domenica 29 gennaio 2017

L. 104/92: Utilizzo misto

24/01/2017

Un dipendente fruisce delle due ore di permesso giornaliero per ciascun giorno lavorativo di cui all’art.33, comma 2, della legge n.104/1992. Nel corso del medesimo mese, il dipendente di cui si tratta non ha fruito delle due ore di permesso, effettuando anche prestazioni di lavoro straordinario.

Questa fattispecie può rientrare nella tipologia di utilizzo misto dei citati permessi e, quindi, nel limite di 3 giorni fruibili ad ore nel limite massimo di 18 ore mensili?

RAL_1898_Orientamenti Applicativi

Un dipendente fruisce delle due ore di permesso giornaliero per ciascun giorno lavorativo di cui all’art.33, comma 2, della legge n.104/1992. Nel corso del medesimo mese, il dipendente di cui si tratta non ha fruito delle due ore di permesso, effettuando anche prestazioni di lavoro straordinario.

Questa fattispecie può rientrare nella tipologia di utilizzo misto dei citati permessi e, quindi, nel limite di 3 giorni fruibili ad ore nel limite massimo di 18 ore mensili?

In materia, per quanto di competenza, si ritiene opportuno evidenziare, come espressamente precisato dall’art.19, comma 6, del CCNL del 6 luglio 1995, che il limite delle 18 ore mensili, ivi menzionato, si riferisce solo ed esclusivamente all’ipotesi della frazionabilità ad ore dei tre giorni di permesso retribuito riconosciuti dall’ art.33, comma 3, della legge n. 104/1992.

La richiamata disciplina contrattuale, con il limite delle 18 ore mensili, pertanto, non può estendersi anche ai permessi orari retribuiti di cui all’art. 33, comma , 2 della medesima Legge n.104/1992.

Infatti, tali permessi orari sono riconosciuti senza limiti quantitativi massimi, nel senso che il lavoratore ha diritto a due ore di permesso retribuito per ogni giorno lavorativo del mese e per tutti i mesi dell'anno, come, a suo tempo, evidenziato dall’INPDAP con l’informativa 9 dicembre 2002, n.33.

Ulteriori indicazioni in ordine alle modalità di fruizione dei permessi orari giornalieri , anche con riferimento alla particolare ipotesi della possibile fruizione nel corso del medesimo mese degli stessi con quelli giornalieri, sono contenute nella circolare 10 luglio 2000, n.35 e nell’informativa 9 dicembre 2002, n. 33 dell’ INPDAP nonché nella circolare, 17 luglio 2000, n.133 dell’INPS
ARAN

I permessi per l’assistenza ai disabili, di cui all’art.33, comma 3, della legge n.104/1992, in caso di rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, sono riproporzionati?

13/01/2017
RAL_1892_Orientamenti Applicativi

I permessi per l’assistenza ai disabili, di cui all’art.33, comma 3, della legge n.104/1992, in caso di rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, sono riproporzionati?

Relativamente alla particolare problematica esposta, si ritiene opportuno evidenziare che, per i lavoratori con rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, secondo le regole generali, ordinariamente, non è prevista alcuna riduzione dei tre giorni di permesso.

Tuttavia si ricorda che l’art.19 del CCNL del 6.7.1995, consente di utilizzare tali permessi anche ad ore, nei limiti di 18 ore mensili. Sulle modalità applicative di tale ultima disposizione contrattuale, nel caso in cui il lavoratore fruisca dei permessi in parte a giorni e in parte ad ore, si rinvia alle indicazioni dell’orientamento applicativo RAL1433 (consultabile www.aranagenzia.it, Orientamenti Applicativi, Comparti, Regioni ed autonomie locali, Permessi) nonché dell’informativa Inpdap n.33 del 9.12.2002.

Nel caso in cui il medesimo lavoratore con rapporto di lavoro a tempo parziale orizzontale decida di fruire dei permessi giornalieri ad ore, ad avviso della scrivente Agenzia, queste non possono non essere riproporzionate in relazione alla ridotta durata dell’orario di lavoro per lo stesso prevista, perché, in caso contrario, il dipendente titolare di tale tipologia di contratto finirebbe per godere di un vantaggio del tutto ingiustificato.

In sostanza, occorre rapportare ad ore le tre giornate lavorative in tempo parziale orizzontale.

Pertanto, se, in base al contratto di lavoro a tempo parziale orizzontale sottoscritto, il lavoratore è tenuto ad una prestazione lavorativa di 14 ore settimanali, il dipendente avrà diritto ad un numero di ore mensili di permesso, ai sensi dell’art.33, comma 3, della Legge n.104/1992 e dell’art.19, comma 6, del CCNL del 6.7.1995 pari ai 14/36 di 18 e cioè a 7 ore mensili.
ARAN

sabato 28 gennaio 2017

Svezia e Belgio - Fac simile Patente di guida

Prot . n° 1516 del 23 gennaio 2017 - Facsimile patente di guida.
 
 Prot . n° 1513 del 23 gennaio 2017 - Facsimile patente di guida.
Ultimo aggiornamento Giovedì 26 Gennaio 2017 08:58
 

Immatricolazione veicoli fine serie

Circolare protocollo 1784 del 24/01/2017
Integrazione e aggiornamento circolare 28684 del 22.12.2016_immatricolazione veicoli fine serie_art. 44 Reg. 168/2013_veicoli cat.

Circolare protocollo 1783 del 24/01/2017
Integrazione e aggiornamento circolare 28685 del 22.12.2016_ immatricolazione veicoli fine serie_art. 27 D 2007/46/CE_veicoli M1 e N1classe 1 D 2006/40/CE_emissioni aria condizionata_scadenza 01.01.2017

circolare_protocollo_903_16-01-2017
Integrazione ed aggiornamento 1.0 della Circolare 28699 del 22 dicembre 2016, relativa all'immatricolazione di veicoli di cat. M e N fine serie

mercoledì 25 gennaio 2017

CALCOLO DELLA CAPACITA' DELLE ROTATORIE URBANE

Potrebbe interessare qualche collega, si chiama RotaCalc e consente, dati i flussi di traffico presenti o attesi su un'intersezione, la verifica funzionale di una rotatoria da realizzare al posto dell'intersezione stessa.
RotaCalc è disponibile alla pagina http://www.sci3000.com/prodotti/rotacalc  e aiuta progettisti stradali di studi privati o enti pubblici ad effettuare le verifiche funzionali delle rotatorie. Calcola, come previsto dal DM 19/04/2016 "Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle intersezioni stradali", la capacità della rotatoria ed il livello di servizio della soluzione adottata, nonchè la lunghezza delle code in ingresso e i tempi di attesa.
 
Il calcolo della capacità della rotatoria può essere eseguito secondo tre metodi:
metodo Cetur,
metodo Svizzero,
metodo di Kimber.
mentre il calcolo del livello di servizio e della lunghezza delle code viene eseguito secondo il metodo HCM 2010.
Presto saranno disponibili moduli aggiuntivi alla versione base che consentiranno di eseguire il calcolo della capacità anche secondo il metodo SETRA e HCM 2010.

OFFERTA LANCIO ROTACALC: 1 licenza per 1 solo PC a soli € 99 tutto incluso, compresi aggiornamenti e assistenza tecnica per 1 anno
In entrambi i software è prevista la generazione in automatico di una relazione tecnica in formato odt (ovvero il formato del software gratuito openoffice http://www.openoffice.org/it/download/), quindi completamente personalizzabile e modificabile anche in un secondo momento.

martedì 24 gennaio 2017

Sostituzione agente polizia municipale in distacco presso uffici giudiziari

Friuli, del. n. 54 – Sostituzione agente polizia municipale in distacco presso uffici giudiziari

Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla possibilità di assumere nuovo personale da impiegare nei servizi di polizia municipale, per il tempo strettamente occorrente alla sostituzione del proprio (unico) agente di Polizia locale distaccato, per due giorni alla settimana, presso la Sezione di Polizia giudiziaria di una Procura della Repubblica.
I magistrati contabili del Friuli, con la deliberazione 54/2016, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 18 gennaio 2017, hanno evidenziato che, trattandosi di distacco funzionale “non rimborsato” dal Ministero della Giustizia, l’ente comandante è tenuto a computare le spese sostenute per le prestazioni lavorative del dipendente comandato nella spesa per il personale ai sensi dell’articolo 1, comma 557, della legge 296/2006 per la determinazione della spesa massima consentita.
Inoltre, con particolare riferimento all’assunzione di nuovi agenti di polizia locale, vige il divieto di cui all’art 5, comma 6, del d.l. 78/2015 (salvo che per le assunzioni a tempo determinato per le esigenze temporanee di cui all’art 5, comma 6 del d.l. 78/2015).
In particolare, gli enti locali, qualora dispongano di capacità assunzionali, possono procedere al reclutamento di agenti di polizia locale esclusivamente a tempo determinato e per esigenze di carattere “strettamente stagionale” della durata non superiore a cinque mesi (e non quindi per esigenze ordinarie né per procedere alla sostituzione di un agente applicato in altre attività).
 http://www.self-entilocali.it

mercoledì 18 gennaio 2017

Grazie a tutti

A quasi 5 anni dalla nascita del blog, si registrano, nella giornata di ieri,  5 milioni di visualizzazioni di pagine. 
Come dicevano gli antichi sumeri: "scusate se e' poco...." :)
GRAZIE DI CUORE A TUTTI!!!!
"POLIZIALOCALEBLOG"

sabato 14 gennaio 2017

Modificato il 158 del C.d.S.


DECRETO LEGISLATIVO 16 dicembre 2016, n. 257
Disciplina di attuazione della direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi. (17G00005) (GU Serie Generale n.10 del 13-1-2017 - Suppl. Ordinario n. 3)
note: Entrata in vigore del provvedimento: 28/01/2017 
 
Stralcio:
Art. 17 
 
Misure  per  promuovere  la  realizzazione  di  punti   di   ricarica
                       accessibili al pubblico 
 
  1. All'articolo 158, comma 1, del  decreto  legislativo  30  aprile
1992, n. 285 recante nuovo codice della strada, dopo la  lettera  h),
e' inserita la seguente: «h-bis) negli spazi riservati alla fermata e
alla sosta dei veicoli elettrici in ricarica». 
  2. Entro centoventi giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  del
presente decreto, il Governo, per  il  tramite  del  Ministero  delle
infrastrutture e dei trasporti, promuove la stipulazione di un'intesa
ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131,
per assicurare la realizzazione di posizioni unitarie in  termini  di
regolazione della sosta, accesso ad aree interne delle citta', misure
di  incentivazione  e  l'armonizzazione  degli  interventi  e   degli
obiettivi  comuni  nel  territorio  nazionale  in  materia  di   reti
infrastrutturali di ricarica e di rifornimento a servizio dei veicoli
alimentati ad energia elettrica e ad altri combustibili alternativi. 
 

venerdì 13 gennaio 2017

C'è resistenza a pubblico ufficiale per l'alcolizzato cronico.L'abitualità a commettere reati esclude, inoltre, la particolare tenuità

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 dicembre 2016 – 12 gennaio 2017, n. 1420
Presidente Carcano – Relatore Ricciarelli

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Con sentenza del 17/3/2015 la Corte di appello di Cagliari ha confermato quella del Tribunale di Cagliari del 15/10/2012, con cui C.F. è stato riconosciuto colpevole del delitto di cui all'art. 337 cod. pen. e, con la diminuente della seminfermità mentale equivalente alla contestata recidiva, condannato alla pena di mesi sei di reclusione, con applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata.
2. Ha proposto ricorso il C. tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all'art. 337 cod. pen., osservando che le Forze dell'Ordine conoscevano le condizioni psichiche e la personalità dell'imputato per cui era impossibile che la sua condotta potesse interrompere o turbare l'atto dell'ufficio.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 42 e 43 cod. pen., rilevando che le condizioni in cui versava l'imputato implicavano che egli non si fosse reso conto di quanto stava accadendo.
Tali condizioni erano peggiorate con disturbo dell'attenzione e deterioramento cognitivo.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 69, comma quarto e 99, comma quarto, cod. pen, segnalando che proprio tenendo conto delle condizioni personali dell'imputato e delle circostanze del caso concreto si sarebbero dovute concedere le attenuanti generiche con esclusione della recidiva, non potendosi valutare come argomento contrario le manifestazioni della patologia psichiatrica.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente invoca la sopravvenuta applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen. deducendo la sussistenza dei relativi presupposti.
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Il primo motivo deduce genericamente l'inidoneità della condotta ad interrompere o turbare l'atto dell'ufficio, a fronte del fatto che i militari conoscevano il C., ma sul punto la Corte ha nitidamente chiarito come in realtà il ricorrente avesse rivolto minacce, fatte seguire da un pugno che aveva colpito uno dei militari ad una spalla, il che valeva a rappresentare la qualificata opposizione che integra il reato di resistenza.
3.2. Il secondo motivo ripropone il tema della mancanza dell'elemento psicologico in ragione delle condizioni psichiche e dello stato di dipendenza dall'alcool del ricorrente, ma neanche in questo caso il ricorso si confronta con la motivazione della Corte territoriale alla cui stregua il C. aveva piena contezza di trovarsi al cospetto di Carabinieri e di opporsi all'atto dell'ufficio, fermo restando che lo stato di intossicazione cronica da alcool, accompagnato da deterioramento cognitivo, era all'origine della ridotta capacità di intendere e di volere ma non era incompatibile con la coscienza e volontà dell'azione e con la finalizzazione della stessa in quel preciso contesto (costituisce peraltro ius receptum che «I vizio parziale di mente deve considerarsi logicamente compatibile con il dolo, non essendovi contrasto fra la semi-infermità mentale ed il ritenere provato il dolo. Ed invero, la coscienza e la volontà, pur se diminuite, non sono incompatibili con il vizio parziale di mente, in quanto sussiste piena auton
oncettuale tra la diminuente, che attiene alla sfera psichica del soggetto al momento della formazione della volontà e l'intensità del dolo, che riguarda il momento nel quale la volontà si manifesta e persegue l'obiettivo considerato»: così Cass. Sez. 5, n. 14107 del 27/101999, Arcilesi, rv. 2161042; relativamente al dolo eventuale, Cass. Sez. 1, n. 39266 del 21/10/2010, Attolico, rv. 248883; relativamente ad una maggiore intensità del dolo, compatibile con il vizio parziale, Cass. Sez. 3, n. 19248 del 7/4/2005, Tiani, rv. 2318498).
3.3. Il terzo motivo parimenti si limita a riproporre temi correttamente vagliati dalla Corte territoriale in merito all'applicazione della recidiva e al diniego delle attenuanti generiche, senza che siano state formulate specifiche censure alla motivazione contenuta nella sentenza impugnata: del resto è stato posto in rilievo come, alla luce dell'innumerevole serie di precedenti specifici, l'episodio in esame costituisse nuova espressione della pericolosità, desunta dai parametri di cui all'art. 133 cod. pen. in relazione all'attitudine palesata dal ricorrente, fermo restando che non ricorrevano elementi valutabili ai fini della concessione delle attenuanti generiche, salva la riduzione di pena ai sensi dell'art. 89 cod. pen., tale da riassumere in sé le sole ragioni di attenuazione del trattamento sanzionatorio, a fronte della mancanza di resipiscenza e dell'intendimento di denunciare i Carabinieri.
3.4. Il quarto motivo è manifestamente infondato, in quanto l'ipotesi di cui all'art. 131-bis cod. pen. non ricorre nel caso di comportamento abituale, desunto fra l'altro dalla commissione di più reati della stessa indole: orbene, il C. è gravato da altre sette condanne per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, riferite a fatti commessi prima dell'episodio per cui è causa, il che costituisce ostacolo insormontabile alla configurazione del fatto di particolare tenuità.
4. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa di inammissibilità, a quello della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.

Non è possibile ricorrere al verbale di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione perchè atto endoprocedimentale

 Il TAR Campania ribadisce un concetto oramai consolidato. "L’esame del verbale, infatti, consente di rilevare la valenza meramente endoprocedimentale di tale atto, strumentale alle successive determinazioni dell'ente locale; sicché lo stesso ha efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate dall’ufficio della Polizia Municipale, alla quale non è attribuita la competenza all'adozione di atti di amministrazione attiva, all'uopo occorrendo che la competente autorità amministrativa faccia proprio l'esito delle predette operazioni attraverso un formale atto di accertamento"
 
Pubblicato il 13/01/2017

N. 00330/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01854/2015 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1854 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da Mario De Rosa e Maria Luisa Cacciapuoti, rappresentati e difesi dall'avv. Enzo Napolano, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Napoli, Via Cappella Vecchia n. 8/A;


contro

il Comune di Giugliano in Campania, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Riccardo Marone, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Napoli, via Cesario Console n.3;


per l'annullamento

del verbale di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione redatto in data 12 gennaio 2015 con il quale gli agenti della polizia municipale hanno attestato l’omessa esecuzione del provvedimento prot. n. 08/09;

del provvedimento acquisitivo;

di ogni altro atto presupposto, connesso ovvero consequenziale;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Giugliano in Campania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2016 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio Mario De Rosa e Maria Luisa Cacciapuoti hanno impugnato il verbale di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione redatto in data 12 gennaio 2015 con il quale gli agenti della polizia municipale hanno attestato l’omessa esecuzione dell’ordinanza di demolizione n. 08/09 unitamente al provvedimento di acquisizione.

Con unico motivo di ricorso, è stata contestata l’omessa notificazione dell’atto prodromico del provvedimento e, cioè, dell’ordinanza di demolizione sopra indicata, con la quale l’amministrazione comunale ha sanzionato l’edificazione abusiva di un immobile abitativo su due livelli mansardato.

Con ordinanza collegiale n. 2706 del 2015 ha disposto incombenti istruttori, valutando necessaria l’acquisizione dal Comune intimato di copia dell’ordinanza di demolizione n. 08/09 del 13/1/2009, con la prova degli estremi di sua notificazione ai relativi destinatari, nonché ogni altro atto o documento ritenuto utile ai fini di causa. L’ordine di produzione è stato reiterato con ordinanza n. 3651 del 2015, stante la riscontrata inottemperanza dell’amministrazione.

Il Comune di Giugliano in Campania si è costituito in giudizio per resistere al gravame, sollevando eccezioni di inammissibilità e concludendo nel merito per il rigetto del ricorso in quanto infondato.

Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17 ottobre 2015, ha articolato deduzioni in conseguenza della produzione da parte dell’amministrazione comunale della documentazione in ottemperanza dei sopra indicati provvedimenti giurisdizionali; in particolare, la difesa dei ricorrenti ha contestato la ritualità della notificazione seguita nei confronti di Mario De Rosa ai sensi dell’art. 140 c.p.c., lamentando l’omessa produzione della ricevuta di ritorno della raccomandata recante l’avviso di cui alla menzionata disposizione.

Successivamente, nella camera di consiglio del 5 novembre 2015, il difensore dell’ente resistente ha dichiarato in udienza (come attestato nel relativo verbale) l’assenza, allo stato, di un provvedimento dichiarativo dell’acquisizione delle opere al patrimonio comunale per effetto dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione; con ordinanza n. 1950 emessa in pari data, questa Sezione, pur evidenziando l’incidenza della circostanza rappresentata sulla ammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, ha valutato di disporre, in una valutazione complessiva ed in considerazione della natura degli interessi implicati, la sollecita definizione del ricorso nel merito, disponendo, altresì, l’acquisizione dal Comune di Giugliano in Campania di copia di tutta la documentazione nella propria disponibilità atta a comprovare il rispetto degli adempimenti previsti dall’art. 140 c.p.a., nonché di una relazione dettagliata, comprensiva di ogni dato utile.

All’udienza pubblica del 25 ottobre 2016 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso non merita accoglimento.

Il Collegio reputa necessario in primo luogo chiarire che l’amministrazione resistente ha fornito prova della ritualità e correttezza delle notificazioni dell’ordinanza di demolizione sia alla Signora Cacciapuoti sia al coniuge, Mario De Rosa, dimostrando, dunque, anche con riferimento a quest’ultimo ed in relazione alle dedotte violazioni dell’art. 140 c.p.c., l’invio della raccomandata n. 1371 del 4 febbraio 2009 e la sussistenza del correlato avviso di ricevimento.

Da ciò consegue, dunque, che i ricorrenti, contrariamente a quanto sostenuto dal difensore dei medesimi, hanno avuto piena conoscenza dell’ordinanza di demolizione presupposta all’atto gravato, la quale, tuttavia, non risulta aver costituito oggetto di alcuna impugnazione entro i termini decadenziali prescritti.

Da ciò consegue l’inammissibilità sia del ricorso introduttivo sia del ricorso per motivi aggiunti, meritando accoglimento l’eccezione sollevata dalla difesa dell’ente resistente a motivo della omessa impugnazione nei termini di decadenza dell’ordinanza di demolizione ed in considerazione dell’assenza, allo stato, di un provvedimento acquisitivo.

L’esame del verbale, infatti, consente di rilevare la valenza meramente endoprocedimentale di tale atto, strumentale alle successive determinazioni dell'ente locale; sicché lo stesso ha efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate dall’ufficio della Polizia Municipale, alla quale non è attribuita la competenza all'adozione di atti di amministrazione attiva, all'uopo occorrendo che la competente autorità amministrativa faccia proprio l'esito delle predette operazioni attraverso un formale atto di accertamento (cfr. anche Cons. Giust. Amm. Sicilia, Sez. Giur., 12 novembre 2008 n. 930; T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 16 dicembre 2009 n. 8816; Sez. II, 18 maggio 2005 n. 6525 e 21 novembre 2006 n. 10110; Sez. IV, 26 giugno 2008 n. 6254; Sez. VII, 13 maggio 2009 n. 2592 e 8 luglio 2011 n. 3647; T.A.R. Valle d'Aosta, 24 luglio 2012 n. 74).

Ai fini della sopra indicata qualificazione, risultano particolarmente indicative l’assenza di una concreta determinazione dell’area oggetto del (successivo) provvedimento acquisitivo e la trasmissione del verbale “per gli ulteriori provvedimenti” al Dirigente dell’Ufficio Tecnico Comunale.

Da ciò consegue l’assenza di una portata lesiva correlata al verbale gravato e, dunque, la carenza di un interesse attuale e concreto all’impugnazione dello stesso in sede giurisdizionale.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo ed il ricorso per motivi aggiunti in epigrafe indicati, in parte li rigetta e per la restante parte li dichiara inammissibili.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di Giugliano in Campania che liquida in euro 1000,00 (mille/00) oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:



Claudio Rovis, Presidente

Gabriele Nunziata, Consigliere

Brunella Bruno, Primo Referendario, Estensore






L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Brunella Bruno
Claudio Rovis

















IL SEGRETARIO

L’attribuzione di funzioni di polizia giudiziaria spetta alla competenza legislativa esclusiva dello Stato

Deposito 13/01/2017 (dalla 8 alla 12)
S. 8/2017 del 06/12/2016
Udienza Pubblica del 06/12/2016, Presidente: GROSSI, Redattore: ZANON

Norme impugnate: Art. 31, c. 4°, della legge della Regione Basilicata 14/09/2015, n. 37.

Oggetto: Ambiente - Riforma Agenzia Regionale per l'Ambiente della Basilicata [A.R.P.A.B.] - Disposizioni sul personale addetto alle attività di ispezione e vigilanza - Previsione che il personale dell'A.R.P.A.B., incaricato dell'espletamento delle funzioni di vigilanza e controllo, riveste, nell'esercizio delle funzioni di vigilanza, anche la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.

 .................................




Giudizio 
Presidente GROSSI - Redattore ZANON
Udienza Pubblica del 06/12/2016    Decisione  del 06/12/2016
Deposito del 13/01/2017   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 31, c. 4°, della legge della Regione Basilicata 14/09/2015, n. 37.
Massime: 
Atti decisi: ric. 100/2015


SENTENZA N. 8

ANNO 2017



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4, della legge della Regione Basilicata 14 settembre 2015, n. 37, recante «Riforma Agenzia Regionale per l’Ambiente di Basilicata (A.R.P.A.B.)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 12-17 novembre 2015, depositato in cancelleria il 17 novembre 2015 e iscritto al n. 100 del registro ricorsi 2015.
Udito nell’udienza pubblica del 6 dicembre 2016 il Giudice relatore Nicolò Zanon;
udito l’avvocato dello Stato Pio Giovanni Marrone per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 12-17 novembre 2015, depositato il 17 novembre 2015 e iscritto al n. 100 del registro ricorsi 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale in via principale dell’art. 31, comma 4, della legge della Regione Basilicata 14 settembre 2015, n. 37, recante «Riforma Agenzia Regionale per l’Ambiente di Basilicata (A.R.P.A.B.)», per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
1.1.– Ricorda, anzitutto, il ricorrente che la legge reg. Basilicata n. 37 del 2015 disciplina l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Basilicata (d’ora in avanti: ARPAB), ente che era già stato istituito dalla legge della Regione Basilicata 19 maggio 1997, n. 27 (Istituzione dell’Agenzia regionale per l’ambiente della Basilicata. A.R.P.A.B.); che tra le attività istituzionali obbligatorie svolte dall’Agenzia vi sono quelle di prevenzione, di monitoraggio e di controllo ambientale (elencate all’art. 6 della legge reg. Basilicata n. 37 del 2015); e che il personale addetto a tali attività è individuato, con proprio atto, dal direttore generale dell’ARPAB (art. 31, comma 1, legge reg. Basilicata n. 37 del 2015).
In tale quadro normativo, il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta l’illegittimità costituzionale del comma 4 dell’art. 31 della legge reg. Basilicata n. 37 del 2015, il quale, dopo aver stabilito che «[a]l personale dell’A.R.P.A.B., incaricato dell’espletamento delle funzioni di vigilanza e controllo si applicano le disposizioni sul personale ispettivo di cui all’articolo 2-bis del D.L. 4 dicembre 1993, n. 496 convertito con modificazioni nella legge 21 gennaio 1994, n. 61», prevede che «[n]ell’esercizio delle funzioni di vigilanza tale personale riveste anche la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria». Secondo il ricorrente tale disposizione, nella parte in cui attribuisce al personale dell’ARPAB, nello svolgimento delle funzioni di vigilanza, «la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria», sconfinerebbe in ambiti riservati alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale affida alla legge statale la materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale».
Sono richiamate la sentenza della Corte costituzionale n. 313 del 2003, nella quale sarebbe stato affermato che l’attribuzione di funzioni di polizia giudiziaria spetta alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale, e le successive sentenze n. 167 del 2010 e n. 35 del 2011, con cui sono state dichiarate costituzionalmente illegittime norme regionali che attribuivano agli addetti della polizia locale la qualifica di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria. La Corte costituzionale avrebbe, dunque, in più occasioni affermato che il codice di procedura penale, agli artt. 55 e 57, concepisce la polizia giudiziaria quale «soggetto ausiliario di uno dei soggetti del rapporto triadico in cui si esprime la funzione giurisdizionale (il pubblico ministero)» proprio nell’esercizio della competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale disposta dalla lettera l) del secondo comma dell’art. 117 Cost., con l’inevitabile conseguenza di sottrarre al legislatore regionale qualsiasi possibilità di attribuire la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.
Osserva, quindi, il ricorrente che la possibilità da ultimo ricordata non potrebbe trovare fondamento nella potestà legislativa residuale riconosciuta alle Regioni a statuto ordinario in ordine alla polizia amministrativa locale, né la disposizione impugnata potrebbe «trovare emenda» nel richiamo, contenuto nell’art. 31, comma 4, della legge reg. Basilicata n. 37 del 2015, all’art. 2-bis del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 gennaio 1994, n. 61, il quale detta disposizioni sul personale ispettivo dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente.
L’Avvocatura generale dello Stato conclude ricordando quanto affermato dalla Corte costituzionale nella già menzionata sentenza n. 35 del 2011, ossia che il problema in discussione non è stabilire se la legge regionale impugnata sia o non sia conforme a quella statale, ma, ancora prima, se essa sia competente a disporre il riconoscimento delle qualifiche di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.
2.– La Regione Basilicata non si è costituita in giudizio.
3.– Con memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, l’Avvocatura generale dello Stato dà atto dell’avvenuta abrogazione dell’art. 31, comma 4, della legge reg. Basilicata n. 37 del 2015 da parte dell’art. 10 della legge della Regione Basilicata 4 marzo 2016, n. 5 (Collegato alla Legge di stabilità regionale 2016).
Essa ritiene, tuttavia, che non sussistano le condizioni per una pronuncia di cessazione della materia del contendere. Mentre la novella sarebbe certamente satisfattiva delle ragioni del ricorrente, non vi sarebbe invece prova della mancata applicazione della norma abrogata. L’Avvocatura generale dello Stato, sul punto, osserva che, nonostante la disposizione censurata sia rimasta in vigore per un lasso temporale «non eccessivo in termini assoluti», essa è di immediata applicazione e – anche in difetto di contrarie allegazioni da parte della Regione Basilicata, non costituitasi in giudizio – è presumibile che abbia prodotto effetti.
Non potrebbe, dunque, escludersi – secondo l’Avvocatura generale dello Stato – che al personale dell’ARPAB, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, sia stata attribuita la qualifica di agente o ufficiale di polizia giudiziaria già all’indomani dell’entrata in vigore della disposizione impugnata, e che, dunque, sulla base di essa siano stati adottati atti incidenti sulla libertà o sui beni dei cittadini, i quali, in difetto di una pronuncia di illegittimità costituzionale, non sarebbero travolti dalla sopravvenuta abrogazione, che non ha efficacia retroattiva.

Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4, della legge della Regione Basilicata 14 settembre 2015, n. 37, recante «Riforma Agenzia Regionale per l’Ambiente di Basilicata (A.R.P.A.B.)», nella parte in cui prevede che il personale dell’ARPAB, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, riveste anche la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
Secondo il ricorrente la disposizione costituzionale da ultimo citata, affidando alla legge statale la materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale», sottrarrebbe al legislatore regionale qualsiasi possibilità di attribuire ai funzionari dell’Agenzia regionale la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.
2.– Successivamente alla proposizione del ricorso, la Regione Basilicata ha approvato la legge regionale 4 marzo 2016, n. 5 (Collegato alla Legge di stabilità regionale 2016), nella quale è disposta, all’art. 10, comma 2, l’abrogazione della disposizione impugnata (art. 31, comma 4, ultimo periodo, della legge reg. Basilicata n. 37 del 2015).
Come rilevato dall’Avvocatura generale dello Stato, non sussistono, tuttavia, le condizioni per la dichiarazione di cessazione della materia del contendere.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, è a tal fine necessario il concorso di due requisiti: lo ius superveniens deve avere carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e le disposizioni censurate non devono avere avuto medio tempore applicazione (ex multis, sentenze n. 257, n. 253, n. 242, n. 199, n. 185, n. 155, n. 147, n. 101 e n. 39 del 2016).
Nel caso ora in esame, l’abrogazione dell’intera disposizione impugnata risulta satisfattiva delle ragioni del ricorrente.
Non sussistono, invece, elementi che dimostrino la sua mancata applicazione medio tempore o che ragionevolmente possano indurre ad escluderla. Essa è rimasta in vigore per un lasso di tempo relativamente contenuto (dal 1° ottobre 2015 al 5 marzo 2016), ma, indipendentemente da ciò, rileva, in primo luogo, la sua natura auto-applicativa (ex multis, sentenze n. 149 e n. 16 del 2015) e, in secondo luogo, la circostanza che la disposizione impugnata si pone in parziale continuità normativa con quanto previsto dalla precedente legge reg. Basilicata 19 maggio 1997, n. 27 (Istituzione dell’Agenzia regionale per l’ambiente della Basilicata. A.R.P.A.B.), la quale – all’art. 3, comma 2, ultimo periodo – prevedeva che «[i]l Direttore dell’A.R.P.A.B. con proprio atto individua il personale che ai fini dell’espletamento delle attività di istituto deve disporre della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria». Pur se le due disposizioni recano formulazioni non coincidenti, esse mirano allo stesso obbiettivo, cioè attribuire al personale dell’ARPAB la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria. E anche tale parziale continuità normativa induce a non escludere che la disposizione ora impugnata abbia trovato applicazione nel territorio regionale.
3.– Nel merito, la questione è fondata.
Accanto a quella effettivamente impugnata, altre leggi regionali hanno affrontato il problema qui in discussione, con formulazioni diverse ma convergenti nel disporre che al personale delle agenzie sia possibile attribuire la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria (con attribuzione diretta ex lege, ovvero affidando ad una autorità amministrativa la concreta individuazione dei funzionari muniti della qualifica). Tale scelta si spiega con l’obiettivo di rendere maggiormente efficace l’attività ispettiva in materia ambientale, in un contesto normativo statale che, anteriormente alla riforma recata dall’art. 14, comma 7, della legge 28 giugno 2016, n. 132 (Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e disciplina dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), si prestava ad opposte interpretazioni in ordine all’esistenza di una fonte (appunto, statale) idonea ad attribuire al personale ispettivo delle agenzie la qualifica in questione (si vedano, da un lato, Consiglio di Stato - sezione seconda consultiva, adunanza di sezione del 23 maggio 2012; dall’altro, Corte di cassazione, sezione terza penale, 3-28 novembre 2016, n. 50352, che offrono contrastanti soluzioni sulla possibilità di fondare l’attribuzione in parola sull’art. 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante «Istituzione del servizio sanitario nazionale», sugli artt. 03, 2-bis, e 5 del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, recante «Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente», convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, e, infine, sul decreto del Ministro della sanità 17 gennaio 1997, n. 58, recante «Regolamento concernente la individuazione della figura e relativo profilo professionale del tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro»). Attualmente, il delicato problema è stato risolto dal ricordato art. 14, comma 7, della legge statale n. 132 del 2016, che autorizza i legali rappresentanti delle agenzie regionali per la protezione ambientale a individuare e nominare, tra il personale ispettivo, i dipendenti che, nell’esercizio delle loro funzioni, operano con la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria.
Anche a prescindere dall’opportuna soluzione ora introdotta dal legislatore competente, la disposizione impugnata è in contrasto con la costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 35 del 2011, n. 167 del 2010 e n. 313 del 2003), elaborata in relazione a disposizioni di leggi regionali che attribuivano la qualifica in discussione al personale della polizia locale o del corpo forestale regionale. Essa ha sempre affermato che ufficiali o agenti di polizia giudiziaria possono essere solo i soggetti indicati all’art. 57, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, nonché quelli ai quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’art. 55 del medesimo codice, aggiungendo che le fonti da ultimo richiamate non possono che essere statali. Ciò perché le funzioni in esame ineriscono all’ordinamento processuale penale, che configura la polizia giudiziaria «come soggetto ausiliario di uno dei soggetti del rapporto triadico in cui si esprime la funzione giurisdizionale (il pubblico ministero)» (così, in particolare, la sentenza n. 35 del 2011).
Gli stessi principi vanno affermati in relazione all’attribuzione della qualifica in questione, operata da legge regionale, al personale ispettivo dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Regione Basilicata. Ne consegue l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. della disposizione impugnata, in quanto invasiva della competenza esclusiva statale in materia di giurisdizione penale.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4, della legge della Regione Basilicata 14 settembre 2015, n. 37, recante «Riforma Agenzia Regionale per l’Ambiente di Basilicata (A.R.P.A.B.)», nella parte in cui prevede che «[n]ell’esercizio delle funzioni di vigilanza tale personale riveste anche la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria».
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2017.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA

mercoledì 11 gennaio 2017

lunedì 2 gennaio 2017

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Decreto Dirigenziale protocollo 6 del 02/01/2017

Omologazione segnaletica stradale: dispositivi acustici per non vedenti

E’ estesa l’omologazione del dispositivo acustico per non vedenti, denominato “DNV 2000”, prodotto dalla soc. S.C.A.E. S.P.A. ,con sede legale in Via.A.Volta 6, Segrate (MI), alla versione con due nuovi dispositivi di prenotazione pedonale a sfioramento denominati “dnv 2000P/T” e “TWEETY. Restano invariate le prescrizioni contenute negli artt. 1 e 2 del decreto dirigenziale n. 219 del 16 febbraio 2004. 
MIT

domenica 1 gennaio 2017

Tabella Operativa Speciale delle Sanzioni C.d.S. 2017

Dopo le anticipazioni di giorno 17 dicembre 2016, eccovi la  tabella  operativa aggiornata delle sanzioni C.d.S. 2017 di "POLIZIALOCALEBLOG"
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