costituzionale, che il C.d.S. nell'immediato futuro vada a prevedere la notifica sella sanzione tramite PEC ed invece non vada a prevedere le modalità di ricorso da parte del cittadino tramite PEC?
3)cosa succederà quando il destinatario della comunicazione non sarà in grado di accedere alla propria casella di posta in quanto assente (ad es. perché temporaneamente all’estero), ovvero per mancanza, inidoneità o assenza delle persone tenute a ricevere il messaggio per suo conto?
CHE DITE GLI FACCIAMO LA COMPIUTA GIACENZA?AHAHAHAHA

A mio avviso c'è ancora molto da fare prima che tale procedura diventi operativa, ma staremo a vedere.
Per trasparenza, allego uno stralcio dell'articolo che interessa la riforma e i precedenti post in materia.
Mario Serio




DECRETO-LEGGE 18 ottobre 2012, n. 179 Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese. (12G0201) (GU n.245 del 19-10-2012 - Suppl. Ordinario n. 194 )
note: Entrata in vigore del provvedimento: 20/10/2012

Art. 4 Domicilio digitale del cittadino 1. Dopo l'articolo 3 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e' inserito il seguente: «Art. 3-bis (Domicilio digitale del cittadino). - 1. Al fine di facilitare la comunicazione tra pubbliche amministrazioni e cittadini, e' facolta' di ogni cittadino indicare alla pubblica amministrazione, secondo le modalita' stabilite al comma 3, un proprio indirizzo di posta elettronica certificata, quale suo domicilio digitale. 2. L'indirizzo di cui al comma 1 e' inserito nell'Anagrafe nazionale della popolazione residente-ANPR e reso disponibile a tutte le pubbliche amministrazioni e ai gestori o esercenti di pubblici servizi. 3. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e il Ministro delegato per l'innovazione tecnologica, sentita l'Agenzia per l'Italia digitale, sono definite le modalita' di comunicazione, variazione e cancellazione del proprio domicilio digitale da parte del cittadino, nonche' le modalita' di consultazione dell'ANPR da parte dei gestori o esercenti di pubblici servizi ai fini del reperimento del domicilio digitale dei propri utenti. 4. A decorrere dal 1° gennaio 2013, salvo i casi in cui e' prevista dalla normativa vigente una diversa modalita' di comunicazione o di pubblicazione in via telematica, le amministrazioni pubbliche e i gestori o esercenti di pubblici servizi comunicano con il cittadino esclusivamente tramite il domicilio digitale dallo stesso dichiarato, anche ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, senza oneri di spedizione a suo carico. Ogni altra forma di comunicazione non puo' produrre effetti pregiudizievoli per il destinatario. 5. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.».
 Precedenti post del Blog Polizia Locale:

martedì 30 ottobre 2012

Pec obbligatoria per le ditte individuali iscritte al Regitro Imprese

Novità riguardanti la Pec sono contenute nel Decreto Legge 18/10/2012, n. 179, già pubblicato nella Gazzetta Ufficiale in data 19/10/12, "Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese", relativamente alle ditte individuali iscritte al Registro Imprese.

Il decreto estende anche alle ditte individuali l'obbligo di deposito dell'indirizzo pec presso il Registro Imprese, già previsto per le imprese in forma societaria. Tale obbligo sarà valido per tutte le nuove iscrizioni al registro imprese, a partire dal 20/10/12

1. L’obbligo di cui all’articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, come modificato dall’articolo 37 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, è esteso alle imprese individuali che si iscrivono al registro delle imprese o all’albo delle imprese artigiane successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Per quanto riguarda le imprese individuali già iscritte al Registro Imprese, l'obbligo di deposito scatterà a partire dal 31/12/2013.
2. Le imprese individuali attive e non soggette a procedura concorsuale, sono tenute a depositare, presso l’ufficio del registro delle imprese competente, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata entro il 31 dicembre 2013. L'ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un’impresa individuale che non ha iscritto il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, in luogo dell'irrogazione della sanzione prevista dall'articolo 2630 del codice civile, sospende la domanda per tre mesi, in attesa che essa sia integrata con l'indirizzo di posta elettronica certificata.

GIORNATA DI STUDIO PER LA POLIZIA LOCALE

IL COMANDO DI POLIZIA LOCALE DI TERNO D’ISOLA (BG) IN COLLABORAZIONE CON
L’ASSESSORATO ALLA SICUREZZA VENERDÌ 09/11/2012 C/O AUDITORIUM DEL  COMUNE DI TERNO D’ISOLA (BG) - VIA CASOLINI, 7 
 ORGANIZZA
GIORNATA DI STUDIO PER LA POLIZIA LOCALE
VENERDÌ 09/11/2012
C/O AUDITORIUM DEL COMUNE DI TERNO D’ISOLA (BG) - VIA CASOLINI, 7

Tra i moderatori ci sarà il Presidente dell'Associazione PL Bergamo, Claudio Modina.

Scarica qui la brochure e la scheda d'iscrizione


domenica 28 ottobre 2012

Nuove ricette: cosa devono fare medici e farmacisti

E’ stato segnalato al Ministero della salute che, anche presso gli operatori sanitari, permangono margini di incertezza sull’esatto ambito di applicazione delle nuove disposizioni sulla prescrizione dei farmaci contenute nel comma 11-bis dell’articolo 15 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, come modificato dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135 e su come tale disciplina si correli con quella recata dal comma 12 dell’articolo 11 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Al fine di fornire gli opportuni chiarimenti, si ritiene utile riportare preliminarmente, per chiarezza espositiva, il testo delle due previsioni di legge richiamate:
Articolo 15, comma 11-bis del decreto-legge n.95/2012 (testo risultante dalla legge di conversione):
11-bis. Il medico che curi un paziente, per la prima volta, per una patologia cronica, ovvero per un nuovo episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili piu' medicinali equivalenti, e' tenuto ad indicare nella ricetta del Servizio sanitario nazionale la sola denominazione del principio attivo contenuto nel farmaco. Il medico ha facolta' di indicare altresi' la denominazione di uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo; tale indicazione e' vincolante per il farmacista ove in essa sia inserita, corredata obbligatoriamente di una sintetica motivazione, la clausola di non sostituibilita' di cui all'articolo 11, comma 12, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Il farmacista comunque si attiene a quanto previsto dal menzionato articolo 11, comma 12.
Articolo 11, comma 12, del decreto-legge n. 1/2012 (testo risultante dalla legge di conversione):
12. Il medico, nel prescrivere un farmaco, e' tenuto, sulla base della sua specifica competenza professionale, ad informare il paziente dell'eventuale presenza in commercio di medicinali aventi uguale composizione in principi attivi, nonche' forma farmaceutica, via di somministrazione, modalita' di rilascio e dosaggio unitario uguali. Il farmacista, qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l'indicazione della non sostituibilita' del farmaco prescritto, dopo aver informato il cliente e salvo diversa richiesta di quest'ultimo, e' tenuto a fornire il medicinale prescritto quando nessun medicinale fra quelli indicati nel primo periodo del presente comma abbia prezzo piu' basso ovvero, in caso di esistenza in commercio di medicinali a minor prezzo rispetto a quello del medicinale prescritto, a fornire il medicinale avente prezzo piu' basso. All'articolo 11, comma 9, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nel secondo periodo, dopo le parole: "e' possibile" sono inserite le seguenti: "solo su espressa richiesta dell'assistito e". Al fine di razionalizzare il sistema distributivo del farmaco, anche a tutela della persona, nonche' al fine di rendere maggiormente efficiente la spesa farmaceutica pubblica, l'AIFA, con propria delibera da adottare entro il 31 dicembre 2012 e pubblicizzare adeguatamente anche sul sito istituzionale del Ministero della salute, revisiona le attuali modalita' di confezionamento dei farmaci a dispensazione territoriale per identificare confezioni ottimali, anche di tipo monodose, in funzione delle patologie da trattare. Conseguentemente, il medico nella propria prescrizione tiene conto delle diverse tipologie di confezione.

ADEMPIMENTI DEL MEDICO
A) Le nuove modalità prescrittive previste dal comma 11-bis dell’articolo 15 del decreto-legge n.95/2012 riguardano soltanto i casi in cui ricorrono entrambe le seguenti condizioni:
  • il paziente è curato per la prima volta per una patologia cronica o è curato per un nuovo episodio di patologia non cronica mediante l’impiego di un determinato principio attivo
  • esistono sul mercato più medicinali equivalenti a base del principio attivo scelto dal medico per il trattamento
Quando ricorrano queste condizioni, il medico DEVE prescrivere il medicinale mediante l’indicazione del suo principio attivo. In aggiunta a questa indicazione obbligatoria, il medico HA FACOLTA’ di indicare il nome di uno specifico medicinale a base di quel principio attivo (sia esso un medicinale “di marca” o un medicinale con denominazione generica, costituita dalla denominazione comune internazionale o scientifica, accompagnata dal marchio o dal nome del titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio).
Pertanto, nei casi sopra descritti, la ricetta risponde alle previsioni di legge se indica:
  • il solo principio attivo, ovvero
  • il principio attivo + il nome di un medicinale a base di tale principio attivo
Non è conforme a legge la ricetta che, nei casi descritti, indichi soltanto il nome di uno specifico medicinale.
B) Anche nei casi descritti nella lettera A il medico può rendere vincolante la prescrizione di uno specifico medicinale (che egli dovrà comunque scrivere in ricetta, per quanto detto, in aggiunta al principio attivo e mai da solo), quando lo ritenga non sostituibile per la cura del paziente, così come già previsto dall’articolo 11, comma 12, del decreto-legge n. 1/2012. In tale ipotesi, però, la clausola di non sostituibilità deve essere obbligatoriamente accompagnata da una sintetica motivazione. Tale motivazione non potrà in nessun caso fare riferimento alla presunta o dichiarata volontà del paziente né riferirsi, tautologicamente, a generiche valutazioni di ordine clinico o sanitario, ma dovrà, sia pur succintamente, indicare le specifiche e documentate ragioni che rendono necessaria la somministrazione al paziente di quel determinato medicinale, anziché di un altro ad esso equivalente (ad esempio, accertata intolleranza del paziente a determinate sostanze comprese fra gli eccipienti di altri medicinali a base dello stesso principio attivo). L’assenza della motivazione, così come la presenza di una motivazione inidonea, rende la ricetta non conforme a legge.
C) Nei casi diversi da quelli descritti alla lettera A (e cioè in tutti i casi in cui si debba continuare una terapia già in atto per il trattamento di una patologia cronica o non cronica), non trovano applicazione la disposizione dell’obbligatoria indicazione del principio attivo e le correlate disposizioni del comma 11-bis dell’articolo 15 del decreto-legge 95. In simili ipotesi, pertanto, il medico potrà prescrivere uno specifico medicinale. Naturalmente, anche in questo caso, pur in assenza di una puntuale previsione normativa al riguardo, egli potrà limitarsi a indicare il solo principio attivo, quando ritenga che questa modalità sia idonea al raggiungimento dello scopo terapeutico che intende perseguire: è del tutto evidente, infatti, che, alla luce dell’innovazione contenuta nel decreto-legge n. 95/2012, la prescrizione mediante indicazione del principio attivo non può considerarsi contra legem, quando utilizzata al di fuori dei casi in cui la stessa è prevista come obbligatoria.
Nelle ipotesi ora considerate, qualora, nel prescrivere uno specifico medicinale, intenda evitare, per specifiche e documentate ragioni di ordine clinico, che il paziente sia trattato con un medicinale diverso da quello da lui indicato, il medico potrà apporre la clausola di non sostituibilità, senza necessità di motivarla, conformemente a quanto già previsto dal decreto-legge n.1/2012.
D) Sia nei casi descritti alla lettera A sia in quelli a cui si riferisce la lettera C, il medico resta tenuto a informare il paziente della presenza in commercio di farmaci di uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali, come previsto dal primo periodo del comma 12 dell’articolo 11 del decreto-legge n. 1/2012.

ADEMPIMENTI DEL FARMACISTA
L’ultimo periodo del comma 11-bis dell’articolo 15 del decreto-legge n. 95/2012 specifica che, anche nelle ipotesi disciplinate da tale comma (e cioè quelle di primo trattamento di malattia cronica o di nuovo episodio di malattia non cronica per il quale sono disponibili più medicinali equivalenti) il farmacista deve attenersi a quanto indicato nell’articolo 11, comma 12, del decreto-legge n. 1/2012.
Il farmacista dovrà pertanto comportarsi nel modo seguente:
A) se nella prescrizione è indicato il solo principio attivo (oltre, ovviamente, a forma farmaceutica e dosaggio), il farmacista, dopo aver informato il cliente, dovrà consegnargli il medicinale avente il prezzo più basso (come già imposto dall’articolo 7 del decreto-legge n. 347/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 405/2001). Nel caso che più medicinali abbiano un prezzo corrispondente al prezzo più basso, il farmacista terrà conto dell’eventuale preferenza del paziente. Qualora quest’ultimo, invece, richieda espressamente un medicinale a prezzo più alto, il farmacista dovrà richiedere al paziente di corrispondere la somma pari alla differenza fra il prezzo del medicinale richiesto e quello del medicinale erogabile con onere a totale carico del Servizio sanitario nazionale
B) se nella prescrizione è indicato, oltre al principio attivo, la denominazione (“di marca” o generica) di uno specifico medicinale, il farmacista, qualora nella ricetta non risulti apposta dal medico la indicazione di non sostituibilità, è tenuto a fornire il medicinale prescritto quando nessun medicinale equivalente ha prezzo più basso; in caso di esistenza in commercio di medicinali a minor prezzo rispetto a quello del medicinale prescritto, il farmacista è tenuto a fornire il medicinale avente il prezzo più basso (o uno dei medicinali aventi il prezzo più basso), fatta salva l’eventuale espressa richiesta del paziente di ricevere comunque il farmaco prescritto dal medico, previo pagamento della differenza di prezzo
C) se nella prescrizione, oltre alla denominazione di un medicinale specifico, risulta apposta l’indicazione della non sostituibilità del medicinale (sia nella forma “semplice” utilizzabile per la prosecuzione di trattamenti in corso, sia nella forma corredata di sintetica motivazione, da utilizzare per i casi disciplinati dal comma 11-bis dell’articolo 15 del decreto-legge n. 95/2012), il farmacista dovrà chiedere al paziente, informandolo delle ragioni della richiesta, di corrispondere la somma pari alla differenza fra l’eventuale prezzo più alto del medicinale prescritto e quello del medicinale erogabile con onere a totale carico del Servizio sanitario nazionale.

La sospensione cautelare dal servizio del dipendente comunale rinviato a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro prescinde dalla possibilità di pervenire alla sanzione disciplinare del licenziamento

Nel procedimento in esame viene impugnata dal Comune la sentenza di primo grado che ha accolto il ricorso presentato da un dipendente comunale (il responsabile dell’ufficio tecnico), per l’annullamento della delibera di Giunta con la quale veniva disposta la sua sospensione cautelare dal servizio perché sottoposto a quattro procedimenti penali, uno dei quali sfociato nel rinvio a giudizio. Il Tribunale adito accoglieva il motivo nel quale era stata dedotta la violazione dell’art. 27, comma 2, del C.C.N.L. del 6 aprile 1995 per il comparto Enti locali, a causa della mancanza di motivazione in ordine alla possibilità di pervenire alla sanzione disciplinare del licenziamento. Nel presente appello il Comune soccombente chiede la riforma della sentenza, criticando la lettura data dal Giudice di primo grado alla citata previsione di C.C.N.L. e sostenendo che la prognosi sull’applicabilità della sanzione espulsiva non è imposta nel caso, come quello oggetto di giudizio, in cui i procedimenti penali concernono fatti "direttamente attinenti al rapporto di lavoro", ma la diversa ipotesi, parimenti contemplata dalla norma contrattuale, di fatti diversi, come evincibile dalla formulazione letterale della stessa ed in particolare dall’impiego della disgiuntiva "o". Il Consiglio di Stato ha accolto l'appello affermando che ha ragione l’amministrazione appellante a sostenere che nel caso di rinvio a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro il potere di sospensione cautelare è riconducibile al potere datoriale di autotutela durante il tempo occorrente alla definizione del procedimento penale su detti fatti, in funzione preventiva di possibili pregiudizi al regolare funzionamento del servizio ed al prestigio dell’amministrazione. Tale interpretazione è avvalorata dalla formulazione letterale, in cui le due ipotesi sono grammaticalmente distinte attraverso la disgiuntiva "o". (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.10.2012, n. 5354) 

Non è prevista la comunicazione di avvio del procedimento per gli atti sanzionatori

N. 05410/2012REG.PROV.COLL.
N. 03027/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3027 del 2009, proposto da:
Arcadipane Grazia e Cammarata Cataldo, rappresentati e difesi dagli avvocati Gemma Scalia e Leonardo Cattaneo, con domicilio eletto presso Gemma Scalia in Roma, viale delle Milizie 19;
contro
Provincia di Como, rappresentata e difeso dagli avvocati Guido Francesco Romanelli e Umberto Grella, con domicilio eletto presso Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria 5;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE IV n. 00114/2009, resa tra le parti, concernente SANZIONE AMMINISTRATIVA PER LAVORI DI DISBOSCAMENTO

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2012 il Consigliere Doris Durante;
Uditi per le parti gli avvocati Gemma Scalia e Umberto Grella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.- Arcadipane Grazia e Cammarata Cataldo con ricorso al TAR Lombardia – Milano, integrato da motivi aggiunti, impugnavano il provvedimento dirigenziale del 27 maggio 2008 (procollo n. 26796), con il quale la Provincia di Como – Settore Pianificazione Territoriale (Settore Aree Protette, Paesaggio e Reti Ecologiche) ordinava a Cammarata Cataldo, quale trasgressore ed esecutore materiale e ad Arcadipane Grazia, quale titolare dell’omonima azienda agricola e proprietaria dei terreni, il pagamento della somma di euro 6.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria ex art. 167 del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e il provvedimento n. 45304 della Provincia di Como, Settore Polizia Locale, avente ad oggetto l’ingiunzione di pagamento della somma di euro 10.015,00 a titolo di sanzione pecuniaria, per i fatti accertati con il verbale del 22 giugno 2005.
In entrambi i provvedimenti si richiamava il verbale redatto dal Corpo Forestale dello Stato in seguito ad accesso degli agenti sui terreni di proprietà dell’azienda in data 22 giugno 2005.
2.- Il TAR Lombardia accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo l’importo delle sanzioni irrogate alla complessiva somma di euro 11.000,00 avendo ravvisato nella fattispecie un concorso formale di illeciti, applicando di conseguenza la previsione di cui all’art. 8, comma 1 della l. n. 689 del 1981 sull’illecito continuato.
3.- I ricorrenti, con l’atto in esame, hanno impugnato la suddetta sentenza di cui chiedono l’annullamento o la riforma alla stregua dei seguenti motivi:
1) illegittimità della sentenza per insussistenza del presupposto per l’applicazione della sanzione, in quanto la zona interessata dall’intervento edilizio (mappale n. 1755) sarebbe qualificata come area a prato e non come area boschiva. Il TAR non avrebbe valutato tale circostanza, aderendo alla prospettazione della Provincia, secondo la quale la parte delimitata dalla recinzione di cantiere sarebbe da ritenersi boscata per la presenza di polloni di robinia di anni uno. Le robinie, affermano gli appellanti, sono piante che crescono nelle aree incolte e quindi, sarebbero spontaneamente cresciute nell’area delimitata dalla recinzione del cantiere, essendo stata eliminata la copertura d’erba per l’esecuzione dei lavori, ma non per questo l’area potrebbe considerarsi boschiva;
2) erroneamente il TAR non avrebbe valutato che l’autorizzazione paesaggistica non era necessaria non trattandosi di area boscata e che comunque avrebbe dovuto essere richiesta nel procedimento per il rilascio del permesso di costruire;
3) il TAR non avrebbe adeguatamente valutato la censura relativa all’illegittima duplicazione delle sanzioni per uno stesso fatto e da parte dello stesso soggetto; la dedotta incompetenza della Polizia Locale, cui competono compiti di sorveglianza, ad irrogare sanzioni e deciderne l’importo; la contraddittorietà tra il provvedimento della Polizia Locale che richiedeva la sanatoria forestale, sanzionandone la mancanza con l’emissione di ordinanza di ripristino, e il provvedimento dirigenziale del Settore Pianificazione Territoriale che aveva escluso l’opportunità di interventi di ripristino dello stato dei luoghi ;
4) il TAR, erroneamente, non avrebbe apprezzato la dedotta violazione del procedimento da parte della Polizia Locale che non avrebbe nemmeno dato comunicazione di avvio del procedimento.
4.- Si è costituita in giudizio la Provincia di Como che ha proposto anche appello incidentale per la riforma della sentenza n. 114 del 2009, nella parte in cui, pur riconoscendo la sussistenza di due autonome violazioni e quindi la legittimità delle due distinte sanzioni, ha ritenuto sussistente la fattispecie del concorso formale di illeciti e ha ridotto l’entità della sanzione, invece di disporre il cumulo.
5.- Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica.
In particolare i ricorrenti hanno illustrato le censure dedotte chiedendo l’accoglimento dell’appello.
La Provincia di Como ha eccepito la carenza di interesse e l’inammissibilità dell’appello, avendo gli appellanti presentato richiesta di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del d. lgs. n. 42 del 2004, avente ad oggetto l’area (mappale 1775) individuata nel verbale del Corpo Forestale dello Stato del 22 agosto 2005; hanno insistito sull’inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione del verbale del 22 agosto 2005.
Alla pubblica udienza del 24 aprile 2012, il giudizio è stato assunto in decisione.
5.- Si può prescindere dall’esame delle eccezioni in rito sollevate dalla difesa della Provincia, essendo l’appello principale infondato nel merito.
5.1- Tuttavia, per mera completezza va osservato che la presentazione da parte degli appellanti dell’istanza di compatibilità paesistica in sanatoria non fa venir meno l’interesse alla decisione del ricorso, né il titolo in sanatoria dai medesimi ottenuto è idoneo a definire il giudizio per cessazione della materia del contendere, ben potendo residuare un’azione di danni, ove venga accertata l’illegittimità del comportamento dell’amministrazione.
Peraltro, la sanatoria in materia urbanistica ha il mero effetto di definire la controversia amministrativa e precludere gli effetti ripristinatori, ma salvo che la legge non disponga diversamente, non esplica effetti interruttivi o estintivi dei giudizi pendenti relativi ai fatti o atti oggetto della sanatoria.
5.2- Ugualmente infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado sollevata dalla difesa della Provincia, respinta dal giudice di primo grado e riproposta in questo giudizio, in relazione all’omessa impugnazione del verbale di accertamento del Corpo Forestale dello Stato del 22 agosto 2005, atto che costituisce il presupposto dei successivi provvedimenti sanzionatori adottati dalla Provincia.
Come rilevato dal TAR non esiste alcun rapporto di pregiudizialità logica tra il verbale e le ordinanze – ingiunzioni di pagamento, oggetto di gravame.
Il verbale dell’organo accertatore ha quale destinatario l’amministrazione competente ad irrogare la sanzione perché valuti la sussistenza dei presupposti per emanare l’ordinanza ingiunzione e graduare la misura della sanzione.
In limine esso integra la comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio e consente una rapida definizione in misura ridotta delle sanzioni, ove l’interessato non ne contesti il contenuto.
6.- Passando all’esame delle censure dedotte con l’appello principale, si osserva quanto segue.
6.1- Assumono gli appellanti che nell’area interessata dalla edificazione, mappale n. 1755, non era presente alcuna zona a bosco e che essa è qualificata come zona a prato (tanto risulterebbe dall’attestazioni del 21 febbraio 2006 della stessa Provincia di Como).
L’assunto non può essere condiviso.
La nozione di territorio coperto da bosco nella legislazione paesaggistica ed in particolare nella legge n. 431 del 1985 ora inserita nel testo del d. lgs. n. 490 del 1999, deve essere ricavata non solo in senso naturalistico ma anche normativo, riferendosi a provvedimenti legislativi, nazionali e regionali, ed ad atti amministrativi generali o particolari, sicché non è possibile adottare, alla luce della "ratio" della legge n. 431 del 1985, una concezione quantitativa e restrittiva di bosco, dovendosi includere anche le aree limitrofe che servono per la salvaguardia e l'ampliamento, attesa la significativa differenza tra bosco e territorio coperto da bosco, che implica un elemento tipizzante quella zona (Cassazione penale, sez. III, 9 giugno1994, n. 7556).
Peraltro, l’adozione da parte del legislatore della formula "territori coperti da foreste e boschi", in luogo di quella prevista dal d.m. 1° settembre 1984, che sottoponeva a generalizzato vincolo paesaggistico "i boschi e le foreste", implica il riferimento ad una nozione normativa di bosco che non è circoscritta ai soli terreni boscati, ma ad un elemento tipizzante il territorio che non può essere ricoperto da alberi e può servire per salvaguardare il bosco.
In altri termini, il concetto di bosco è da intendersi a livello eco - sistemico, non solo quale formazione vegetale ma quale insieme di elementi biotici, abiotici e paesaggistici che ne connotano il proprio essere peculiare.
Ne consegue che la presenza di essenze arboree e floreali formatesi spontaneamente dimostra la naturale vocazione del terreno a bosco, peraltro normale nei terreni limitrofi ai boschi, allorché venga dissodato il terreno e tolto il manto erboso, come è avvenuto nel caso in esame, in cui è stato effettuato lo scavo propedeutico alla edificazione del fabbricato rurale.
6.2- In tale prospettiva perde rilievo anche la censura con la quale si imputa al Corpo Forestale dello Stato di aver qualificato l’area come boschiva.
Il Corpo Forestale ha solamente svolto la sua funzione di accertare e descrivere i fatti avvenuti, cioè il taglio di alcune essenze arboree e floreali senza la prescritta autorizzazione in zona boschiva.
Peraltro, la circostanza che l’area di cui trattasi fosse stata invasa dalle robinie dopo lo scavo che aveva tolto il manto erboso non è contestata; la contestazione riguarda la necessità del parere paesaggistico in relazione all’asserita destinazione dell’area a prato e dell’occasionalità della crescita delle essenze arboree.
Infatti, il provvedimento dirigenziale del 27 maggio 2008 (procollo n. 26796), del Settore Pianificazione Territoriale (Settore Aree Protette, Paesaggio e Reti Ecologiche) applicava la sanzione per aver eseguito in assenza di autorizzazione paesaggistica “lavori di disboscamento finalizzati alla costruzione di un fabbricato ad uso agricolo… attuati mediante l’eliminazione di giovani polloni di robinia dell’età di anni uno ed all’eliminazione delle ceppaie su una superficie di 600 metri quadrati in località Campo Amà del Comune di Gironico su parte del mappale 1755 governato a bosco ceduo
Tale doglianza non può trovare accoglimento perché, come detto sopra, al di là di ogni dissertazione sulla definizione di bosco e di territorio boschivo, la prossimità dell’area interessata dall’intervento edilizio a zona boschiva imponeva l’autorizzazione paesaggistica ex art. 167 del d. lgs. n. 42 del 2007 e l’autorizzazione al taglio delle essenze arboree.
6.3- Assumono gli appellanti che era onere del Comune che ha rilasciato il permesso di costruire richiedere l’autorizzazione paesaggistica e che non è stata richiesta proprio perché mancava il vincolo a bosco.
La doglianza non coglie nel segno.
E’, infatti, onere di chi intende edificare in zona soggetta a vincolo richiedere all’amministrazione preposta alla tutela del vincolo il parere o nulla osta.
Non può, pertanto, essere imputato al Comune che ha rilasciato il titolo a costruire la responsabilità per non aver chiesto il parere o nulla osta dell’autorità preposta alla tutela del paesaggio.
Quanto al potere di verifica della compatibilità paesaggistica delle opere esso è autonomo rispetto a quello riguardante il controllo edilizio – urbanistico.
Nella Regione Lombardia, peraltro, le distinte funzioni sono attribuite ad amministrazioni diverse, precisamente la tutela paesaggistica è affidata alla Provincia, mentre quella urbanistica ed edilizia spetta al Comune, sicché la verifica della compatibilità paesaggistica non poteva essere richiesta al Comune.
In conclusione, la circostanza che i ricorrenti disponessero di permesso di costruire e che in forza di tale titolo abbiano effettuato le operazioni di taglio di arbusti, non esclude la configurabilità della violazione in materia paesaggistica.
6.4- In ordine all’asserita duplicazione delle ordinanze ingiunzioni, in quanto si fondano sulla stessa violazione accertata dal Corpo Forestale dello Stato, come rilevato dal giudice di primo grado, la duplicazione non sussiste poiché le norme violate sono tra loro in rapporto di specialità con conseguente concorso apparente di norme, poiché tutelano distinti beni giuridici non sovrapponibili tra loro.
La materia della tutela delle zone boscate e dell’ecosistema forestale è disciplinato a livello statale dal RD n. 3267 del 1923 e dal d. lgs. n. 227 del 2001 ed a livello regionale dalla l. regionale n. 27 del 2004.
Le citate disposizioni normative sono preposte alla cura di un interesse pubblico del tutto differente e distinto dalla tutela e valorizzazione del paesaggio e dell’ambiente tutelato da un altro corpo normativo: art. 734 c.p.; d. lgs. n. 42 del 2004; d. lgs. n. 152 del 2006; art. 80 e segg. della l. reg. Lombardia n. 13 del 2005.
In caso di costruzione in zona sottoposta a vincolo paesistico e a vincolo forestale occorrono l’autorizzazione forestale al mutamento di destinazione d’uso da foresta a zona antropizzata da parte dell’ente preposta alla tutela boschiva, nel caso la Provincia di Como e l’autorizzazione paesaggistica da parte dell’ente preposto alla tutela paesaggistica, nel caso ugualmente la Provincia di Como, oltre naturalmente al permesso di costruire di competenza del Comune.
Né può trarre in inganno il fatto che l’autorizzazione paesaggistica e quella forestale siano di competenza dello stesso ente, atteso che vengono rilasciate a seguito di due diversi procedimenti, essendo diverse le finalità della tutela.
La realizzazione di qualunque opera in assenza della prescritta autorizzazione forestale costituisce un illecito amministrativo sanzionato dagli artt. 4 e 23 della l. reg. n. 27 del 2004.
In particolare, l’art. 23 della l. reg. citata stabilisce che la sanzione pecuniaria sia sempre dovuta per il fatto di aver eseguito opere in assenza di autorizzazione (illecito formale) ed in caso di mancato ottenimento o mancata richiesta di autorizzazione in sanatoria, il ripristino dello stato dei luoghi.
Appare evidente a tal punto l’equivoco in cui sono incorsi gli appellanti che hanno ritenuto che l’amministrazione provinciale abbia proceduto ad emanare due sanzioni per uno stesso fatto, senza considerare che con lo stesso fatto erano stati commessi due distinti illeciti amministrativi.
6.5- Gli appellanti a sostegno del gravame adducono anche un vizio di intima contraddittorietà tra il provvedimento della Polizia Locale che richiederebbe la sanatoria forestale, sanzionandone la mancanza con l’emissione di ordinanza di ripristino, nel mentre il Dirigente del Settore Pianificazione della Provincia di Como aveva già escluso l’opportunità di interventi di ripristino dello stato dei luoghi, ritenendo che l’erogazione di una sanzione pecuniaria avrebbe consentito di effettuare in via sostitutiva opere di riqualificazione boschiva di valore paesaggistico e ambientale superiore all’azione di ripristino in loco, dato il carattere fortemente invasivo della robinia, consentendo una più efficace salvaguardia dei livelli di valore paesaggistico e biodiversità del territorio.
La censura è infondata.
La sanzione ripristinatoria nella materia della tutela del bosco prescinde dal danno ambientale ed è dovuta per il solo fatto dell’eliminazione di una parte di bosco (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 giugno 2000, n. 3184).
Essa è prevista dalla legge, oltre ed a prescindere da quella pecuniaria, sempre e comunque dovuta.
Né vi è, quindi, alcuna contraddizione tra quanto valutato dal settore ambiente in ordine alla opportunità del ripristino dello stato dei luoghi e l’obbligo di ripristino dei luoghi in mancanza di sanatoria nella fattispecie di danno ambientale per eliminazione di essenze arboree.
6.6- In ordine alla dedotta violazione della l. n. 241 del 1990, per omessa comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio da parte della Polizia locale, a parte il fatto che gli appellanti erano a conoscenza del sopralluogo da parte della polizia forestale, svoltosi alla presenza di uno di essi e che hanno partecipato al procedimento, avendo presentato scritti difensivi, va considerato che non è prevista la comunicazione di avvio del procedimento per gli atti sanzionatori (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1°ottobre 2007, n. 5050).
6.7- Non ha pregio la censura di incompetenza del Comandante della Polizia provinciale ad emettere l’ordinanza ingiunzione, atteso che il Regolamento della Polizia della Provincia di Como attribuisce al Comandante il potere di adottare tale tipo di provvedimenti, avendogli attribuito la potestà sanzionatoria in materia ambientale. Peraltro, il Regolamento non risulta nemmeno impugnato in parte qua, il che rende oltre che infondata, anche inammissibile, la censura.
Per quanto esposto, attesa l’infondatezza delle censure, l’appello principale deve essere respinto.
7.- Va ora esaminato l’appello incidentale spiegato dalla Provincia di Como per la riforma della sentenza nella parte in cui, pur riconoscendo la sussistenza di due autonome violazioni e quindi la legittimità delle due distinte ordinanze impugnate, ha ritenuto sussistente la fattispecie del concorso formale di illeciti ex art. 8, comma 1, l. n. 689 del 1981 e, quindi, ha ridotto l’entità della sanzione.
7.1- A sostegno del gravame, la Provincia deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della l. n. 689 del 1981.
Secondo la Provincia non sussisterebbe la fattispecie del concorso apparente di norme di cui all’art. 8, comma 1, l. citata laddove trattasi, come nella specie, di illeciti diversamente qualificabili: formale quello paesaggistico, sostanziale quello boschivo e il potere sanzionatorio è affidato alla competenza di enti diversi, oltre a difficoltà pratiche in mancanza di criteri normativi per la determinazione delle sanzioni.
Aggiunge la Provincia che la peculiarità della materia forestale, dove pare corretto distinguere i casi di modifica del bosco caratterizzati dal mero illecito formale di esecuzione del taglio senza previo titolo, ma senza alcun danno sostanziale all’ambito tutelato (illecito formale) dai casi in cui, l’azione di disboscamento non solo difetti del titolo, ma abbia anche prodotto un danno sostanziale all’ecosistema boschivo (illecito sostanziale), come nel caso, in cui sarebbero venuti meno 600 metri quadri di bosco per fare spazio ad alcune edificazioni agricole.
In questo caso sarebbe invocabile la fattispecie del c.d. illecito continuato di cui all’art. 8, comma 2, l. n. 689 del 1981, con il regime del cumulo delle sanzioni.
7.2- L’assunto della Provincia non è condivisibile.
L’art. 8, comma 1, della l. n. 689 del 1981 stabilisce che “Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con una azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative e commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo”.
La norma di portata generale non consente alcun distinguo tra illeciti formali o sostanziali.
Il divieto di cumulo di sanzioni per il caso di più illeciti commessi con un’unica azione o un unico disegno criminoso prescinde dalla valutazione del tipo di reato e delle diverse autorità cui spetta il potere sanzionatorio, essendo una disposizione a favore del reo, onde mitigare l’effetto sanzionatorio dell’azione delittuosa che contestualmente abbia causato più violazioni distintamente tutelate.
La regola dettata dall’art. 8 della l. n. 689 del 1981 è conforme a principi di civiltà giuridica, sicché la sua applicazione non può essere esclusa da difficoltà pratiche, quali la mancanza di criteri normativi per la determinazione delle sanzioni.
Ben può valutarsi in concreto quale sia la sanzione più grave applicata dall’amministrazione ed applicare successivamente il correttivo dell’aumento del triplo.
Nel caso, come correttamente rilevato dal TAR, essendo stata parametrata la sanzione in materia paesaggistica ai criteri fissati dall’art. 23 della l. reg. n. 27 del 2004 che sanzionano gli illeciti forestali, applicati anche dal Dirigente di Polizia locale, v’era equivalenza delle sanzioni e, quindi era di semplice applicazione il criterio indicato dall’art. 8, comma 1, della l. n. 689 del 1981.
Per quanto esposto l’appello incidentale deve essere respinto.
8.- In conclusione devono essere respinti sia l’appello principale che l’appello incidentale.
Le spese di giudizio vanno di conseguenza compensate tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l 'appello principale e l’appello incidentale e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
 

 

L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)