lunedì 29 maggio 2017

Documento unico di proprietà degli autoveicoli:dal 1° luglio 2018

Razionalizzazione dei processi di gestione dei dati di circolazione e di proprietà di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, finalizzata al rilascio di un documento unico ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera d), della legge n. 124 del 2015

Il decreto introduce, dal 1° luglio 2018, il documento unico di circolazione per gli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi. La nuova “carta di circolazione” sostituirà i due documenti attuali: il certificato di proprietà del veicolo, di competenza dell’Aci, e il libretto di circolazione prodotto dalla Motorizzazione civile, come previsto negli altri Paesi europei, e consentirà di ottimizzare i costi di produzione, archiviazione e controllo a carico dell’amministrazione. All’unico documento, inoltre, corrisponderà una tariffa unica, che sostituirà i diritti di Motorizzazione e gli emolumenti per l’iscrizione o la trascrizione di ogni veicolo al Pubblico Registro Automobilistico (PRA).

Manterranno validità le carte di circolazione rilasciate anteriormente all'entrata in vigore del decreto ed anche quelle rilasciate successivamente, fino al 1° luglio 2018.

Comunicato Stampa CSM 24 maggio 2017

mercoledì 24 maggio 2017

Condannato per danno erariale il Segretario Comunale che aveva assunto un comandante di Polizia Locale, con laurea acquisita dopo l'assunzione.

Al momento dell'assunzione, il Comandante di P.L. era stato inquadrato, con contratto, cat. "D3", ed era in possesso di Laurea breve....Da li a poco avrebbe ottenuto la laurea specialistica .

La corte dei conti, sezione per la Campania, con sentenza n. 175 del 17 maggio 2017, condanna il segretario nonchè il responsabile del personale per danno erariale, ritenendo tale condotta, "gravemente negligente per l'acritica valutazione dei presupposti di fatto, posto che la prima operazione da compiere nell'inquadramento del dipendente neo assunto era quella della verifica del possesso del necessario titolo di studio".

Il responsansabile della redazione dei verbali, fino a quando non viene assegnato, è il funzionario all'unità organizzativa

N. 00442/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00348/2014 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 348 del 2014, proposto da:
Ivano Viale, rappresentato e difeso dall'avvocato Mattia Crucioli, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Assarotti 11/9;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova, domiciliata in Genova, viale Brigate Partigiane n. 2;


per l'annullamento

del decreto 20656 del 16/12/2013, di inflizione della sanzione disciplinare della pena pecuniaria di 3/30 di una mensilita' dello stipendio.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2017 il dott. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato in data 24.3.2014 l’ispettore capo della Polizia di Stato Viale Ivano, in servizio dal gennaio del 2009 presso l’ufficio verbali della Polizia stradale di Imperia, ha impugnato il provvedimento 16.12.2013, con cui il Capo della Polizia gli ha inflitto la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 3/30 di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo.

La sanzione è stata inflitta per la mancanza così sintetizzata nella deliberazione 20.9.2013 del consiglio provinciale di disciplina: “quale vice responsabile dell’ufficio verbali della sezione Polizia stradale di Imperia, denotava grave negligenza in servizio, poiché non svolgeva la dovuta attività di controllo sull’andamento dell’ufficio e non interveniva in alcun modo al fine di porre rimedio a una grave problematica connessa alla mancata verbalizzazione di un rilevante numero di infrazioni”, ciò che concreterebbe un comportamento in contrasto con i principi previsti dagli artt. 8 e 13 del regolamento di servizio dell'Amministrazione della pubblica sicurezza D.P.R. 28.10.1985, n. 782, sanzionabile ai sensi dell’art. 4 n. 10 (grave negligenza in servizio) del D.P.R. 25.10.1981 n. 737.

La vicenda disciplinare tra origine dalla omessa redazione, da parte dell’ufficio di appartenenza nel quinquennio 2007-2011, di oltre 17.000 verbali di contestazione dell’infrazione di cui all’art. 126-bis comma 2 ultimo periodo del codice della strada (trattasi della sanzione di € 269,00 per il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido, che ometta, senza giustificato e documentato motivo, di fornire all'organo di polizia che procede, entro sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione per eccesso di velocità rilevato tramite autovelox, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione).

A sostegno del gravame ha dedotto quattro motivi di ricorso, rubricati come segue.

1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 31 del D.P.R. n. 737/1981 nonché dell’art. 103 del D.P.R. 3/1957. Violazione degli artt. 24 e 97 Cost.. Difetto di istruttoria e di motivazione.

Al ricorrente sono stati contestati, nel novembre 2012, addebiti relativi all’omessa redazione di verbali ex art. 126-bis c.d.s. nel quinquennio 2007-2011, sebbene i vertici della Polizia stradale fossero a conoscenza della giacenza inevasa di 8000 verbali quantomeno dal 2009.

Donde il grave ritardo nell’avvio dell’azione disciplinare, in violazione della disposizione rubricata.

2. Violazione degli artt. 3, 4, 5 e 6 della L. n. 241/1990, degli artt. 1 e 21, comma 4 del D.P.R. 373/1981 e degli artt. 28 e 97 Cost.. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di sanzione disciplinare. Travisamento ed erronea valutazione dei fatti, errore sui presupposti. Ingiustizia grave e manifesta. Contraddittorietà.

Il ricorrente era gerarchicamente subordinato al capo ufficio ispettore superiore Mauro Lecquio, sicché non era suo dovere sovrintendere all’andamento generale dell’ufficio; egli, inoltre, non era specificamente addetto, quale responsabile del procedimento, ai così detti “verbali di sviluppo” (trattasi della definizione in gergo per designare l’attività di verifica della comunicazione del nominativo del conducente da parte del proprietario del veicolo e, in caso di omissione o ritardo, di notifica della sanzione ex art. 126-bis c.d.s.).

Inoltre il consiglio di disciplina, pur dando atto del fatto che, per le carenze di organico, sussistevano oggettive difficoltà dell’ufficio a gestire la problematica, che era già nota da tempo ai superiori, non ne ha contraddittoriamente tratto le dovute conclusioni.

3. Violazione degli artt. 1, 13, 14 e 19 D.P.R. 373/1981. Violazione degli artt. 3 e 6 L. 241/1990. Violazione dell’art. 94 Cost.. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Omessa valutazione delle giustificazioni. Manifesta illogicità ed irragionevolezza. Contraddittorietà intrinseca.

L’istruttoria sarebbe stata condotta sulla base dell’indagine ispettiva effettuata nel luglio del 2012, e - pertanto - prima della contestazione degli addebiti, con il coinvolgimento di soggetti (il dirigente della sezione di Polizia stradale di Imperia) in evidente conflitto di interessi.

Inoltre, il provvedimento finale non avrebbe tenuto in adeguato conto le giustificazioni prodotte dal ricorrente quanto alla natura dei suoi incarichi (che non comprendevano né la gestione dei verbali di sviluppo, né l’accesso al software di rilevamento delle omissioni ex art. 126-bis c.d.s.) ed alla conoscenza della problematica delle mancate contestazioni ex art. 126-bis c.d.s. da parte del dirigente della sezione.

4. Violazione degli artt. 1 della legge 241/1990, 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per disparità di trattamento. Ingiustizia grave e manifesta.

Il provvedimento sanzionatorio, ove non annullato, integrerebbe una ingiusta disparità di trattamento rispetto agli altri colleghi coinvolti nella vicenda, il cui ricorso gerarchico sarebbe stato accolto.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, controdeducendo ed instando per la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza del 10 maggio 2017 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Giova trascrivere il contenuto dell’art. 126-bis (rubricato: patente a punti) comma 2 del codice della strada, a mente del quale “L'organo da cui dipende l'agente che ha accertato la violazione che comporta la perdita di punteggio, ne dà notizia, entro trenta giorni dalla definizione della contestazione effettuata, all'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida. La contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi. Il predetto termine di trenta giorni decorre dalla conoscenza da parte dell'organo di polizia dell'avvenuto pagamento della sanzione, della scadenza del termine per la proposizione dei ricorsi, ovvero dalla conoscenza dell'esito dei ricorsi medesimi. La comunicazione deve essere effettuata a carico del conducente quale responsabile della violazione; nel caso di mancata identificazione di questi, il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell'articolo 196, deve fornire all'organo di polizia che procede, entro sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. Se il proprietario del veicolo risulta una persona giuridica, il suo legale rappresentante o un suo delegato è tenuto a fornire gli stessi dati, entro lo stesso termine, all'organo di polizia che procede. Il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell'articolo 196, sia esso persona fisica o giuridica, che omette, senza giustificato e documentato motivo, di fornirli è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 286 ad euro 1.143”.

Dall’analisi della disposizione si evince agevolmente come la comunicazione dei dati personali e della patente del conducente del veicolo in relazione al quale sia stata accertata una violazione che comporta la perdita di punteggio costituisca per il proprietario del veicolo un necessario adempimento, la cui omissione comporta indefettibilmente l’irrogazione di un’ulteriore sanzione.

Si tratta, in buona sostanza, di un sub-procedimento sanzionatorio, collegato al procedimento sanzionatorio principale (quello per l’irrogazione di una sanzione comportante la decurtazione del punteggio della patente), il cui provvedimento finale, in caso di omissione della comunicazione, è per l’appunto rappresentato dall’irrogazione dell’ulteriore, apposita sanzione di € 286,00.

Ciò posto, l’atto di contestazione degli addebiti (doc. 3 delle produzioni 4.4.2014 di parte ricorrente) prende le mosse dalla constatazione che il ricorrente, in quanto vice capo ufficio verbali, avrebbe dovuto comprendere la necessità di far emergere le conosciute lacune in ordine all’omessa redazione dei verbali ex art. 126-bis c.d.s., donde il comportamento gravemente negligente consistito nella mancata azione di indirizzo e coordinamento dell’attività dell’ufficio, e nell’omessa formale segnalazione delle irregolarità riscontrate nella trattazione delle relative pratiche.

Orbene, ai sensi dell’art. 7 comma 1 del D.P.R. 28.10.1985, n. 782, “salvo che vi sia un dipendente istituzionalmente incaricato delle funzioni vicarie, in caso di assenza o impedimento per qualsiasi causa del titolare dell'ufficio, reparto o istituto, ne assume la direzione il dipendente dell'ufficio con qualifica più elevata”.

Nel caso di specie, è pacifico e non contestato che l’ispettore capo Viale – che figura quale semplice “addetto” all’ufficio verbali (cfr. le disposizioni di organizzazione sub doc. 8 delle produzioni 4.4.2014 di parte ricorrente) - non fosse “istituzionalmente incaricato delle funzioni vicarie” del capo ufficio verbali.

Inoltre, le affermazioni del ricorrente circa il fatto che il capo ufficio Lecquio è risultato sempre presente nel quinquennio 2007-2011 non sono state contestate dall’amministrazione, che non ha neppure provato l’esistenza di lunghi periodi di assenza od impedimento di questi, tali da costituire il ricorrente nella posizione di responsabile dell’andamento dell’ufficio e della relativa attività di indirizzo e coordinamento.

A ciò si aggiunga che – come giustamente osservato dal ricorrente – è altrettanto pacifico che la dirigenza della sezione di Polizia stradale di Imperia, alla quale il capo ufficio verbali doveva rendere conto del buon andamento dell’ufficio, fosse già a conoscenza, fin dal 2007, della problematica relativa al grave ritardo accumulato nella contestazione della violazione di cui all’art. 126-bis c.d.s. (cfr. la nota 26.4.2007 del dirigente della sezione, redatta in esito ad apposita ispezione - doc. 11 delle produzioni 4.4.2014 di parte ricorrente, e le relazioni mensili 21.2.2007 e 9.5.2007 – doc. 10 delle produzioni 4.4.2014 di parte ricorrente), al punto che la relativa circostanza è stata posta a fondamento del decreto del Capo della Polizia 12.12.2013, di accoglimento del ricorso gerarchico proposto dalla collega del ricorrente Piana Barbara (doc. 22 delle produzioni 4.4.2014 di parte ricorrente), che era stata sanzionata per le medesime mancanze contestate al ricorrente.

D’altra parte, non potrebbe ritenersi che il ricorrente fosse tenuto, ai sensi dell’art. 8 commi 3 e 4 del D.P.R. n. 782/1985 (“Ove all'esecuzione dell'ordine si frapponessero difficoltà, inconvenienti od ostacoli imprevisti e non fosse possibile ricevere ulteriori direttive, il dipendente deve adoperarsi per superarli anche con proprie iniziative evitando di arrecare, per quanto possibile, pregiudizi al servizio. Di quanto sopra egli deve informare il superiore immediatamente, riferendo altresì dei risultati e di ogni altra conseguenza del suo intervento”) ad adoperarsi di propria iniziativa per superare le difficoltà riscontrate nell’esecuzione dell’incarico di redazione dei così detti verbali di sviluppo ex art. 126-bis c.d.s..

L’amministrazione non ha infatti prodotto alcun ordine, direttiva o circolare che indicasse i nominativi di coloro che erano incaricati di seguire la redazione dei c.d. verbali di sviluppo, tant’è che tale circostanza, a seguito di una complessa indagine condotta dalla Guardia di Finanza, è stata posta dal Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale per la regione Liguria della Corte dei Conti a fondamento del decreto di archiviazione del procedimento di responsabilità amministrativa a carico del ricorrente (doc. 25 delle produzioni 27.3.2017 di parte ricorrente).

E’ dunque evidente come, sulla scorta del principio generale di cui all’art. 5 comma 2 della legge n. 241/1990 (“fino a quando non sia effettuata l'assegnazione di cui al comma 1, è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto alla unità organizzativa determinata a norma del comma 1 dell'articolo 4”), responsabile della redazione dei c.d. verbali di sviluppo ai sensi dell’art. 126-bis codice della strada dovesse ritenersi il dirigente dell’unità organizzativa, cioè il capo dell’ufficio verbali, come del resto risulta dall’apposita indicazione contenuta in calce ai relativi verbali (cfr. il verbale di cui al doc. 18 delle produzioni 4.4.2014 di parte ricorrente).

Né, in mancanza della prova che il ricorrente fosse specificamente incaricato della redazione dei c.d. verbali di sviluppo ai sensi dell’art. 126-bis codice della strada, vale addurre la circostanza che le uniche verbalizzazioni ex art. 126-bis prodotte dall’ufficio verbali (relative ai casi in cui il modulo conducente era stato effettivamente restituito dal proprietario del veicolo) fossero state inserite nel sistema informatico proprio dal ricorrente, unitamente alla collega Libertucci.

La circostanza che il ricorrente avesse svolto specifici incarichi conferitigli volta a volta dal responsabile del procedimento non vale certamente a considerarlo incaricato dell’intera gestione dei c.d. verbali di sviluppo.

Non avendo egli ricevuto l’ordine di trattare la redazione dei verbali di sviluppo, non era tenuto ad adoperarsi con proprie iniziative per superare difficoltà, inconvenienti od ostacoli, né a darne notizia al superiore, peraltro già a conoscenza aliunde della problematica.

Donde la fondatezza del ricorso.

Le spese seguono come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in € 3.000,00 (tremila), oltre IVA e CPA, oltre al rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2017 con l'intervento dei magistrati:



Roberto Pupilella, Presidente

Luca Morbelli, Consigliere

Angelo Vitali, Consigliere, Estensore






L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Angelo Vitali
Roberto Pupilella

















IL SEGRETARIO

Controlli tecnici periodici dei veicoli a motore, dei loro rimorchi, e dei veicoli commerciali circolanti nell’Unione

Decreto di recepimento della Direttiva 2014/45/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 relativa ai controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e che abroga la Direttiva 2009/40/CE
 
Allegati
 ***************************************************************
 Decreto di recepimento della Direttiva 2014/47/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 relativa ai controlli tecnici su strada dei veicoli commerciali circolanti nell’Unione e che abroga la Direttiva 2000/30/CE
 

Decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14 (disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città) :Circolare Ministero Interno 23 maggio 17

Ministero dell'Interno
Legge 18 aprile 2017, n.48. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città

(Circ. n. 4228 del 23 maggio 2017)
ASAPS

sabato 20 maggio 2017

Lo ore di straordinario effettuate dal personale di Vigilanza ....SI PA...GA...NO!!!

Parafrasando le parole" I biglietti SI PAGANO " del film "NATI STANCHI" di Ficarra & Picone, anche  per la Cassazione lo straordinario effettuato del personale di vigilanza, SI PAGA, pure se autorizzato verbalmente.
Sez. LAVORO CIVILE, Sentenza n.12360 del 17/05/2017 (ECLI:IT:CASS:2017:12360CIV), udienza del 02/02/2017, Presidente NAPOLETANO GIUSEPPE Relatore TORRICE AMELIA

RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE:

RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Il Consiglio dei ministri, su proposta della Ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione Maria Anna Madia, ha approvato, in esame definitivo, due decreti legislativi contenenti disposizioni di attuazione della riforma della pubblica amministrazione (legge 7 agosto 2015, n. 124).
Di seguito le principali misure introdotte con i decreti.

1. Testo unico del pubblico impiego

Modifiche e integrazioni al “Testo unico del pubblico impiego”, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), r), s) e z) della legge 7 agosto 2015, n.124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche

Il decreto introduce disposizioni mirate al raggiungimento dei seguenti obiettivi:
  • il progressivo superamento della “dotazione organica” come limite alle assunzioni, fermi restando i limiti di spesa, attraverso il nuovo strumento del “Piano triennale dei fabbisogni”, con la definizione di obiettivi di contenimento delle assunzioni differenziati in base agli effettivi fabbisogni, la rilevazione delle competenze dei lavoratori pubblici e la previsione di un sistema informativo nazionale volto ad orientare la programmazione delle assunzioni;
  • l’introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare e rendere concreta e certa nei tempi l’azione disciplinare;
  • l’aggiornamento delle procedure, prevedendo la più estesa e ottimale utilizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, anche nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa;
  • la previsione nelle procedure concorsuali pubbliche di meccanismi di valutazione finalizzati a valorizzare l’esperienza professionale acquisita da coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici e ferma restando, comunque, la garanzia di un adeguato accesso dall’esterno;
  • la possibilità di svolgimento dei concorsi in forma centralizzata o aggregata e la previsione dell’accertamento della conoscenza della lingua inglese e di altre lingue, quale requisito di partecipazione al concorso o titolo di merito valutabile dalle commissioni giudicatrici, e la valorizzazione del titolo di dottore di ricerca;
  • la disciplina delle forme di lavoro flessibile, anche al fine di prevenire il precariato, unitamente ad una soluzione transitoria per superare il pregresso: viene stabilito a regime il divieto per le pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione e vengono introdotte specifiche procedure per l’assunzione a tempo indeterminato di personale in possesso dei requisiti;
  • l’integrazione nell’ambiente di lavoro delle persone con disabilità attraverso l’istituzione di una Consulta nazionale composta da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali e territoriali, e la nomina, da parte delle amministrazioni pubbliche con più di 200 dipendenti, di un responsabile dei processi di inserimento;
  • la definizione delle materie escluse dalla contrattazione integrativa, anche al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito e la parità di trattamento tra categorie omogenee, nonché di accelerare le procedure negoziali;
  • la riorganizzazione delle funzioni di accertamento medico legale in caso di assenze per malattia, con l’attribuzione all’I.N.P.S. delle relative competenze;
  • la razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, lo sviluppo di sistemi di misurazione dei risultati raggiunti dall’organizzazione e dai singoli dipendenti e forme di semplificazione specifiche per i diversi settori della pubblica amministrazione.
*

2. Valutazione della performance dei dipendenti pubblici

Modifiche al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, in attuazione dell’articolo 17, comma 1, lettera r), della legge n. 124 del 2015

Il provvedimento persegue l’obiettivo generale di ottimizzare la produttività del lavoro pubblico e di garantire l’efficienza e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Con il decreto, ispirato ai principi di semplificazione delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici, di riconoscimento del merito e della premialità, di razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, di riduzione degli adempimenti in materia di programmazione e di coordinamento della disciplina in materia di valutazione e controlli interni, si introducono, tra le altre, le seguenti novità:
  • viene chiarito che il rispetto delle disposizioni in materia di valutazione costituisce non solo condizione necessaria per l’erogazione di premi, ma rileva anche ai fini del riconoscimento delle progressioni economiche, dell’attribuzione di incarichi di responsabilità al personale e del conferimento degli incarichi dirigenziali; è stato chiarito che la valutazione negativa delle performance, come specificamente disciplinata nell’ambito del sistema di misurazione, rileva ai fini dell’accertamento della responsabilità dirigenziale e, in casi specifici e determinati, a fini disciplinari;
  • ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare e a valutare la performance con riferimento all’amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola e ai singoli dipendenti o gruppi di dipendenti;
  • oltre agli obiettivi specifici di ogni amministrazione, è stata introdotta la categoria degli obiettivi generali, che identificano le priorità in termini di attività delle pubbliche amministrazioni coerentemente con le politiche nazionali, definiti tenendo conto del comparto di contrattazione collettiva di appartenenza;
  • gli Organismi indipendenti di valutazione (OIV), tenendo conto delle risultanze dei sistemi di controllo strategico e di gestione presenti nell’amministrazione, dovranno verificare l’andamento delle performance rispetto agli obiettivi programmati durante il periodo di riferimento e segnalare eventuali necessità di interventi correttivi. A tal proposito, sono previsti strumenti e poteri incisivi per garantire il ruolo degli OIV, specie con riferimento al potere ispettivo, al diritto di accesso al sistema informatico e agli atti e documenti degli uffici;
  • viene riconosciuto, per la prima volta, un ruolo attivo dei cittadini ai fini della valutazione della performance organizzativa, mediante la definizione di sistemi di rilevamento della soddisfazione degli utenti in merito alla qualità dei servizi resi;
  • nella misurazione delle performance individuale del personale dirigente, è attribuito un peso prevalente ai risultati della misurazione e valutazione della performance dell’ambito organizzativo di cui hanno essi diretta responsabilità;
  • è definito un coordinamento temporale tra l’adozione del Piano della performance e della Relazione e il ciclo di programmazione economico-finanziaria, introducendo sanzioni più incisive in caso di mancata adozione del Piano;
  • sono introdotti nuovi meccanismi di distribuzione delle risorse destinate a remunerare la performance, affidati al contratto collettivo nazionale, che stabilirà la quota delle risorse destinate a remunerare, rispettivamente, la performance organizzativa e quella individuale e i criteri idonei a garantire che alla significativa differenziazione dei giudizi corrisponda un’effettiva diversificazione dei trattamenti economici correlati.
Il testo del decreto recepisce e fa proprie gran parte delle osservazioni e delle indicazioni poste, nei rispettivi pareri, dalle Commissioni parlamentari, dal Consiglio di Stato e dalla Conferenza unificata.
*****
COMUNICATO STAMPA PRESIDENZA CONSIGLIO DEI MINISTRI

Personale in comando: non rientra nel limite del lavoro flessibile

I magistrati contabili della sezione delle Autonomie, con la deliberazione 12/2017, pubblicata sul sito il 16 aprile, hanno chiarito che la spesa relativa al personale utilizzato in posizione di comando esula dall’ambito applicativo dell’articolo 9, comma 28, del d.l. 78/2010, ferma restando l’imputazione figurativa della spesa per l’ente cedente.

La questione di massima era stata rimessa alla Sezione Autonomie dalla sezione regionale di controllo per l’Abruzzo con deliberazione n. 181/2016.
 
tratto da: http://www.self-entilocali.it

mercoledì 17 maggio 2017

Sorpassare velocipedi e motocicli, solo in condizioni di sicurezza....altrimente desistere

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 30 gennaio – 11 maggio 2017, n. 23079
Presidente Piccialli – Relatore Bellini

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di Sondrio confermava la sentenza del Giudice di Pace di Sondrio che aveva assolto S.D. dal reato di lesioni colpose ai danni di K.D. in quanto, pur non escludendo il contatto tra l’autoarticolato condotto dall’imputato e il motociclo condotto dalla persona offesa, intervenuto mentre lo S. tentava di superare il motociclo, non risultava provato che la collisione fosse attribuibile a colpa dell’imputato, piuttosto che ad una condotta di guida ondivaga del motociclista il quale dopo il fatto era stato riscontrato in stato di ebbrezza alcolica.
2. Avverso la suddetta pronuncia proponeva ricorso per cassazione ai fini civili la parte civile denunciando violazione di legge in punto a ritenuta esclusione del rapporto di causalità, nonché della responsabilità colposa dello S. , atteso che risultava comunque dimostrato che quest’ultimo si era avventurato nel sorpasso del motociclo pur avendo constatato che lo stesso procedeva zigzagando con fare incerto e si era spostato all’interno dell’opposta corsia di marcia pur in presenza di un divieto di una tale manovra, ponendo pertanto in essere le premesse della successiva collisione.
3. Depositava memoria difensiva la difesa dell’imputato S.D. evidenziando la inammissibilità del ricorso della parte civile in presenza di doppia pronuncia dei giudici di merito che con apparato argomentativo logico ed esaustivo avevano escluso profili di colpa in capo all’imputato e l’assenza di rapporto di causalità tra il sorpasso e la caduta del ciclomotorista.

Ritenuto in diritto

1. Il ricorso appare fondato e deve essere accolto. Del tutto irrilevante risulta la circostanza, valorizzata da entrambi i giudici del merito, che non risulta provato che in fase di sorpasso avvenne o meno un urto tra il pesante automezzo, che si era spostato sulla sinistra per operare la manovra, e il motociclo che procedeva con fare incerto e ondivago all’interno della propria corsia, laddove evidenti appaiono i profili di colpa in capo al conducente, e dell’autoarticolato, che si pongono in intimo collegamento con la caduta del motociclista.
2. Dalle stesse ammissioni del conducente dell’autoarticolato emerge infatti che il motociclista, che Io precedeva nella marcia, teneva una condotta di guida incerta ed ondivaga e che inoltre il sorpasso venne da questi operato spostandosi parzialmente all’interno dell’opposta corsia di marcia. Prevede l’art. 148 comma III Codice della Strada che il conducente che sorpassa un veicolo o altro utente della strada che lo precede sulla stessa corsia, dopo avere fatto l’apposita segnalazione, deve portarsi alla sinistra dello stesso, superarlo rapidamente tenendosi da questo ad una adeguata distanza laterale, e riportandosi a destra appena possibile, senza creare pericolo o intralcio.
Appare evidente che nel caso in specie lo S. non ebbe a conformarsi a tali regole atteso che, in presenza di motociclo che lo precedeva nella marcia manifestando evidenti limiti di stabilità e di uniformità di guida e tenuto conto del fatto che la distanza laterale lo portava a spostarsi nell’opposta corsia di marcia (manovra che gli era preclusa dalla segnaletica orizzontale), egli avrebbe dovuto desistere dalla manovra e attendere di procedere al sorpasso in tratto stradale che gli consentisse di operare in piena sicurezza.
3. Sul punto la giurisprudenza del S.C. è invero costante, fin dalla prima stesura del Codice della Strada, a sostenere il principio, che qui appare corretto riaffermare che nel sorpassare velocipedi e motocicli, aventi un equilibrio particolarmente instabile, il conducente deve lasciare una distanza laterale di sicurezza che tenga conto delle oscillazioni e deviazioni che le accidentalità della strada o altre cause possano rendere più o meno ampie nel veicolo sorpassato (sez. IV, 12.4.1966, Bendazzoli, Rv.101583; 17.12.1982, Esposito, Rv.159189; 2.3.1984, Longo, Rv.163881; 12.10.1990, Dal Bosco, Rv.185805). Tale obbligo di cautela risulta particolarmente intenso nei casi in cui il mezzo che precede nella marcia manifesti anomalie nella guida, da cui possa ragionevolmente prevedersi che la manovra di sorpasso comporti ragione di intralcio della circolazione e motivo di pericolo per gli altri utenti della strada, così che in tali evenienze il conducente è tenuto a rinunciare al sorpasso, attendendo che le condizioni di marcia e quelle ambientali consentano di procedere alla manovra senza mettere in pericolo la incolumità degli utenti della strada.
4. A tale proposito ha affermato il S.C. che lo spazio libero sufficiente, previsto dall’art. 106 primo comma, cod. strad. in tema di sorpasso, deve essere inteso non soltanto nel senso della distanza che separa il conducente da eventuali ostacoli che si trovino o sopraggiungano nell’opposta corsia di marcia, ma anche nel senso di un’adeguata distanza laterale alla sinistra del veicolo da sorpassare. Pertanto, qualora manchi o sia insufficiente un tale spazio per qualsiasi motivo, e quindi anche nel caso che il veicolo da sorpassare circoli fuori mano invadendo una parte della corsia sinistra della carreggiata, il conducente che si accinge al sorpasso deve desistere da tale manovra finché non sia possibile effettuarla senza pericolo. Infatti, poiché, il sorpasso postula condizioni di assoluta sicurezza, il conducente non può esimersi dall’obbligo di rinunciarvi quando, per la mancanza di un congruo spazio libero, in una valutazione di comune prudenza, possa apparire che il sorpasso medesimo è malagevole e pericoloso (sez. IV, 1.10.1987, Magliano, Rv. 177903).
5. Risulta pertanto del tutto logico e coerente ai principi sopra riportati affermare che ogni qualvolta il conducente riscontri una situazione di potenziale pericolo quale conseguenza della operazione di sorpasso, debba desistere dal portarlo a compimento (sez. IV, 20.9.1988, Miccinelli, Rv.179576). Tale dovere sicuramente incombeva in capo allo S. , il quale aveva realizzato che la manovra di sorpasso, che già andava eseguita con particolare cura trattandosi di motociclista che procedeva a velocità ridotta, si presentava particolarmente insidiosa in ragione dell’andamento ondivago del conducente, il quale rendeva palese il pericolo di un contatto, tenuto altresì conto che non era ragionevolmente preventivabile il rispetto di una adeguata distanza laterale tra i mezzi proprio in ragione delle peculiari condizioni di guida del motociclista; ulteriore motivo di pericolo era rappresentato dal fatto che il conducente dell’autoarticolato, per evitare il motociclista, si era portato all’interno dell’opposta corsia di percorrenza, sebbene la segnaletica verticale lo vietasse, creando pertanto motivo di turbativa anche per i conducenti dei veicoli provenienti dall’opposta corsia di marcia.
7. Ma se dei profili colposi in capo al conducente dell’autoarticolato non può ragionevolmente dubitarsi, assolutamente carente è la motivazione dei giudice di merito anche in relazione alla esclusione del rapporto di causalità tra la condotta di guida serbata dallo S. e la caduta del motociclista. Se è vero infatti che non è dato sapere se il motociclista urtò, nel suo ondivago incedere, il mezzo del prevenuto impegnato nel sorpasso, è chiaro che l’affiancamento tra i mezzi rappresentò motivo di turbativa e di ostacolo alla marcia del motociclista, così da potersi inferire che il sinistro non sarebbe occorso qualora il conducente dell’autoarticolato avesse desistito, come gli imponevano comuni regole di prudenza e le specifiche disposizioni del codice della strada, dal portare a termine la manovra di sorpasso.
Si impone l’annullamento della impugnata sentenza con rinvio al Tribunale di Sondrio affinché provveda a nuovo esame sulla base dei principi sopra enunciati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Sondrio per nuovo esame.

Corte Costituzionale, Sentenza n. 79/2017, in tema di circolazione stradale, pagamento in misura ridotta delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni del codice della strada

Ordinanza 79/2017 (ECLI:IT:COST:2017:79)
Giudizio:

Presidente: LATTANZI - Redattore: AMATO
Udienza Pubblica del 22/03/2017; Decisione del 22/03/2017
Deposito del 12/04/2017; Pubblicazione in G. U. 19/04/2017 n. 16
Norme impugnate: Art. 202, c. 2°, del d.lgs. 30/04/1992, n. 285.
Massime:
Atti decisi: ord. 191/2016


ORDINANZA N. 79

ANNO 2017


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto BARBERA, Giulio PROSPERETTI,


ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 202, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso dal Giudice di pace di Palermo, nel procedimento vertente tra A. D.V., Comune di Palermo e altra, con ordinanza del 4 maggio 2016, iscritta al n. 191 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visti l’atto di costituzione di A. D.V., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2017 il Giudice relatore Giuliano Amato;

uditi l’avvocato Fabrizio Di Maria per A. D.V., e l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri.


Ritenuto che, con ordinanza del 4 maggio 2016, il Giudice di pace di Palermo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 202, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui, pur prevedendo il bonifico bancario tra le possibili modalità di pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, non contiene alcuna previsione in ordine all’effetto solutorio in caso di pagamento effettuato con tale mezzo;

che, secondo quanto riferito dal rimettente, nel giudizio a quo, avente ad oggetto l’opposizione avverso una cartella esattoriale per il pagamento di una sanzione prevista dal codice della strada, la parte opponente chiede l’annullamento della cartella, deducendo di avere tempestivamente provveduto al pagamento della sanzione con bonifico bancario; viceversa, l’amministrazione opposta ritiene tardivo il pagamento, poiché esso, sebbene effettuato nei termini, sarebbe concretamente pervenuto alla stessa amministrazione dopo la scadenza del termine;

che, ad avviso del rimettente, la mancanza di una disciplina dell’effetto solutorio del pagamento con bonifico determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra chi esegua il pagamento scegliendo tale modalità e chi si avvalga, invece, del versamento in conto corrente postale; nel primo caso, infatti, il debitore avrebbe a disposizione un termine inferiore a quello previsto dallo stesso art. 202, poiché l’adempimento si verificherebbe con l’accredito della somma nel conto corrente dell’ente creditore; viceversa, l’art. 4, comma 6, del d.P.R. 14 marzo 2001, n. 144 (Regolamento recante norme sui servizi di bancoposta) prevede l’immediato effetto solutorio del versamento in conto corrente postale;

che la riduzione del termine, oltre a non essere quantificabile da parte del debitore, essendo variabile in base ai meccanismi telematici dell’istituto erogante, sarebbe tale da creare incertezza sulla tempestività dei pagamenti; inoltre, la disparità di trattamento rispetto ai pagamenti effettuati con versamento in conto corrente postale sarebbe resa più evidente dalla circostanza che anche in caso di pagamento tramite bonifico bancario si verificherebbe, immediatamente dopo l’effettuazione della operazione, il contestuale prelievo della valuta dal conto corrente del debitore;

che, con atto depositato il 25 ottobre 2016, è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata;

che, in via preliminare, la difesa statale ha eccepito l’inammissibilità della questione sollevata in riferimento all’art. 24 Cost., per difetto di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza;

che sarebbe, altresì, inammissibile la questione relativa alla violazione dell’art. 3 Cost., «per la omissione da parte del Giudice remittente di uno sforzo ermeneutico ad ampio raggio», nonché per l’incompleta ricostruzione del quadro normativo, non avendo il rimettente considerato l’art. 17-quinquies del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18 (Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016, n. 49, il quale sarebbe risolutivo della questione sollevata;

che, in ogni caso, la difesa statale ritiene non fondata la questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., non ravvisando alcuna disparità di trattamento, in quanto, ancor prima dell’ordinanza di rimessione, l’art. 17-quinquies del d.l. n. 18 del 2016 ha chiarito, con una norma d’interpretazione autentica, che il primo e il secondo periodo del comma 1 dell’art. 202 del codice della strada si interpretano nel senso che – per i pagamenti diversi da quelli in contanti o tramite conto corrente postale – l’effetto liberatorio del pagamento si produce se l’accredito a favore dell’amministrazione avviene entro due giorni dalla data di scadenza del pagamento;

che, pertanto, chi scelga di effettuare il pagamento mediante bonifico bancario non avrebbe a disposizione un termine inferiore rispetto a chi scelga di effettuare il versamento in conto corrente postale, essendo consapevole del termine previsto per l’effetto solutorio del bonifico, il quale si produce se l’accredito a favore dell’amministrazione avvenga entro due giorni dalla data di scadenza del pagamento; in questo modo, il pagamento mediante bonifico sarebbe stato equiparato alle altre modalità di pagamento, e non si determinerebbe alcuna lesione per il soggetto obbligato, in funzione della modalità solutoria prescelta;

che la difesa statale sottolinea, inoltre, la differente natura giuridica e disciplina dei diversi strumenti di pagamento; infatti, mentre il pagamento mediante contanti ed il versamento in conto corrente postale producono un immediato effetto estintivo del credito vantato dall’amministrazione, la stessa immediatezza non sarebbe possibile per quello effettuato mediante strumenti di pagamento elettronici; ciò in quanto il bonifico bancario configurerebbe un rapporto giuridico di tipo obbligatorio consistente nell’incarico impartito da un terzo alla banca di accreditare al beneficiario la somma oggetto della provvista; l’esecuzione degli incarichi da parte della banca richiederebbe, quindi, specifici tempi tecnici di accredito, derivanti dalla stessa natura giuridica dello strumento di pagamento, non essendo inusuali anomalie o incompletezze nell’ordine di pagamento, ovvero nella fase di esecuzione della transazione, le quali potrebbero, in concreto, ritardare l’accredito a favore dell’amministrazione;

che non sarebbe, d’altra parte, rinvenibile alcuna violazione del principio di uguaglianza formale e di ragionevolezza in conseguenza della modalità solutoria prescelta; sarebbe, viceversa, del tutto legittima la previsione di ragionevoli criteri di differenziazione, necessitati dalla diversa natura giuridica dei vari strumenti di pagamento;

che, con memoria depositata il 19 ottobre 2016, si è costituito in giudizio A. D.V., parte opponente nel giudizio a quo, chiedendo che la questione sia dichiarata fondata;

che, in particolare, la parte privata riferisce, in punto di fatto, di avere ricevuto il 3 ottobre 2012 la notifica di un verbale di contestazione di una violazione al codice della strada e di aver provveduto il 1° dicembre 2012 al pagamento della relativa sanzione mediante bonifico bancario on line in favore del Comando della Polizia Municipale di Palermo; di avere, in seguito, ricevuto la notifica di una cartella esattoriale per la medesima sanzione, avverso la quale è stata proposta opposizione, ai sensi dell’art. 615 del codice di procedura civile; in questo giudizio, pur dando atto dell’avvenuto pagamento, l’amministrazione ha contestato la tardività dell’accredito rispetto al termine previsto dall’art. 202, comma 1, del codice della strada;

che la parte privata rileva che, in base all’art. 17, comma 3, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11 (Attuazione della direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, e che abroga la direttiva 97/5/CE), l’ordine di pagamento impartito con la richiesta di bonifico può essere revocato entro la giornata precedente il giorno concordato per l’addebito; pertanto, osserva la parte privata, l’istituto di credito potrebbe avviare l’esecuzione di tale ordine soltanto il giorno lavorativo successivo, differendo così il momento dell’accredito; si osserva, inoltre, che tra l’esecuzione del bonifico on line e l’accredito sul conto del beneficiario possono trascorrere anche tre giorni, attesa la necessità del trasferimento della somma dal conto del prestatore di servizi del pagatore al prestatore di servizi del beneficiario, il quale, a sua volta, deve versarlo sul conto di quest’ultimo;

che da ciò discenderebbe che chi intenda pagare con un metodo diverso dal versamento in conto corrente postale, per essere certo di adempiere tempestivamente, sarebbe costretto ad effettuare l’operazione in anticipo rispetto alla scadenza;

che il problema non sarebbe stato risolto dalla norma interpretativa introdotta dal d.l. n. 18 del 2016; ad avviso della parte privata, infatti, sarebbe stata più utile la previsione dell’effetto solutorio al momento dell’addebito sul conto del debitore, in quanto la fase esecutiva del bonifico sarebbe estranea al controllo di questi, essendo regolata dalle norme interne all’istituto bancario, le quali sono diverse per ciascun istituto;

che laddove, come avvenuto nel caso di specie, il termine di pagamento della sanzione venga a scadere nelle giornate di venerdì o sabato ed il debitore effettui il bonifico in quelle giornate, potrebbe accadere che la somma non sia ricevuta dal beneficiario prima del mercoledì successivo, laddove l’istituto bancario del debitore sia operativo soltanto dal lunedì; in questo caso, potrebbero decorrere più dei due giorni previsti dall’art. 17-quinquies del d.l. n. 18 del 2016;

che, con riferimento al caso in esame, il debitore – effettuando il pagamento con bonifico bancario – avrebbe avuto a disposizione un termine inferiore e non determinabile ex ante, in quanto l’effetto solutorio dipenderebbe dai tempi di lavorazione di ciascuna banca, la quale potrebbe eseguire il trasferimento di denaro anche diversi giorni dopo la richiesta del debitore; ciò determinerebbe una disparità di trattamento rispetto a chi paghi con versamento in conto corrente postale o bancario, il quale potrebbe avvalersi dell’intero periodo di tempo previsto per il pagamento;

che, ad avviso della parte privata, la giurisprudenza costituzionale avrebbe desunto dal principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., un «generale canone di coerenza dell’ordinamento normativo» (sono citate le sentenze n. 204 del 1982 e n. 25 del 1966), suscettibile di modulazioni a seconda delle molteplici realtà normative; dal principio di eguaglianza formale sarebbe possibile ricavare anche un generale principio di non discriminazione, il quale risulterebbe violato «anche quando la legge, senza un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini che si trovino in eguali situazioni» (viene citata la sentenza n. 15 del 1960);

che l’eguaglianza formale, ancorché non imponga un obbligo di adottare differenziazioni normative, richiederebbe ragionevoli criteri di differenziazione, che nel caso in esame dovrebbero consistere nella previsione di termini differenziati di adempimento dell’obbligazione, in funzione del metodo di pagamento utilizzato;

che la disposizione censurata non potrebbe, quindi, superare il giudizio di ragionevolezza, non prevedendo tempi differenti, riferibili alle diverse modalità di assolvimento dell’obbligazione; essa sarebbe, quindi, illegittima nella parte in cui non prevede che si verifichi l’effetto liberatorio del pagamento con bonifico, o altro strumento di pagamento elettronico, al momento dell’addebito sul conto del medesimo debitore.

Considerato che il Giudice di pace di Palermo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 202, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui, pur prevedendo il bonifico bancario tra le possibili modalità di pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, non contiene alcuna previsione in ordine all’effetto solutorio in caso di pagamento effettuato con tale mezzo;

che, ad avviso del rimettente, tale lacuna normativa determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra chi esegua il pagamento con bonifico bancario e chi si avvalga, invece, del versamento in conto corrente postale; nel primo caso, il debitore avrebbe a disposizione un termine inferiore a quello previsto dal comma 1 dello stesso art. 202, poiché l’adempimento si verifica al momento dell’accredito della somma nel conto corrente dell’ente creditore; viceversa, l’art. 4, comma 6, del d.P.R. 14 marzo 2001, n. 144 (Regolamento recante norme sui servizi di bancoposta) prevede l’immediato effetto solutorio del versamento effettuato in conto corrente postale;

che, tuttavia, la motivazione dell’ordinanza di rimessione non contiene i riferimenti temporali del pagamento, avuto riguardo alla contestazione della sua tardività; in particolare, non sono fornite indicazioni in ordine alla data in cui è stato impartito l’ordine di bonifico, a quella dell’addebito dell’importo sul conto corrente del debitore, nonché al momento dell’accredito sul conto corrente dell’amministrazione creditrice; non è neppure specificato se l’ordine di bonifico è stato impartito on line, ovvero tramite lo sportello dell’istituto bancario, né se la contestata tardività del pagamento sia riferita al termine di 60 giorni, ovvero a quello di 5 giorni, entrambi previsti dall’art. 202, comma 1, del codice della strada, ai fini della possibilità di beneficiare della riduzione;

che – in mancanza di ogni riferimento temporale e di indicazioni sulle modalità in concreto utilizzate per il pagamento nell’ordinanza di rimessione – non è possibile in base ad essa valutare se, ed in quale modo, la scelta del bonifico bancario abbia influito sul rispetto dei termini di cui all’art. 202, primo comma, del codice della strada;

che – alla luce del principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione – la lacunosa ricostruzione della fattispecie oggetto del giudizio a quo, in quanto preclusiva della possibilità di verifica in ordine alla rilevanza della questione, si risolve nella sua inammissibilità (ex multis, sentenze n. 276 e n. 97 del 2016, n. 56 del 2015; ordinanze n. 209, n. 52 e n. 36 del 2015);

che, sotto un diverso ed ulteriore profilo, va rilevato che, nel sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 202, comma 2, del d.lgs. n. 285 del 1992, nella parte in cui non contiene alcuna previsione in ordine all’effetto solutorio del pagamento effettuato mediante bonifico bancario, è stata omessa qualsiasi considerazione in ordine all’art. 17-quinquies del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18 (Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016 n. 49, entrato in vigore prima dell’ordinanza di rimessione;

che tale disposizione stabilisce, con norma di interpretazione autentica dell’art. 202, comma 1, primo e secondo periodo, del codice della strada, che tali disposizioni «si interpretano nel senso che, per i pagamenti diversi da quelli in contanti o tramite conto corrente postale, l’effetto liberatorio del pagamento si produce se l’accredito a favore dell’amministrazione avviene entro due giorni dalla data di scadenza del pagamento»;

che, pertanto, a causa di un’incompleta ricostruzione del quadro normativo, il rimettente erra nel ritenere inesistente una disciplina dell’effetto solutorio del pagamento mediante bonifico bancario delle sanzioni pecuniarie previste dal codice della strada;

che l’incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento compromette irrimediabilmente l’iter logico-argomentativo posto a fondamento della valutazione di non manifesta infondatezza della questione, così da determinarne, anche sotto questo profilo, la manifesta inammissibilità (ex plurimis, sentenze n. 60 e n. 18 del 2015; ordinanze n. 153 e n. 136 del 2016, n. 209, n. 115, n. 90 e n. 27 del 2015).


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 202, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice di pace di Palermo, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2017.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2017.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA

Se un dipendente non recupera le ore di permesso breve, fruite ai sensi dell’art.20 del CCNL del 6.7.1995, il relativo debito orario può essere commutato in decurtazione ferie?

RAL_1922_Orientamenti Applicativi 
11/05/2017

Se un dipendente non recupera le ore di permesso breve, fruite ai sensi dell’art.20 del CCNL del 6.7.1995, il relativo debito orario può essere commutato in decurtazione ferie?



Relativamente alla particolare problematica esposta, si ritiene necessario precisare quanto segue.

Si deve innanzitutto evidenziare che la scrivente Agenzia, nei propri orientamenti applicativi in materia (consultabili sul sito istituzionale: www.aranagenzia.it, Orientamenti applicativi, Comparti, Regioni ed Autonomie Locali, Ferie e festività), ha già avuto modo di precisare che le ferie non possono essere fruite ad ore e non sono neppure “rapportabili” ad ore.

Pertanto, la possibilità di decurtare il debito orario derivante dall’utilizzo dei permessi brevi, attraverso l’utilizzo delle ferie a disposizione del personale, si tradurrebbe, sostanzialmente, nel consentire al personale di fruire di periodi di “ferie”, in senso lato, al di fuori della specifica disciplina dettata in materia dall’art.18 del CCNL del 6.7.1995 e, quindi, al di là anche delle esigenze organizzative che questa intende tutelare.

Inoltre, dovendosi stabilire una corrispondenza tra ore da recuperare e giorni di ferie utilizzabili, una qualunque modalità di computo finirebbe per tradursi in una sostanziale ammissione della fruizione ad ore delle ferie non consentita in alcun modo dalla vigente contrattazione collettiva in materia.

Si deve, infine, ricordare che, ai sensi dell’art. 36, comma 3 della Costituzione, le ferie rappresentano un diritto indisponibile e non sono rinunciabili.

Pertanto, non si ritiene possibile che un lavoratore rinunci ad uno o più giorni di ferie a copertura del debito orario comunque non assolto, conseguente alla fruizione di permessi brevi.

In mancanza di recupero delle ore di permesso fruite, l’Ente potrà provvedere alla proporzionale decurtazione della retribuzione, secondo le previsioni dell’art.20, comma 3, del CCNL del 6.7.1995.
ARAN

Se un dipendente non recupera le ore di permesso breve, fruite ai sensi dell’art.20 del CCNL del 6.7.1995, il relativo debito orario può essere commutato in decurtazione ferie?

RAL_1923_Orientamenti Applicativi  
11/05/2017

Se un dipendente non recupera le ore di permesso breve, fruite ai sensi dell’art.20 del CCNL del 6.7.1995, il relativo debito orario può essere commutato in decurtazione ferie?

Relativamente alla particolare problematica esposta, si ritiene necessario precisare quanto segue.

Si deve innanzitutto evidenziare che la scrivente Agenzia, nei propri orientamenti applicativi in materia (consultabili sul sito istituzionale: www.aranagenzia.it, Orientamenti applicativi, Comparti, Regioni ed Autonomie Locali, Ferie e festività), ha già avuto modo di precisare che le ferie non possono essere fruite ad ore e non sono neppure “rapportabili” ad ore.

Pertanto, la possibilità di decurtare il debito orario derivante dall’utilizzo dei permessi brevi, attraverso l’utilizzo delle ferie a disposizione del personale, si tradurrebbe, sostanzialmente, nel consentire al personale di fruire di periodi di “ferie”, in senso lato, al di fuori della specifica disciplina dettata in materia dall’art.18 del CCNL del 6.7.1995 e, quindi, al di là anche delle esigenze organizzative che questa intende tutelare.

Inoltre, dovendosi stabilire una corrispondenza tra ore da recuperare e giorni di ferie utilizzabili, una qualunque modalità di computo finirebbe per tradursi in una sostanziale ammissione della fruizione ad ore delle ferie non consentita in alcun modo dalla vigente contrattazione collettiva in materia.

Si deve, infine, ricordare che, ai sensi dell’art. 36, comma 3 della Costituzione, le ferie rappresentano un diritto indisponibile e non sono rinunciabili.

Pertanto, non si ritiene possibile che un lavoratore rinunci ad uno o più giorni di ferie a copertura del debito orario comunque non assolto, conseguente alla fruizione di permessi brevi.

In mancanza di recupero delle ore di permesso fruite, l’Ente potrà provvedere alla proporzionale decurtazione della retribuzione, secondo le previsioni dell’art.20, comma 3, del CCNL del 6.7.1995.
 
ARAN

martedì 16 maggio 2017

Dal 25 Maggio nuovo regolamento U.E. sulla privacy

Nuovo Regolamento Ue sulla privacy. Dal Garante la prima Guida applicativa

Il Garante per la privacy ha elaborato una prima Guida all'applicazione del Regolamento UE 2016/679 in materia di protezione dei dati personali.

La Guida traccia un quadro generale delle principali innovazioni introdotte dalla normativa e fornisce indicazioni utili sulle prassi da seguire e gli adempimenti da attuare per dare corretta applicazione alla normativa, già in vigore dal 24 maggio 2016 e che sarà pienamente efficace dal 25 maggio 2018.

L'obiettivo della Guida è duplice: da una parte offrire un primo "strumento" di ausilio ai soggetti pubblici e alle imprese che stanno affrontando il passaggio alla nuova normativa privacy; dall'altro far crescere la consapevolezza sulle garanzie rafforzate e sui nuovi importanti diritti che il Regolamento riconosce alle persone.

Il testo della Guida è articolato in 6 sezioni tematiche: Fondamenti di liceità del trattamento; Informativa; Diritti degli interessati; Titolare, responsabile, incaricato del trattamento; Approccio basato sul rischio del trattamento e misure di accountability di titolari e responsabili; Trasferimenti internazionali di dati.

Ogni sezione illustra in modo semplice e diretto cosa cambierà e cosa rimarrà immutato rispetto all'attuale disciplina del trattamento dei dati personali, aggiungendo preziose raccomandazioni pratiche per una corretta implementazione delle nuove disposizioni introdotte dal Regolamento.

La guida è disponibile sul sito del Garante www.garanteprivacy.it in formato ipertestuale navigabile.

Il testo potrà subire modifiche e integrazioni, allo scopo di offrire sempre nuovi contenuti e garantire un adeguamento costante all'evoluzione della prassi interpretativa e applicativa della normativa.

Roma, 28 aprile 2017 
 
 http://www.garanteprivacy.it

lunedì 15 maggio 2017

Collaborazione interistituzionale per la sicurezza urbana

Su iniziativa della Senatrice Adele Gambaro, incontro su
COLLABORAZIONE INTERISTITUZIONALE PER LA PROMOZIONE 
DELLA SICUREZZA URBANA INTEGRATA
Mercoledì 24 maggio 2017
Sala dell'Istituto S. Maria in Aquiro - ROMA

In allegato la locandina
 https://www.poliziamunicipale.it

Omologazione dispositivi stradali per l'accertamento delle infrazioni: documentatori di infrazioni al semaforo rosso

Decreto Dirigenziale protocollo 2752 del 12/05/2017

Descrizione breve
Omologazione dispositivi stradali per l'accertamento delle infrazioni: documentatori di infrazioni al semaforo rosso

E estesa l’approvazione del documentatore fotografico di infrazioni commesse da veicoli ad intersezioni regolate da semaforo quando lo stesso indica luce rossa denominato “reDvolution”, prodotto dalla Ditta Microrex s.p.a., con sede legale in Via degli Ulivi,8-Ponte Buggianese (PT),alla versione con due nuovi illuminatori prodotti dalla soc. Serinn snc, mod. IL-180/10 (con angolo di apertura fascio a 10°) e mod.IL-180/17 ( con angolo di apertura fascio a 17°), da utilizzare singolarmente o in abbinamento .

Allegati
decreto_dirigenziale_protocollo_2030_del_07-04-2017.pdf
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domenica 7 maggio 2017

INPS: cir. 79/17 – riduzione del periodo di malattia riportato nel certificato medico – obbligo delle parti

L’Inps, con la circolare n. 79 del 28 aprile 2017, fornisce una serie di informazioni relativamente agli obblighi, per il lavoratore ed il datore di lavoro, in caso di riduzione del periodo di prognosi riportato nel certificato attestante la temporanea incapacità lavorativa per malattia.

Nel caso di una guarigione anticipata, il lavoratore è tenuto a richiedere una rettifica del certificato in corso, al fine di documentare correttamente il periodo di incapacità temporanea al lavoro.


Obblighi del lavoratore e del datore di lavoro

La rettifica della data di fine prognosi, a fronte di una guarigione anticipata, rappresenta un adempimento obbligatorio da parte del lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, ai fini della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, sia nei confronti dell’Inps, considerato che, mediante la presentazione del certificato di malattia, viene avviata l’istruttoria per il riconoscimento della prestazione previdenziale senza necessità di presentare alcuna specifica domanda. Il certificato, pertanto, per i lavoratori cui è garantita la tutela in argomento, assume, di fatto, il valore di domanda di prestazione.

Sotto il primo profilo, è da ritenersi che, in presenza di un certificato con prognosi ancora in corso, il datore di lavoro non possa consentire al lavoratore la ripresa dell’attività lavorativa ai sensi della normativa sulla salute e sicurezza dei posti di lavoro. L’art. 2087 del codice civile, come noto, infatti, impegna il datore di lavoro ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro e l’art. 20 del D.lgs. n. 81/2008 obbliga il lavoratore a prendersi cura della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro.

Ne consegue che il dipendente assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi originariamente indicata.

Per quanto concerne, invece, l’obbligo del lavoratore nei confronti dell’Inps, si evidenzia che lo stesso è tenuto a garantire la massima collaborazione e correttezza verso l’Istituto nei confronti del quale, con la presentazione del certificato di malattia – anche se avvenuta mediante la modalità della trasmissione telematica da parte del proprio medico curante – ha inteso instaurare uno specifico rapporto di natura previdenziale con conseguente possibile erogazione – in presenza di tutti i requisiti normativamente previsti – della relativa indennità economica.

Il lavoratore è, quindi, tenuto a comunicare, mediante la rettifica del certificato telematico, il venir meno della condizione morbosa di cui al rischio assicurato, presupposto della richiesta di prestazione economica all’Istituto.

Affinché la rettifica venga considerata tempestiva, non è sufficiente che essa sia effettuata prima del termine della prognosi originariamente certificata, bensì è necessario che intervenga prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa. Essa va richiesta al medesimo medico che ha redatto il certificato, riportante una prognosi più lunga.

Anche nel caso in cui il medico si trovi nella condizione di dover utilizzare il servizio alternativo di Contact Center per la presentazione dei certificati di malattia on line, previsto dal disciplinare tecnico del decreto ministeriale citato in premessa, ciò dovrà esser fatto tempestivamente e prima del rientro anticipato al lavoro del soggetto.


Provvedimenti sanzionatori
Succede non di rado che a seguito dell’effettuazione di visita medica di controllo domiciliare disposta d’ufficio, l’Istituto venga a conoscenza del fatto che un lavoratore abbia ripreso l’attività lavorativa prima della data di fine prognosi contenuta nel certificato di malattia, senza aver provveduto a far rettificare la suddetta data, a fronte ovviamente di un datore di lavoro consenziente.

Il suddetto comportamento da parte del lavoratore e dell’azienda crea evidenti difficoltà all’Inps, evidenziandosi un disallineamento tra la durata effettiva dell’evento e la certificazione prodotta. Il mancato tempestivo aggiornamento della prognosi, inoltre, può indurre l’Istituto, in prima battuta, a ritenere che l’evento di malattia sia ancora in corso e, quindi, ad effettuare conseguentemente valutazioni di competenza non appropriate (inviando, ad esempio, inopportuni controlli domiciliari con derivanti oneri a carico dell’Istituto stesso).

Nei casi di lavoratori aventi diritto al pagamento diretto della prestazione, emerge anche il rischio di erogazione di prestazioni non dovute, con conseguente necessità, per l’Istituto, di attivarsi per il recupero della quota non dovuta di prestazione.

In considerazione di quanto sino ad ora esposto e tenuto conto della necessità di garantire che i dati forniti all’Istituto mediante i diversi flussi certificativi (e quindi anche quelli delle certificazioni di malattia) siano tempestivamente aggiornati e veritieri, nei casi in cui emerga, a seguito di assenza a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni già previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo, nella misura normativamente stabilita per tali fattispecie.

L’Istituto, infine, precisa al riguardo che la sanzione sarà comminata al massimo fino al giorno precedente la ripresa dell’attività lavorativa, considerando tale ripresa come una dichiarazione “di fatto” della fine prognosi (avvenuta nella giornata immediatamente precedente) dell’evento certificato.

Il lavoratore, che si trovi nelle ipotesi sopra descritte e che, non trovato al domicilio di reperibilità, venga invitato a visita ambulatoriale, dovrà, comunque, produrre una dichiarazione attestante la ripresa dell’attività lavorativa.



Fonte: INPS

"Sdoganato" il 193 C.d.S. da remoto? Presto sarà modificato l'art. 201 C.d.S.

PREMESSA
Oggi, parlo brevemente dell'accertamento da remoto, motivo di scontro furibondo in passato, con alcuni addetti ai lavori e alcuni miei colleghi.
Pertanto, mi limito in questa sede, ad esporre soltanto i fatti, cercando di non inasprire gli animi di qualcuno e innescare polemiche sterili che non portano da nessuna parte.

Tempo fa dissi su questo blog che era : "Inapplicabile, ad oggi, l’art. 201, comma 1-bis, lettera g) bis, del C.d.S.", dopo che Legge di Stabilità 2016, modificando l'art. 201, comma 1-bis, C.d.S., aveva introdotto nuove ipotesi nelle quali era consentito l'accertamento da remoto delle infrazioni, cioè senza contestazione immediata:

· mancanza di revisione (art. 80);
· mancanza di copertura assicurativa (art. 193);
· sovraccarico dei veicoli (art. 167).

Per chi volesse andarselo a guardare ho inserito il link: BUONA LETTURA!!!

ART. 193 C.d.S DA REMOTO
Finalmente, qualche giorno fa, il Senato ha aggiunto quel famoso «1-quinquies" al comma 1 bis dell'art. 201, modifica normativa che a breve potrebbe "sdoganare" definitivamente l' applicazione, da remoto, della sanzione amministrativa prevista dall' articolo 193 (quindi se l'agente è presente durante l'accertamento procedere direttamente con il verbale ai sensi del 193 senza bisogno del 180).

Ma il condizionale è d'obbligo e aspettiamo sempre le indicazioni che saranno fornite dal Ministero dell'Interno, organo deputato ad impartire le direttive.Poi c'è sempre qualcuno che applica il codice come gli pare e piace ma a Suo rischio e pericolo.

Ad ogni modo, in attesa che il ddl completi l'iter e diventi legge (v.sotto), pubblico lo stralcio della modifica normativa inserita nello stesso.


Argomenti correlati:

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Stralcio ddl 2085:


2. All'articolo 201 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1-bis è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«g-ter) accertamento, per mezzo di appositi dispositivi o apparecchiature di rilevamento, della violazione dell'obbligo dell'assicurazione per la responsabilità civile verso terzi, effettuato mediante il confronto dei dati rilevati riguardanti il luogo, il tempo e l'identificazione dei veicoli con quelli risultanti dall'elenco dei veicoli a motore che non risultano coperti dall'assicurazione per la responsabilità civile verso terzi, di cui all'articolo 31, comma 2, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27»;

b) dopo il comma 1-quater è inserito il seguente:

«1-quinquies. In occasione della rilevazione delle violazioni di cui al comma 1-bis, lettera g-ter), non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l'accertamento avvenga mediante dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico. Tali strumenti devono essere gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all'articolo 12, comma 1, del presente codice. La documentazione fotografica prodotta costituisce atto di accertamento, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in ordine alla circostanza che al momento del rilevamento un determinato veicolo, munito di targa di immatricolazione, stava circolando sulla strada. Qualora, in base alle risultanze del raffronto dei dati di cui al citato comma 1-bis, lettera g-ter), risulti che al momento del rilevamento un veicolo munito di targa di immatricolazione fosse sprovvisto della copertura assicurativa obbligatoria, si applica la sanzione amministrativa ai sensi dell'articolo 193».

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Vediamo come sarà il nuovo art. 201 del C.d.S. (in corsivo la parte modificata):

Art. 201.
Notificazione delle violazioni.

1. Qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con la indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro novanta giorni dall’accertamento, essere notificato all’effettivo trasgressore o, quando questi non sia stato identificato e si tratti di violazione commessa dal conducente di un veicolo a motore, munito di targa, ad uno dei soggetti indicati nell’art. 196, quale risulta dai pubblici registri alla data dell’accertamento. Se si tratta di ciclomotore la notificazione deve essere fatta all’intestatario del contrassegno di identificazione. Nel caso di accertamento della violazione nei confronti dell’intestatario del veicolo che abbia dichiarato il domicilio legale ai sensi dell’articolo 134, comma 1-bis, la notificazione del verbale è validamente eseguita quando sia stata effettuata presso il medesimo domicilio legale dichiarato dall’interessato. Qualora l’effettivo trasgressore od altro dei soggetti obbligati sia identificato successivamente alla commissione della violazione la notificazione può essere effettuata agli stessi entro novanta giorni dalla data in cui risultino dai pubblici registri o nell’archivio nazionale dei veicoli l’intestazione del veicolo e le altre indicazioni identificative degli interessati o comunque dalla data in cui la pubblica amministrazione è posta in grado di provvedere alla loro identificazione. Quando la violazione sia stata contestata immediatamente al trasgressore, il verbale deve essere notificato ad uno dei soggetti individuati ai sensi dell’articolo 196 entro cento giorni dall’accertamento della violazione. Per i residenti all’estero la notifica deve essere effettuata entro trecentosessanta giorni dall’accertamento.
1-bis. Fermo restando quanto indicato dal comma 1, nei seguenti casi la contestazione immediata non è necessaria e agli interessati sono notificati gli estremi della violazione nei termini di cui al comma 1:
a) impossibilità di raggiungere un veicolo lanciato ad eccessiva velocità;
b) attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa;
c) sorpasso vietato;
d) accertamento della violazione in assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo;
e) accertamento della violazione per mezzo di appositi apparecchi di rilevamento direttamente gestiti dagli organi di Polizia stradale e nella loro disponibilità che consentono la determinazione dell’illecito in tempo successivo poiché il veicolo oggetto del rilievo è a distanza dal posto di accertamento o comunque nell’impossibilità di essere fermato in tempo utile o nei modi regolamentari;
f) accertamento effettuato con i dispositivi di cui all’articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2002, n. 168, e successive modificazioni;
g) rilevazione degli accessi di veicoli non autorizzati ai centri storici, alle zone a traffico limitato, alle aree pedonali, o della circolazione sulle corsie e sulle strade riservate attraverso i dispositivi previsti dall’articolo 17, comma 133-bis, della legge 15 maggio 1997, n. 127;
g-bis) accertamento delle violazioni di cui agli articoli 80, 141, 143, commi 11 e 12, 146, 167, 170, 171, 193, 213 e 214, per mezzo di appositi dispositivi o apparecchiature di rilevamento.
«g-ter) accertamento, per mezzo di appositi dispositivi o apparecchiature di rilevamento, della violazione dell'obbligo dell'assicurazione per la responsabilità civile verso terzi, effettuato mediante il confronto dei dati rilevati riguardanti il luogo, il tempo e l'identificazione dei veicoli con quelli risultanti dall'elenco dei veicoli a motore che non risultano coperti dall'assicurazione per la responsabilità civile verso terzi, di cui all'articolo 31, comma 2, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27»;
1-ter. Nei casi diversi da quelli di cui al comma 1-bis nei quali non è avvenuta la contestazione immediata, il verbale notificato agli interessati deve contenere anche l’indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata. Nei casi previsti alle lettere b), f) e g) del comma 1-bis non è necessaria la presenza degli organi di polizia qualora l’accertamento avvenga mediante rilievo con dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico. Tali strumenti devono essere gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all'articolo 12, comma 1.
1-quater. In occasione della rilevazione delle violazioni di cui al comma 1-bis, lettera g-bis), non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l'accertamento avvenga mediante dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico. Tali strumenti devono essere gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all'articolo 12, comma 1, e fuori dei centri abitati possono essere installati ed utilizzati solo sui tratti di strada individuati dai prefetti, secondo le direttive fornite dal Ministero dell'interno, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. I tratti di strada di cui al periodo precedente sono individuati tenendo conto del tasso di incidentalità e delle condizioni strutturali, plano-altimetriche e di traffico.
«1-quinquies. In occasione della rilevazione delle violazioni di cui al comma 1-bis, lettera g-ter), non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l'accertamento avvenga mediante dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico. Tali strumenti devono essere gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all'articolo 12, comma 1, del presente codice. La documentazione fotografica prodotta costituisce atto di accertamento, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in ordine alla circostanza che al momento del rilevamento un determinato veicolo, munito di targa di immatricolazione, stava circolando sulla strada. Qualora, in base alle risultanze del raffronto dei dati di cui al citato comma 1-bis, lettera g-ter), risulti che al momento del rilevamento un veicolo munito di targa di immatricolazione fosse sprovvisto della copertura assicurativa obbligatoria, si applica la sanzione amministrativa ai sensi dell'articolo 193».
2. Qualora la residenza, la dimora o il domicilio del soggetto cui deve essere effettuata la notifica non siano noti, la notifica stessa non è obbligatoria nei confronti di quel soggetto e si effettua agli altri soggetti di cui al comma 1.
2-bis. Le informazioni utili ai fini della notifica del verbale all’effettivo trasgressore ed agli altri soggetti obbligati possono essere assunte anche dall’Anagrafe tributaria.
3. Alla notificazione si provvede a mezzo degli organi indicati nell’art. 12, dei messi comunali o di un funzionario dell’amministrazione che ha accertato la violazione, con le modalità previste dal codice di procedura civile, ovvero a mezzo della posta, secondo le norme sulle notificazioni a mezzo del servizio postale. Nelle medesime forme si effettua la notificazione dei provvedimenti di revisione, sospensione e revoca della patente di guida e di sospensione della carta di circolazione. Comunque, le notificazioni si intendono validamente eseguite quando siano fatte alla residenza, domicilio o sede del soggetto, risultante dalla carta di circolazione o dall’archivio nazionale dei veicoli istituito presso il Dipartimento per i trasporti terrestri o dal P.R.A. o dalla patente di guida del conducente.
4. Le spese di accertamento e di notificazione sono poste a carico di chi è tenuto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria.
5. L’obbligo di pagare la somma dovuta per la violazione, a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, si estingue nei confronti del soggetto a cui la notificazione non sia stata effettuata nel termine prescritto.
5-bis. Nel caso di accertamento di violazione per divieto di fermata e di sosta ovvero di violazione del divieto di accesso o transito nelle zone a traffico limitato, nelle aree pedonali o in zone interdette alla circolazione, mediante apparecchi di rilevamento a distanza, quando dal pubblico registro automobilistico o dal registro della motorizzazione il veicolo risulta intestato a soggetto pubblico istituzionale, individuato con decreto del Ministro dell’interno, il comando o l’ufficio che procede interrompe la procedura sanzionatoria per comunicare al soggetto intestatario del veicolo l’inizio del procedimento al fine di conoscere, tramite il responsabile dell’ufficio da cui dipende il conducente del veicolo, se lo stesso, in occasione della commessa violazione, si trovava in una delle condizioni previste dall’articolo 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In caso di sussistenza dell’esclusione della responsabilità, il comando o l’ufficio procedente trasmette gli atti al prefetto ai sensi dell’articolo 203 per l’archiviazione. In caso contrario, si procede alla notifica del verbale al soggetto interessato ai sensi dell’articolo 196, comma 1; dall’interruzione della procedura fino alla risposta del soggetto intestatario del veicolo rimangono sospesi i termini per la notifica.