L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato la
circolare n. 5 del 19 febbraio 2018,
con la quale fornisce indicazioni operative in ordine alle
problematiche inerenti l’installazione e l’utilizzazione di impianti
audiovisivi e di altri strumenti di controllo, ai sensi dell’art. 4
della
legge n. 300/1970.
In particolare, l’Ispettorato ha innovato – rispetto al passato – su
alcuni aspetti legati agli strumenti di controllo che l’azienda può
attivare:
- Possibilità di inquadrare direttamente l’operatore qualora vi siano ragioni giustificatrici legate alla “sicurezza del lavoro” o al “patrimonio aziendale”);
- Possibilità di non indicare l’esatta posizione ed il numero delle telecamere da installare;
- Tracciabilità dell’accesso alle immagini registrate attraverso un “log di accesso”
per un congruo periodo, non inferiore a 6 mesi. Su questa base, non
andrà più previsto l’utilizzo del sistema della “doppia chiave fisica o
logica”;
- Non richiesta l’autorizzazione in caso di installazione di telecamere in zone esterne
estranee alle pertinenze della ditta (es. il suolo pubblico, anche se
antistante alle zone di ingresso all’azienda), nelle quali non è
prestata attività lavorativa.
- Possibile attivazione del riconoscimento biometrico, qualora installato per motivi di sicurezza, senza la richiesta autorizzatoria all’Ispettorato del Lavoro.
Istruttoria delle istanze presentate
L’istruttoria può essere effettuata anche da personale ispettivo
ordinario o amministrativo e, solo in casi assolutamente eccezionali
comportanti valutazioni tecniche di particolare complessità, anche al
personale ispettivo tecnico.
L’oggetto dell’attività valutativa, infatti, va concentrata sulla
effettiva sussistenza delle ragioni legittimanti l’adozione del
provvedimento, tenendo presente in particolare la specifica finalità per
la quale viene richiesta la singola autorizzazione e cioè le ragioni organizzative e produttive, quelle di sicurezza sul lavoro e quelle di tutela del patrimonio aziendale.
Conseguentemente, le eventuali condizioni poste all’utilizzo delle varie strumentazioni utilizzate devono essere necessariamente correlate alla specifica finalità individuata nell’istanza senza, però, particolari ulteriori limitazioni di carattere tecnico.
L’eventuale ripresa dei lavoratori, di norma, dovrebbe
avvenire in via incidentale e con carattere di occasionalità ma nulla
impedisce, se sussistono le ragioni giustificatrici del controllo (ad esempio tutela della “sicurezza del lavoro” o del “patrimonio aziendale”), di inquadrare direttamente l’operatore,
senza introdurre condizioni quali, per esempio, “l’angolo di ripresa”
della telecamera oppure “l’oscuramento del volto del lavoratore”.
Parimenti, sempre in tema di videosorveglianza, non appare fondamentale specificare il posizionamento predeterminato e l’esatto numero delle telecamere da installare fermo restando, comunque, che le riprese effettuate devono necessariamente essere coerenti e strettamente connesse con le ragioni legittimanti il controllo e
dichiarate nell’istanza, ragioni la cui effettiva sussistenza va sempre
verificata in sede di eventuale accertamento ispettivo. Ciò in quanto
lo stato dei luoghi e il posizionamento delle merci o degli impianti
produttivi è spesso oggetto di continue modificazioni nel corso del
tempo (si pensi ad esempio alla rotazione delle merci nelle strutture
della grande distribuzione) e pertanto rendono scarsamente utile
una analitica istruttoria basata su planimetrie che nel corso del breve
periodo non sono assolutamente rappresentative del contesto lavorativo.
Del resto, un provvedimento autorizzativo basato sulle esibizione di
una documentazione che “fotografa” lo stato dei luoghi in un determinato
momento storico rischierebbe di perdere efficacia nel momento stesso in
cui tale “stato” venga modificato per varie esigenze, con la
conseguente necessità di un aggiornamento periodico dello specifico
provvedimento autorizzativo, pur in presenza delle medesime ragioni
legittimanti l’installazione degli strumenti di controllo.
Da ultimo va precisato che il provvedimento autorizzativo viene
rilasciato sulla base delle specifiche ragioni dichiarate dall’istante
in sede di richiesta. L’attività di controllo, pertanto, è legittima se strettamente funzionale alla tutela dell’interesse dichiarato,
interesse che non può essere modificato nel corso del tempo nemmeno se
vengano invocate le altre ragioni legittimanti il controllo stesso ma
non dichiarate nell’istanza di autorizzazione.
Gli eventuali controlli ispettivi successivi al rilascio del
provvedimento autorizzativo, pertanto, dovranno innanzitutto verificare
che le modalità di utilizzo degli strumenti di controllo siano
assolutamente conformi e coerenti con le finalità dichiarate.
Tutela del patrimonio aziendale
Fra le ragioni giustificatrici del controllo a distanza dei
lavoratori l’elemento di novità introdotto dalla più recente normativa è
rappresentato dalla tutela del patrimonio aziendale che in precedenza veniva considerato come unico criterio legittimante delle visite personali di controllo.
Tale presupposto necessita però di una attenta valutazione in quanto
l’ampiezza della nozione di “patrimonio aziendale” rischia di non
trovare una adeguata delimitazione e, conseguentemente, non fungere da
“idoneo filtro” alla ammissibilità delle richieste di autorizzazione.
In primo luogo va chiarito che tale problematica non si pone per le richieste che riguardano dispositivi collegati ad impianti di antifurto che
tutelano il patrimonio aziendale in quanto tali dispositivi, entrando
in funzione soltanto quando in azienda non sono presenti lavoratori, non
consentono alcuna forma di controllo incidentale degli stessi e
pertanto possono essere autorizzati secondo le modalità di cui alla nota
n. 299 del 28 novembre 2017.
Diversa invece è l’ipotesi in cui la richiesta di installazione
riguardi dispositivi operanti in presenza del personale aziendale, in
quanto in tal caso la generica motivazione di “tutela del patrimonio” va
necessariamente declinata per non vanificare le finalità poste alla
base della disciplina normativa.
In tali fattispecie, come ricorda il garante della privacy, i
principi di legittimità e determinatezza del fine perseguito, nonché
della sua proporzionalità, correttezza e non eccedenza, impongono una gradualità nell’ampiezza e tipologia del monitoraggio,
che rende assolutamente residuali i controlli più invasivi,
legittimandoli solo a fronte della rilevazione di specifiche anomalie e
comunque all’esito dell’esperimento di misure preventive meno limitative
dei diritti dei lavoratori.
Inoltre, tra gli elementi che devono essere tenuti presenti nella
comparazione dei contrapposti interessi, non possono non rientrare anche
quelli relativi all’intrinseco valore e alla agevole asportabilità dei
beni costituendi il patrimonio aziendale.
Telecamere
Ove sussistano le ragioni giustificatrici del provvedimento, è
autorizzabile da postazione remota sia la visione delle immagini “in
tempo reale” che registrate.
Tuttavia, l’accesso da postazione remota alle immagini “in tempo
reale” deve essere autorizzato solo in casi eccezionali debitamente
motivati.
L’accesso alle immagini registrate, sia da remoto che “in
loco”, deve essere necessariamente tracciato anche tramite apposite
funzionalità che consentano la conservazione dei “log di accesso” per un
congruo periodo, non inferiore a 6 mesi; pertanto non va più posta più
come condizione, nell’ambito del provvedimento autorizzativo, l’utilizzo
del sistema della “doppia chiave fisica o logica”.
Quanto invece al “perimetro” spaziale di applicazione della
disciplina in esame, l’orientamento giurisprudenziale tende ad
identificare come luoghi soggetti alla normativa in questione anche
quelli esterni dove venga svolta attività lavorativa in modo saltuario o
occasionale (ad es. zone di carico e scarico merci). La Corte di
Cassazione penale (sent. n. 1490/1986) afferma infatti che
l’installazione di una telecamera diretta verso il luogo di lavoro dei
propri dipendenti o su spazi dove essi hanno accesso anche
occasionalmente, deve essere preventivamente autorizzata da uno
specifico accordo con le organizzazioni sindacali ovvero da un
provvedimento dell’Ispettorato del lavoro.
Sarebbero invece da escludere dall’applicazione della norma quelle
zone esterne estranee alle pertinenze della ditta, come ad es. il suolo
pubblico, anche se antistante alle zone di ingresso all’azienda, nelle
quali non è prestata attività lavorativa.
Dati biometrici
Il riconoscimento biometrico, installato sulle macchine con lo scopo
di impedire l’utilizzo della macchina a soggetti non autorizzati,
necessario per avviare il funzionamento della stessa, può essere considerato uno strumento indispensabile a “…rendere la prestazione lavorativa…” e
pertanto si possa prescindere, ai sensi del comma 2 dell’art. 4 della
L. n. 300/1970, sia dall’accordo con le rappresentanze sindacali sia dal
procedimento amministrativo di carattere autorizzativo previsto dalla
legge.
Fonte: Ispettorato Nazionale del Lavoro