domenica 24 luglio 2011

Cassazione: vanno condannati imprenditore e direttore dei lavori se non sono segnalati lavori in corso

 Con la sentenza n. 29156 depositata il 21 luglio 2011, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna ai danni di un imprenditore e del direttore dei lavori per non aver segnalato i lavori in corso.

Cassazione Penale, Sez. 1, 21 luglio 2011, n. 29156 - Omessa segnaletica e danneggiamento di un veicolo in sosta 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. Severo Chieffi - Presidente -
Dott. Luigi Pietro Caiazzo - Consigliere-
Dott. Angela Tardio - Consigliere -
Dott. Aldo Cavallo - Rel. Consigliere -
Dott. Piera Maria Severina Caprioglio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Br. GIANCARLO N. IL 27/01/1956
2) Ar. MASSIMO N. IL 07/12/1961

avverso la sentenza n. 958/2009 TRIBUNALE di ANCONA, del 21/07/2009

visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/02/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giovanni D'Angelo, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
Udito per la parte civile, l'Avv. ...
Uditi i difensori Avv.




Fatto


1. - Con sentenza deliberata il 21 gennaio 2009 il Tribunale di Ancona dichiarava Br. Giancarlo, legale rappresentante della società "Br. s.r.l." - impresa esecutrice dei lavori di manutenzione straordinaria in corso di svolgimento in un centro commerciale sito in Falconara Marittima - ed Ar. Massimo, direttore dei suddetti lavori, colpevoli del reato previsto e punito dagli artt. 110 e 673 cod. proc. pen., commesso in Falconara il 14 novembre 2006, ad essi contestato per avere, nelle rispettive qualità, omesso di collocare «segnali e/o ripari prescritti dalla legge e dall'Autorità per impedire pericoli alle persone in luogo di pubblico transito» e segnatamente di aver omesso di collocare segnaletica atta a delimitare l'area in cui svolgevano lavori con mezzi pesanti (sollevatore idraulico), che si ribaltava danneggiando un veicolo in sosta, e concesse ad entrambi gli imputati le attenuanti generiche, li condannava ciascuno alla pena di € 400,00 (quattrocento) di ammenda, con il beneficio della sospensione condizionale della pena.
1.1 - Nella motivazione il Tribunale riteneva provata la responsabilità dei due imputati, valorizzando in particolare le dichiarazioni rese dal teste C. Claudio della Polizia Municipale di Falconara - che in sentenza si afferma essere accorso sul posto nell'immediatezza del fatto - il quale aveva riferito che il cantiere di lavoro non era delimitato in alcun modo, da ciò desumendosi che gli stessi avevano omesso di collocare segnali o ripari (reti, paletti), atti a delimitare e comunque a segnalare, in orizzontale (e non solo in verticale, come pure asserito dai testi M. e C., dipendenti della Br. s.r.l.), l'area interessata da una possibile caduta accidentale del mezzo meccanico impiegato (sollevatore), evento ritenuto prevedibile e prevenibile.
In particolare il Tribunale escludeva che gli imputati potessero utilmente invocare la buona fede in ragione della supposta inerzia dell'autorità amministrativa, ritenendo il giudicante «ovvio che un'attività pericolosa come quella di sollevare bancali di guaine isolanti o mattonelle del peso anche di cinque o sei quintali richiedesse attenzioni particolari e misure di salvaguardia e di interdizione rigorose nei confronti di chiunque si trovasse a passare, tenuto conto che si trattava di operazioni temporalmente circoscritte (della durata complessiva di 20 - 30 minuti) e che dunque si risolvevano in tempo accettabile».

2. - Avverso la predetta sentenza hanno proposto appello, qualificato dalla adita Corte territoriale di Ancona come ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 593, comma 3, cod. proc. pen., i difensori dei due imputati, che ne hanno chiesto l'annullamento.
2.1 - Quanto all'Ar., direttore dei lavori, nell'atto d'impugnazione proposto nell'interesse dello stesso, si denuncia, con un primo motivo, l'erronea valutazione delle risultanze dibattimentali, e con il secondo, l'erronea interpretazione della legge penale.

2.1.1 - Più specificamente nel ricorso si evidenzia, quale primo profilo di criticità della decisione impugnata, che la stessa era basata esclusivamente sulle dichiarazioni rese dal C., secondo cui «il cantiere di lavoro non era delimitato in alcun modo», senza considerare che il predetto teste si era limitato a riferire quanto da lui direttamente percepito all'atto del proprio intervento sul cantiere, che era avvenuto, però, successivamente al ribaltamento del sollevatore idraulico, laddove dalle dichiarazioni dell'imputato Br., confermate sul punto dagli altri testimoni escussi (M. e C.), era emerso che erano state adottate le dovute precauzioni, consistite nella collocazione di un nastro rosso e bianco lungo tutto il perimetro della superficie interessata alle operazioni di fissaggio di una guaina impermeabile sul tetto del centro commerciale di Falconara, nastro che, essendosi rotto a seguito della caduta del mezzo meccanico, come riferito dai predetti testi, era stato immediatamente rimosso dopo il sinistro, per non intralciare le operazioni di soccorso dell'operaio che manovrava il sollevatore idraulico, rimasto bloccato al posto di comando; senza contare che, come pure riferito dall'imputato e dai summenzionati testi, il responsabile dei lavori aveva incaricato alcuni dipendenti dell'impresa di adoperarsi affinché nessun passante si avvicinasse o sostasse nell'area interessata alle operazioni di fissaggio e sollevamento del materiale utilizzato per l'esecuzione dei lavori, specificandosi nel ricorso, tra l'altro, che lo stesso Br. aveva invitato anche il proprietario del veicolo poi danneggiato dal ribaltamento del sollevatore, a spostarlo, ricevendo un rifiuto a ragione del motivo che lo stesso sarebbe rimasto in sosta solo un attimo.
2.1.2 - Quanto poi alla seconda censura mossa alla pronuncia di condanna, in ricorso si sostiene che il giudicante non avrebbe adeguatamente valutato che lo scopo perseguito dalla norma incriminatrice, imponendo l'adozione di segnalazioni e ripari, è quello di evitare un pericolo alle persone, sicché, posto che nel caso di specie, come emerso dall'istruttoria dibattimentale, erano stati adottati accorgimenti più che adeguati allo scopo, in quanto perfettamente idonei alla tutela del bene protetto (delimitazione del cantiere con un nastro rosso e bianco; presenza di dipendenti incaricati di impedire l'accesso ai passanti nell'area delimitata, non transennarle con delimitazioni fisse), l'evento accaduto non poteva assolutamente venire addebitato ad una condotta omissiva degli imputati, tanto più che lo stesso doveva ritenersi cagionato, come precisato dall'imputato, da un imprevisto ed imprevedibile «malfunzionamento» del macchinario di sollevamento, posto che il principale tipo di rischio staticamente connesso alla utilizzazione di tale mezzo meccanico è quello della caduta verticale del carico e non certo quello del ribaltamento del mezzo meccanico, specie ove si consideri che a fronte di una portata massima di venti quintali il carico sollevato il giorno del sinistro non superava i cinque o sei quintali.

2.2 - Quanto all'impugnazione proposta nell'interesse dell'imputato Br., nella stessa, si censura la sentenza impugnata, in via principale, con riferimento al mancato proscioglimento dell'imputato, perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato, difettando l'elemento soggettivo e non sussistendo in capo al ricorrente alcuna posizione di garanzia, o quanto meno ex art. 530 comma 2 cod. proc. pen.; in via subordinata, per l'eccessività della pena, non adeguata rispetto alla condotta dell'imputato, che aveva utilizzato la massima accortezza nell'esecuzione dei lavori e che aveva provveduto, altresì, al risarcimento del danno.
2.2.1 - In particolare nel ricorso proposto nell'interesse dell'imputato Br. si segnala: a) la non decisività della deposizione del testa C., ufficiale della Polizia Municipale di Falconara, in quanto intervenuto in loco non già nell'immediatezza dei fatti ma successivamente al verificarsi del sinistro; b) l'incongruenza dell'affermazione del giudicante secondo cui ad integrare il reato sarebbe sufficiente l'omissione di «qualsiasi comportamento» atto ad evitare il pericolo; c) l'inesigibilità di una delimitazione della zona di lavoro con riferimento «a tutto il raggio di azione del braccio del mezzo idraulico», richiedendosi in tal caso, illogicamente, la inibizione del transito anche rispetto a luoghi accessibili liberamente al pubblico da ogni lato; d) l'illogicità dell'affermazione secondo cui l'inerzia dell'autorità amministrativa non sarebbe sufficiente per ravvisare la buona fede dell'imputato, ritenuta in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, secondo cui la buona fede acquista giuridica rilevanza nei reati contravvenzionali se si traduce, a causa di un elemento positivo estraneo all'agente (l'inerzia appunto dell'autorità amministrativa), in uno stato soggettivo che esclude anche la colpa, evidenziandosi a tal fine che più volte l'imputato si sarebbe recato presso il comando di Polizia Municipale per conoscere le prescrizioni necessarie per lo svolgimento dei lavori, e che all'esito di un sopralluogo gli era stato significato, che trattandosi di area privata adibita ad uso pubblico non vi era la necessita di alcuna autorizzazione; e) la non configurabilità a carico dell'esecutore del lavori, ma semmai a carico del committente, di un obbligo di osservanza delle prescrizioni in materia di sicurezza; f) l'eccessività della pena inflitta, la quale, anche a ragione del risarcimento del danno, andava contenuta nella misura prevista nel decreto penale di condanna opposto.
Diritto



1. - Le impugnazioni proposte nell'interesse di Massimo Ar. e Giancarlo Br. sono basate entrambe su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità ovvero infondati e vanno quindi rigettate.

1.1 - Infondata deve ritenersi, in primo luogo, l'affermazione della difesa del Br. volta a negare la configurabilità «di una posizione di garanzia» a carico del predetto imputato, legale rappresentante dell'impresa esecutrice dei lavori ed utilizzatrice del mezzo meccanico ribaltatosi, non essendo costui il committente dei lavori.
Tale deduzione infatti, a prescindere dai profili di novità della questione sollevata, risulta comunque prospettata in termini assai generici, limitandosi il ricorrente ad evocare un precedente giurisprudenziale in tema di infortuni sul lavoro in un cantiere edile (Cass., sez. 3, sentenza n. 7209 del 25/01/2007, dep. 21/02/2007, Rv. 235882, imp. B.), nel quale per altro, si precisa soltanto che il committente (dei lavori) rimane il soggetto obbligato in via principale all'osservanza degli obblighi imposti in materia di sicurezza, ex art. 6 del D.Lgs. 14 agosto 1996 n. 494, ma non si esclude affatto, nell'eventualità, pacificamente verificatasi nel caso in esame, di nomina di un responsabile dei lavori - inteso ex art. 2 del decreto, come soggetto incaricato dell'esecuzione dei lavori - la sussistenza di una responsabilità di quest'ultimo.

1.2 - Quanto poi alle argomentazioni difensive svolte in entrambi i ricorsi, dirette a sostenere, nelle loro poliformi articolazioni, l'avvenuta collocazione di segnali atti ad impedire pericoli alle persone in transito o comunque l'adozione, da parte degli imputati, nelle loro rispettive qualità, di idonee cautele volte a scongiurare qualsiasi vulnus all'incolumità pubblica nonché la loro buona fede a fronte di un'asserita colpevole inerzia dell'autorità comunale, è agevole rilevare che la sentenza impugnata riporta gli elementi emersi a carico del ricorrente, valorizzando essenzialmente le dichiarazioni dal teste C. della Polizia Municipale, valuta adeguatamente la predetta deposizione anche con riferimento alle dichiarazioni di altri testi e puntualmente motiva sulla maggiore attendibilità del C. rispetto ai dipendenti della Br., evidenziando come lo stesso fosse accorso sul posto nell'immediatezza dei fatti, segnalando come il cantiere non fosse delimitato in alcun modo con apposizione di reti, paletti; ha precisato, infine, come la segnalazione dei lavori e l'interdizione al pubblico dell'accesso alla zona interessata non richiedesse alcuna autorizzazione, e che ove pure in tesi necessaria, l'asserita inerzia nel suo rilascio, non valeva in ogni caso ad escludere la responsabilità degli imputati, con ciò uniformandosi, per altro, implicitamente, ad un condivisibile principio di diritto affermato da questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 425 del 01/12/1997, dep. 14/01/1998, Rv. 209436, imp. C.).
Orbene in presenza di un siffatto percorso motivazionale, adeguato e completo, non è compito del giudice di legittimità procedere ad una rivalutazione del compendio probatorio sulla base delle prospettazioni dei ricorrenti, avendo questa Corte chiarito già da tempo che esula dai suoi poteri una "rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali" (Sez. Un. n. 41476 del 25/10/2005, Misiano; Sez. Un. n. 6402 del 2.7.1997, Imp. D., rv. 207944; Sez. Un. n. 930 del 29.1.1996, imp. C., rv. 203428).

1.3 - Infondati devono ritenersi, infine, anche i motivi di impugnazione prospettati in entrambi i ricorsi con riferimento al trattamento sanzionatorio, tenuto conto che l'obbligo della motivazione in ordine alla entità della pena irrogata (€400,00 di ammenda) deve ritenersi sufficientemente osservato, «qualora il giudice dichiari di ritenere "adeguata" o "congrua" o "equa" la misura della pena applicata o ritenuta applicabile nel caso concreto", poiché la scelta di tali termini, infatti, è sufficiente a far ritenere che il giudice abbia tenuto conto, intuitivamente e globalmente, di tutti gli elementi previsti dall'art. 133 cod. pen." (in tal senso, ex multis Cass., Sez. 6, Sentenza n. 7251 del 24/5/1990, Rv. 184395), fermo restando per altro, il principio da tempo affermato da questa Corte, secondo cui In tema di giudizio conseguente ad opposizione a decreto penale, una volta avvenuta la revoca del decreto per la presentazione dello interessato, il giudicante «non è in alcun modo vincolato alla pena inflitta col provvedimento opposto, ma è libero di commisurarla al caso concreto in base alla migliore valutazione del fatto, sia in misura maggiore che in misura minore» (in tal senso si veda Sez. 1, Sentenza n. 443 dell'I 1/10/1985, dep. il 16/01/1986, Rv. 171591, imp. B.).

2. - Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all'art. 616 c.p.p. in ordine alla spese del presente procedimento.

P. Q. M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2011.
Depositata in Cancelleria il 21 luglio 2011.

Multa da pagare anche se l'autovelox non è «identificato»


Codice della strada. Eccesso di velocità ROMA - Chi cerca di non pagare una multa per eccesso di velocità non può appigliarsi al fatto che nel verbale non è riportato il numero di matricola dell'apparecchio che ha rilevato l'infrazione. E, se vuole mettere in discussione il motivo con cui gli agenti hanno giustificato il fatto di non averlo fermato subito, deve portare elementi concreti e presentare un'impegnativa querela di falso. Sono le notizie giunte ieri dalle sentenze della Cassazione in materia di infrazioni stradali. Un fronte sempre caldo. La questione del numero di matricola viene in mente a molti: da anni è frequente che gli organi di polizia - per evitare il più possibile contenziosi - lo inseriscano nel verbale, nonostante la norma sul contenuto di tale atto (articolo 383 del Regolamento di esecuzione del Codice della strada) non lo preveda. Ieri la seconda sezione civile della Cassazione, con la sentenza 14564/11, ha chiarito che tutto va visto in rapporto a un'eventuale lesione del diritto di difesa del cittadino. Che qui non ci sarebbe. Infatti, l'indicazione del numero di matricola serve a risalire all'apparecchio per poterne verificare l'attendibilità. Ma - secondo i giudici - la verifica può avvenire anche dopo aver presentato un ricorso, motivato anche solo dalla presunzione di un errore: sarà a quel punto che l'organo di polizia dovrà indicare quale rilevatore è stato usato ed esibire tutti i documenti ad esso relativi. Inoltre, la Cassazione ha ricordato che i margini per dimostrare la fondatezza del dubbio sull'apparecchio sono stretti: ha ricordato precedenti sentenze che hanno stabilito che la taratura non è obbligatoria (salvo modelli "recenti", per i quali è prescritta dal costruttore, ndr), che le garanzie date dalle omologazioni dei rilevatori e dalle loro procedure di uso danno già abbastanza garanzie e che tale uso è consentito anche quando l'omologazione è scaduta (dura 20 anni). Tanto più che non occorre presentare la querela di falso per mettere in discussione il valore rilevato (il verbale fa piena prova solo del fatto che il servizio di controllo è stato svolto dagli agenti). La questione del mancato alt immediato al trasgressore, invece, è stata posta alla Cassazione da un automobilista insoddisfatto perché il verbale lo giustificava con l'uso di un apparecchio che non consente di accorgersi dell'infrazione in tempo utile per alzare la paletta (occorrerebbe una seconda pattuglia a valle, ma è pacifico che non c'è alcun obbligo di metterla) e con l'impegno degli agenti che avevano già fermato un altro trasgressore. La Cassazione (sentenza 14561/11) ha ribadito che tali affermazioni sono sufficienti e non vanno dimostrate dall'organo di polizia: chi vuol metterle in dubbio deve portare concreti elementi (come foto o testimonianze) e presentare querela di falso (rischiando di essere controdenunciato per calunnia se non convince i giudici). Va precisato che la questione si pone di rado: il Codice della strada autorizza molti controlli di velocità automatici, senza obbligo di alt.
Fonte: Il Sole 24


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Ordinanza 11 marzo – 4 luglio 2011, n. 14564

(Presidente Settimj – Relatore D’Ascola)
Fatto e diritto
1) Il giudice di pace di Abbiategrasso il 6 marzo 2006 annullava il verbale di accertamento n. (omissis) di violazione dell'art. 142 e. 8 del codice della strada, elevato nei confronti di P.L. dalla polizia municipale di Cisliano. L'appello del Comune veniva respinto dal tribunale di Vigevano con sentenza del 21 ottobre 2008.

Il tribunale confermava che il verbale era nullo perché mancante dell'indicazione del numero di matricola dell'apparecchio utilizzato per accertare la velocità, tardivamente effettuata in corso del giudizio di primo grado. Rilevava che l'omissione non aveva consentito al trasgressore il diritto di difesa e la verifica della funzionalità dell'apparecchiatura nonché dei requisiti di omologazione e taratura, essendo stato indicato solo il tipo di strumento, Velomatic 512. La sentenza impugnata aggiungeva che irrilevante era anche la produzione in causa del certificato di taratura e insufficienti erano le attestazioni contenute nel verbale quanto alla regolarità del posizionamento e del corretto funzionamento dell'autovelox.

Il Comune ha proposto ricorso per cassazione notificato il 15 aprile 2009. L'opponente ha resistito con controricorso.

2) Il primo motivo di ricorso mira a far accertare che il verbale degli agenti fa piena prova delle attività da essi svolte e costituisce fonte di prova dell'infrazione rilevata, restando sufficiente l'indicazione del modello di apparecchiatura, non sussistendo obbligo - sanzionato a pena di nullità – di specificare nel verbale stesso il numero di matricola.

Il secondo motivo, sempre mediante congruo quesito ex art. 366 bis cpc, mira a far affermare dalla Corte di Cassazione che nel corso del giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, l'Amministrazione può indicare il numero di matricola della apparecchiatura utilizzata.

Tale questione è posta con il terzo motivo anche sotto il profilo del vizio di motivazione.

Il ricorso appare manifestamente fondato.

Rifacendosi a un imprecisato orientamento giurisprudenziale citato dall'opponente, orientamento che il controricorso ripropone astenendosi tuttavia dall'indicare gli estremi della fonte, il tribunale di Vigevano ha contraddetto tutti gli insegnamenti resi in materia dalla giurisprudenza di legittimità.

Mette conto richiamare:

- Cass. 23 978/07, secondo la quale le apparecchiature elettroniche regolarmente omologate utilizzate per rilevare le violazioni dei limiti di velocita1 stabiliti, come previsto dall'art. 142 codice della strada, non devono sottoposte ai controlli previsti dalla legge n. 273 del 1991, istitutiva del sistema nazionale di taratura (cfr anche Cass. 9846/10).

- Cass. 29333/08 secondo la quale la previsione, nel sistema normativo, di complessi sistemi di controllo - preventivi, in corso di utilizzazione e successivi - dei misuratori della velocita1 delle autovetture garantisce pienamente il cittadino, assoggettato all'accertamento, dalle possibili disfunzioni delle apparecchiature medesime ed esclude, quindi, ogni possibile lesione al diritto di difesa dei cittadini (art. 24 Cost.) ed alla legittimità dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.), non esistendo norme comunitarie vincolanti in materia di misurazione della velocita1 dei veicoli e di pertinenti apparecchiature.

- Cass. 17754/07 e Cass. 9950/07 sulla scadenza del termine di omologazione previsto per il modello di apparecchiatura utilizzato dagli agenti accertatori, che non rende di per se1 illegittimo l'accertamento eseguito con il predetto macchinario dopo la scadenza di tale termine, purché la singola apparecchiatura abbia mantenuto la sua funzionalità, in quanto il termine di durata della omologazione serve solo ad individuare l'arco di tempo nel quale le apparecchiature possono continuare ad essere commercializzate dal costruttore e non incide sull'utilizzabilità, dopo la scadenza del termine, delle apparecchiature già esistenti da parte degli organi operativi che ne siano dotati.

- Cass. 17361/08, la quale ha esplicitato la conseguenza che, nel giudizio di opposizione alla relativa sanzione amministrativa, non sussiste alcun ulteriore onere probatorio, a carico dell'Amministrazione, relativo alla perdurante funzionalità delle predette apparecchiature.

2.1) È stato insegnato altresì che a mente dell'art. 2700 cod. civ., il verbale di accertamento dell'infrazione - ancorché1 redatto mediante modulo prestampato in alcune parti - fa piena prova, fino a querela di falso, dell'effettuazione dagli anzidetti rilievi, mentre le risultanze dei rilievi stessi valgono fino a prova contraria, che può1 essere data all'opponente in base alla dimostrazione del difetto di funzionamento degli strumenti elettronici in parola, da fornire sulla base delle concreta circostanze di fatto (Cass., 26 aprile 2005, n. 8675; Cass., 20 aprile 2005, n. 8232).

Pertanto la mancata indicazione del numero di matricola dell'apparecchiatura, non prevista dal codice quale contenuto necessario del verbale, non può mai essere eretta a motivo di nullità della sanzione per violazione del diritto di difesa. È solo nel giudizio di opposizione che, ove necessario in conseguenza dell'iniziativa probatoria dell'opponente relativa al cattivo funzionamento del singolo apparecchio, può assumere rilevanza il numero di matricola.

La specificazione resa dall'amministrazione in corso di causa era pertanto non solo tempestiva, ma persino superflua, non risultando che l'opponente avesse fornito alcun elemento, anche solo presuntivo, per inficiare il valore probatorio delle attestazioni rese dagli agenti accertatori circa la verifica della funzionalità dell'apparecchio, né per far dubitare della concreta funzionalità del medesimo.

2.2) Le Sezioni Unite hanno anche di recente ribadito (SU 1786/10) che il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l'atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che può e deve valutare le deduzioni difensive proposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto.

Pertanto erroneamente il giudicante ha valorizzato pretesi indici formali di inaffidabilità dell'accertamento - quali la taratura, l'omologazione e il numero di matricola del singolo apparecchio -dovendo in sede di opposizione verificare o meno se l'accertamento fosse corretto. Ciò poteva risultare già sulla base della fede privilegiata - per una parte - o del valore presuntivo - per altra parte - delle attestazioni rese dei verbalizzanti, ove non superati da prova contraria offerta dall'opponente.

3) Si è qui riportata, con emendamenti puramente formali, la relazione redatta dal consigliere relatore e comunicata alle parti, ai sensi dell'art. 380 bis cpc, relazione che il Collegio condivide pienamente. Discende da quanto esposto l'accoglimento del ricorso.

La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa ad altro giudice del tribunale di Vigevano, il quale si atterrà al principio di diritto sopraenunciato, esaminerà gli altri motivi di opposizione e procederà alla liquidazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altro giudice del tribunale di Vigevano, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Incrementi delle sanzioni amministrative pecuniarie, di cui all'articolo 195, comma 2-bis C.d.S.

Sanzioni all'incasso
CODICE DELLA STRADA/In G.U. il dm sulle multe Fissate le modalità di versamento dell'incremento delle sanzioni previste per alcune violazioni stradali accertate di notte dalla polizia dopo le ore 22 e prima delle ore 7. Le nuove regole che determinano anche le modalità di trasmissione della rendicontazione contabile trimestrale dei relativi incassi sono state definite con il decreto del ministero dell'interno del 30 marzo 2011, pubblicato sulla G.U. n. 112 del 16 maggio 2011. Ma, come previsto dall'art. 195, comma 2, del codice della strada, la nuova disciplina non si applica alle violazioni accertate dalla polizia municipale o provinciale, bensì solo a quelle rilevate da funzionari, ufficiali e agenti dello stato. Il fondo per l'incidentalità notturna e le sanzioni pecuniarie maggiorate per determinate violazioni stradali compiute di notte hanno avuto un percorso accidentato e poco lineare. Questi innovativi istituti erano infatti stati introdotti dall'art. 6-bis del dl Bianchi n. 117/2007, convertito con modificazioni dalla legge n. 160 del 2 ottobre 2007. Il fondo era stato ideato e concepito per consentire di aumentare la spesa per la prevenzione in materia di circolazione e antinfortunistica stradale e doveva essere alimentato con una sanzione aggiuntiva di 200 euro. Tuttavia, non essendo stato emanato il decreto ministeriale attuativo, di fatto la sanzione maggiorata non è mai stata applicata. Successivamente, la legge n. 94 del 15 luglio 2009 ha riscritto le regole, modificando l'art. 6-bis del decreto legge n. 117/2007 e introducendo un comma 2-bis all'art. 195 del codice stradale. In luogo della sanzione aggiuntiva è stata introdotta la previsione dell'incremento di un terzo delle sanzioni e ammende correlate a un ampio ventaglio di illeciti stradali accertati dopo le ore 22 e prime delle ore 7: velocità non congrua, eccesso di velocità, precedenza, violazione della segnaletica stradale, distanza di sicurezza, cambiamento di direzione o corsia, durata di guida degli autotrasportatori, circolazione sulle corsie di emergenza, retromarcia o inversione in autostrada. Inoltre, le risorse del fondo devono essere destinate all'acquisto di materiali, attrezzature e mezzi per le attività di contrasto dell'incidentalità notturna, a campagne di sensibilizzazione e di formazione degli utenti della strada e al finanziamento di analisi cliniche, di ricerca e sperimentazione nel settore di contrasto della guida in stato di ebbrezza o dopo aver assunto sostanze stupefacenti Tuttavia, per espressa previsione dell'art. 195, comma 2-bis, del codice della strada, l'incremento delle sanzioni riscosso e incamerato dalle regioni, dalle province e dai comuni non va fatto confluire nel fondo, ma resta destinato secondo le deliberazioni degli enti conformemente alle prescrizioni dell'art. 208 del codice stradale. In buona sostanza l'incremento della sanzione è destinato ad alimentare il fondo per l'incidentalità notturna solo se la violazione è accertata da uno dei soggetti di cui all'art. 208, comma 1, primo periodo, del codice della strada, cioè funzionari, ufficiali e agenti dello stato e funzionari e agenti delle ferrovie dello stato o delle ferrovie e tranvie in concessione. È solo con riferimento a queste ipotesi che il decreto ministeriale del 30 marzo 2011 interviene anche per definire le regole del versamento da parte del trasgressore o proprietario del veicolo e le modalità di postagiro e rendicontazione da parte degli organi ai quali appartengono gli organi di polizia dello stato. Il decreto stabilisce che gli aumenti delle sanzioni dovranno essere versati insieme alla restante parte della sanzione amministrativa mediante l'indicazione separata degli importi sui conti correnti dei competenti uffici o mediante il pagamento in contanti agli sportelli. In caso di definizione del ricorso amministrativo o giurisdizionale, gli incrementi dovranno essere versati mediante il modello F23 sul capitolo di entrata del bilancio dello stato; la stessa modalità si applica anche con riferimento alla quota del 20% dell'ammenda di cui agli artt. 186, comma 2-octies, e 187, comma 1-quater, del codice della strada. Quando si procederà alla riscossione coattiva, gli incrementi saranno corrisposti all'agente della riscossione insieme alla restante parte della sanzione amministrativa, indicando separatamente gli importi. Gli uffici da cui dipendono i funzionari, ufficiali e agenti dello stato e i funzionari e agenti delle ferrovie dello stato o delle ferrovie e tranvie in concessione dovranno comunicare trimestralmente al ministero dell'interno, secondo un modello allegato al decreto ministeriale del 30 marzo 2011, il numero delle violazioni accertate di cui all'art. 195, comma 2-bis, del codice della strada, indicando l'incremento previsto e l'ammontare pagato.
Fonte: Italia Oggi

 

domenica 17 luglio 2011

Calcio balilla: ordinanza del sindaco

L'afa di questi ultimi giorni, in sicilia,  ha giocato brutti scherzi...
Con un provvedimento, che definirei  alquanto bizzarro (per usare un eufemismo), e che potrebbe sollevare, a mio avviso,  anche dubbi di legittimità,   il Sindaco di Campobello di Licata (dopo Villa d’Ogna, paesotto dell’alta Val Seriana, provincia di Bergamo), Dott. Michele Termini, CON I POTERI RICONOSCIUTI DALL'ART. 50 DEL T.U.E.L., approvato con Decreto Legislativo 18/08/2000, n.267,  "regolamenta" l'uso del CALCIO BALILLA, flipper, videogames e similari (chissà L'A.A.M.S. ed il Ministero delle Finanze come la penserebbero a riguardo...).


Di questo passo non è da escludere, che nel prossimo futuro si possano anche "regolamentare" l'uso della playstation, l'uso della tv durante le partite e la formula 1 ecc. ecc
Ma che bisogno c'è di un'Ordinanza del Sindaco per vietare la collocazione del "bigliardino" all'esterno di un locale pubblico, e per di più,  sulle pubbliche piazze e  sui marciapiedi?
Non ci bastano già le sanzioni  previste dalle  NORME SUL COMMERCIO (ampliamento locale), dal T.U.LL.P.S., dal REGOLAMENTO DI POLIZIA URBANA, dal  REGOLAMENTO sull' OCCUPAZIONE  del SUOLO PUBBLICO, dall'ART. 15 e  20  DEL C.D.S. ecc.ecc, e dulcis in fundo, dalle norme del Codice Penale?

"Abundandis in abundandum", avrà pensato il Sindaco (come il grande Toto'), stabilendo una sanzione minima di €. 103,28.

Peccato che si sia  dimenticato di inserire in Ordinanza la Polizia Municipale tra gli organi  deputati al controllo (ma quest'ultimo argomento molto delicato, e per buongustai del diritto, è meglio non trattarlo con tutto questo caldo....).

Riporto qui di seguito l'Ordinanza  n.134 del 12 luglio 2011

COMUNE DI CAMPOBELLO DI LICATA
(Provincia di Agrigento)
IL SINDACO
Premesso
- che sono pervenute diverse segnalazioni di cittadini che lamentano la
collocazione di biliardini e altri giochi all'esterno dei locali pubblici e di
ritrovo, posti sulle pubbliche piazze, sui marciapiedi e sulle strade, i cui
avventori creano continui schiamazzi;
- che i residenti delle immediate vicinanze della piazza A. Moro hanno
denunziato uno stato di notevole disagio dovuto agli schiamazzi serali e
notturni degli avventori del locale pubblico presente;
- che si sta diffondendo l'abitudine di collocare i biliardini o altri giochi
similari all'esterno dei locali pubblici e di ritrovo;
Ritenuto opportuno regolamentare la collocazione di tali biliardini e giochi
similari all'esterno dei locali pubblici e di ritrovo;
Visto l'art. 50 del T.U.E.L. approvato con Decreto Legislativo 18/08/2000, n.
267;
Attesa la propria competenza in virtù dei poteri concessi dalla legge;
ORDINA
1) I giochi quali biliardini, flipper, videogames e similari possono essere
collocati ed utilizzati all'esterno dei locali pubblici e di ritrovo, qualora
autorizzati, dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 21.00;
2) la violazione di cui al comma precedente comporta una sanzione
amministrativa da € 51,64 a € 516,46, salvo che il fatto sia previsto dalla legge
come reato o costituisca più grave illecito amministrativo.
Le forze dell'Ordine sono incaricate dell'esecuzione della presente ordinanza.
Campobello di Licata, 12 luglio 2011

(D'ott. Michele Termini)

mercoledì 6 luglio 2011

Omissione di soccorso ad uno o più animali d'affezione, da reddito o protetti

 Il nuovo comma 9-bis dell'art. 189 del Codice della Strada, introdotto dall'art. 31 della  Legge 120/2010, prevede quanto segue:


9-bis. L'utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, da cui derivi danno a uno o più animali d'affezione, da reddito o protetti, ha l'obbligo di fermarsi e di porre in atto ogni misura idonea ad assicurare un tempestivo intervento di soccorso agli animali che abbiano subito il danno. Chiunque non ottempera agli obblighi di cui al periodo precedente è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 389 a euro 1.559. Le persone coinvolte in un incidente con danno a uno o più animali d'affezione, da reddito o protetti devono porre in atto ogni misura idonea ad assicurare un tempestivo intervento di soccorso. Chiunque non ottempera all'obbligo di cui al periodo precedente è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 78 a euro 311.

Recentemente,   con circolare n.300/a/4631/11/108/29 del 18 maggio 2011, il Ministero dell' Interno
ha stabilito che l'automobilista potrà essere sanzionato anche sulla base di una testimonianza oculare.

martedì 5 luglio 2011

Sosta o fermata in senso contrario in strada a senso unico

L' art. 157, comma 2 del C.d.S. è uno degli articoli chiave del nostro C.d.S. per quanto riguarda la fermata e la sosta dei dei veicoli:

"Salvo diversa segnalazione, ovvero nel caso previsto dal comma 4, in caso di fermata o di sosta il veicolo deve essere collocato il più vicino possibile al margine destro della carreggiata, parallelamente ad esso e secondo il senso di marcia. Qualora non esista marciapiede rialzato, deve essere lasciato uno spazio sufficiente per il transito dei pedoni, comunque non inferiore ad un metro. Durante la sosta, il veicolo deve avere il motore spento ".
 
A primo acchitto, il suddetto comma  sembrerebbe di facile interpretazione ma a forza di leggerlo ci si accorge che qualche dubbio potrebbe farlo nascere....  In particolare mi riferisco alla sosta o alla fermata in senso contrario, in strada a senso unico. Bisognerebbe forse solo allargare le vedute, senza  entrare, per questo,  in contrasto con le norme del codice e nel contempo,  contemperare le norme stesse con le esigenze della circolazione.
Pensate per esempio  a tutti quelli che nei centri storici di qualunque città effettuano con il proprio veicolo una semplice manovra dal proprio box  (magari per rassettarlo un pochino)  rimettendolo a posto subito dopo, seguendo tutti i crismi di legge previsti dall'art. 154 del nostro codice e dall’art. 351, comma 3 del regolamento.....
Non si può dire nemmeno che sia del tutto  "campata in aria" la risposta dell'asaps ad un quesito (pubblicato su internet) e che riporto integralmente:
"E' sanzionabile ai sensi dell'art. 157 comma 2 l'autoveicolo che accede allo stallo di sosta posto parallelamente all'asse stradale, esterno alla carreggiata, delimitato da idonea segnaletica orizzontale, ed a sinistra rispetto al proprio senso di marcia, posizionando l'autoveicolo in senso contrario di marcia. Si precisa che sulla carreggiata non è tracciata la linea continua di mezzeria.
Mail - Seriate (Bg)"

***
"(ASAPS) L'articolo 157, comma 2 del Codice della Strada prescrive che "in caso di fermata o di sosta il veicolo deve essere collocato il più vicino possibile al margine destro della carreggiata, parallelamente ad essa e secondo il senso di marcia".
Occorre ore prendere in esame la definizione di "carreggiata" data dal n. 7), comma 1, dell'art. 3: "parte della strada destinata allo scorrimento (termine che ha sostituito "circolazione" presente nel codice abrogato, e che comprendeva anche la sosta, ndr) dei veicoli; essa è composta da una o più corsie di marcia ed, in genere, è pavimentata e delimitata da striscia di margine".
Ne consegue che per carreggiada va intesa proprio solo quella parte della strada destinata alla marcia dei veicoli, quindi al moto meccanico, e non anche quello statico, riferibile alla sosta.
Ora, alla luce di quanto specificato nel quesito, se gli stalli presenti al lato sono consecutivi e tali da poter ritenere che essi siano da considerarsi "fuori" dalla carreggiata, allora l'eventuale sosta anche in senso contrario deve ritenersi consentita. Infatti, in questi casi, l'area esterna alla carreggiata viene definita "Fascia di sosta laterale", n. 23), comma, 1, art. 3 Cds, e dovrebbe essere divisa dalla carreggiata da apposita linea di margine discontinua.
Per cui, in questo caso, non troverebbe applicazione la sanzione prevista dal comma 8° dell'art. 157, in relazione al precetto di cui al comma 2. (ASAPS)"


A mio avviso, per fugare ogni dubbio, il comma 4 dell'art. 157 dovrebbe essere cosi' modificato:
Nelle strade urbane a senso unico di marcia la sosta è consentita anche lungo il margine sinistro della carreggiata, parallelamente ad esso e secondo il senso di marcia, purché rimanga spazio sufficiente al transito almeno di una fila di veicoli e comunque non inferiore a tre metri di larghezza.E' inoltre vietato a tutti i veicoli  percorrere in retromarcia una strada a senso unico.

venerdì 1 luglio 2011

Slot machine: Prorogata al 15 novembre l'obbligo dell' iscrizione al registro dell’AAMS

 Si fa seguito al precedente post
 Il decreto (soto riportato) con la quale viene stabilita la proroga al 15 novembre, stabilisce, inoltre, altre regole, ed in particolare che per i circoli privati, e per tutte le associazioni, la certificazione antimafia deve essere riferita a tutti i soggetti muniti di rappresentanza esterna, in base agli specifici statuti o atti costitutivi....

Prot. n. 2011/23843/giochi/ADI
Ministero dell’economia e delle finanze
_________________________
IL DIRETTORE GENERALE
DELL’AMMINISTRAZIONE AUTONOMA DEI MONOPOLI DI STATO
Visto il Testo Unico di cui al Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773, (T.U.L.P.S.), e successive modificazioni ed integrazioni ed in particolare gli articoli 86, 88 e 110;
Visto l'articolo 14-bis, comma 4, del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640 e successive modificazioni e integrazioni;
Visto l'articolo 38, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ;
Visto l’articolo 22 della legge 27 gennaio 2002 n. 289 e successive modificazioni e integrazioni;
Visto il decreto legge 30 settembre 2003 n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003 n. 326, e successive modificazioni e integrazioni;
Visto il decreto del Direttore Generale di AAMS del 4 dicembre 2003, concernente le regole tecniche degli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lett. a), del T.U.L.P.S., come modificato dal decreto direttoriale del 19 settembre 2006;
Visto il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 12 marzo 2004, n. 86, concernente la definizione delle funzioni della rete dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per la gestione telematica degli apparecchi di gioco, anche videoterminali, nonché del gioco lecito;
Visto l’art. 32 della legge 18 giugno 2009 n. 69, che dispone in merito agli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi, con effetto di pubblicità legale;
Visto il decreto del Direttore Generale di AAMS del 22 gennaio 2010, concernente le regole tecniche degli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lett. b), del T.U.L.P.S.;
Visto l’articolo 2, commi 2 -ter e 2–quater del decreto legge 25 marzo 2010 n. 40, convertito in legge 22 maggio 2010, n.73;
Visto l’articolo 1, comma 82, della legge 13 dicembre 2010, n 220 che ha sostituito l’articolo 1, comma 533 e introdotto gli articoli 533 bis e 533 ter della legge 23 dicembre 2005 n. 266;
Visto il decreto del Direttore Generale di AAMS n. 2011/11181 del 5 aprile 2011, relativo all’elenco dei soggetti che svolgono attività funzionali alla raccolta del gioco mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento con vincite in denaro;
Considerato il numero di potenziali soggetti interessati all’iscrizione al suddetto elenco, e la necessità di agevolare l’acquisizione delle iscrizioni da parte dell’Amministrazione;
Considerata altresì l’esigenza di emanare ulteriori disposizioni applicative;
DECRETA
ART. 1
1. Al decreto direttoriale n. 2011/11181/Adi del 5/04/2011, sono apportate le seguenti modificazioni ed integrazioni:
a) all’articolo 4, le parole “ legge n.575/1975” sono sostituite da “ legge 31 maggio 1965 n 575 ”;
b) all’ articolo 5 le parole : “ A partire dall’anno 2012 è necessario il possesso di tale requisito ai fini dell’iscrizione” sono soppresse;
c) all’ articolo 6, è inserito il seguente comma 3:
“ 3. Per i circoli privati, e per tutte le associazioni, la certificazione antimafia deve essere riferita a tutti i soggetti muniti di rappresentanza esterna, in base agli specifici statuti o atti costitutivi”;
d) all’articolo 8, comma 2, le parole <<entro il 30 giugno 2011>> sono sostituite dalle parole <<entro il 15 novembre 2011>>; al secondo comma, le parole << dal 1° luglio 2011>> sono sostituite dalle parole << dal 1 dicembre 2011>> ;
e) l’articolo 11 è sostituito dal seguente:
“ 1. In caso di cancellazione di soggetti iscritti, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, attraverso modalità telematiche, invia a tutti i concessionari la comunicazione di cancellazione dall’elenco, successivamente alla pubblicazione.
2. Il concessionario provvede all’estinzione degli effetti del rapporto contrattuale entro 5 giorni decorrenti dall’informazione pervenuta.
3. In caso di mancata comunicazione della dimostrazione dell’avvenuta estinzione dei rapporti contrattuali con soggetti cancellati entro i termini previsti dall’articolo 10, comma 1,la comunicazione dell’Amministrazione di cui al comma 1, vale come contestazione della violazione riscontrata.
4. In caso di stipula di contratto con soggetti non iscritti, ovvero di mantenimento dell'efficacia di rapporti contrattuali con soggetti che abbiano perso i requisiti, anche accertata successivamente, e' comminata, da parte dell'Ufficio Regionale competente per territorio in relazione al luogo nel quale e' stato stipulato l'atto, la sanzione amministrativa di euro 10.000 (euro diecimila/00) al concessionario per la gestione della rete telematica degli apparecchi e terminali da intrattenimento ed alle altre parti contraenti.
5. La terza reiterazione, anche non consecutiva, della medesima violazione nell'arco di un biennio determina la revoca della concessione per la gestione della rete telematica.
6. Ai fini della reiterazione, le violazioni si considerano avvenute a seguito di inoppugnabilità delle ordinanze-ingiunzioni emesse o di definitività delle decisioni giurisdizionali in sede di ricorso avverso le predette ordinanze.
Il presente decreto e' pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Roma, 22 giugno 2011
IL DIRETTORE GENERALE
Raffaele FERRARA
REGISTRATO ALLA CORTE DEI CONTI
UFFICIO CONTROLLI MINISTERI ECONOMICI
E FINANZIARI IN DATA 23 GIUGNO 2011
REGISTRO 006 ECONOMIA E FINANZE
FOGLIO N 295