Ordinanze viabilità:"al di fuori dei provvedimenti contingibili e urgenti, il sindaco non può adottare un'ordinanza in materia di viabilità ordinaria, esercitando altrimenti un atto di gestione che compete in via esclusiva al dirigente”.

parere dell'Interno

Raccolta di pareri espressi dal Ministero in materia di Enti locali

Sono state sollevate alcune perplessità sulla competenza del comandante della polizia municipale di …. ad adottare l’ordinanza con la quale sono state disposte alcune modifiche alla viabilità urbana.
Al riguardo, si rileva preliminarmente che il piano urbano del traffico (PUT) – da cui dovrebbero derivare le eventuali modificazioni alla viabilità - secondo quanto previsto dall’art. 36, comma 5 del C.d.S. viene aggiornato ogni due anni. Il predetto PUT, essendo uno strumento di programmazione e, dunque, a valenza generale, è demandato all’approvazione degli organi collegiali del Comune.
Occorre tenere presente, tuttavia, che l’art. 107, comma 5 del d. lgs. n. 267/2000 prevede che “le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I titolo III (consiglio, giunta e sindaco) l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall’art. 50, comma 3 e dall’art. 54” dello stesso decreto legislativo.
Talché, le competenze assegnate, in particolare dal codice della strada, al sindaco (fuori dei casi di cui ai citati articoli 50 e 54 del d. lgs. n. 267/2000) si intendono oggi demandate al dirigente.
Su punto la giurisprudenza (T.A.R. Lombardia, sentenza n.13/01/2003, n. 904) ha specificato che “al di fuori dei provvedimenti contingibili e urgenti, il sindaco non può adottare un'ordinanza in materia di viabilità ordinaria, esercitando altrimenti un atto di gestione che compete in via esclusiva al dirigente”.
In particolare il TAR Lombardia – sezione di Brescia -, con la sentenza 8 gennaio 2011, n. 10 ha ribadito tale principio affermando che l’art. 7 del codice della strada, che assegna al sindaco il potere di regolamentare la circolazione dei veicoli, va coordinato con la posteriore norma del già citato art. 107. La competenza del sindaco in tema di limitazioni della circolazione deve quindi ritenersi attratta nella competenza propria del dirigente di settore, in quanto si tratta di funzioni di gestione ordinaria.

Il segretario comunale è il responsabile amministrativo su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta o al Consiglio sebbene non esprime più il parere di legittimità

La giurisprudenza contabile ha avuto modo di affermare ripetutamente che l’intervenuta soppressione del parere di legittimità del segretario su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta o al Consiglio non esclude che permangano in capo al segretario tutta una serie di compiti ed adempimenti che, lungi dal determinare un’area di deresponsabilizzazione del medesimo, lo impegnano, invece, ad un corretto svolgimento degli stessi, pena la sua soggezione, in ragione del rapporto di servizio instaurato con l’ente locale, all’azione di responsabilità amministrativa, ove di questa ricorrano gli specifici presupposti.

N°217/2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI

Sezione Giurisdizionale Regionale per la Toscana composta dai seguenti magistrati:

- prof. Francesco Pezzella Presidente

- dott. Carlo Greco Consigliere

- dott. Angelo Bax Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nel giudizio di responsabilità recante il n. 58736/Rel del registro di segreteria, promosso dal Sostituto Procuratore Generale ed instaurato con atto di citazione depositato in segreteria in data 27 gennaio 2011 nei confronti dei signori:

a) Roberto Bozzi, rappresentato e difeso dall’avv. Chiara Jannuzzi, presso cui è elettivamente domiciliato in Arezzo, alla via Ristoro D’Arezzo, n. 166;

b) Mario Ciappi, non costituito in giudizio;

c) Rossano Mancusi, rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Emilio Paolini, presso cui è elettivamente domiciliato in Arezzo, alla via Ristoro D’Arezzo, n. 166;

d) Gabriele Morandini, rappresentato e difeso dall’avv. Gaia Paolini, presso cui è elettivamente domiciliato in Arezzo, alla via Ristoro D’Arezzo, n. 166;

e) Fulvia Nico, rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Pisillo, ed elettivamente domiciliata presso l’avv. Domenico Iaria, in Firenze, alla via De’ Rondinelli n. 2.

Uditi, nella pubblica udienza del 6 luglio 2011 il consigliere relatore dott. Angelo Bax, il rappresentante del Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Letizia Dainelli, nonché gli avv.ti Emilio Paolo Paolini per il sig. Rossano Mancusi, Gaia Paolini per il sig. Gabriele Morandini e Giulia Zani, su delega dell’ avv. Fabio Pisillo, per la sig.ra Fulvia Nico.

visto l’ atto introduttivo del giudizio ed i documenti tutti del giudizio.
FATTO e DIRITTO

1. Con atto introduttivo del giudizio di responsabilità depositato presso la segreteria di questa Sezione il 27 gennaio 2011 la Procura Regionale contabile conveniva in giudizio davanti a questa Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti i i sigg.ri Roberto Bozzi, Mario Ciappi, Rossano Mancusi, Gabriele Morandini e Fulvia Nico.

La parte attorea chiedeva la condanna degli odierni convenuti, tutti legati da rapporto di servizio a vario titolo con il Comune di Castelnuovo Berardenga, ed in specie i signori Roberto Bozzi ( sindaco), Mario Ciappi (assessore), Rossano Mancusi( segretario comunale e direttore generale), Gabriele Morandini (responsabile di Ragioneria), Fulvia Nico (responsabile del Settore “servizi ai cittadini ed affari generali”) per il danno erariale pari a € 11.830,25 derivante dalla realizzazione e distribuzione dei rendiconti amministrativi 2004 – 2009 del da parte del Comune di Catelnuovo Berardenga.

Nella fattispecie oggetto del presente giudizio la Procura evidenziava che con delib. G.C. n. 44 dell’11 marzo 2009 il Comune di Berardenga aveva disposto la realizzazione di un libretto contenente il rendiconto del mandato amministrativo del sindaco per gli anni 2007 – 2009 da inviare a tutte le famiglie del territorio comunale, con modifiche al progetto iniziale relative alla anticipazione della tempistica di consegna, per il rendiconto amministrativo.

La esecuzione del menzionato progetto era affidato alla ditta Milc s.r.l. con garanzia dei tempi di consegna entro il 22 marzo 2009.

Con la citata deliberazione la Giunta Comunale disponeva di dare mandato al responsabile del Settore 1 “Servizi al Cittadino ed Affari Generali” affinché effettuasse la necessaria integrazione all’impegno di spesa, tenendo conto della maggiore spesa necessaria pari a € 3.655,00 oltre IVA.

Sulla proposta di deliberazione veniva espresso parere favorevole dal responsabile del Settore “Servizi ai cittadini ed affari generali” (dott.ssa Fulvia Nico) e dal responsabile del servizio ragioneria (Gabriele Morandini).

Il verbale della deliberazione veniva approvato e sottoscritto dall’assessore Mario Ciappi, dal sindaco Roberto Bozzi e dal segretario Comunale Rossano Mancusi.

A seguito di istruttoria svolta dalla Guardia di Finanza – Nucleo Polizia Tributaria di Siena emergeva quanto segue.

Con diversi atti amministrativi (delib. del 29 ottobre 2002 n. 159, n. 146 del 26 ottobre 2004 e n. 147 del 30 settembre 2005) il Comune di Berardenga aveva stabilito di gestire il servizio di informazione, comunicazione e relazioni con il pubblico in forma associata tra i comuni di Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti e Radda in Chianti, con il coordinamento degli uffici Relazione con il pubblico, e in più con la costituzione di un Ufficio Stampa Unitario.

Successivamente in data 4 dicembre 2007, vista la decisione della conferenza dei Sindaci dei suddetti Comuni del 23 novembre 2007, e ritenuto il ruolo di capofila del consorzio dei Comuni del Chianti Senese assegnato al Comune di Berardenga, si decideva di affidare il servizio ufficio stampa associato mediante concessione a terzi con gara di cottimo fiduciario da esperire con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’ art. 83 del D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163.

La Robespierre s.a.s. si aggiudicava il servizio per il periodo 1 marzo 2008 – 31 dicembre 2009 con sottoscrizione della relativa convenzione in data 26 febbraio 2008.

Dal capitolato relativo allo svolgimento della suddetta attività emergeva anche la “realizzazione, con cadenza quadrimestrale di un periodico inerente le attività ed i servizio dei Comuni del circondario del Chianti Senese”, ed in relazione a tale prestazione veniva stabilito che le spese inerenti la stampa del periodico e la relativa distribuzione erano a carico al comune di Castelnuovo Berardenga.

Tra le prestazioni inerenti l’ufficio stampa veniva prevista la “realizzazione di prodotti informativi (brochure, opuscoli, manifesti, locandine) a supporto dell’attività di comunicazione relativa alle funzioni gestite ed ai servizi svolti dai Comuni del Circondario del Chianti Senese.”

Con determinazione n. 1S/158 in data 20 novembre 2008 ad oggetto “Rendiconto della Amministrazione Comunale per gli anni 2007 – 2009 – Impegno di Spesa”, il Funzionario Responsabile del Settore I “Servizi al cittadino ed affari generali” e del “Servizio “Informazione e Comunicazione”, vista la volontà del sindaco di realizzare il rendiconto del suo mandato amministrativo per gli anni 2006 – 2009 da inviare a tutte le famiglie del territorio comunale, determinava:

a) di affidare alla ditta Robespierre s.a.s. l’attività di produzione testi, il reperimento e la correzione di dati e documenti, la supervisione sulla impaginazione di testi e grafica, nonché la consulenza della stesura del rendiconto amministrativo, per un importo pari a € 1.200,00 oltre IVA;

b) di affidare alla ditta Milc s.r.l. il lavoro di progettazione grafica per la realizzazione della brochure, nonché la realizzazione degli esecutivi di stampa, pari a € 1800,00, oltre IVA;

c) di assegnare alla cooperativa Roto Stampa la stampa di n. 5000 copie (di cui 4.000 da consegnare alle Poste e 1.000 al Comune di Castelnuovo Berardenga del “rendiconto amministrativo per gli anni 2007 – 2009”, secondo le specifiche tecniche richieste, per un importo pari a € 2.195,00 oltre IVA;

d) di impegnare per il menzionato scopo la somma di € 6.324,00, comprensiva di IVA, nonché l’ulteriore somma presunta di € 2.500,00 per la spedizione degli opuscoli alle famiglie del territorio comunale.

La cooperativa Roto Stampa in data 6 marzo 2009, a fronte della variazioni e della abbreviazione dei tempi concessi, comunicava di rinunciare alla fornitura, non potendo consegnare tempestivamente i fascicoli relativi al “rendiconto 2007 – 2009”.

Il complesso delle spese sostenute dal Comune di Berardenga per la realizzazione e l’invio dei “rendiconti amministrativi” per il periodo 2007 – 2009 era pari a € 11.830,025, afferente alla: a) produzione di testi (realizzata dalla Robespierre s.a.s.) b) creatività e consulenza grafica, realizzazione esecutivi per la stampa, impianti e stampa (eseguita dalla Milc Srl) c) spedizione del rendiconto alle famiglie (poste italiane s.p.a.).

La spesa gravante sull’Erario del Comune di Berardenga era contestata dalla Procura contabile in quanto causativa di danno erariale ed addebitata agli odierni convenuti in giudizio, vista l’inutilità della spesa e la evitabilità del danno patrimoniale, anche ai sensi della normativa di specie primaria (artt. 2, comma 2, e 9 della l. 7 giugno 2000 n. 150), e delle indicazioni in ordine alla sua applicazione (Dir. Min. 7 febbraio 2002).

In particolare le attività oggetto dell’incarico conferito (con determinazione n. 1S/158 del 20 novembre 2008) alla ditta Robespierre s.a.s. ed alla Milc s.r.l. potevano ritenersi comprese tra quelle previste dall’art. 1 del capitolato allegato alla convenzione sottoscritta il 26 febbraio 2008 tra l’Agenzia Robespierre ed il comune di Castelnuovo Berardenga.

Inoltre la maggiore spesa pari a € 4.386,00, di cui alla deliberazione della Giunta Comunale n. 44 dell’11 marzo 2009, era da considerarsi illegittima e non correlata ad alcuna finalità pubblica, e tale aggravio di spesa era riconducibile alla condotta del sindaco ed al suo interesse personale a far sì che le brochure (ad oggetto il rendiconto amministrativo del mandato amministrativo) contenessero le variazioni progettuali da lui richieste e venissero distribuite ai cittadini prima delle “elezioni primarie” (che si sarebbero tenute il 22 marzo 2009).

La Giunta Comunale ed i funzionari amministrativi avevano, in sostanza, “sanato” la condotta illecita e arbitraria del sindaco, ritenuto che, peraltro, alla data dell’11 marzo 2009 gli opuscoli erano stati già stampati, in parte consegnati al Comune ed in parte in distribuzione alle famiglie del territorio comunale tramite le Poste Italiane.

Secondo la Procura contabile la somma complessiva di redazione, stampa e distribuzione del “rendiconto amministrativo”, pari a € 11.830,25 costituiva danno erariale, sia per il contenuto autoreferenziale e di promozione personale del sindaco, sia perché non poteva ritenersi idoneo strumento di attuazione dei principi che devono connotare la rendicontazione di un’amministrazione pubblica relativa all’operato in un determinato periodo.

La gestione “personalistica” da parte del sindaco della vicenda di cui è causa determinava la responsabilità a carico degli odierni convenuti, ed in particolare, secondo la parte attorea nella misura del 70% a carico del sindaco, principale “attore” della vicenda, mentre la residua quota era da assegnare in parti uguali agli altri convenuti: a) Mario Ciappi, il quale nella sua qualità di assessore, dopo aver partecipato alla seduta della Giunta Comunale esprimendo voto favorevole, unitamente agli altri assessori, aveva successivamente sottoscritto il relativo verbale senza sollevare alcun rilievo in merito alla palese illegittimità; b) Rossano Mancusi, segretario comunale nonché direttore generale del Comune, il quale aveva dichiarato di aver firmato il verbale della delib. della Giunta Comunale senza preoccuparsi di leggerla, manifestando grave negligenza e non tutelando in maniera adeguata gli interessi finanziari dell’ente, a fronte della illegittimità ed inutilità della spesa; c) Gabriele Morandini, responsabile del settore servizio economico e finanziario, il quale aveva espresso parere di regolarità contabile; d) Fulvia Nico, funzionario responsabile del Settore 1 “Servizi al cittadino ed affari generali” e “Servizio “informazione e Comunicazione” che, nonostante un comportamento successivo all’illecito erariale, finalizzato ad evitare un pregiudizio patrimoniale, aveva in ogni caso adottato atti presupposti agevolativi della decisione del Sindaco ed aveva reso parere favorevole alla delibera di cui trattasi.

Ritenute infondate le deduzioni, con riferimento all’indebito esborso il P.M. contabile citava in giudizio gli odierni convenuti per quivi sentirli condannare al pagamento in favore dell’Erario del Comune di Castelnuovo Berardenga della somma di € 11.830,25 costituita per una parte, pari a € 7.444,25, dalla determinazione della sig.ra Nico ad oggetto la stampa e la spedizione dell’ elaborato – Rendiconto di fine mandato, e per altra parte, pari a € 4.386,00, per rinuncia all’ incarico da parte della tipografia Roto Stampa ed affidamento ad altra ditta.

La richiesta attorea comprendeva, inoltre, la rivalutazione, gli interessi legali e le spese di giudizio.

2. In data 1 luglio 2001 la Procura Regionale depositava documentazione attestante il decesso del sig. Mario Ciappi in data 11 giugno 2011.

3. Con memoria del 16 giugno 2011 si costituiva in giudizio il sig. Roberto Bozzi, il quale deduceva che: a) l’obbligo della stampa del rendiconto non era compreso tra i doveri della ditta Robespierre; b) il compenso aggiuntivo a quello onnicomprensivo stabilito in convenzione era stato effettuato dalla dott.ssa Nico che, peraltro, aveva sottoscritto la convenzione con l’agenzia Robespierre in data 26 febbraio 2008; c) le variazioni al rendiconto di fine mandato (su cui si era lavorato dal novembre 2008 al gennaio 2009) erano state decise non solo dal sindaco ma anche da altri assessori, siccome si poteva evincere dal testo della stessa delibera n. 44/2009, ed il riferimento alle primarie come dies ad quem (22 marzo 2009), entro cui pubblicare il rendiconto, era stata un’ iniziativa della sig.ra Nico, e non un inciso determinato dal sindaco, per cui la delibera sotto il profilo contabile non costituiva un’inammissibile sanatoria a fronte del comportamento del sindaco che si era attivato per la conclusione in tempi brevi e certi della vicenda della pubblicazione del rendiconto.

4. Con memoria di costituzione del 16 giugno 2011 il sig. Rossano Mancusi osservava che:

a) nella seduta dell’11 marzo 2009 (data della delib. 44/2009) la discussione fu sommaria, e non furono oggetto di discussione le modifiche tecniche autorizzate direttamente dal sindaco al progetto originario, l’esibizione del preventivo della Milc srl e quello riguardante la giustificazione della maggiore spesa;

b) non poteva ravvisarsi una colpa grave a carico del sig. Mancusi per non aver letto, come segretario comunale, la delib. 44/2009 prima della pubblicazione, vista la competenza e la correttezza dei responsabili dei vari servizi;

c) per quanto concerne la omissione della tutela degli interessi finanziari dell’ Ente, la sig.ra Nico con nota n. 6070 del 27 aprile aveva invitato la Giunta ed il sindaco a rimeditare in ordine alla delibera, anche con un provvedimento di autotutela, ed il segretario comunale aveva portato la questione in giunta per le decisione del caso, ed in particolare per eliminare nella delibera 44 dell’11 marzo 2009 il riferimento alle elezioni primarie come termine utile per la pubblicazione del rendiconto, considerato che il sindaco aveva dichiarato di non avervi fatto mai cenno;

d) che in ogni caso la questione era stata gestita sempre in prima persona dalla sig. ra Nico, referente del Comune in merito alla vicenda.

5. Il sig. Gabriele Morandini con memoria di costituzione del 30 giugno 2011 lamentava che:

a) il parere favorevole di regolarità contabile non investiva la legittimità ex se delle deliberazioni proposte, ma andava circoscritto all’ambito delle specifiche e tecniche competenze del proprio settore, non potendo pronunciarsi sul merito o sull’opportunità della proposta di deliberazione;

b) l’aver verificato 1) la competenza dell’organo che aveva adottato la determinazione in materia 2) la copertura finanziaria per l’integrazione dell’impegno di spesa con corretta imputazione al relativo capitolo; 3) la completezza della documentazione, esonerava il convenuto da qualunque responsabilità;

c) spettava alla sig.ra Nico verificare che la proposta di deliberazione rispettasse tutte le norme tecniche in materia e la rispondenza della medesima ai fini istituzionali dell’ ente.

6. Con memoria del 15 giugno 2011 la sig.ra Fulvia Nico si costituiva in giudizio e deduceva che:

a) non sussisteva un pregiudizio in capo all’ente, atteso che la rendicontazione, momento a valenza politica, non sindacabile in siffatta sede, era stata posta in essere dal Comune con risorse proprie in via autonoma rispetto al servizio associato di informazione; il rendiconto, già previsto nel PEG del 2008 ( progetto n. 636) , non poteva essere ricompreso nella convenzione del 2008. che atteneva a servizi anche nell’interesse degli altri comuni del Circondario del Chianti senese;

b) il parere favorevole emesso sulla delib. 44/99 atteneva alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato, senza avere alcuna incidenza né portata caducatoria sul contenuto della deliberazione emessa dall’organo politico, e pur costituendo i presupposti di diritto per la validità formale delle deliberazioni, i pareri, non potevano interferire sull’autonomo e corretto esercizio dei poteri spettanti all’organo deliberante. Occorreva anche considerare che la regolarità contabile era stata attestata mediante specifico parere ad hoc reso dal responsabile di ragioneria ;

Vieppiù non poteva la funzionaria sindacare la deliberazione, non sussistendo macroscopici profili di illegittimità, atteso che la Giunta ed il Sindaco in primis avevano determinato modifiche ad un progetto già previsto ed impegnato, ed avevano deciso di anticipare i tempi di consegna del documento;

c) non sussisteva l’elemento psicologico, nella specie della colpa grave, atteso che la sig.ra Nico si era fattivamente operata per evitare l’esborso di spese da parte del Comune in favore della ditta Milc, al fine di scongiurare il danno patrimoniale (nota del 27 aprile 2009);

d) la sig.ra Nico non aveva, inoltre, predisposto il provvedimento separato relativo all’impegno di spesa integrativo e (all. 6,7,8) aveva provveduto alla liquidazione della fattura solo a seguito di insistenti richieste del sindaco, e nella convinzione di ottemperare ad un ordine interno, anche per evitare la contestazione di un inadempimento dell’obbligazione da parte della società creditrice;

e) in subordine, ove ritenuta la sussistenza dell’elemento psicologico della colpevolezza (dolo o colpa grave) la parte convenuta chiedeva la riduzione dell’addebito.

7. Tutti i convenuti chiedevano l’assoluzione con vittoria di spese, diritti ed onorari.

Nell’odierna udienza di discussione il Collegio prendeva atto della dichiarazione del rappresentante della pubblica accusa di non voler proseguire l’azione nei confronti degli eredi del defunto Ciappi e, a seguito della discussione in cui i difensori delle parti convenute insistevano per il proscioglimento da ogni addebito, mentre il Pubblico Ministero, di converso, insisteva per l’accoglimento delle pretese attoree, la causa veniva introitata per la decisione.

8. Osserva il Collegio in via preliminare, per quanto attiene alla vicenda processuale del sig. Mario Ciappi, che in presenza della volontà manifestata dalla Procura contabile di non riassumere il giudizio nei confronti degli eredi si deve procedere a pronuncia di estinzione dell’azione di responsabilità per decesso del responsabile, atteso che spetterebbe solo alla parte attorea promuovere l’ accertamento dei presupposti della trasmissione ereditaria del debito risarcitorio: in termini Sez. I Centr. 16 marzo 2012 n. 139, 27 gennaio 2010 n. 62 e 19 maggio 2006 n. 116.

9. Entrando nel merito, la richiesta della parte attorea è parzialmente fondata ed è parzialmente da accogliere nei sensi di cui in motivazione.

La Procura contesta agli odierni convenuti l’inutilità della spesa e la evitabilità del danno patrimoniale sopportato dal Comune di Berardenga per la realizzazione e l’invio dei rendiconti amministrativi per il periodo 2007 – 2009.

Occorre osservare che nell’ambito degli indirizzi di modernizzazione delle amministrazioni pubbliche assume rilevanza l’adozione di iniziative e strumenti di trasparenza, relazione, comunicazione ed informazione diretti a realizzare un rapporto aperto con i cittadini.

Alcune disposizioni di legge, e tra esse la legge 7 agosto 1990 n. 241 e la legge 7 giugno 2000 n. 150, nell’ottica di tale orientamento, hanno introdotto principi operativi e strutture organizzative volti a questo scopo.

Tra le iniziative adottate dalle Amministrazioni vi è quella della rendicontazione sociale che risponde alle esigenze conoscitive dei diversi interlocutori (singoli cittadini, famiglie, imprese, associazioni, altre istituzioni pubbliche o private), cui è consentito di comprendere e valutare gli effetti dell’azione amministrativa.

Gli strumenti per realizzare la rendicontazione sociale sono molteplici, e tra essi il bilancio sociale pubblico può essere considerato il principale, “in quanto finalizzato a dar conto del complesso delle attività dell’Amministrazione e a rappresentare in un quadro unitario il rapporto tra visione politica, obiettivi, risorse e risultati”: in termini la direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Funzione pubblica 17 febbraio 2006 (G:U. n. 63 del 16 marzo 2006).

La base normativa primaria di riferimento è costituita dalla l. 7 giugno 2000 n. 150, art. 2 che dispone: “1. Le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni si esplicano, oltre che per mezzo di programmi previsti per la comunicazione istituzionale non pubblicitaria, anche attraverso la pubblicità, le distribuzioni o vendite promozionali, le affissioni, l’organizzazione di manifestazioni e la partecipazione a rassegne specialistiche, fiere e congressi. 2. Le attività di informazione e di comunicazione sono attuate con ogni mezzo di messaggi, anche attraverso la strumentazione grafico – editoriale, le strutture informatiche, le funzioni di sportello, le reti civiche, le iniziative di comunicazione integrata e i sistemi telematici multimediali”.

L’art. 9 della citata legge prevede, inoltre, che le Amministrazioni pubbliche possano dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa, la cui attività è in via prioritaria indirizzata ai mezzi di informazione di massa.

In particolare (Dir. Min. 7 febbraio 2002) l’Ufficio Stampa si occupa: a) della redazione di comunicati riguardanti sia l’ attività dell’ Amministrazione e del suo vertice istituzionale sia quella di informazione, promozione, lancio dei servizi; b) dell’organizzazione di conferenze, incontri ed eventi stampa; della realizzazione di una rassegna stampa quotidiana o periodica anche attraverso strumenti informatici; c) del coordinamento e della realizzazione della newsletter istituzionale e di altri prodotti editoriali.

9.1. La finalità istituzionale disegnata dal quadro normativo suddetto, secondo la Procura, è stato implementata con un uso scorretto delle risorse finanziarie e con consequenziale danno erariale.

In specie la parte attorea ritiene che “le attività oggetto dell’incarico conferito, con determinazione n. 1S/158 del 20 novembre 2008, alla ditta Robespierre s.a.s. nonché del correlato incarico alla Milc s.r.l. possano ritenersi comprese tra quelle previste dall’art. 1 del Capitolato allegato alla Convenzione sottoscritta, in data 26 febbraio 2008, tra l’Agenzia Robespierre ed il Comune di Castelnuovo Berardenga.

“Per quanto concerne , poi, la maggiore spesa pari a € 4.386,00 (IVA compresa) di cui alla deliberazione della Giunta Comunale n. 44 dell’11 marzo 2009, si rileva che la stessa si palesa illegittima e non correlata ad alcuna finalità pubblica, stante il fatto che tale aumento di spesa è riconducibile alla condotta del Sindaco connotata da un interesse personale dello stesso a far sì che le brochure – aventi ad oggetto il rendiconto amministrativo del proprio mandato – contenessero le variazioni progettuali da lui richieste e venissero distribuite ai cittadini prima delle “elezioni primarie” che si sarebbero tenute in data 22 marzo 2009 per la scelta del candidato a Sindaco”.

Le poste fonte di presunto danno erariale sono, nella prospettazione di parte attorea, due: a) l’una, pari a € 7.444,25, derivante dall’aver il Comune pagato nuovamente una spesa già prevista nella convenzione sottoscritta, in data 26 febbraio 2008, tra l’Agenzia Robespierre ed il Comune di Castelnuovo Berardenga; b) l’altra, pari ad € 4.386,00, derivante dall’aver il Sindaco, per fini personali (competizione elettorale delle cd. primarie elettorali, afferenti cioè la elezione di un candidato in uno o più partiti politico coalizzati) aver accelerato il tempo per la realizzazione del rendiconto amministrativo.

Delle due poste il Collegio ritiene fondata unicamente la seconda.

La prima posta è priva di fondamento per assenza del danno erariale, atteso che l’attività svolta per la stampa del rendiconto di fine mandato non era ricompresa tra le attività che la ditta Robespierre avrebbe dovuto in ogni caso prestare in base alla convenzione stipulata con il consorzio dei comuni.

Dal testo allegato alla convenzione (del 26 febbraio 2008), siccome deduce in maniera convincente il legale difensore di Bozzi, non si evince un obbligo per la Robespierre s.a.s. di stampare, alla fine del relativo quinquennio, il rendiconto di fine mandato, ma altri obblighi quali: stampare un periodico (con cadenza quadrimestrale) delle attività dei servizi e di Comuni consorziati, provvedere alla redazione degli articoli di “Chiantinsieme”, organizzare conferenze stampa e curare la redazione e l’invio di comunicati stampa su iniziative promosse da associazioni con il territorio con il patrocinio di almeno uno degli enti locali del circondario del Chianti senese, elaborare cartelle stampa (comparabile ad un biglietto da visita dell’ente).

Anche nell’elencazione delle prestazioni secondarie (raccolta e archivio rassegna stampa, attività di consulenza per individuare strategie di comunicazione mirate ed innovative) ed aggiuntive (redazione di un piano di comunicazione annuale per ogni comune, attività di consulenza per l’ elaborazione di testi per lettere mirate alla popolazione, elaborazione di interventi audio ed invio alle redazioni radiofoniche, creazione di moduli standardizzati e suggerimenti) non si evince un’obbligazione gravante sulla Robespierre per la produzione del rendiconto di fine mandato.

In sintonia con gli orientamenti consolidati della giurisprudenza in tema di interpretazione degli atti amministrativi, che ritiene operativi i principi elaborati in materia contrattuale, può quindi affermarsi che dal tenore letterale della convenzione non può ritenersi la produzione del rendiconto di fine mandato tra le obbligazioni da eseguire da parte della Robespierre.

L’esborso operato dall’ Amministrazione comunale pari a € 7.444,25, pertanto, non costituisce un aggravio di spesa (in quanto duplicazione di spesa), e non sussiste, quindi, la responsabilità amministrativa per assenza del danno, primo elemento della responsabilità amministrativa.

9.2. Sussiste, a parere del Collegio, il danno erariale in ordine alla seconda posta, atteso che il sindaco ha “accelerato” i tempi di pubblicazione del rendiconto di fine mandato, non per giuste e legittime finalità istituzionali, cioè per informare in maniera chiara ed intellegibile i cittadini ed i diversi interlocutori al fine di conoscere e formulare un proprio giudizio su come l’Amministrazione ha interpretato e realizzato la sua missione istituzionale ed il suo mandato e sviluppando in siffatto modo meccanismi di controllo sociale (cfr. par. 2 delle linee guida per la rendicontazione sociale negli enti locali del Ministero dell’Interno 7 giugno 2007), ma per una promozione personale del sindaco e quindi per una mera finalità personale ed autoreferenziale.

L’obiettivo perseguito dal sindaco era, quindi, la distribuzione ai cittadini del rendiconto amministrativo prima delle “elezioni primarie” che si sarebbero tenute il 22 marzo 2009 per la scelta del candidato a sindaco.

Né, come osservato dalla Procura, rilevava l’operatività del divieto previsto dalla l. 28/2000 (art. 9) per tutte le pubbliche amministrazioni di attività di comunicazione, ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per lo svolgimento delle proprie funzioni; infatti ove anche la consegna delle brochure sul rendiconto amministrativo fosse avvenuta entro il 26 marzo 2009 (da parte della ditta Milc) sarebbe intercorso ancora circa un mese prima dello svolgimento delle operazioni elettorali con l’osservanza del limite temporale previsto dalla legge.

Le maggiori spese pari a € 4.386,00 determinate dalla condotta del sindaco, e di cui alla deliberazione n. 44/2009, costituiscono di conseguenza un danno ingiusto.

Ritenuta la sussistenza del danno e, passando all’elemento soggettivo, si evidenzia un comportamento gravemente colposo a carico degli odierni convenuti signori Roberto Bozzi, Rossano Mancusi e Fulvia Nico.

Maggiore incidenza causale deve assegnarsi al sindaco sig. Bozzi il quale, come evidenziato dalla Procura: a) ha incaricato direttamente il responsabile del “Servizio informazione e comunicazione” b) ha commissionato alla Milc le variazioni da apportare a quanto già stabilito; c) ha valutato rispondente ad un concreto interesse pubblico e quindi lecito far sì che la consegna della brochure avvenisse prima del 26 marzo 2009; d)ha consapevolmente illustrato alla Giunta Comunale - nella seduta dell’11 marzo 2009 – la necessità di deliberare in ordine a fatti che si erano già compiutamente realizzati.

Il reiterato comportamento posto in essere e derivante da una negligente interpretazione del bilancio sociale, visto come strumento di propaganda politica, con illeciti riflessi finanziari sulle risorse dell’ ente comunale e non di trasparenza e di partecipazione democratica, è causativo di danno erariale, e determina una responsabilità amministrativa, in quanto è configurabile una colpa grave che, con terminologia penalistica, si potrebbe definire colpa con previsione.

Parimenti responsabile è il sig. Rossano Mancusi (segretario comunale nonché direttore generale) che ha dichiarato (anche in sede di audizione personale) di aver firmato il verbale della delib. della Giunta Comunale n. 44/2009, senza preoccuparsi di leggerla, e quindi ponendo in essere una condotta connotata da grave negligenza.

La giurisprudenza contabile ha avuto modo di affermare ripetutamente che l’intervenuta soppressione, ai sensi dell’art. 17, comma 85, della l. n. 127/1997, del parere di legittimità del segretario (comunale o provinciale) su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta o al Consiglio, già previsto dall’ art. 53 della l. n. 142/1990, non esclude che permangano in capo al segretario tutta una serie di compiti ed adempimenti che, lungi dal determinare un’area di deresponsabilizzazione del medesimo, lo impegnano, invece, ad un corretto svolgimento degli stessi, pena la sua soggezione, in ragione del rapporto di servizio instaurato con l’ente locale, all’azione di responsabilità amministrativa, ove di questa ricorrano gli specifici presupposti.

Ciò in quanto il suddetto art. 17 della l. 127/1997 e, successivamente, l’art. 97 del D.Lgvo 18 agosto 2000 n. 267, mantiene per il segretario comunale la specifica funzione ausiliaria di garante della legalità e correttezza amministrativa dell’azione dell’ente locale. Infatti il T.U. n. 267/20000 ha assegnato al segretario dell’ente locale, in linea generale, oltre agli altri compiti indicati dal menzionato art. 97, le “funzioni di collaborazione e di assistenza giuridico – amministrativa nei confronti degli organi dell’ente in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti” e quelle di “sovrintendere allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e di coordinarne l’attività”.

Sicché la predetta modifica normativa non esclude che il segretario comunale, proprio in virtù di tali specifici compiti di consulenza giuridico – amministrativa, possa essere responsabile in riferimento alla conformità dell’ azione amministrativa alle leggi, agli statuti ed ai regolamenti: cfr. Sez. I Centr. 7 aprile 2008 n. 1534 e Sez. II Centr. 23 giugno 2004 n. 197/A.

In sostanza l’affidamento al segretario comunale di funzioni di assistenza e di collaborazione giuridico ed amministrativa imponeva nella specie di esercitare il controllo di legittimità, seppure, come ha affermato questa Sezione (27 marzo 2012 n. 164), non sia sufficiente la mera attività di verbalizzazione per la sussistenza dell’elemento soggettivo.

Parimenti responsabile è la sig. Fulvia Nico che ha consentito la realizzazione degli intendimenti del sindaco, adottando i relativi atti e rendendo il parere favorevole alla delibera di cui si tratta, seppure si sia in seguito fattivamente adoperata al fine di evitare un pregiudizio patrimoniale consequenziale all’accollo al bilancio comunale degli oneri derivanti dall’ esecuzione di quanto deliberato: cfr. sulla responsabilità del responsabile del servizio questa Sezione 17 settembre 2009 n. 523 e Sez. II Centr. 14 gennaio 2009 n. 17.

Diversa la posizione del sig. Gabriele Morandini il quale, nella sua qualità di Responsabile del Settore Servizio Economico Finanziario, ha espresso parere favorevole di regolarità contabile, ai sensi dell’ art. 49 D.Lgs. n. 267/2000, non idoneo ex se, siccome statuito dalla giurisprudenza di questa Sezione, ad ascrivere la responsabilità amministrativa: cfr. questa Sezione 20 febbraio 2012 n. 85

Va, quindi, assolto per assenza dell’elemento soggettivo, il sig. Gabriele Morandini dalle contestazioni mosse nell’odierno giudizio.

Nella ripartizione del danno, atteso che si è in presenza di un concorso soggettivo colposo per cui opera la ripartibilità del danno, cfr. Sez. I Centr. 13 marzo 2008 n. 137, occorre dedurre le quote ascrivibili al sig. Mario Ciappi e Morandini Gabriele (e pari alla misura del 7,5% per ognuno dell’ importo contestato secondo quanto richiesto dalla parte attorea), da quantificare globalmente in € 657,90.

Tale importo deriva dal 30% (di € 4.386,00) astrattamente ascritto ai soggetti Mario Ciappi, Rossano Mancusi, Gabriele Morandini e Fulvia Nico, a fronte del 70% contestato al sig. Roberto Bozzi e da ripartire tra i suddetti quattro convenuti responsabili in via secondaria.

Il restante danno da ripartire tra gli altri convenuti, in relazione alla rilevanza dell’ apporto partecipativo di essi, è pari a € 3.728,10 che il Collegio ritiene di distribuire in siffatto modo: a) € 2.609,67 (ovvero il 70%) a carico del sig. Roberto Bozzi; b) € 745,62 (ovvero il 20%) a carico del sig. Rossano Mancusi; c) € 372,81 (il 10%) a carico della sig.ra Fulvia Nico.

Sulle somme, per le quali è pronunciata condanna, è altresì dovuta, in conformità all’indirizzo di questa Corte, la rivalutazione monetaria da calcolarsi secondo l’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), a decorrere dalla data del depauperamento patrimoniale patito dal Comune di Castelnuovo Berardenga che, nella fattispecie, va individuato nella data dell’1 aprile 2009, primo giorno del mese successivo a quello in cui sono stati posti in essere i comportamenti dannosi, e fino alla pubblicazione della presente sentenza.

Dalla data di pubblicazione sono altresì dovuti, sulla somma come sopra rivalutata, gli interessi nella misura del saggio legale fino all’effettivo pagamento.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno quantificate in € 949,04.=(Euro novecentoquarantanove/04.=)

Relativamente al sig. Gabriele Morandini, prosciolto nel merito, le spese legali ex art. 10 bis, comma 10, del d.l. 203/2005 vengono liquidate in € 730,00 di cui € 29,12 per spese non imponibili, € 308,00 per diritti € 315,00 per onorari oltre spese generali I.V.A. e C.P.A. applicando orientativamente le tariffe professionali soppresse dall’art. 9 del d.l. n. 1 del 24 gennaio 2012 e non ancora sostituite, per il caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, dagli appositi parametri che, ai sensi dello stesso art. 9 predetto, debbono essere individuati dal Ministro della Giustizia (calcolo effettuato sulla base di un valore di causa pari a € 887,15, con applicazione della tariffa disposta dall’art. 6 del D.M. n. 127 del 2004).

P.Q.M.

La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale della Regione Toscana - definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dal Vice Procuratore Generale nei confronti dei sigg.ri Roberto Bozzi, Mario Ciappi, Rossano Mancusi, Gabriele Morandini e Fulvia Nico, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, così decide: a) dichiara l’estinzione dell’azione di responsabilità nei confronti del sig. Mario Ciappi; b) condanna il sig. Roberto Bozzi alla somma di €. 2.609,67; c) condanna il sig. Rossano Mancusi alla somma di € 745,62, d) condanna la sig.ra Fulvia Nico alla somma di € 372,81; e) assolve il sig. Gabriele Morandini con rimborso delle spese legali così come quantificate in motivazione.

Gli importi dei condannati dovranno essere maggiorati della rivalutazione monetaria secondo il criterio di calcolo indicato in motivazione; su dette somme dovranno essere altresì corrisposti gli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza sino all’integrale soddisfo.

Il pagamento delle spese processuali per i convenuti condannati va quantificato nel complesso, fino alla presente decisione, in € 949,04.=(Euro novecentoquarantanove/04.=)

Così deciso in Firenze nella Camera di Consiglio del 6 luglio 2011.

L’ Estensore Il Presidente

F.to Angelo Bax F.to Francesco Pezzella



Depositata in Segreteria il 7 MAGGIO 2012

Il Direttore di Segreteria

F.to Paola Altini

Il cartello di sequestro apposto sul ciclomotore, per guida senza patentino e senza assicurazione, non può essere ritenuto equiparato ai sigilli la cui violazione è punita con l'art. 349 del codice penale.


Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 gennaio –30 maggio 2012, n. 20869 (per la password chiedere al seguente indirizzo: mariovincenzoserio@virgilio.it)

Parere ARAN del 25 maggio 2012 - Fruizione di ferie residue

RAL1070_Orientamenti Applicativi

Presso un ente il personale dirigente e non dirigente non ha fruito nei termini previsti dai contratti (anno di competenza o motivi particolari entro il 30 giugno dell’anno successivo) le ferie maturate. Come comportarsi? E’ corretto disporre un piano di smaltimento e, qualora non svolto, eliminare le ferie? Oppure cosa fare?
Giova innanzitutto evidenziare che la situazione prospettata, sicuramente rilevante sotto il profilo gestionale, non trova alcun supporto nella vigente disciplina legale e contrattuale delle ferie e non si ritiene che possa essere, in generale, giustificata con prassi comportamentali, dato che queste non possono essere in contrasto con le prime.
In proposito, preliminarmente, si reputa opportuno evidenziare che non può essere invocata a sostegno dello slittamento e dell’accumulo delle ferie la disciplina del D.Lgs. n.213/2004. Questa, infatti, si applica a tutti i datori di lavoro pubblici e privati dall'1.9.2004, facendo comunque salva la eventuale disciplina contrattuale vigente in materia di ferie.
Conseguentemente la disciplina dei CCNL in materia di ferie è sempre valida ed efficace e deve essere quindi rispettata come vincolo negoziale.
I termini di fruizione delle ferie previsti dall’art.18 del CCNL del 6.7.1995 devono, quindi, ritenersi prevalenti rispetto a quelli previsti dal D.Lgs.n.66/2003, nel testo modificato dal D. Lgs.n.213/2004, per la esplicita salvaguardia disciplina contrattuale contenuta nel citati decreti (indicazioni in tal senso si ricavano dai contenuti della circolare n.8/2005 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali). I termini, quindi, per la fruizione delle ferie continuano ad essere quelli indicati nell'art.18 del CCNL del 6.7.1995, sia per l'eventuale differimento per esigenze personali sia per il differimento per esigenze di servizio, e la loro violazione si può tradurre solo in una forma di inadempimento contrattuale, anche suscettibile di dar luogo a contenzioso giudiziario (Ministero del Lavoro, circolare n.8 del 2005).
Il diverso termine dei 18 mesi successivi all’anno di maturazione, previsto dal D.Lgs .n. 66/2003, per la fruizione delle ferie eccedenti le due settimane che obbligatoriamente devono essere fruite nell’anno di maturazione, come confermato dal Ministero del Lavoro nella medesima circolare n.8 del 2005, deve intendersi utile ai soli fini della possibile applicazione delle sanzioni amministrative, di cui all’art. 18 bis del medesimo D.lgs. n.66/2003. Il dipendente, quindi, non può chiedere di spostare la fruizione fino al 18° mese successivo a quello di maturazione; né tale spostamento può essere operato dal datore di lavoro.
La disciplina legale (D.Lgs.n. 213/2004) ha valore, invece, per quanto riguarda gli aspetti sanzionatori collegati ai seguenti inadempimenti:
a) mancata concessione di due settimane di ferie nel primo anno di maturazione, l'iniziativa compete sempre al dirigente, non occorre necessariamente la domanda del lavoratore (art. 2119 del codice civile);
b) mancata concessione di altre due settimane di ferie entro i 18 mesi successivi all'anno di maturazione;
Sul punto della fruizione delle ferie, si richiamano i seguenti principi già espressi nei vari orientamenti applicativi  già pubblicati:
le ferie sono un diritto irrinunciabile;
le ferie non fruite nel periodo previsto dal CCNL, possono sempre essere fruite anche in periodi successivi;
la monetizzazione delle ferie è consentita solo al momento della cessazione del rapporto di lavoro;
il divieto di monetizzazione è anche contenuto nel D.Lgs. n.66/2003;
Rispetto alla disciplina delle ferie, le situazioni, come quella descritta, devono considerarsi aspetti patologici della disciplina dell’istituto.
Infatti, occorre ricordare che nella vigente regolamentazione, fermo restando la necessità di assicurare la fruizione del diritto da parte del dipendente, l’ente, in base, alle previsioni dell’art.18 del CCNL del 6.7.1995, è chiamato a governare responsabilmente l’istituto attraverso la programmazione delle ferie. Tale aspetto assume particolare rilevo anche nei casi in cui il dipendente non abbia fruito delle ferie nell’anno di maturazione per ragioni di servizio.
Difatti, l’istituto non dipende, nelle sue applicazioni, esclusivamente dalla volontà del dipendente.
L'art.2109 c.c. espressamente stabilisce che le ferie sono assegnate dal datore di lavoro, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del lavoratore. L'applicazione di tale disciplina, pertanto, nel caso di inerzia del lavoratore o di mancata predisposizione del piano ferie annuale, consente all'ente anche la possibilità di assegnazione di ufficio delle ferie.
In base alla norma codicistica, le ferie sono assegnate dal datore di lavoro, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore. L’ applicazione di tale disciplina, pertanto, nel caso di inerzia del lavoratore o di mancata predisposizione del piano ferie annuale, consente all’ente anche la possibilità di assegnazione di ufficio delle ferie. Si veda, su tale materia, anche l’art.10, comma 2 del D.Lgs.n.66/2003.
Per il caso della mancata fruizione delle ferie per ragioni di servizio entro il primo semestre o nel caso di mancata fruizione derivante dalla mancata richiesta del dipendente si richiamano i contenuti dello specifico orientamento applicativo 795-18H5 i cui contenuti possono riassumersi come di seguito indicato.
In queste ipotesi, patologiche e che dovrebbero essere perciò anche di eccezionale verificazione, esclusa sia la monetizzazione delle ferie sia la perdita delle stesse, dato che si tratta di un diritto irrinunciabile, il dipendente può fruirne anche al di là dei termini fissati ma è l’amministrazione, eventualmente, a fissare i periodi di fruizione, in applicazione dell’art.2109 del c.c. (le ferie sono assegnate dal datore di lavoro tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore).
Normalmente, infatti, l’amministrazione garantisce la continuità dei servizi ed assicura il godimento delle ferie ai propri dipendenti, nel rispetto anche delle scadenze previste dal contratto, avvalendosi del citato art.2109 del c.c. attraverso la predisposizione di appositi e completi piani ferie e in caso di inerzia dei lavoratori o di mancata predisposizione dei piani stessi anche attraverso l’assegnazione d’ufficio delle ferie.
In caso di disfunzioni organizzative determinatesi a seguito della cattiva gestione dei poteri datoriali, tra cui rientrano sicuramente quelli di amministrazione del personale, e tradottesi in un danno, anche funzionale, per l’amministrazione, il dirigente potrebbe essere chiamato a risponderne alla luce di quella responsabilità dirigenziale più volte richiamata dal D.Lgs n. 165/2001.
Peraltro, solo specifiche e straordinarie esigenze di servizio (“indifferibili”, secondo l’indicazione contrattuale) possono giustificare il rinvio della fruizione, a tale titolo, delle ferie fino alla fine dell’anno successivo a quello di maturazione; la sussistenza di esigenze aventi tali caratteristiche deve essere, formalmente ed espressamente, comprovata dal datore di lavoro.
Pertanto, una eventuale comunicazione in materia da parte del datore di lavoro comporta una precisa assunzione di responsabilità da parte dello stesso in ordine non solo alla sussistenza delle esigenze ma anche alla natura di indifferibilità dello stesso; si tratta di un aspetto rilevante anche in ordine ad eventuali forme di contenzioso con i dirigenti, in ordine alla lesione della propria integrità psicofisica derivante dalla mancata fruizione delle ferie;
Si deve anche rilevare che, in materia di “monetizzazione” delle ferie, la regola generale sancita dall’art. 18 del CCNL del 6.7.1995 è che essa può aver luogo solo all’atto della cessazione del rapporto di lavoro ed esclusivamente con riferimento a quelle non godute dal dipendente per rilevanti ed indifferibili ragioni di servizio, risultanti da atto formale avente date certa (comprovante la richiesta del dipendente di fruizione delle ferie e l’impossibilità di assegnazione delle stesse da parte del datore di lavoro per le ragioni di servizio di cui si è detto).
Relativamente a tale ultimo punto, si può affermare che qualunque atto formale, di data certa, dell’ente comprovante la richiesta del dipendente di fruizione delle ferie e l’impossibilità di assegnazione delle stesse da parte del datore di lavoro per rilevanti  e perciò indifferibili esigenze di servizio è sufficiente ai fini dell’applicazione della disciplina contrattuale (utili indicazioni si possono ritrovare nella sentenza del CDS, sez.V, n.7989/2001). La mancanza dei requisiti contrattuali non consente, pertanto, la “monetizzazione” delle ferie. Per ulteriori indicazioni, si rinvia ai contenuti degli orientamenti applicativi  795-18F1  e ss (in particolare agli orientamenti 795-18F3 3 795-18F4 per l’ipotesi delle dimissioni del dipendente aggiornare con nuova numerazione sito.
In base all’art.10 del CCNL del 5.10.2001, il compenso per ferie non godute deve essere determinato con riferimento all’anno di mancata fruizione delle stesse e, quindi, con riferimento all’anno di maturazione dato che le ferie dovrebbe essere godute dal dipendente nel corso dell’anno di maturazione; nessuna regola contrattuale o legale prevede o prescrive la rivalutazione, annuale, degli importi dei compensi per ferie non godute.
Analoghe considerazioni valgono anche per la dirigenza.
In relazione a tale categoria di personale, per completezza informativa, si ritiene utile aggiungere anche che, secondo la giurisprudenza (Cassazione civile, sez. lav., 27 agosto 1996, n. 7883; Cassazione civile, sez. lav., 7 marzo 1996, n. 1793; Cassazione civile, sez. lav., 6 novembre 1982, n. 5825; Corte appello Milano, 29 novembre 2001; Pretura Como, 1 ottobre 1985; Cass.Sez.Lav.n.11786/2005; Cons.Stato n.560/2007), il diritto al compenso sostitutivo delle ferie (monetizzazione) non spetta quando il mancato godimento delle stesse sia imputabile esclusivamente al dirigente, circostanza che ricorre tutte le volte in cui il dirigente abbia il potere di attribuirsi le ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, salvo che non sia dimostrata la ricorrenza di eccezionali ed obiettive necessità aziendali ostative alla fruizione delle stesse.

Torna l’agguato autovelox Cancellieri: "Non segnalarli"

Il ministro alla Camera dà la sua interpretazione della legge sui limiti di velocità: "foto" valide anche senza cartelli se l’apparecchio è mobile
Il ministro Annamaria Cancellieri interviene al question time alla Camera puntualizzando un'interpretazione di un articolo del Codice della strada aggiornato nel 2010, e si scatena il putiferio.


L'articolo 25 della legge 120/2010, che fissa le regole per il rilevamento delle velocità dei veicoli, non prevederebbe l'obbligo di segnalare la presenza del dispositivo almeno un chilometro prima, se non si tratta di una postazione fissa, ma di un autovelox mobile.

Bisogna innanzitutto precisare che l'articolo in questione è compreso nel pacchetto sulla sicurezza, che prevedeva tra l'altro un inasprimento delle sanzioni per la guida sotto effetto di alcol o stupefacenti, entrato in vigore il 13 agosto 2010. Ma le norme più urgenti avevano avuto effetto immediato, a partire dal 30 luglio. Ancora una volta l'interpretazione è legata alla stesura non del tutto chiara del testo, che peraltro non entra nel merito della presenza di un cartello che segnali la presenza del rilevamento. La circolare del Ministero degli Interni prevede che «i mezzi tecnici di controllo finalizzati al rilevamento» debbano essere collocati ad almeno un chilometro di distanza dal segnale stradale che impone il limite di velocità. Poi ci sono le precisazioni relative alle eccezioni, e più dettaglio si aggiunge che l'obbligo di rispettare la distanza minima non trova applicazione nei casi in cui «il limite di velocità sia generale per tipo di strada o sia riferito al particolare veicolo utilizzato». Pare quindi che la precisazione del Ministro lasci spazio a varie contestazioni e interpretazioni, senza dimenticare che la rilettura delle modifiche del Codice dell'estate di due anni fa contiene passaggi che avevano suscitato scalpore, ma sono stati completamente dimenticati.

Sempre in tema di limiti di velocità, la stessa circolare conteneva infatti la conferma della possibilità di elevare a 150 chilometri orari il tetto sulle autostrade a tre corsie munite di tutor e con determinate caratteristiche. Ma, nonostante la libertà lasciata agli enti proprietari o concessionari, nessuno ha avuto il coraggio di fare il primo passo. In passato si è anche parlato più volte della volontà di azzerare il fenomeno degli agguati da parte della polizia locale in situazioni del tutto particolari e discutibili, solo con l'obiettivo di fare cassa per le municipalità. In particolare era stato stabilito che l'installazione delle apparecchiature automatiche di rilevamento fuori dai centri abitati dipendesse da una disposizione del Prefetto, al fine di individuare i tratti di strada nei quali un monitoraggio abbia reali motivazioni legate alla sicurezza. Senza dimenticare che, sempre con queste finalità, era iniziata la discussione sull'opportunità di limitare esclusivamente alle pattuglie della polizia Stradale la possibilità di impiegare autovelox e simili, escludendo dal gioco i Comuni.

A margine di queste norme, era poi stata inserita una nota rilevante, mirata a stabilire come il ricavato delle sanzioni amministrative legate al superamento dei limiti di velocità sia da dividere equamente tra l'ente che gestisce la strada e chi accerta l'infrazione. Entrambi gli organismi sono poi tenuti a devolvere i fondi a favore della manutenzione delle strade e al potenziamento dei controlli, con la supervisione del Ministero dei trasporti. Su quest'ultimo aspetto c'è ancora molto da lavorare, anche perché continuano a essere frequenti i controlli che hanno più l'aspetto di veri e propri agguati per come vengono pianificati ed effettuati.

Divieto di transito ai veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t.Deroga per carico/scarico.


M.I.T. - Parere 24/04/2012 n. 2159

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Dipartimento per i Trasporti, la Navigazione e i Sistemi Informativi e Statistici
Direzione Generale per la Sicurezza Stradale
Divisione II
24/04/2012
Prot. 2159
Oggetto: Divieto di transito ai veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t. Deroga per carico/scarico. Richiesta di parere. Rif. prot. n. 3.765/GF/gb del 03.04.2012.

Con riferimento alla richiesta di parere qui inoltrata con la nota in riscontro, si premette che ai sensi dell'art. 7, c. 1, letl. a) e b), del Nuovo Codice della Strada (DLs n. 285/1992), nei centri abitati i sindaci dei comuni hanno Il potere di emanare i provvedimenti di cui all'art. 6, cc. 1, 2 e 4, del Codice.
Fuori dei centri abitati resta ferma la competenza del Prefetto sancita dalla vigente normativa statale, ex art. 6 c. 1 del Nuovo Codice della Strada, in merito ai provvedimenti di limitazione per motivi di sicurezza pubblica o inerenti alla sicurezza della circolazione e di tutela della salute.
In via generale, tali provvedimenti dovranno essere organicamente inseriti nei piani urbani del traffico limitatamente ai comuni tenuti alla loro adozione ed in ogni caso, nei piani della viabilità extraurbana previsti dall'art. 36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
Al riguardo si osserva che è tuttora vigente la circolare ministeriale 05.08.1993, n. 62 (G.U. n. 187 de1l'11.08.1993) avente per oggetto "Limitazioni della circolazione dei mezzi pesanti fuori e in attraversamento dei centri abitati", trasmessa all'origine a tutti i soggetti interessati.
Ciò premesso, a parere di questo Ufficio, se il provvedimento speCifico è relativo alle fattispecie di cui all'art. 6, c. 4, lett. a) e b), del Codice, non appare razionale stabilire una limitazione solo in base alla massa complessiva dei veicoli, in quanto la geometria delle strade interessate sembra piuttosto richiedere una limitazione sulle dirnensioni; tanto meno appare razionale la previsione di deroghe.
Diversamente, come indicato dalla citata circolare ministeriale, i prefetti ed i sindaci, prima di procedere all'Emanazione dei provvedimenti di limitazione della circolazione dovranno attentamente valutare i riflessi che tali provvedimenti avranno nell'organizzazione della circolazione stradale su tutto il territorio di competenza e sui territori limitrofi nonché sulle attività economiche che si svolgono sia in ambito locale sia in un più ampio contesto territoriale.
Le soluzioni dovranno pertanto essere concordate con le amministrazioni locali competenti, sentite anche le associazioni di categorie interessate; ogni provvedimento dovrà indicare uno o più percorsi alternativi; detti percorsi dovranno essere individuati in modo che almeno uno non renda obbligatorio l'utilizzo di tratti autostradali a pedaggio.
Circa i criteri di individuazione dei veicoli "mezzi pesanti" da sottoporre ai prowedimenti di limitazione, la circolare individua gli stessi negli autoveicoli per il trasporto di cose, di massa complessiva massima autorizzata superiore a 7,5 t. in quanto gli autoveicoli di massa inferiore sono di norma utilizzati per esigenze di distribuzione o di trasporto in ambito locale.
I prowedimenti di limitazione della circolazione dovranno altresl prevedere l'esclusione degli autoveicoli che, in base alla documentazione di accompagnamento delle merci, dimostrino di avere origine o destinazione nell'ambito del territorio ove si applicano le limitazioni.
Si rammenta infine che, ai sensi dell'art. 37, c. 3, del Codice. contro le ordinanze in argomento è ammesso ricorso a questo Ministero nei termini e con le modalità indicate dall'art. 74 del connesso Regolamento di Esecuzione e di Attuazione (DPR n, 495/1992).
IL DIRETTORE GENERALE
(Dr. Ing. Sergio Dondolini)

Il potere di ordinanza ex art. 54 t.u.e.l. è stata disancorata dai requisiti dell’urgenza e dell’eccezionalità della situazione da fronteggiare, per effetto delle modifiche introdotte dal d.l. n. 92/2008

N. 03077/2012REG.PROV.COLL.
N. 00010/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10 del 2012, proposto da:
Comune di Taggia, rappresentato e difeso dall'avv. Corrado Mauceri, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, v.le Giulio Cesare 14, Sc. A/4;

contro

Millenium Sviluppo Immobiliare S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Pierluigi Pesce, con domicilio eletto presso Carlo Cellitti in Roma, via Tibullo, 10;


per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE I n. 01847/2011, resa tra le parti, concernente INTIMAZIONE INTERVENTI DI MESSA IN SICUREZZA TRATTO LUNGO-MARE CICLABILE -MCP-

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Millenium Sviluppo Immobiliare S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2012 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Mauceri e Pesce;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La Millenium sviluppo immobiliare s.r.l. ha impugnato davanti al TAR Liguria l’ordinanza del Sindaco del Comune di Taggia in data 28 luglio 2011, n. 77, con la quale le era stato ingiunto di mettere in sicurezza il tratto della pista ciclabile che corre sul sedime della dismessa linea ferroviaria, interrotto dal proprio cantiere edile, eliminando l’interruzione della pista ciclabile attraverso la realizzazione di una struttura provvisoria tale da assicurare la continuità dei 22 km di cui la stessa si compone, consentendo in tal modo il collegamento del troncone proveniente da Sanremo con quello da Riva Ligure.

Il TAR ha accolto l’impugnativa con sentenza ex art. 60 cod. proc. amm., facendo proprie le censure di carenza di motivazione in ordine alla sussistenza di gravi pericoli ex art. 54 t.u.e.l. per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana e di illegittima imposizione di attività senza limiti di tempo.

La sentenza è appellata dal Comune di Taggia, non costituitosi in primo grado, che ne chiede l’integrale riforma.

Resiste all’appello la Millenium sviluppo immobiliare s.r.l., instando per la conferma della sentenza.

Disposta la sospensione dell’esecutività della sentenza appellata, all’udienza dell’8 maggio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il presente giudizio si colloca sullo sfondo della realizzazione di una pista ciclabile di 22 km tra i Comuni del ponente ligure di San Lorenzo al Mare ed Ospedaletti sul sedime della dismessa linea ferroviaria.

L’ordinanza contingibile impugnata è stata emessa dal Comune di Taggia nei confronti di Area 24 s.p.a., che ha fatto acquiescenza al provvedimento, e dell’odierna appellata Millenium sviluppo immobiliare, ricorrente in primo grado, al fine ripristinare la continuità della pista con gli altri lotti, già realizzati.

Sulla base delle deduzioni in fatto e della documentazione versata in atti, la prima, ente in house della Regione Liguria e proprietaria del sedime e dell’ex stazione ferroviaria in Taggia, si è impegnata nei confronti dell’amministrazione cittadina a completare il tratto di pista corrispondente alla porzione di cui è titolare, oltre che a realizzare un fabbricato ipogeo destinato a parcheggio interrato e ad area commerciale in variante al vigente P.R.G.: il tutto come da convenzione in data 20 febbraio 2007, atto unilaterale d’obbligo in data 10 settembre 2007, permesso di costruire n. 8659 del 13 dicembre 2007 e, in seguito alle modifiche progettuali presentate, atto unilaterale d’obbligo in data 25 febbraio 2008 e d.i.a. in variante presentata il 17 dicembre 2007.

Il predetto permesso di costruire veniva quindi volturato con atto del 22 settembre 2008 alla Millenium Capital Holding Italia s.p.a., a favore della quale la Area 24 aveva costituito il diritto di superficie per la realizzazione in appalto delle opere private, riservando a sé la proprietà dell’area desinata a pista ciclabile ed annesse opere pubbliche. A tale società è subentrata, in virtù di cessione di ramo d’azienda, l’odierna appellata, dopo che la cedente aveva ridotto il proprio capitale sociale (da 7.640.000 a 80.000 euro) e si era trasformata in s.r.l., assumendo la denominazione di I.R., per poi venire dichiarata fallita dal Tribunale di Milano in data 9 luglio 2011.

2. Nell’appello si lamenta l’errata applicazione da parte del TAR degli artt. 50 e 54 d.lgs. n. 267/2000 e dell’art. 1 del d.m. 5 agosto 2008, nonché il travisamento delle risultanze dell’istruttoria su cui il provvedimento impugnato risulta fondato.

Si evidenzia che:

- l’ordinanza è stata emessa in seguito alla nota del Comandante della Polizia municipale in data 25 luglio 2007, nella quale erano stati segnalati i pericoli per l’incolumità degli utenti della pista ciclabile a causa dell’interruzione di questa e del conseguente obbligo per gli stessi di immettersi nelle vie aperte al transito veicolare;

- all’epoca di adozione del provvedimento contingibile oggetto di giudizio l’inadempimento della società appellata era ormai conclamato, in quanto i lavori assentiti avrebbero dovuto terminare a fine 2010, o al più tardi nel febbraio 2011, allo scadere cioè dei tre anni del permesso di costruire rilasciato ad Area 24 e poi esteso a Millenium Capital Holding Italia;

- tale inadempimento si era per giunta verificato dopo l’apertura dei restanti tronconi della pista, quando questa era divenuta già un’attrattiva turistica, con conseguente incremento esponenziale dei cicloamatori, come riferito nella predetta nota della Polizia municipale;

- nessuno strumento di tipo ordinario avrebbe consentito di fare fronte al pericolo rappresentato in quest’ultimo atto: a questo specifico riguardo, si osserva che la risoluzione delle convenzioni e degli atti d’obbligo concernenti i lavori avrebbero definitivamente vanificato il progetto, mentre l’esecuzione in danno avrebbe richiesto necessariamente un provvedimento del tipo di quello emanato, non appalesandosi compatibile con le impellenti esigenze di riacquisizione dell’area la promozione di un’azione giurisdizionale.

Si assume inoltre nel mezzo che l’ordinanza contingibile è legittimamente emanabile anche per fronteggiare situazioni di pericolo già note se questo abbia il carattere dell’attualità.

Si critica il ragionamento del TAR nella parte in cui ha reputato illegittimo il provvedimento sindacale gravato perché costitutivo di obblighi senza limiti di durata temporale, osservandosi in contrario che la provvisorietà degli stessi non è requisito indefettibile di tale tipologia provvedimentale, dovendo la relativa durata essere correlata alla situazione di pericolo che si intende contrastare.

Infine, si sottolinea che per effetto delle modifiche introdotte dal d.l. n. 92/2008 lo strumento dell’ordinanza ex art. 54 t.u.e.l. è stata disancorata dai requisiti dell’urgenza e dell’eccezionalità della situazione da fronteggiare.

3. Così riassunto il complesso motivo d’appello, lo stesso è meritevole di accoglimento.

Con riguardo a quest’ultimo profilo del mezzo in cui si articola il presente gravame, va innanzitutto ricordato che con sentenza in data 7 aprile 2011, n. 115, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime le modifiche apportate all’art. 54 cit. dal d.l. n. 92/2008, espungendo dalla disposizione novellata, per quanto qui di interesse, la congiunzione “anche” prima delle parole “contingibili e urgenti”, in tal modo riconducendo il potere di ordinanza del sindaco quale ufficiale di governo nei confini entro i quali lo stesso era stato da sempre inteso e cioè nei limiti, entro i quali non è altrimenti consentita la deroga a norme giuridiche, in cui detto potere si ponga come strumento indispensabile per contrastare situazioni eccezionali di pericolo non altrimenti fronteggiabili.

3.1 Ne consegue che è integralmente applicabile il consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa, recentemente espresso da questa Sezione, secondo cui il potere di ordinanza presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e congrua motivazione, ed in ragione delle quali si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale (da ultimo: Sez. V, 20 febbraio 2012, n. 904; in termini non dissimili Sez. VI, 5 settembre 2005, n. 4525, citata anche dall’appellante).

Questa Sezione ha anche precisato le caratteristiche che sostanziano il potere di ordinanza: nelle decisioni 28 marzo 2008, n. 1322 e 10 febbraio 2010, n. 670 si è affermato che il potere l’ordinanza ex art. 54 t.u.e.l. è legittimamente emanabile anche per rimuovere situazioni risalenti nel tempo ed in relazione alle quali non si era intervenuti in precedenza, essendo a tale riguardo sufficiente la permanenza al momento dell’emanazione dell’atto della situazione di pericolo (nello stesso senso anche Sez. IV, 25 settembre 2006, n. 5639).

Va ancora soggiunto che nei citati precedenti le ordinanze contingibili in contestazione erano volte a fronteggiare situazioni di pericolo per l’incolumità fisica, inevitabilmente destinato ad aggravarsi in difetto di interventi di messa in sicurezza (rischio di frana nel primo caso; inquinamento acustico; pericolo di crollo di locali scolastici nella pronuncia della IV Sezione sopra menzionata).

4. Alla luce delle superiori considerazioni, il Collegio reputa che il provvedimento impugnato sia rispettoso dei principi espressi nei precedenti richiamati.

Si afferma infatti in esso che l’interruzione della pista costringe i cicloamatori “ad immettersi nella viabilità comunale, fortemente trafficata, percorsa da mezzi pubblici di linea e veicoli commerciali e, in particolare, per quanto riguarda via Sauro e via Lido, dalle ridotte dimensioni di larghezza”.

Nella nota della Polizia municipale recepita nell’ordinanza impugnata si riferisce di un “incremento esponenziale” dell’utilizzo della pista ciclabile registratosi dalla sua inaugurazione, con frequentazione della struttura da parte di “migliaia di appassionati […] soprattutto famiglie con bambini”; e dell’incremento del flusso nella stagione turistica estiva, tale da fare assumere alla situazione “proporzioni insostenibili sia per quanto riguarda la fluidità della circolazione ma, soprattutto, per quanto attiene alla sicurezza dei conducenti dei velocipedi che, spesso bambini e minori, sono sottoposti ai pericoli della circolazione su strada”.

4.1 Tanto nella nota del Comandante della P.M. quanto nel provvedimento risulta dunque enucleato il presupposto di fatto e cioè la situazione di pericolo per l’incolumità degli utenti della pista ciclabile.

La motivazione dell’ordinanza sindacale appare dunque congrua così come adeguata si rivela l’istruttoria alla base di essa, mentre i motivi del ricorso di primo grado non si mostrano in grado di introdurre in questo giudizio elementi di inattendibilità dei profili in questione, né tanto meno la motivazione del Giudice di primo grado risulta avere dato conto in modo specifico delle ragioni per le quali la situazione di pericolo ravvisata dal Sindaco del Comune di Taggia non sarebbe stata chiarita nel provvedimento oggetto di giudizio.

4.2 Il fatto che i lavori risultavano interrotti completamente dal 10 agosto 2008 e che di tale circostanza il Comune fosse pienamente consapevole (come dallo stesso dedotto nel proprio atto d’appello) e dunque circa un anno prima dell’ordinanza oggetto del presente giudizio e della stagione turistica estiva 2011, non inficia la legittimità dell’ordinanza sindacale, visto l’indirizzo di questa Sezione, cui va data continuità, che reputa sufficiente al riguardo una situazione di pericolo permanente. Tanto più nel caso di specie, in cui la tempistica del provvedimento appare coerente con l’indubitabile incremento del flusso a causa del sopraggiungere della stagione turistica nella località rivierasca.

Del resto, la stessa Millenium sviluppo immobiliare appellata non contesta la circostanza, assunta a presupposto dell’ordinanza contingibile, del mancato completamento del lotto della pista allo spirare del termine per l’esecuzione dei lavori, mentre appare irrilevante il fatto che la stessa sia appaltatrice dalla Area 24 dei lavori relativi alla parte privata del progetto, visto che, al pari della propria committente, anche alla dante causa dell’odierna appellata Millenium Capital Holding Italia s.p.a. erano stati volturati i necessari permessi di costruire (con atto in data 22 settembre 2008) e la stessa è superficiaria dell’area interessata dai lavori di realizzazione della pista.

4.3 Non sembrano inoltre condivisibili i rilievi della società odierna appellata volti ad enucleare un profilo di illegittimità dell’ordinanza in ragione del fatto che il Comune avrebbe potuto in alternativa risolvere gli atti convenzionali in forza dei quali i lavori erano stati affidati alle due società destinatarie del provvedimento e ciò per la considerazione che prevedibili contenziosi avrebbero inevitabilmente impedito il ripristino della continuità della pista, obiettivo, quest’ultimo, che solo uno strumento provvedimentale connotato da elementi di imperatività ed urgenza quale quello adottato può assicurare.

5. Quanto al ragionamento del TAR che ha reputato illegittima l’ordinanza sindacale impugnata perché contenente prescrizioni senza limite di tempo, è sufficiente osservare, in contrario, che il carattere provvisorio di queste non è requisito indefettibile, dovendo la relativa durata essere correlata alla situazione di pericolo che si intende contrastare, coerentemente con la natura di atto-fonte di norme giuridiche della tale tipologia provvedimentale in esame.

6. In forza dei rilievi sopra svolti l’appello deve essere accolto, con conseguente reiezione del ricorso di primo grado in riforma della sentenza del TAR.

La complessità delle questioni trattate nel giudizio induce il Collegio a ravvisare giusti motivi ex art. 92 cod. proc. civ. per compensare integralmente le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Marzio Branca, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

Carlo Schilardi, Consigliere

L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


L'accesso alla dirigenza locale prima e dopo il T.U.E.L. ed il d.lgs n. 165/2001

 L’art. 28 del dlgs. n. 165/2001 prevede che l’accesso alla qualifica dirigenziale avviene mediante procedura pubblica, cui vanno ammessi concorrenti muniti di laurea. Tale disposizione, rivolta direttamente alle amministrazioni statali, risulta applicabile anche alla dirigenza locale, in virtù dell’articolo 88 del dlgs. n. 267/2000 che, entrato in vigore il 13 ottobre 2000, aveva già esteso il complesso di principi e disposizioni della legge quadro sul pubblico impiego (e successive modificazioni) al mondo delle autonomie con una formula amplissima «…all'ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti e i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni…» Assume rilievo, però, la circostanza che nessuna delle due disposizioni succedutesi nel tempo, era vigente per i comuni all’epoca del bando di concorso interno, per titoli tesi e colloquio, per la copertura del posto di dirigente delle attività finanziarie e contabili, atteso esso che è stato bandito dal Comune di con deliberazione della G.M. del 12 aprile 2000. Il quadro normativo vigente all’epoca di approvazione del bando in questione era, invero, indefinito, poiché la dirigenza locale non disponeva di disciplina differenziata rispetto al personale inquadrato nei livelli, nè di norme di rinvio alla disciplina dell’accesso alla dirigenza statale, salvo un generico riferimento all’articolo 51, comma 8) della legge n. 142/1990 (« … rimane riservata alla legge la disciplina dell'accesso al rapporto di pubblico impiego…»), con riferimento, nella specie, al DPR n. 487/1994, che all’art. 1, comma 1, attribuisce alle singole amministrazioni l’individuazione, nei bandi, dei «…requisiti soggettivi generali e particolari per l'ammissione all'impiego» (articolo 2, comma 3). Vigeva, inoltre, per gli enti locali, una disposizione legislativa derogatrice alla regola del concorso pubblico, rimessa alla autonomia dell’ente locale:.L’articolo 6, comma 12, della legge 127 del 15 maggio 1997, legittimava infatti gli enti locali economicamente sani a prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente: «Gli enti locali che non versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie possono prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente, solo in relazione a particolari profili o figure professionali caratterizzati da una professionalità acquisita esclusivamente all'interno dell'ente». Tale norma era volta ad identificare unità di personale, per consentire loro uno speciale sviluppo professionale, interamente riservato, in relazione ad una professionalità acquisita tutta all’interno, per la particolare natura del ruolo rivestito. . Dalla disamina effettuata si deve concludere che la deliberazione del comune non si presenta di per sè, ratione temporis, in contrasto con le disposizioni che regolavano all’epoca della sua adozione l’accesso alla dirigenza locale, in quanto la deroga al concorso pubblico trovava legittimazione nella disposizione dell’articolo 6, comma 12, della legge n. 127 del 15 maggio 1997, applicabile anche ai dirigenti per il suo carattere di principio ordinamentale. Il divieto alla assunzione di dirigenti, in deroga al ricorso al pubblico concorso, è invece divenuto cogente per gli enti locali solo successivamente al 13 ottobre 2000, a termini dell’art. 88 del T.U.E.L. approvato con dlgs. n. 267 del 18 agosto 2000, che ha esteso agli stessi le limitazioni imposte per la dirigenza statale dal dlgs. n. 29 del 3 febbraio 1993 e, successivamente, dall’articolo del dlgs. n. 165/2001.

Nulle le multe dei divieti di sosta con le sole riprese televisive.Parere MIT 2291 del 03/05/2012

La risposta da parte del Ministero stavolta non si fa attenderee e l'ing. Francesco Mazziotta che come al solito non si fa trovare mai impreparato,  sostanzialmente mette i paletti a quello che noi addetti ai lavori abbiamo sempre saputo:
E' pleonastico, infatti,  che le sanzioni devono essere accertate e contestate  con i metodi della 689/81 e nel caso specifico, con le norme previste nel C.d.S, ma soprattuto con i poteri che la legge ci dà.
Ci mancava solo che le infrazioni venissero accertate dal satellite.....
Dobbiamo sempre ricordarci  che siamo pur sempre dei cittadini prima di essere operatori di Polizia e che la gente la divisa la deve amare e non odiare.
 Mario Serio

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statistici
Direzione Generale per la Sicurezza Stradale
Divisione II


03/05/2012
Prot. 2291
oggetto: Contestazione degli illeciti amministrativi per infrazioni al Codice della Strada in materia di sosta vietata. Rif. Prot. n. 2.222 del 30.3.2012.

Con riferimento a quanto esposto nella nota in riscontro, si premette che ai sensi dell’art. 201, c. 1 bis net. d) del Nuovo Codice della Strada (Dls n. 285/1992), le violazioni al divieto di sosta possono dar luogo alla contestazione non immediata nel caso di accertamento in assenza del trasgressore o del proprietario del veicolo.

Ciò premesso, si osserva che i sistemi di sorveglianza, mentre possono essere idonei a dimostrare l’avvenuta violazione, non risultano tuttavia idonei a dimostrare l’assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo, circostanza che può essere accertata solo dall’intervento diretto degli organi di Polizia Stradale, e pertanto non risulterebbe giustificata la contestazione non immediata.
si resta a disposizione per eventuale ulteriore chiarimento.


IL DIRETTORE DELLA DIVISIONE
(Dr. Ing. Francesco MAZZIOTTA)

Autovelox, se è mobile non c’è obbligo di segnale un chilometro prima

30.05.2012 - Cancellieri al 'question time'è intervenuta in risposta ad un'interrogazione riproposta dall'on.le  Proietti unitamente all'On.le Toto, chiarendo che non c'è obbligo di segnalare un km prima l'autovelox se l'apparecchiatura è mobile ed è presente un organo di polizia stradale.

Cancellieri ha anche ribadito che se il superamento dei limiti di velocità è accertato tramite un'apparecchiatura mobile, non si applica la norma che impone che via sia almeno la distanza di un chilometro tra il segnale che indica il limite di velocità e l'autovelox.
Il ministro prendendo peraltro spunto da una precedente Circolare del Ministero dell'Interno, Dipartimento di P.S,- ha spiegato  - che l'articolo 25 della legge 120/2010, che impone la distanza di almeno un chilometro tra il segnale recante il limite di velocità e l'apparecchiatura di rilevazione da remoto  non è applicabile nei casi in cui l'infrazione è accertata tramite apparecchiature mobili, il cui uso è connotato dalla presenza di un organo di polizia stradale.
E' Appena il caso di aggiungere  infatti, che in detta ipotesi resta possibile la contestazione immediata dell'infrazione.

Demansionamento:sentenza del TAR Emilia Romagna n. 292 del 07.05.2012

Per tutti coloro che mi hanno richiesto la sentenza cui in oggetto, relativa al demansionamento di un agente di PoliziaMunicipale:consegna dell'arma e trasferimento in altro servizio  (annullato dal TAR).

N. 00292/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01429/2011 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1429 del 2011, proposto da:
XXXXXXXXXX, rappresentato e difeso dagli avv. Tiziana Ghedini e Filippo Quintiliani, con domicilio eletto presso lo studio della prima, in Bologna, via Montello n. 18;

contro

Comune di Cesena, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Benedetto Ghezzi, con domicilio eletto presso la Segreteria T.A.R., in Bologna, Strada Maggiore n. 53;

per l'annullamento

a)del provvedimento in data 28.09.2011, con il quale il comune di Cesena ha disposto la non assegnazione dell'arma all'Agente di Pubblica Sicurezza XXXXXXXX, con ordine al medesimo di immediata riconsegna dell’arma al Comando del Corpo di Polizia Municipale; b) dell’ordine di servizio n. 5 a firma del Comandante del Corpo di Polizia Municipale del comune di Cesena del 28/9/2011, con cui veniva disposto che il ricorrente venisse assegnato al Nucleo Informatori - Educazione stradale con decorrenza immediata;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cesena;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2012, il dott. Umberto Giovannini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in esame, è stato impugnato il provvedimento in data 28.09.2011, con il quale il comune di Cesena ha disposto la non assegnazione dell'arma all'Agente di Pubblica Sicurezza XXXXXXXXXX, con ordine al medesimo di immediata riconsegna dell’arma al Comando del Corpo di Polizia Municipale.
L’interessato ha inoltre esteso l’impugnativa all’ordine di servizio n. 5 del 28/9/2011, con il quale il Comandante del Corpo di Polizia Municipale del comune di Cesena ne ha disposto il trasferimento al Nucleo Informatori - Educazione stradale con decorrenza immediata.
Il ricorrente deduce, a sostegno del gravame, censure rilevanti violazione dell’art. 6 del D.M. n. 145 del 1987, dell’art. 5 della L. n. 65 del 1986, dell’art. 43 del R.D. n. 773 del 1931 e, infine, dell’art. 7 della L. n. 241 del 1990, oltre che doglianze rilevanti eccesso di potere, sotto i profili di violazione del giusto procedimento, insufficienza e illogicità della motivazione, carenza dei presupposti, sviamento di potere ed ingiustizia manifesta, e rilevanti, infine, in relazione al secondo atto impugnato, illegittimità in via derivata rispetto al primo provvedimento.
L’amministrazione comunale resistente, costituitasi in giudizio, chiede che il ricorso sia respinto, in quanto infondato.
Alla camera di consiglio del 1/3/2012, la causa è stata chiamata ed essa, dopo che le parti sono state informate della possibilità di emissione di una sentenza nel merito ex art. 60 cod. proc. amm., è stata trattenuta per la decisione, come da verbale.
Il Collegio osserva che il ricorso merita accoglimento.
In particolare risultano fondate le censure rilevanti violazione dell’art. 7 della L. n. 241 del 1990 e rilevanti eccesso di potere per insufficiente ed illogica motivazione.
Riguardo al primo punto, si osserva che, trattandosi di provvedimento comunale a carattere discrezionale e lesivo in modo rilevante della posizione giuridica del ricorrente (non assegnazione dell’arma da tempo e continuativamente in dotazione ad un agente scelto della Polizia Municipale), l’amministrazione comunale avrebbe dovuto comunicare al proprio dipendente l’avviso di cui all’art. 7 della L. n. 241 del 1990, onde consentirgli di partecipare al procedimento a cui era direttamente
interessato, dandogli la possibilità di formulare, al riguardo, le proprie osservazioni.
Nella specie, poi, non si rileva la sussistenza di particolari esigenze di celerità ed urgenza tali da giustificare l’omissione dell’avviso e, comunque, tali esigenze non risultano evidenziate dall’amministrazione nel provvedimento impugnato.
In relazione al secondo punto, si osserva che l’amministrazione procedente non ha assolto l’onere motivazionale di estrinsecare l’iter logico seguito per addivenire alla determinazione di non rinnovare l’assegnazione dell’arma al ricorrente e di trasferirlo ad altro servizio comunale.
Ciò in presenza, da un lato, di un unico elemento a sfavore, peraltro risalente nel tempo, costituito dalla condanna penale subita dal ricorrente in data 22/10/1992 (anteriormente, quindi, alla immissione in servizio quale agente di Polizia Municipale del comune di Bologna) perché dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 73 comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 e in presenza, dall’altro lato, di una carriera quale agente della Polizia Municipale vincitore di pubblico concorso, sviluppatasi senza elementi negativi dal 2002 al 2006 presso il comune di Bologna e dal 2006 fino ad ora presso il comune di Cesena, con assegnazione al medesimo dell’arma, in via continuativa dal 4/9/2003 fino all’adozione del provvedimento impugnato. Oltre a ciò, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto anche valutare, ancora in riferimento alla predetta condanna penale ex artt. 444 e 445 c.p.p., che in data 28/3/2002 il G.I.P. di Tempo Pausania ha dichiarato estinto il relativo reato (v. doc. n. 12 del ricorrente).
In relazione a tali fatti, risulta di conseguenza del tutto insufficiente ed irragionevole la motivazione del provvedimento impugnato, in quanto essa si limita a dare rilievo unicamente alla citata condanna penale. Stante l’accertata illegittimità del provvedimento di non assegnazione dell’arma principalmente impugnato, va accolta anche la censura di illegittimità in via derivata rassegnata dal ricorrente nei riguardi del consequenziale atto (ordine di servizio n. 5) di assegnazione del medesimo ad altro ufficio comunale.
Per le suesposte ragioni, il ricorso è accolto, e, per l’effetto, sono annullati gli atti con esso impugnati.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia – Romagna, Bologna (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti con esso impugnati.
Condanna il comune di Cesena, quale parte soccombente, al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese relative al presente giudizio, che liquida per l’importo onnicomprensivo di €. 2.000,00 (duemila/00) oltre c.p.a. e i.v.a., tenuto conto della limitata complessità delle questioni esaminate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2012, con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Mozzarelli, Presidente
Bruno Lelli, Consigliere
Umberto Giovannini, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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