giovedì 30 giugno 2016

Art. 119, comma 2 C.d.S. Requisiti attività medico certificatore

MIT  Martedì 28 Giugno 2016 10:50
Requisiti attività medico certificatore prot. 14586/23.18.17

Disciplina del "culatello" e della produzione e vendita di prodotti di salumeria

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 26 maggio 2016
Modifiche al decreto 21 settembre 2005 concernente la disciplina della produzione e della vendita di taluni prodotti di salumeria. (16A04808) (GU Serie Generale n.149 del 28-6-2016)

Regione Veneto:D. L. 113/2016 – Spesa del personale. Circolare 19/2016

Circolare n. 19 - D. L: 113/2016 - Spesa del personale

Selvazzano Dentro, 27 giugno 2016
C. 19


Ai Comuni del Veneto



Oggetto: D. L. 113/2016 – Spesa del personale

Si informa che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D. L. 24 giugno 2016 n. 113 “Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio”.

Fra le norme di interesse, si segnala quanto disposto dall’art. 16 a norma del quale gli obblighi di riduzione delle spese di personale, previste dal comma 557 della Legge 296/2006, non comprendono più la riduzione dell'incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, così superando le questioni poste recentemente dalla deliberazione n. 16/2016 della sezione autonomie della Corte dei Conti.

Sono state così in parte accolte le richieste al Governo presentate anche da ANCI Veneto, volte tra l’altro ad abrogare l’articolo 1 comma 557 lettera a) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 relativo al vincolo dell’incidenza percentuale delle spese del personale rispetto alle spese correnti.

Altre questioni restano ancora aperte sulle possibilità di assunzione e sui vincoli alla spesa di personale, che si cercherà di riportare all’attenzione di Governo e Parlamento nel corso della discussione per la conversione in legge del D. L. 113/2016.

Cordiali saluti

IL DIRETTORE

Avv. Carlo Rapicavoli


Circolare n. 19
http://www.anciveneto.org

In Gazzetta il decreto legislativo sui “furbetti del cartellino”

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 20/06/2016, n.116 avente ad oggetto “Modifiche all’articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera s), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di licenziamento disciplinare”, con entrata in vigore dal 13/7/2016.

All’articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 1 e’ inserito il seguente:
«1-bis. Costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalita’ fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione presso la quale il dipendente presta attivita’ lavorativa circa il rispetto dell’orario di lavoro dello stesso. Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta.»;
b) dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:
«3-bis. Nel caso di cui al comma 1, lettera a), la falsa attestazione della presenza in servizio, accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, determina l’immediata sospensione cautelare senza stipendio del dipendente, fatto salvo il diritto all’assegno alimentare nella misura stabilita dalle disposizioni normative e contrattuali vigenti, senza obbligo di preventiva audizione dell’interessato. La sospensione e’ disposta dal responsabile della struttura in cui il dipendente lavora o, ove ne venga a conoscenza per primo, dall’ufficio di cui all’articolo 55-bis, comma 4, con provvedimento motivato, in via immediata e comunque entro quarantotto ore dal momento in cui i suddetti soggetti ne sono venuti a conoscenza. La violazione di tale termine non determina la decadenza dall’azione disciplinare ne’ l’inefficacia della sospensione cautelare, fatta salva l’eventuale responsabilita’ del dipendente cui essa sia imputabile.
3-ter. Con il medesimo provvedimento di sospensione cautelare di cui al comma 3-bis si procede anche alla contestuale contestazione per iscritto dell’addebito e alla convocazione del dipendente dinanzi all’Ufficio di cui all’articolo 55-bis, comma 4. Il dipendente e’ convocato, per il contraddittorio a sua difesa, con un preavviso di almeno quindici giorni e puo’ farsi assistere da un procuratore ovvero da un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato. Fino alla data dell’audizione, il dipendente convocato puo’ inviare una memoria scritta o, in caso di grave, oggettivo e assoluto impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l’esercizio della sua difesa per un periodo non superiore a cinque giorni. Il differimento del termine a difesa del dipendente puo’ essere disposto solo una volta nel corso del procedimento. L’Ufficio conclude il procedimento entro trenta giorni dalla ricezione, da parte del dipendente, della contestazione dell’addebito. La violazione dei suddetti termini, fatta salva l’eventuale responsabilita’ del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall’azione disciplinare ne’ l’invalidita’ della sanzione irrogata, purche’ non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente e non sia superato il termine per la conclusione del procedimento di cui all’articolo 55-bis, comma 4.
3-quater. Nei casi di cui al comma 3-bis, la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti avvengono entro quindici giorni dall’avvio del procedimento disciplinare. La Procura della Corte dei conti, quando ne ricorrono i presupposti, emette invito a dedurre per danno d’immagine entro tre mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento. L’azione di responsabilita’ e’ esercitata, con le modalita’ e nei termini di cui all’articolo 5 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, entro i centoventi giorni successivi alla denuncia, senza possibilita’ di proroga. L’ammontare del danno risarcibile e’ rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione e comunque l’eventuale condanna non puo’ essere inferiore a sei mensilita’ dell’ultimo stipendio in godimento, oltre interessi e spese di giustizia.
3-quinquies. Nei casi di cui al comma 3-bis, per i dirigenti che abbiano acquisito conoscenza del fatto, ovvero, negli enti privi di qualifica dirigenziale, per i responsabili di servizio competenti, l’omessa attivazione del procedimento disciplinare e l’omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare, senza giustificato motivo, costituiscono illecito disciplinare punibile con il licenziamento e di esse e’ data notizia, da parte dell’ufficio competente per il procedimento disciplinare, all’Autorita’ giudiziaria ai fini dell’accertamento della sussistenza di eventuali reati.».

mercoledì 29 giugno 2016

Omessa Revisione: E’ una bufala l’accertamento da Remoto





Inapplicabile, ad oggi, l’art. 201, comma 1-bis, lettera g) bis, del C.d.S.

(Palermo, 2016-06-29)
La Legge di Stabilità 2016, modificando l'art. 201, comma 1-bis, C.d.S., ha introdotto nuove ipotesi nelle quali è consentito l'accertamento da remoto delle infrazioni, cioè senza contestazione immediata:
·         mancanza di revisione (art. 80);
·         mancanza di copertura assicurativa (art. 193);
·         sovraccarico dei veicoli (art. 167).
Il comma inserito nel codice a cui si fa riferimento è quello evidenziato in rosso sotto riportato:
Notificazione delle violazioni

1. Qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con la indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro novanta giorni dall'accertamento, essere notificato all'effettivo trasgressore o, quando questi non sia stato identificato e si tratti di violazione commessa dal conducente di un veicolo a motore, munito di targa, ad uno dei soggetti indicati nell'art. 196, quale risulta dai pubblici registri alla data dell'accertamento. Nel caso di accertamento della violazione nei confronti dell'intestatario del veicolo che abbia dichiarato il domicilio legale ai sensi dell'articolo 134, comma 1-bis, la notificazione del verbale e' validamente eseguita quando sia stata effettuata presso il medesimo domicilio legale dichiarato dall'interessato. Qualora l'effettivo trasgressore od altro dei soggetti obbligati sia identificato successivamente alla commissione della violazione la notificazione può essere effettuata agli stessi entro novanta giorni dalla data in cui risultino dai pubblici registri o nell'archivio nazionale dei veicoli l'intestazione del veicolo e le altre indicazioni identificative degli interessati o comunque dalla data in cui la pubblica amministrazione e' posta in grado di provvedere alla loro identificazione. Per i residenti all'estero la notifica deve essere effettuata entro trecentosessanta giorni dall'accertamento. Quando la violazione sia stata contestata immediatamente al trasgressore, il verbale deve essere notificato ad uno dei soggetti individuati ai sensi dell’articolo 196 entro cento giorni dall’accertamento della violazione. Per i residenti all’estero la notifica deve essere effettuata entro trecentosessanta giorni dall’accertamento.
1-bis. Fermo restando quanto indicato dal comma 1, nei seguenti casi la contestazione immediata non e' necessaria e agli interessati sono notificati gli estremi della violazione nei termini di cui al comma 1:
a) impossibilità di raggiungere un veicolo lanciato ad eccessiva velocità;
b) attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa;
c) sorpasso vietato;
d) accertamento della violazione in assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo;
e) accertamento della violazione per mezzo di appositi apparecchi di rilevamento direttamente gestiti dagli organi di Polizia stradale e nella loro disponibilità che consentono la determinazione dell'illecito in tempo successivo poiché il veicolo oggetto del rilievo é a distanza dal posto di accertamento o comunque nell'impossibilità di essere fermato in tempo utile o nei modi regolamentari;
f) accertamento effettuato con i dispositivi di cui all'articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2002, n. 168, e successive modificazioni;
g) rilevazione degli accessi di veicoli non autorizzati ai centri storici, alle zone a traffico limitato, alle aree pedonali, o della circolazione sulle corsie e sulle strade riservate attraverso i dispositivi previsti dall’articolo 17, comma 133-bis, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
 g-bis) accertamento delle violazioni di cui agli articoli 80, 141, 143, commi 11 e 12, 146, 167,   170, 171, 193, 213 e 214, per mezzo di appositi dispositivi o apparecchiature di rilevamento; ( Lettera così sostituita dall'art. 1, c. 597, della legge 28.12.2015 n. 208)
                        1-ter. Nei casi diversi da quelli di cui al comma 1-bis nei quali non e' avvenuta la contestazione immediata, il verbale notificato agli interessati deve contenere anche l'indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata. Nei casi previsti alle lettere b), f) e g) del comma 1-bis non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l’accertamento avvenga mediante rilievo con dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico.Tali strumenti devono essere gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12, comma 1.
                        1-quater. In occasione della rilevazione delle violazioni di cui al comma 1-bis, lettera g-bis), non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l’accertamento avvenga mediante dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico. Tali strumenti devono essere gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12, comma 1, e fuori dei centri abitati possono essere installati ed utilizzati solo sui tratti di strada  individuati dai prefetti, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’interno, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. I tratti di strada di cui al periodo precedente sono individuati tenendo conto del tasso di incidentalità e delle condizioni strutturali, plano-altimetriche e di traffico.
                        2. Qualora la residenza, la dimora o il domicilio del soggetto cui deve essere effettuata la notifica non siano noti, la notifica stessa non è obbligatoria nei confronti di quel soggetto, e si effettua agli altri soggetti di cui al comma 1.
2-bis Le informazioni utili ai fini della notifica del verbale all’effettivo trasgressore ed agli altri soggetti obbligati possono essere assunte anche all’Anagrafe tributaria.
3. Alla notificazione si provvede a mezzo degli organi indicati nell'art. 12, dei messi comunali o di un funzionario dell'amministrazione che ha accertato la violazione, con le modalità previste dal codice di procedura civile, ovvero a mezzo della posta, secondo le norme sulle notificazioni a mezzo del servizio postale. Nelle medesime forme si effettua la notificazione dei provvedimenti di revisione, sospensione e revoca della patente di guida e di sospensione della carta di circolazione. Comunque, le notificazioni si intendono validamente eseguite quando siano fatte alla residenza, domicilio o sede del soggetto, risultante dalla carta di circolazione o dall'archivio nazionale dei veicoli istituito presso il Dipartimento per i trasporti terrestri. o dal P.R.A. o dalla patente di guida del conducente.
4. Le spese di accertamento e di notificazione sono poste a carico di chi è tenuto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria.
5. L'obbligo di pagare la somma dovuta per la violazione, a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, si estingue nei confronti del soggetto a cui la notificazione non sia stata effettuata nel termine prescritto.
5-bis. Nel caso di accertamento di violazione per divieto di fermata e di sosta ovvero di violazione del divieto di accesso o transito nelle zone a traffico limitato, nelle aree pedonali o in zone interdette alla circolazione, mediante apparecchi di rilevamento a distanza, quando dal pubblico registro automobilistico o dal registro della motorizzazione il veicolo risulta intestato a soggetto pubblico istituzionale, individuato con decreto del Ministro dell'interno, il comando o l'ufficio che procede interrompe la procedura sanzionatoria per comunicare al soggetto intestatario del veicolo l'inizio del procedimento al fine di conoscere, tramite il responsabile dell'ufficio da cui dipende il conducente del veicolo, se lo stesso, in occasione della commessa violazione, si trovava in una delle condizioni previste dall'articolo 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In caso di sussistenza dell'esclusione della responsabilità, il comando o l'ufficio procedente trasmette gli atti al prefetto ai sensi dell'articolo 203 per l'archiviazione. In caso contrario, si procede alla notifica del verbale al soggetto interessato ai sensi dell'articolo 196, comma 1; dall'interruzione della procedura fino alla risposta del soggetto intestatario del veicolo rimangono sospesi i termini per la notifica.

Il Ministero dei trasporti, giustamente, ci ricorda (e non potrebbe fare altrimenti) che “per l'assenza di dispositivi automatici approvati come sopra accennato è possibile accertare la violazione di cui all’ art. 80, comma 14, solo ed esclusivamente attuando la procedura di accertamento con contestazione immediata, procedura questa necessaria per poi, a seconda delle situazioni, applicare l'iter dell' art. 180, comma 8, sopra citato. Allo stato attuale non risulta approvato, ovvero omologato, alcun dispositivo funzionante in modalità automatica per l' accertamento della omessa revisione del veicolo circolante. Inoltre, come conseguenza logica, non appare neppure regolare  l'adozione della procedura adottata ai sensi dell'art.180 del Codice della strada, che al comma 8, prevede: "Chiunque senza giustificato motivo non ottempera all'invito dell'autorità di presentarsi, entro il termine stabilito nell'invito medesimo, ad uffici di polizia per fornire informazioni o esibire documenti ai fini dell'accertamento delle violazioni amministrative previste dal presente codice, ..... Omissis ..... ", in quanto, proprio per l'assenza di dispositivi automatici approvati come sopra accennato è possibile accertare la violazione di cui all’ art. 80, comma 14, solo ed esclusivamente attuando la procedura di accertamento con contestazione immediata, procedura questa necessaria per poi, a seconda delle situazioni, applicare l'iter dell' art. 180, comma 8, sopra citato”.  (v. parere MIT Prot. 3311 del 03/06/2016)
Tutto questo cosa vuol dire?
Vuol dire che dobbiamo dimenticarci di questa nuova modifica normativa (fino a quando non sarà approvato ovvero omologato un nuovo apparecchio) e che dovremo far finta che quel comma, ad oggi,  non esista, continuando  a fare quanto abbiamo fatto fino ad oggi.
A questo punto la domanda che sorge spontanea è:  “che motivo c’era di andare a fare questa modifica normativa se poi sul piano prettamente pratico la norma è inapplicabile per gli operatori di Polizia stradale?”
Probabilmente,  in cantiere ci sono nuove apparecchiature di rilevamento (si parla anche di autovelox),  in attesa di approvazione ovvero di omologazione del Ministero, che potranno rendere finalmente operativo questo comma (vedi articolo), ma ad oggi non è dato sapere.
A completamento di quanto detto sopra,  va detto che il DISEGNO DI LEGGE DI STABILITA' 2015, aveva anche previsto un’ulteriore procedura a completamento della procedura “de quo”, purtroppo non andata in porto, come per es. l’introduzione del “g-ter)” e "1-quinquies” nell’art. 201, comma 1 bis, del C.d.S., e tanto altro ancora.
Ma la storia non è fatta con i se o con i  ma e non bisogna, quindi,  arrampicarsi sugli specchi
per rendere operativa una procedura che operativa non è.

Mario Serio
Riproduzione riservata

martedì 28 giugno 2016

Saldi estivi 2016: al via anche in Piemonte da sabato 2 luglio p.v.


A seguito dell’orientamento emerso in seno alla Commissione Attività Produttive della Conferenza delle Regioni di riconfermare anche per il 2016 le linee già assunte negli ultimi anni in ordine alle date di inizio dei saldi (primo giorno feriale antecedente l’Epifania per quelli invernali ed il primo sabato di luglio per quelli estivi), la Giunta del Piemonte nella seduta del 30 novembre u.s., in conformità con quanto previsto nell’art. 14 della l.r. n. 28/1999 e s.m.i., ha provveduto ad individuare quali date di avvio dei saldi per il corrente anno rispettivamente: martedì 5 gennaio per quelli invernali e sabato 2 luglio per quelli estivi.

Ritenendo di fare cosa gradita riepiloghiamo le principali disposizioni che il Comune di Torino ha disposto per quanto attiene i prossimi saldi estivi e che in linea di massima sono conformi a quelle assunte da quasi tutti i comuni dell’area torinese.

Periodi di svolgimento delle vendite estive di fine stagione: 2 luglio 2016 – 27 agosto 2016

Informativa ai consumatori.
In sostituzione della precedente preventiva comunicazione al comune delle date di effettivo svolgimento da parte dei singoli esercizi e dei prodotti posti in saldo, viene ora richiesta l’esposizione, in luogo ben visibile per il pubblico, di una apposita informativa per i consumatori, conforme al modello stabilito e contenente le principali regole che ciascun operatore è tenuto ad osservare nel periodo di svolgimento delle vendite di fine stagione prescelto.


Svolgimento delle vendite
Anche lo svolgimento delle vendite di fine stagione deve avvenire nel rispetto delle disposizioni del Codice dei Consumatori di cui al d. lgs. n. 206 del 6 settembre 2005 e s.m.i.

Limiti nelle informazioni pubblicitarie
Ai sensi del c. 3 dell’art. 15 della l.r. n. 28/99 e s.m.i. “nelle vendite di liquidazione e di fine stagione nonché nelle vendite promozionali o nella relativa pubblicità è vietato l’uso della dizione vendite fallimentari come pure ogni riferimento a fallimento, procedure fallimentari, esecutive, individuali o concorsuali e simili, anche come termine di paragone”

Indicazione dei prezzi
Si rammenta che, ai sensi del disposto dell’art. 15 comma 5 del d. lgs. 114/1998 “lo sconto o ribasso effettuato deve essere espresso in percentuale sul presso normale di vendita che deve essere comunque esposto”

Divieto vendite promozionali nei 30 giorni antecedenti l’avvio dei saldi

Si ricorda altresì che ai sensi dell’art. 14 bis della l.r. n. 28/99 e s.m.i. “nei trenta giorni che precedono la data di inizio delle vendite di fine stagione non è consentito lo svolgimento delle vendite promozionali aventi ad oggetto articoli di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo” fatta eccezione per le “vendite promozionali effettuate sottocosto”.

Sanzioni
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le violazioni alle norme sopra riportate comporta una sanzione amministrativa prevista dall’art. 22 c. 3 del d. lgs. 114/98 e variabile da un minimo di euro 516,46 ad un massimo di euro 3098,74.


Per approfondimenti vedi anche:
- la Delibera della Giunta regionale del 30 novembre u.s.,
- Ordinanza saldi 2016 del Comune di Torino
- il modello di informativa al consumatore della Città di Torino per l'anno 2016
- Il Codice del Consumo di cui al d. lgs 206/2005 e s.m.i.


Tratto da: http://www.ascomtorino.it/

Sistri: aggiornato il manuale operativo e le procedure

Pubblicati a seguito di approvazione ed autorizzazione del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (DD prot. RINDEC-2016-63 del 7 giugno 2016).


Fonte:http://www.sistri.it/

Sicurezza stradale, alla Camera dei deputati le proposte di uno scrittore per ridurre gli incidenti

Fabio Bergamo, scrittore salernitano di 43 anni, che si dedica da molti anni al problema della sicurezza stradale, ha indirizzato al Parlamento un pacchetto di proposte per salvare gli utenti della strada dai pericoli e dai rischi che il più delle volte vengono sottovalutati per cause come l’inesperienza o la scarsa formazione da parte dei conducenti,. Uno dei punti critici, a suo parere, è proprio la mancanza di una reale formazione nelle scuole e nelle autoscuole per quanto concerne l’educazione stradale.

Le sue idee saranno oggetto di un’interrogazione parlamentare; a presentarle in Commissione Trasporti saranno l’ On. Paolo Russo (Forza Italia) e l’On. Andrea Colletti (Movimento 5 stelle), dopo essere state apprezzate dal Ministero dei Trasporti, l’ASAPS Polizia Stradale, Arma dei Carabinieri, ecc…
Ecco le più importanti: lo Stop Avanzato che perfeziona la disciplina dello stop, mettendo in comunicazione i veicoli che hanno la precedenza con quelli che intendono impegnare l’incrocio; l’indicatore di tenuta del margine destro per ricordare ai conducenti di guidare in prossimità del margine destro della corsia occupata, tale segnale non solo garantisce il mantenimento della distanza di sicurezza, ma consente ai conducenti di osservare visivamente la segnaletica; l’indice di pericolosità stradale che con due livelli informa del pericolo nella sua gravità (col primo livello si guiderà nel rispetto delle norme del CdS, col secondo si guiderà adottando la massima prudenza, ecco pensiamo le curve, le gallerie, i viadotti, le confluenze, e si comprende bene quanto poco siano usate le 4 frecce di emergenza dai conducenti, ecc..); il DAS che con due delineatori posti a diverse distanze del semaforo facilita l’attraversamento all’incrocio evitando di passare col rosso; la minisospensione della patente per correggere la condotta dei giovani conducenti prima che commettano infrazioni gravi e pericolose; la modifica dell’art. 3 con la definizione dei segnali stradali che il CdS non riporta, la validazione del sorpasso a destra in autostrada allo scopo di far utilizzare correttamente le tre corsie; il libretto “Fenomenologia del pedone” a fini didattici per le scuole e le autoscuole sulla sicurezza degli utenti deboli; il Privia Stop che, con una luce inserita nella parte frontale del veicolo, segnala il suo rallentamento ai pedoni che attraversano la strada (tale proposta è stata confermata da un simile dispositivo proposto dalla carrozzeria Bertone installato sul prototipo Nuccio).
Dal commento ad una sentenza della Corte di Cassazione (N. 5399 del 2013) disponibile sul suo sito, ha proposto ancora il limite di velocità di 40 Km/h sulle strade a doppio senso, lasciando quello di 50 km/h solamente sulle strade a senso unico per aumentare la sicurezza dei pedoni e ha coniato, ai fini dell’educazione stradale, il nuovo termine di “limite di transito” nei confronti dei pedoni, più che di limite di velocità destinato esclusivamente ai veicoli e quello del “dovere di antecedenza” destinato ai conducenti che hanno appunto il dovere di dare ai pedoni la precedenza, quando essi, avendolo segnalato per tempo, attraversano, nei centri abitati, fuori delle strisce pedonali (in Italia muoiono 2 pedoni al giorno e il 30% di essi rimangono uccisi proprio sugli attraversamenti pedonali); ha proposto nelle rotatorie il limite generale di 40 Km/h e di 30 km/h quando in esse sono presenti dei ciclisti.
Fabio Bergamo ha realizzato anche un album per i bambini delle scuole elementari dal titolo “Guido anch’io”, affinché i più piccoli possano conoscere la segnaletica. Per la RC Auto ha pensato di includere nel tradizionale contratto la clausola relativa al “beneficio delle piccole riparazioni” per la revisione periodica della carrozzeria destinata ai conducenti virtuosi ogni 8-10 anni di esperienza di guida in più; proposta che l’Avv. Grazia Ferrara ha già inviato all’ANIA accompagnata da una sua comunicazione con cui invita i destinatari a prenderla in esame per una sua introduzione. Fabio Bergamo ha in cantiere una proposta di legge sull’omicidio stradale e ancora tanto altro. Ha proposto a Federauto, la federazione dei concessionari di auto in Italia, di includere di serie nell’acquisto delle auto nuove, il seggiolino per la ritenuta dei bambini per le famiglie che hanno un bambino piccolo per il quale vige l’obbligo del suo utilizzo, come prevede il CdS all’art. 172, e per le mamme che sono in dolce attesa.

Ricordiamo che In Italia ogni giorno si verificano oltre 600 sinistri, con esiti letali o lesivi per le persone o con soli danni ai veicoli. Ogni anno perdono la vita circa 4000 persone, mentre i feriti sono 200.000 e di questi 20.000 riportano delle invalidità temporanee o permanenti. Tutto questo incide sui costi sociali che lo Stato deve sopportare, ai quali si aggiunge il dolore senza fine delle famiglie delle vittime.

Fonte: http://www.24live.it/

Non c'è esercizio abusivo della professione per il negozio cinese che espone e vende olio avente "proprietà farmacologiche"

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 aprile – 20 giugno 2016, n. 15654
Presidente Gentile – Relatore D’Arrigo

Ritenuto in fatto

La Corte d'appello di Milano, con sentenza dei 10 dicembre 2013, ha con­fermato la condanna inflitta dal locale Tribunale in data 1 aprile 2010, a XXXXXXXXXXX., limitatamente al capo di imputazione sub B), ovvero per il reato di cui all'art. 648 cod. pen. perché, «al fine di trarne profitto, acquistava e comunque riceveva prodotti medicinali (denominati E.B. e N.B.) di provenienza illecita, in quanto importati clandestinamente in Italia in violazione dell'art. 292 T. U. Leggi Doganali e dell'art. 147, comma 1, seconda parte, d.lgs. n. 219/2006». Contestualmente l'imputata è stata assolta dal reato di cui all'art. 348 cod. pen. (capo C) perché il fatto non costituisce reato, mentre il reato di cui al capo A (art. 147, comma 2, d.lgs. n. 219/2006) è stato dichiarato estinto per intervenuta prescrizione.
L'imputata ricorre avverso detta sentenza deducendo l'erronea applicazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione, sotto diversi profili. In particolare, osserva che non vi sarebbe prova della provenienza illecita dei prodotti in questione, ossia della loro illecita importazione; che, in ogni caso, nella specie non potrebbe trovare applicazione l'art. 292 T.U. Leggi Doganali, bensì il successivo art. 295-bis, non essendovi la prova che il valore dei prodotti in questione superi la soglia che segna il discrimine fra l'illecito amministrativo testé citato e la fattispecie penale ipotizzata come reato presupposto; che, trat­tandosi di merci contenute nel bagaglio personale di un viaggiatore, dovrebbe comunque applicarsi l'esenzione prevista dal Regolamento CEE n. 918/83 (in vi­gore al tempo di commissione dei reato); che difetta la prova dell'elemento sog­gettivo, in quanto non risulta da alcun atto istruttorio che l'imputata fosse cono­scenza della pretesa illecita importazione dei beni ricevuti; che tali beni non han­no natura medicinale, in quanto né il R.I.S. dei Carabinieri né l'Istituto superiore di sanità hanno saputo individuare il dosaggio dei principio attivo.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con cirinvio.
L'imputata è stata trovata nel possesso di 48 confezioni di un olio avente «proprietà farmacologiche» e dunque «natura di medicinale» che, secondo quan­to si legge nella sentenza impugnata, erano «esposte in vendita nel negozio, in parte esibite nei pressi del registratore di cassa, in parte collocate in vetrina, in altra parte su una scaffalatura del negozio».
Nonostante la ritenuta natura farmacologica dei prodotto e la chiara espo­sizione dello stesso per la vendita, l'imputata è stata però assolta dal delitto di esercizio abusivo della professione di farmacista, con la seguente motivazione: «ritiene la Corte che sussista ragionevole dubbio che l'imputata abbia posto in vendita i prodotti in questione con la consapevolezza delle loro proprietà farma­cologiche ed abbia pertanto coscientemente svolto attività abusiva di farmacista. [...] La natura dei prodotti (olii per il corpo), il loro confezionamento (flaconi privi del caratteristico confezionamento dei farmaci), la non immediata percezione delle loro caratteristiche medicinali, inducono a dubitare che l'imputata fosse consapevole di vendere - non autorizzata - preparati farmacologicamente atti­vi».
Tale motivazione è in contraddizione con la condanna dell'imputata per il delitto di ricettazione.
Com'è noto, l'elemento soggettivo dei delitto di ricettazione è costituito dal dolo eventuale che - secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite - riguarda, oltre alla verificazione dell'evento, anche il reato presupposto, consistendo, in questo caso, nella rappresentazione della possibilità del provenienza illecita del bene ricettato e nell'accettazione di tale eventualità (Sez. U, n. 12433 del 26/11/2009 - dep. 30/03/2010, Nocera, Rv. 246323).
Ma dall'accertamento sull'elemento psicologico effettuato in relazione al delitto di cui all'art. 348 cod. pen. porta ad escludere in capo all'imputata la rap­presentazione, anche solo eventuale, della provenienza illecita degli olii seque­strati.
Infatti, il reato presupposto della ricettazione è indicato nella violazione dell'art. 292 T.U. Doganale e dell'art. 147, comma 1, d.lgs. n. 219/2006. Detta violazione dipende dalla natura farmacologica del prodotto, che altrimenti sareb­be potuto entrare liberamente nel territorio nazionale.
Pertanto, l'ignoranza della effettiva natura farmacologica del prodotto do­vrebbe comportare l'esclusione del dolo eventuale in ordine al reato presupposto della ricettazione, a meno che la provenienza illecita dell'olio per il corpo non di­penda da altre circostanze non esplicitate in motivazione.
Per tali ragioni, la sentenza impugnata va annullata, relativamente al solo capo di imputazione per il quale è pervenuta alla condanna della ricorrente, con rinvio alla corte di merito per un nuovo giudizio sul punto.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata in ordine al capo B) con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Milano per nuovo giudizio sul punto.

Condannato maresciallo della G.F. per essersi fatto consegnare merce senza pagare

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 marzo – 16 giugno 2016, n. 25054
Presidente/Relatore Carcano

Ritenuto in fatto

1. V.S. impugna la sentenza della Corte d'appello di che ha confermato la decisione dei giudice di primo grado che lo condannò per il delitto di concussione continuata, con riferimento a tutti gli episodi commessi in epoca successiva a luglio all’anno 1998; dichiarando estinti per prescrizione i reati anteriori a tale data.
Il fatto enunciato nell'imputazione ascritta a V.S. - maresciallo, in servizio presso la Guardia di Finanza di XXXXXXXXXX - è di aver abusato della sua qualità e dei suoi poteri, in tal modo facendosi consegnare, mediante larvate e tacite minacce, merce e altre utilità, senza pagare alcun corrispettivo, commettendo fatti dal 1990 al 2010.
La Corte d'appello ha condiviso la ricostruzione effettuata dal primo giudice; ricostruzione effettuata in base alle dichiarazioni dei soggetti i quali hanno riferito di avere dato a S. quanto da lui "preteso" senza ricevere alcun corrispettivo. Entrambi i giudici di merito, hanno escluso che le condotte potessero essere giuridicamente inquadrate nell'ambito del diverso delitto previsto dall'art. 319 quater c.p., poiché si è dei tutto fuori da rapporti sinallagmatici e, comunque, diretti a reciproci vantaggi, bensì si è in presenza di condotte caratterizzate da atteggiamenti incontestabilmente intimidatori e volti a far valere la "posizione rivestita".
In alcuni episodi, è stata esclusa la configurazione illecita in ragione dei dettagliati racconti di alcuni testi, quale P.G. di tenore diverso rispetto a quelli degli altri che han parlato dì condotte "disinvolte" di S. esplicitamente dirette a manifestare abuso della "qualità" e a ottenere "utilità" in termini del tutto privi di ogni interesse degli altri soggetti privati.
E' pertanto condivisa la conclusione raggiunta dal Tribunale quanto alla configurazione dei delitto di concussione.
In conclusione, la esclusione della sussistenza del delitto de quo, quanto all'episodio G., ha comportato la riduzione della pena di anni sette di reclusione, inflitta dal Tribunale, a quella di quattro anni e mesi dieci di reclusione, rideterminata individuando, quale pena base, quella relativa alla più grave concussione in danno di Antonio C., con un aumento di due mesi di reclusione per ciascun altro episodio concussione. Diniego delle attenuanti generiche le quali, sebbene non espressamente richieste, il giudice d'appello ha ritenuto che vi fossero le condizioni richieste per applicarle, prima fra tutte la specifica e singolare "diffusività" dei fatti delittuosi commessi per un luogo periodo.
2. I Difensori del ricorrente, avvocati Sandro Guerra e Filippo Bellagamba, deducono:
2.1.Violazione di legge in relazione agli artt.429, comma 1, lett. c) e comma 2, 521, comma 2, 522 c.p.p., nonché mancanza di motivazione e illogicità manifesta.
Si rileva che l'originaria imputazione, per la quale è stato richiesto il rinvio a giudizio, indicava non soltanto il delitto di concussione continuata, ma anche quello di millantato credito, nell'ambito di un unitario contesto, in tal modo delineando un tipo di autore più che fatti concernenti delitti istantanei.
Nel corso del procedimento, iscritto nell'anno 2000, è intervenuta la legge n. 190 del 2012 che ha introdotto il delitto di induzione indebita ex art. 319 quater c.p. a fronte di imputazioni che definivano in termini alternativi le modalità della condotta quale "induzione o costrizione", e, pertanto, si è sollecitato il potere-dovere del giudice di definire in termini corretti la contestazione.
La Corte d'appello ha disatteso tale richiesta, escludendo ogni dubbio sulla qualificazione giuridica dei delitti anche dopo l'entrata in vigore della disciplina introdotta dalla legge 190 del 2012; affermazione assertiva e priva di specificità.
2.2. Violazione di legge in relazione all'art. 317 c.p. e con riferimento alla ricostruzione dell'elemento oggettivo del reato; mancanza di motivazione.
Non si è tenuto conto della nozione di "costrizione", quale enucleabile dalla nuova norma e definita dalla giurisprudenza di legittimità, in particolare dalle decisioni delle Sezioni Unite.
La difesa distingue gli episodi in due gruppi, con riferimento alle minacce implicite, richiamando a riguardo tre posizioni, quali quelle di tali I., P. e B. rispetto alle quali la Corte d'appello prende atto della mancanza di minacce o di esplicite prospettive di "vantaggi" o "svantaggi", giungendo poi alla configurazione di un "fare implicitamente minaccioso", non considerando la impostazione delle Sezioni unite che fan riferimento a "sopraffazioni prepotenti". In tale contesto, la concussione richiede che vi sia un "abuso di qualità", quale momento essenziale della condotta, e una "minaccia", intesa quale modalità tipica.
Nelle vicende I., B. e P., ad avviso della difesa, la condotta dell'imputato non presenta tali connotazioni, poiché il tutto si è limitato a una mancata corresponsione del prezzo di mercato e non può farsi riferimento a "moti dell'animo", quali "imbarazzo" suscitato nella vittima della concussione. Né tantomeno, è significativo il riferimento a "latente intimidazione", della quale non vi è traccia nelle dichiarazioni di P..
Vi è invece un secondo gruppo - nel cui ambito si inseriscono gli episodi di G.M., P.N. e A.C. - rispetto ai quali la sentenza impugnata, secondo la difesa non riesce a definire quale sia la figura di minaccia implicita o esplicita cui si fa riferimento. Nel ricorso si introducono brani della sentenza nella parte in cui si individuano le condotte ritenute tali da configurare la costrizione richiesta per integrare il delitto di concussione. Anche qui, si richiamano i principi delle Sezioni unite che si ritiene abbiano adottato un "approccio oggettivistico", in ragione del criterio dell'intensità della pressione psichica esercitata sul destinatario, evitando di affidare la distinzione a una indagine "psicologica" che potrebbe determinare un arbitrio nella distinzione delle diverse condotte.
La vicenda di C., rispetto alla quale la Corte d'appello si è espressa nel senso di episodio significativo rispetto agli altri, non denota alcunché secondo la difesa, riferibile a ipotesi di concussione, bensì di una "disponibilità clientelare" che rappresenta un "vantaggio indebito" che l'agente pubblico prospetta al privato.
Secondo la difesa, il giudice d'appello anche qui si discosta da quanto riferito dal teste, mutando le espressioni da questi usate in minaccia.
2.3. Violazione di legge in relazione agli artt. 125, comma 3, 546 comma 1 lett. e) c.p.p. nonché mancanza di motivazione in relazione a norme rilevanti per l'applicazione della legge penale processuale e sostanziale.
La Motivazione della sentenza impugnata risente della indeterminatezza e genericità delle imputazioni.
Peraltro, non si è tenuto conto della genesi del procedimento, inquinata per lo sviluppo della indagine penale in un momento di contrasti esistenti nell'ambito del reparto di appartenenza di S..
Per tali ragioni, è stata richiesta la rinnovazione parziale dei dibattimento al fine di correggere alcune imprecisioni contenute nella sentenza di primo grado. Non si è considerata la risposta di C. secondo cui non è stata percepita una "minaccia, neppure implicita", poiché se ciò fosse accaduto, riferisce il teste, vi sarebbe stata una risposta a tono.
La Corte d'appello di Firenze confonde la "sudditanza psicologica" o la "costrizione morale" con un non facere, poi ricondotto a una condotta implicita. Quanto agli altri episodi, si riportano brani delle dichiarazioni rese in sede di esame in contradditorio, dai quali emergono circostanze ambigue e non equivoche sulle ragioni delle utilità percepite da S..
Secondo la difesa, non è ipotizzabile un "condizionamento" là dove gli stessi protagonisti delle vicende attribuiscono ad altre cause la loro "tolleranza".
La difesa deduce la violazione dell'art. 546, comma 1, lett. e) c.p.p., poiché manca ogni specifica indicazione delle prove poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità.
Non soddisfa tale regola la precisazione secondo cui la motivazione pone a confronto le prove dell'accusa rispetto a quelle della difesa per poi ricostruire le vicende oggetto di imputazione. Rispetto a tale conclusione, non vi è traccia di esame degli elementi di prova indicate nell'impugnazione. Ciò dimostra che la sentenza d'appello non ha reso una adeguata risposta alle questioni poste dall'atto di appello, dando a esse una risposta adeguata e completa alle deduzioni difensive.
Si deduce ancora che la Corte d'appello avrebbe trascurato dei tutto le deduzioni difensive relative alla necessità di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, rispetto alle quali si è esprime nel senso dell'inutilità di ulteriori accertamenti, ritenendo immotivatamente che il soggetto passivo della concussione "avverta come minaccioso non già un comportamento dell'agente, bensì l'agente stesso".
2.4. Violazione di legge, in relazione agli artt. 62 bis, 81, 133 c.p., in relazione agli artt. 125, comma 3, 546 lett. e) c.p.p., nonché mancanza di motivazione.
La Corte d'appello, sebbene dà conto della pena base e degli aumenti per la continuazione, non motiva sulle ragioni degli aumenti per la continuazione.
Altrettanto immotivato il diniego delle attenuanti generiche, riferito semplicemente alla mancanza di resipiscenza e alla reiterazione delle condotte criminose; argomento quest'ultimo, utilizzato per gli aumenti della continuazione e non spedibile anche per le attenuanti generiche, per non incorrere nella violazione del divieto del ne bis ín idem ex art. 15 c.p.. La concessione delle attenuanti generiche non implica sempre un giudizio di non gravità delle condotte.
2.5.1 difensori hanno depositato motivi aggiunti con i quali su ciascuno dei motivi di ricorso sviluppano ulteriori elementi per sostenerne la fondatezza, insistendo anzitutto sulla genericità dell'imputazione, priva di precise indicazioni temporali.
Quanto agli episodi di concussione si insiste nella violazione di legge e nel vizio di motivazione, per manifesta illogicità e mancanza, per gli argomenti già dedotti con il ricorso riferiti in particolare all'insussistenza delle minacce richieste per la configurazione della concussione.
3. Tale è la sintesi dei motivi di ricorso enunciati nei limiti stabiliti dall'art.173, comma 1, disp. att. c.p.p..
Considerato in diritto

4. Il ricorso è manifestamente infondato e le censure non sono dirette a rilevare mancanze argomentative e illogicità ictu oculi percepibili, bensì a prospettare una diversa ricostruzione dei fatti e a ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative compiutamente giustificate dal giudice di appello, che ha adeguatamente ricostruito le singole vicende.
Il giudice d'appello, come sinteticamente descritto in narrativa, si è confrontato ed ha dialogato con le conclusioni raggiunte dal Tribunale e, dopo una complessiva e accurata valutazione delle prove acquisite, ne ha condiviso il significato da esse tratto, mettendo in rilievo che i motivi di appello non erano altro che una mera riproposizione di questioni poste nel corso dei giudizio di primo grado e correttamente risolte dal giudice di primo grado.
Una prima decisiva e condivisa ricostruzione raggiunta da entrambi i giudici di merito riguarda le modalità della condotta da S. in ciascuno degli episodi analizzati, contraddistinti dalla volontà di ottenere utilità, consistenti nel non pagare il corrispettivo dovuto per servizi ricevuti o per merce prelevata per anni e non pagata, come riferito dal teste M. e ribadito in termini ancor più dettagliati da C., le cui parole oltremodo significative sono riportate testualmente nella sentenza impugnata (pp.24 e 25 sentenza d'appello).
La Corte d'appello ha condiviso la ricostruzione effettuata dal primo giudice fondata non solo su tali dichiarazioni, ma anche da quelle rese da altri commercianti della zona cui S. per anni ha continuato rivolgersi per ottenere merce e utilità di ogni genere, senza pagare alcunché. In tale contesto, si inserisce il racconto di P.H., riportato nella sentenza di primo grado e riprodotto in quella di appello nei tratti significativi che danno consistenza e conferma alle condotte di V.S..
La vicenda di P., ritiene il giudice d'appello, offre una chiara chiave di lettura delle condotte di S., caratterizzate da "abuso della qualità" di maresciallo della Guardia di Finanza, nella prospettiva di poter in futuro esser utile. E' appunto P. che si rivolge a S. quando fu sottoposto nel 2010 a una importante verifica fiscale, per avvisarlo e chiedere il suo aiuto( pp.22 e 23 cit.).
5. Il diniego della rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello, è stata correttamente giustificato dal richiamo ai presupposti richiesti dall'art. 603 c.p.p. nonché alla completezza della quadro probatorio acquisito dal giudice di primo grado. Anche tale censura difensiva si rivela manifestamente infondata.
6. La descrizione delle singole vicende, le modalità dalle quali sono caratterizzate denotano in termini incontrovertibili, che V.S. abbia agito con "abuso della qualità", consistente nell'uso "indebito della posizione rivestita e della sua preminenza rispetto ai privati cui si rivolgeva, diretta a far sorgere in loro "rappresentazioni costrittive di prestazioni non dovute".
Entrambi i giudici di merito, hanno escluso correttamente che le condotte potessero essere giuridicamente inquadrate giuridicamente nell'ambito del diverso delitto previsto dall'art. 319 quater c.p., poiché si è dei tutto fuori da rapporti sinallagmatici e, comunque, diretti a reciproci vantaggi, bensì si è in presenza di comportamenti caratterizzati da atteggiamenti incontestabilmente intimidatori, volti a far valere la "posizione rivestita".
Ciò dà conferma a tale corretta conclusione ermeneutica, anche dopo la novella del 2012 n.190, l'abuso della qualità da parte del pubblico agente, che concorre ad integrare il delitto di concussione, consiste in una strumentalizzazione della sua posizione di preminenza sul privato, posta in essere indipendentemente dalle specifiche competenze (Sez. VI, 12 febbraio 2014, n. 10604).
In altri termini, ai fini della configurabilità del delitto di concussione mediante abuso della qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, non è necessario che l'atto intimidatorio rifletta la specifica competenza dei soggetto attivo, ma è sufficiente che la qualità soggettiva lo renda credibile e idoneo a costringere all'indebita promessa o daziane di denaro o di altra utilità.
Il riferimento chiaro alla posizione di "preminenza" manifestato esplicitamente o anche indirettamente è più volte affermato nelle sentenze di merito, riguarda essenzialmente un accertamento di fatto adeguatamente motivato dal Tribunale e condiviso, mediante dettagliate argomentazioni, dalla Corte d'appello.
Ciò che dà consistenza e rende coerente le conclusioni raggiunte dalla Corte d'appello è la esclusione ìn alcuni episodi della configurazione illecita, ìn ragione dei dettagliati racconti di alcuni testi, quale P.G. di tenore diverso rispetto a quelli degli altri che han parlato di condotte "disinvolte" di S. volte a manifestare abuso della "qualità" e a ottenere utilità in termini dei tutto privi di ogni interesse degli altri soggetti privati, ritenuti del tutto attendibili (pp.27 e 28 sent. cit.).
6.1. La Corte territoriale ha compiutamente esposto le ragioni per le quali ha ritenuto la sussistenza degli elementi richiesti per la configurazione dei delitti de quíbus e le condotte alle quali ha riconosciuto tale illecita connotazione, in tal modo implicitamente disattendendo la richiesta di rinnovazione del dell'istruttoria dibattimentale.
Altrettanto manifestamente infondata e la censura, reiterata con i motivi d'appello, relativa alla violazione dell'art. 521 c.p. Come noto, si è in presenza di continuità normativa tra le ipotesi di reato introdotta dalla legge n. 190 del 2012 e quelle precedente racchiuse "unitariamente" nella fattispecie di cui all'art. 317 c.p., spettando dunque al giudice di merito, rispetto alle condotte "costrittive o induttive", verificare quale in concreto sia stata realizzata; valutazione correttamente svolta da entrambi i giudici di merito e altrettanto correttamente motivata.
6.2. In conclusione, a fronte di una plausibile ricostruzione della vicenda, come ampiamente descritta in narrativa, su precisi riferimenti probatori operati dal giudice d'appello, in questa sede, non è ammessa alcuna incursione nelle risultanze processuali - come richiesta con i motivi di ricorso e reiterata con i motivi nuovi - per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti che integrano il delitto oggetto di imputazione, dovendosi la Corte di legittimità limitare a ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali.
7. Inammissibili le censure riferite alle ragioni per le quali la Corte d'appello, in linea con le conclusioni dei Tribunale, ha ritenuto corretto il trattamento sanzionatorio, correttamente, ritenendolo in tal modo giustificato nel suo complesso, anche per il diniego delle attenuanti generiche, peraltro non espressamente richieste e delle quali sono già state indicate in narrativa le rinnovate ragioni di diniego.
Anche qui, si è in presenza di una motivazione logicamente e giuridicamente corretta quanto all’adeguatezza della pena inflitta, individuando in relazione ai criteri di cui all'art. 133 c.p. - come già detto in narrativa - la pena base per il reato più grave e le ulteriori pene per gli altri reati satelliti unificati nel vincolo della continuazione.
8. II ricorso è, dunque, inammissibile e, a norma dell'art. 616 c.p.p, il ricorrente va condannato, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni richieste dalla sentenza della Corte costituzionale 13 giugno 2000, n.186.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1500 in favore della cassa delle ammende.