Disegno di legge:“Nuove norme per la concessione del contrassegno per i veicoli al servizio dei soggetti disabili e in materia di parcheggi ad essi riservati”

S 2974 recante “Nuove norme per la concessione del contrassegno per i veicoli al servizio dei soggetti disabili e in materia di parcheggi ad essi riservati”

Nota di approfondimento a cura del Comitato di Redazione ACI del 30.5.2012
L’atto n. 2974 recante “Nuove norme per la concessione del contrassegno per i veicoli al servizio dei soggetti disabili e in materia di parcheggi ad essi riservati” presentato alla Senato di iniziativa dal Sen. Rizzotti, è stato assegnato per l’esame in sede referente alla VIII Commissione (Lavori pubblici e comunicazioni). L’analisi in Commissione non è ancora iniziata e sono stati richiesti i pareri delle commissioni 1ª (Aff. cost.), 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio).
Il presente disegno di legge propone modifiche nella normativa esistente in tema di mobilità delle persone con disabilità, soprattutto per ciò che concerne i contrassegni per i veicoli al servizio dei soggetti disabili, intervenendo in tema di concessione impropria di tale contrassegno e di sanzioni conseguenti a un uso scorretto dello stesso. Si riporta di seguito il testo dell’atto con la relazione di accompagnamento.

DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa della senatrice RIZZOTTI
comunicato alla presidenza il 19 ottobre 2011
Nuove norme per la concessione del contrassegno per i veicoli al servizio dei soggetti disabili e in materia di parcheggi ad essi riservati

Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge detta nuove norme volte ad istituire e disciplinare, ottimizzandolo, l’utilizzo del contrassegno per i veicoli al servizio dei soggetti disabili, di seguito denominato «contrassegno disabili», anche attraverso l’introduzione di disposizioni più opportune in merito alla concessione impropria di tale contrassegno e alle sanzioni conseguenti a un uso scorretto dello stesso. Lo status di invalido comporta il riconoscimento di veri e propri diritti soggettivi in capo ai soggetti disabili.
La stessa Corte di cassazione ha qualificato il diritto al rilascio del cosiddetto «contrassegno invalidi» come un diritto soggettivo (sentenza n. 2412 del 26 febbraio 1993 e n. 89 del 3 aprile 2000), configurando in tal modo l’esistenza di un più generale diritto soggettivo – quello della mobilità del disabile – non subordinato ad alcuna discrezionalità amministrativa. Un’espressione di questo impegno è il rilascio del contrassegno invalidi che legittima a fruire di agevolazioni nella circolazione e nella sosta del veicolo.
L’articolo 1 individua i soggetti che possono beneficiare del rilascio del contrassegno disabili nonché la durata di validità del medesimo contrassegno (permanente o temporaneo a seconda del tipo di patologia).
L’articolo 2 detta disposizioni relative all’esposizione del contrassegno nel veicolo utilizzato dal titolare disabile.
L’articolo 3 detta disposizioni relative alle caratteristiche del contrassegno disabili temporaneo.
L’articolo 4 individua i requisiti necessari per il rilascio del contrassegno disabili.
Gli articoli 5 e 6 determinano le norme per il rinnovo del contrassegno per disabili permanente e il ricorso avverso la certificazione rilasciata dalla ASL.
L’articolo 7 individua i costi inerenti al contrassegno disabili permanente.
Gli articoli 8 e 9 prevedono le sanzioni connesse all’utilizzo improprio del contrassegno disabili.
L’articolo 10 detta norme relative ai parcheggi generici per disabili e l’accesso degli stessi nei centri storici

DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Contrassegno disabili)
1. La presente legge istituisce e disciplina il contrassegno per i veicoli al servizio dei soggetti disabili, di seguito denominato «contrassegno disabili».
2. Il contrassegno disabili permanente è rilasciato, ai sensi dell’articolo 4, ai cittadini che a causa di una o più patologie hanno difficoltà a muoversi o a utilizzare i mezzi di trasporto pubblico. Esso ha validità quinquennale ed è rinnovabile con le modalità di cui all’articolo 5. In caso di patologie permanenti la validità è di dieci anni.
3. Il contrassegno disabili temporaneo è rilasciato, ai sensi dell’articolo 4, ai cittadini che a causa di una o più patologie hanno difficoltà temporanea a muoversi o a utilizzare i mezzi di trasporto pubblico. Esso ha validità non superiore a diciotto mesi.
Art. 2.
(Esposizione del contrassegno disabili)
1. Il contrassegno disabili deve essere posto in maniera visibile sul parabrezza anteriore del veicolo solo se il titolare è a bordo del veicolo o nelle sue immediate vicinanze, ovvero se il veicolo si trova nel parcheggio a lui più comodo da raggiungere.
Art. 3.
(Caratteristiche del contrassegno
disabili temporaneo)
1. Il contrassegno disabili, sia temporaneo che permanente, è conforme all’Allegato di cui alla raccomandazione 98/376/CE del Consiglio, del 4 giugno 1998. Sulla parte anteriore e posteriore del contrassegno disabili temporaneo devono essere ben visibili la data di scadenza e la lettera «T».
Art. 4.
(Requisiti per il rilascio
del contrassegno disabili)
1. Il contrassegno disabili è rilasciato:
a) alle persone deambulanti in carrozzina o con disabilità motoria grave agli arti inferiori che utilizzano con continuità tutori o protesi, ovvero alle persone che, a causa di notevoli difficoltà di deambulazione, non possono usare mezzi di trasporto pubblico;
b) alle persone prive di entrambe le mani o braccia o della loro funzionalità, o affette da un deficit agli arti superiori tale da compromettere la sicurezza propria o altrui sui mezzi di trasporto pubblico;
c) alle persone affette da cecità totale, ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 138;
d) ai minori il cui lo sviluppo fisico evidenzi una grave difficoltà motoria e di deambulazione, e solo dal momento in cui tale difficoltà si manifesti;
e) alle persone con difficoltà di deambulazione che abbiano superato gli ottanta anni di età.
2. Il soggetto interessato al rilascio del contrassegno disabili presenta la relativa domanda al sindaco del comune di residenza, che si esprime entro trenta giorni. Alla domanda è allegata la certificazione medica rilasciata dall’azienda sanitaria locale (ASL) di appartenenza, comprovante che il richiedente è affetto da una o più delle patologie di cui al comma 1.
Art. 5.
(Rinnovo del contrassegno
disabili permanente)
1. Il titolare del contrassegno disabili può chiederne il rinnovo al sindaco sessanta giorni prima della scadenza. Qualora la richiesta di rinnovo sia presentata trenta giorni dopo la scadenza del contrassegno, essa è corredata da nuova certificazione medica, rilasciata con le modalità di cui all’articolo 4, comma 2.
Art. 6.
(Ricorso avverso la certificazione rilasciata dalla ASL)
1. Entro trenta giorni dal ricevimento della certificazione di cui all’articolo 4, comma 2, il soggetto di cui al medesimo comma può presentare ricorso ad un’apposita commissione regionale. Nel suddetto ricorso egli può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione di disabili alla quale aderisce.
2. Ciascuna regione, con proprio provvedimento e nell’ambito delle proprie competenze, stabilisce la composizione della commissione di cui al comma 1, della quale fa parte un rappresentante della polizia municipale designato dal comandante del corpo del comune capoluogo della regione.
Art. 7.
(Costi inerenti al contrassegno disabili
permanente)
1. Le persone affette da invalidità totale e permanente sono esenti da ogni spesa relativa al rilascio della certificazione medica di cui all’articolo 4, comma 2, ovvero di quella di cui all’articolo 5.
2. Le spese relative a verifiche a campione o ad accertamenti mirati relativi alla sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 4, comma 1, sono poste a carico dell’ente richiedente.
3. Qualora il cittadino disabile rifiuti o non si sottoponga alle verifiche o agli accertamenti di cui al comma 2, il rilascio del contrassegno disabili permanente è revocato, con obbligo di riconsegna entro cinque giorni dalla notifica della revoca.
Art. 8.
(Sanzioni connesse all’utilizzo improprio
del contrassegno disabili)
1. Chiunque faccia uso di un contrassegno disabili senza averne titolo ovvero scaduto è sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.500 euro e il contrassegno medesimo è sospeso per un periodo di un anno.
Art. 9.
(Sanzioni connesse all’utilizzo improprio delle strutture atte a garantire la massima mobilità delle persone disabili)
1. A chiunque utilizza in modo improprio, ostruisce o occupa senza titolo le strutture riservate a favorire la mobilità delle persone disabili, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 euro a 1.000 euro.
Art. 10.
(Parcheggi per disabili
e accesso nei centri storici)
1. Fatto salvo quanto previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, è riservato ai disabili il 5 per cento dei parcheggi istituiti presso gli uffici pubblici, le strutture turistiche e balneari, gli impianti sportivi, i centri commerciali, i musei, i teatri, i cinema e le biblioteche.
2. Le aree di parcheggio aperte al pubblico e le aree private di interesse pubblico devono essere prive di barriere architettoniche, nonché garantire l’accessibilità e la fruibilità alle persone disabili.
3. È consentito l’accesso nei centri storici o nelle zone a traffico limitato ai veicoli muniti di contrassegno disabili, fatti salvi i casi in cui sia necessario chiudere tali aree per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico; in tali circostanze le autorità comunali danno tempestiva comunicazione agli interessati.
4. Gli accessi alle aree di cui al comma l controllati da sistemi elettronici devono essere dotati di sensori in grado di rilevare il segnale trasmesso dai contrassegni disabili dotati di apposito dispositivo elettronico.
Art. 11.
(Coordinamento)
1. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è autorizzato ad effettuare, con proprio decreto, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i coordinamenti necessari all’adeguamento delle disposizioni previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, con quelle introdotte dalla presente legge.
Fonte:  http://www.rivistagiuridica.aci.it

Veicoli a basse emissioni

C. 2844 Disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità mediante veicoli a basse emissioni.
2844_e_abb.pdf

Cessazione dalla circolazione dei veicoli a motore circ. 4298 del 16.02.2012 -chiarimenti

Circolare Prot. 18297 del 26/06/2012 emessa da: Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti
Titolo/Oggetto
Cessazione dalla circolazione dei veicoli a motore_circ. 4298 del 16.02.2012_chiarimenti
testo Div. 5_18297_260612

documenti da scaricare
FONTE MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI 
OGGETTO: Cessazione dalla circolazione dei veicoli a motore. Circolare prot. n. 4298 del
16 febbraio 2012. Chiarimenti.

In merito alle disposizioni contenute nella circolare in oggetto, si è avuto modo di
constatare la sussistenza di dubbi interpretativi in ordine alla necessità che, al fine del
perfezionamento del procedimento di radiazione dal PRA dei veicoli già esportati all’estero
ed ivi reimmatricolati, sia sempre necessaria la restituzione delle targhe italiane ovvero, in
alternativa, sia sempre necessaria l’attestazione dell’autorità estera circa l’avvenuto ritiro
delle targhe stesse.
Al riguardo, si chiarisce che:
1. per i veicoli radiati successivamente alla loro esportazione in altri Paesi U.E., la
restituzione delle targhe italiane non costituisce un adempimento necessario al fine
del perfezionamento del procedimento di radiazione; inoltre, trovando applicazione
le disposizioni contenute nella direttiva 1999/37/CE, non ricorre nemmeno la
necessità di espressa attestazione, da parte delle autorità estere, circa l’avvenuto
ritiro delle targhe stesse; peraltro, si rammenta che questa Amministrazione
partecipa al sistema EUCARIS, e pertanto le autorità di polizia internazionale sono
sempre poste in grado di acquisire le informazioni necessarie per sanzionare
eventuali azioni illecite nell’utilizzo di targhe radiate;
2. per i veicoli radiati successivamente alla loro esportazione in altri Paesi extraU.E.,
si ritiene che anche in tal caso la restituzione delle targhe italiane non costituisca un
adempimento necessario al fine del perfezionamento del procedimento di
radiazione, e che non ricorra nemmeno la necessità di espressa attestazione, da
parte delle autorità estere, circa l’avvenuto ritiro delle targhe le quali, a seguito della
radiazione, perdono comunque ogni validità legale.
f.to IL DIRETTORE GENERALE
(Arch. Maurizio VITELLI)

Misure urgenti per la crescita del Paese.Pubblicato il decreto sviluppo

SUPPLEMENTO ORDINARIO N. 129/L  (GU n. 147 del 26-6-2012 )–DECRETO-LEGGE 22 giugno 2012, n. 83.
Misure urgenti per la crescita del Paese.

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Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285

Il presidente Valducci ha fissato il termine per la presentazione degli emendamenti al testo unificato:

alle ore 14 di lunedì 25 giugno 2012.
Moltissime le novità introdotte.
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I motori dei frigoriferi installati nel locale sottostante,adibito a macelleria, cagionavano rumori che superavano il limite della normale tollerabilità ex art. 844 c.c..

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 maggio – 25 giugno 2012, n. 10587
Presidente Oddo – Relatore Nuzzo

Svolgimento del processo

Con ricorso al Pretore di Taranto G.V. e C.R. , proprietari di un appartamento sito in (OMISSIS) , lamentavano che i motori dei frigoriferi installati nel locale sottostante,adibito a macelleria, di proprietà di R.M. , cagionavano rumori che superavano il limite della normale tollerabilità ex art. 844 c.c.. Chiedevano, pertanto, l'adozione di provvedimenti urgenti, idonei a porre rimedio a detta situazione.
Effettuata l'ispezione dei luoghi ed espletata C.T.U., il Pretore, con ordinanza 19.4.90, disponeva l'adozione dei rimedi suggeriti dal C.T.U., cui provvedevano coattivamente i ricorrenti, con l'intervento dell'ufficiale giudiziario, stante l'inerzia del R. .
A seguito della riassunzione della causa innanzi al Tribunale di Taranto, dichiarato competente, rinnovata la C.T.U., con ordinanza 16.2.1996 veniva ordinato al R. l'esecuzione delle ulteriori opere ritenute necessarie per eliminare i rumori intollerabili.
Con sentenza n. 59/94 del 5.6.2003, il Tribunale di Taranto confermava detta ordinanza, condannando il convenuto al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale decisione il R. proponeva appello cui resistevano gli appellati.
Con sentenza depositata il 10.2.2005 la Corte di Appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, rigettava l'appello condannando l'appellante al pagamento delle spese processuali del grado.
Osservava la Corte di merito, in relazione ai motivi di gravame, che i rumori lamentati provenivano dai motori che azionavano il frigorifero della macelleria del R. e non dai motori elettrici per il raffreddamento della merce, siti nei due esercizi commerciali, adiacenti alla macelleria stessa ed adibiti, rispettivamente,alla vendita di generi alimentari e di frutta e verdura. Per la cassazione di tale sentenza R.M. propone ricorso affidato a tre motivi.
Resistono con contro ricorso G.V. e C.R. .

Motivi della decisione

Il ricorrente deduce:
1) nullità del procedimento e della sentenza, in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell'art. 116, co. 1 c.p.c. (per essere stato accertato un fatto contrario alle risultanze dell'ispezione giudiziale) nonché dell'art. 132 c.p.c. e dell'art. 111, co. 6 Cost. (per motivazione meramente apparente); il verbale di ispezione giudiziale del 21.10.88, per la sua natura di atto pubblico proveniente dal cancelliere, pubblico ufficiale, aveva valore di prova legale e le relative risultanze dovevano ritenersi vincolanti per il Giudice; la Corte di merito, invece, aveva disatteso quanto emergeva da tale verbale omettendo ogni motivazione al riguardo;
2) violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell'art. 844 c.c., degli artt. 2 e 3 della L. n. 447/95; del DPCM 1.3.1991 e del D.P.C.M. 14.11.1997, con riferimento all'art. 360 n. 3 c.p.c.; violazione e falsa applicazione dell'art. 132 c.p.c. e dell'art. 111 co. 6 Cost.;
la sentenza impugnataci fondava su una C.T.U. non immune da vizi logici e giuridici, sia sotto il profilo del metodo, per la mancata comparazione del rumore proveniente dalla fonte sonora con il rumore di fondo e sia perché la misura dei rumori accertata (DB 41 di giorno e DB 33 di notte), non superava di 3 DB il rumore di fondo;
3) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ex art. 360 n. 5 c.p.c., su punti decisivi della controversia; il giudice di appello aveva disatteso il verbale di ispezione giudiziale, laddove si attestava che "il ronzio" avvertito nell'abitazione dei resistenti, persisteva anche dopo lo spegnimento dei motori dell'impianto di refrigerazione della macelleria e, in contrasto con tale attestazione, aveva escluso che detto ronzio provenisse dagli impianti refrigeranti siti nel negozio del fruttivendolo e del droghiere;
peraltro, in difetto dell'accertamento del rumore di fondo e di quello prodotto dagli impianti nei negozi adiacenti, erroneamente il C.T.U. aveva ritenuto intollerabili i rumori in quanto eccedenti la misura di 1 DB di giorno e di 3 DB di notte, in contrasto con la normativa pubblicistica.
Il ricorso è infondato.
In ordine alla prima doglianza va rilevato che il Pretore non aveva escluso, in sede di ispezione giudiziale, che il rumore lamentato dagli attori provenisse dalla macelleria, essendosi limitato a verificare che, poggiando l'orecchio sulle pareti dell'appartamento degli attori, si percepiva un ronzio anche quando i motori della macelleria erano fermi. La sentenza impugnata non ha negato tale circostanza, ma ha ribadito quanto già rilevato dal giudice di prime che, sulla base delle risultanze della C.T.U., aveva individuato la causa del rumore lamentato dagli attori, nei motori del banco frigorifero della macelleria. A fronte di tale accertamento in fatto, esente da vizi logici e giuridici, non può il ricorrente rimettere in discussione l'apprezzamento dei giudici di merito cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, di valutare le prove, compresa l'ispezione giudiziale, scegliendo, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.
Il secondo motivo è infondato.
Costituisce principio consolidato della giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale hanno finalità e campi di applicazione distinti l'art. 844 c.c., da un lato, e, dall'altro, le leggi ed i regolamenti che disciplinano le attività produttive e che fissano le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di tollerabilità in materia di immissioni rumorose(segnatamente il D.P.C.M. 1.3.91 richiamato nella censura in esame). Il primo è posto è posto a tutela del diritto di proprietà ed è volto a disciplinare i rapporti di natura patrimoniale tra i privati proprietari di fondi vicini, i secondi, invece, hanno carattere pubblicistico, perseguendo finalità di interesse pubblico ed operano nei rapporti tra i privati e la P.A. (Cfr. Cass. n. 17051/2011; n. 17281/2005; n. 10735/2001).
La giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato,in particolare, che i parametri fissati dalle norme speciali a protezione dell'ambiente e di esigenze della collettività, pur potendo essere considerati come criteri minimali di partenza, al fine di stabilire l'intollerabilità delle immissioni, non sono necessariamente vincolanti per il giudice civile, potendo questi pervenire al giudizio di intollerabilità, ex art. 844 c.c., delle immissioni, ancorché contenute nei limiti di detti parametri, sulla scolta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica, La relativa motivazione, ove adeguatamente motivata costituisce accertamento di merito insindacabile in sede di legittimità.
Priva di fondamento è, infine, il terzo motivo di ricorso. Al riguardo, oltre a ribadire quanto già osservato in relazione ai motivi già esaminati, va rilevato che la Corte territoriale ha ritenuto i risultati della C.T.U. censurati in astratto e non in concreto, e che era stato invocato il D.P.C.M. senza precisare in quale zona erano collocati gli immobili. Sotto tale profilo la motivazione non viene censurata sicché resiste a quanto dedotto dal ricorrente che, peraltro, nel riportare alcuni stralci della C.T.U. per ing. A. , non prende in considerazione il fatto, esplicitato in sentenza, che il consulente stesso aveva espletato il mandato dopo che nella macelleria erano stati adottati gli accorgimenti disposti in esito al procedimento cautelare. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre accessori di legge.

Risarcimento del danno in esito a un sinistro stradale

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza n. 9432 del 11 giugno 2012


Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Napoli dichiarava inammissibile l’appello proposto da P.M. avverso la sentenza del Giudice di pace (sentenza n. 35799 del 2007), che aveva respinto la sua domanda (notificata il 20 febbraio 2006) di risarcimento del danno in esito a un sinistro stradale (sentenza del 2 settembre 2009).
L’inammissibilità dell’appello veniva fondata sul valore della controversia (entro Euro 1.100,00), con conseguente emissione della sentenza secondo equità, e, quindi, sulla mancata denuncia della violazione di principi informatori della materia.
2. Avverso la suddetta sentenza, P. propone ricorso per cassazione con tre motivi di ricorso.
G.S. e la Zuritel Assicurazioni Spa, ritualmente intimati, non svolgono difese.
 
Motivi della decisione

1. Il giudice del merito ha ritenuto la sentenza secondo equità (ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2) sulla base delle seguenti argomentazioni:
a) nell’atto introduttivo di primo grado, i danni richiesti relativamente all’automobile sono quantificati in Euro 900,00, oltre interessi e rivalutazione;
b) ai fini del pagamento del contributo unificato, il valore è indicato in Euro 1.032,91;
c) per quanto tale dichiarazione sia rivolta al cancelliere e non incida sulla determinazione del valore della causa, ai sensi dell’art. 10 c.p.c., nella specie è confortata dalle conclusioni dinanzi al giudice di pace, nelle quali i danni furono quantificati in Euro 900,00. Quindi, ha ritenuto inammissibile l’appello – previsto, per le sentenze pronunciate secondo equità, nei limiti di cui all’art. 339 c.p.c., comma 3, (come novellato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, applicabile ratione temporis, per essere il giudizio pendente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto (atto di citazione del febbraio 2006) e la sentenza del giudice di pace pubblicata dopo, nel 2007) – non essendo dedotta la violazione dei principi regolatori della materia, ma, sostanzialmente, solo la censura della valutazione delle prove effettuata dal giudice di primo grado.

2. Con il primo motivo di ricorso – deducendo la violazione degli artt. 10, 14, 16, 17 e 113, in relazione all’art. 339 c.p..c., comma 3, – si lamenta la non corretta riconduzione della domanda in quella che il giudice di pace decide secondo equità, dovendosi, invece, ritenere la domanda di risarcimento proposta senza precisazione di quantum e, quindi nei limiti della competenza per valore del giudice adito (Euro 15.493,71, ex art. 7 c.p.c., comma 2, applicabile ratione temporis), ai sensi dell’art. 14 cod. proc. civ..
A tal fine, in particolare, si sottolinea quanto segue.

a) Quanto al danno all’autovettura, mentre nella parte iniziale dell’atto introduttivo veniva quantificato in Euro 900,00, nelle conclusioni dello stesso atto, venivano chiesti tutti i danni (sotteso quello di fermo tecnico), oltre interessi e svalutazione, comunque nella misura provate e quantificata secondo “giustizia” e non secondo “equità”.
In sede i precisazione delle conclusioni, si quantificava in Euro 150,00, il fermo tecnico e si insisteva per gli interessi e rivalutazione. b) Comunque, la mancata espressa dichiarazione di voler contenere il danno nei limiti dell’equità vale come intenzione di contenere la domanda entro i limiti massimi di competenza del giudice adito. c) La dichiarazione di valore rispetto al contributo unificato, avente finalità esclusivamente fiscale, non incide sulla determinazione del valore della causa, da effettuarsi ai sensi degli artt. 10 e segg. c.p.c.; nè il convenuto ha mai contestato, nella prima difesa, il valore della causa.

2.1. Il motivo va accolto.
Il giudice di appello avrebbe dovuto ritenere il giudizio, non secondo equità, ma nei limiti della competenza per valore del giudice adito, con conseguente esperibilità dell’appello senza limiti.
2.2. Preliminarmente, deve escludersi che la dichiarazione per il contributo unificato abbia incidenza nella determinazione del valore della causa, ai fini della competenza.

La Corte, infatti, ha affermato il seguente principio la circostanza che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 14, comma 2 esclude la rilevanza degli interessi per la individuazione del valore ai fini del contributo unificato, mentre essi sono considerati dall’art. 10 c.p.c., comma 2, rilevanti ai fini dell’individuazione del valore della domanda ed il fatto che la dichiarazione della parte in funzione della determinazione del contributo unificato è indirizzata al funzionario di cancelleria, cui compete il relativo controllo, escludono decisamente ogni possibile partecipazione di tale dichiarazione di valore alle conclusioni della citazione, cui allude l’art. 163, n. 4 e, quindi, la possibilità di considerare la dichiarazione come parte della “domanda”, nel senso cui vi allude l’art. 10 cit., comma 1, quando dice che “il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti” e fra queste dell’art. 14 c.p.c. (Cass. 13 luglio 2007, n. 15714).

2.3. Rilevanti, per la decisione della controversia, sono i principi, consolidati, elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, in tema d’impugnazione delle sentenze del giudice di pace, non appellabili, ma ricorribili per Cassazione, in base al combinato disposto dall’art. 339 c.p.c., comma 3, e art. 113 c.p.c., comma 2, prima della modifica operata con il D.Lgs. n. 40 del 2006.
In generale, la Corte ha affermato, che “sono da ritenersi inappellabili (e perciò immediatamente ricorribili per Cassazione) tutte le sentenze pronunciate dal giudice di pace in controversie non eccedenti il valore previsto (dall’art. 113 c.p.c.), a prescindere dal fatto che esse siano pronunciate secondo diritto o secondo equità, a tal fine dovendo considerarsi non il contenuto della decisione ma, solamente, il valore della controversia, da determinarsi applicando analogicamente le norme di cui agli artt. 10 e segg. c.p.c. in tema di competenza” (es. Cass. 18 gennaio 2005, n. 899).
Ne consegue che, quando la controversia abbia ad oggetto somma di denaro non determinata ma orientativamente indicata in “quella maggiore o minore conforme a giustizia”, essendo indeterminata la domanda si presume, ai sensi dell’art. 14 c.p.c., u.c., pari al limite massimo della competenza per valore del giudice adito, rimanendo escluso che essa possa considerarsi resa in base ad equità (es. Cass. n. 899 del 2005).
In tale contesto, in riferimento a domanda determinata nell’ammontare, che si accompagna a richiesta generica di maggior somma, si è precisato “in caso di domanda di risarcimento del danno da circolazione stradale proposta davanti al giudice di pace, il valore della causa, per stabilire se la stessa debba essere decisa secondo equità (perchè non superiore al (valore previsto dall’art. 113 cod. proc. civ.)) va individuato applicando le norme relative alla competenza per valore, con la conseguenza che, se la parte, oltre ad indicare una somma specifica non superiore (all’importo suddetto), abbia anche richiesto, in via alternativa o subordinata, una somma maggiore, da determinarsi in corso di causa, il valore della causa, in forza del principio stabilito dall’art. 14 cod. proc. civ., si deve presumere, in difetto di tempestiva contestazione, nei limiti della competenza del giudice adito, (ai sensi dell’art. 7 cod. proc. civ.)” (Cass. 20 settembre 2002, n. 13795) e, cioè, in ragione della natura della domanda, in misura al di sopra del limite della giurisdizione equitativa.

2.4. Nella specie, nell’atto introduttivo il danno all’autovettura veniva quantificato in Euro 900,00 e nelle conclusioni dello stesso atto venivano chiesti tutti i danni (compreso quello di fermo tecnico, quantificato in Euro 150 in sede di precisazione delle conclusioni), oltre interessi e svalutazione, comunque nella misura quantificata secondo giustizia. Che la clausola “secondo giustizia” non sia di stile (Cass. 26 luglio 2011, n. 16318) si desume dalle risultanze di causa; basti considerare la richiesta di interessi e rivalutazione sull’importo quantificato nella domanda.
Pertanto, il primo motivo di ricorso va accolto sulla base del seguente principio di diritto:
“Ai fini della ammissibilità dell’appello a rime obbligate, previsto, per le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità (art. 113 c.p.c., comma 2), nei limiti di cui all’art. 339 c.p.c., comma 3, (come novellato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, applicabile ratione temporis), non rileva se le suddette sentenze siano pronunciate secondo diritto o secondo equità, ma il valore della controversia, da determinarsi – indipendentemente dal valore dichiarato per il contributo unificato – applicando analogicamente le norme di cui agli artt. 10 e segg. c.p.c. in tema di competenza. Di conseguenza, in presenza di una domanda determinata nell’ammontare, inferiore al limite quantitativo previsto per la giurisdizione di equità, che si accompagni ad una richiesta generica di maggior somma conforme a giustizia (salvo che quest’ultima possa considerarsi mera clausola di stile sulla base delle risultanze di causa), essendo indeterminata la somma richiesta, la domanda, in difetto di tempestiva contestazione, si presume, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 14 c.p.c., pari al limite massimo della competenza per valore del giudice adito in ragione della natura della domanda (art. 7 c.p.c.) e, quindi, nella misura al di sopra del limite della giurisdizione equitativa. Consegue l’appellabilità secondo le regole generali e non nei limiti di cui all’art. 339 cit.”. 3. Con il secondo motivo, si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., per l’omessa pronuncia da parte del Tribunale sui motivi di appello. Con il terzo motivo si censura la sentenza nella parte in cui ha condannato la parte soccombente alle spese processuali del grado, senza ricorrere alla compensazione per giusti motivi.
Entrambi restano assorbiti dall’accoglimento del primo motivo, logicamente preliminare.
4. In conclusione, la sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto e il giudice di rinvio, cui è rimessa la causa anche per le spese del presente processo, esaminerà l’appello nel merito senza le limitazioni di cui all’art. 339 cit.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il primo motivo; dichiara assorbiti il secondo e il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese processuali del giudizio di cassazione.

MISURE URGENTI PER L’AGENDA DIGITALE E LA TRASPARENZA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

DECRETO-LEGGE “MISURE URGENTI PER LA CRESCITA DEL PAESE” a breve  pubblicato sulla G.U.
Art. 18
Amministrazione aperta
1. La concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese
e l'attribuzione dei corrispettivi e dei compensi a persone, professionisti, imprese ed
enti privati e comunque di vantaggi economici di qualunque genere di cui all’articolo
12 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ad enti pubblici e privati, sono soggetti alla
pubblicità sulla rete internet, ai sensi del presente articolo e secondo il principio di
accessibilità totale di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.
2. Nei casi di cui al comma 1 ed in deroga ad ogni diversa disposizione di legge o
regolamento, nel sito internet dell’ente obbligato sono indicati: a) il nome dell’impresa
o altro soggetto beneficiario ed i suoi dati fiscali; b) l’importo; c) la norma o il titolo a
base dell’attribuzione; d) l’ufficio e il funzionario o dirigente responsabile del relativo
procedimento amministrativo; e) la modalità seguita per l’individuazione del
beneficiario; f) il link al progetto selezionato, al curriculum del soggetto incaricato,
nonché al contratto e capitolato della prestazione, fornitura o servizio.
3. Le informazioni di cui al comma 2 sono riportate, con link ben visibile nella
homepage del sito, nell’ambito dei dati della sezione “Trasparenza, valutazione e
merito” di cui al citato decreto legislativo n. 150 del 2009, che devono essere resi di
facile consultazione, accessibili ai motori di ricerca ed in formato tabellare aperto che
ne consente l’esportazione, il trattamento e il riuso ai sensi dell’articolo 24 del decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
4. Le disposizioni del presente articolo costituiscono diretta attuazione dei principi di
legalità, buon andamento e imparzialità sanciti dall’articolo 97 della Costituzione, e ad
esse si conformano entro il 31 dicembre 2012, ai sensi dell’articolo 117, comma 2,
lettere g), h), l), m), r) della Costituzione, tutte le pubbliche amministrazioni centrali,
regionali e locali, i concessionari di servizi pubblici e le società a prevalente
partecipazione o controllo pubblico. Le regioni ad autonomia speciale vi si conformano
entro il medesimo termine secondo le previsioni dei rispettivi Statuti.
5. A decorrere dal 1 gennaio 2013, per le concessioni di vantaggi economici successivi
all’entrata in vigore del presente decreto legge, la pubblicazione ai sensi del presente
articolo costituisce condizione legale di efficacia del titolo legittimante delle
concessioni ed attribuzioni di importo complessivo superiore a mille euro nel corso
dell’anno solare previste dal comma 1, e la sua eventuale omissione o incompletezza è
rilevata d’ufficio dagli organi dirigenziali e di controllo, sotto la propria diretta
responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile per l’indebita concessione o
attribuzione del beneficio economico. La mancata, incompleta o ritardata pubblicazione
è altresì rilevabile dal destinatario della prevista concessione o attribuzione e da
chiunque altro abbia interesse, anche ai fini del risarcimento del danno da ritardo da
parte dell’amministrazione, ai sensi dell’articolo 30 del codice del processo
amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
6. Restano fermi l’articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, i decreti legislativi 7
marzo 2005, n. 82, 12 aprile 2006, n. 163 e 6 settembre 2011, n. 159, l’articolo 8 del
decreto legge 7 maggio 2012, n. 52 e le ulteriori disposizioni in materia di pubblicità.
Ai pagamenti obbligatori relativi ai rapporti di lavoro dipendente ed ai connessi
trattamenti previdenziali e contributivi si applicano le disposizioni ad essi proprie. Il
Governo, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione
di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, è autorizzato ad adottare entro il
31 dicembre 2012, previo parere della Conferenza unificata, un regolamento ai sensi
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, volto a coordinare le
predette disposizioni con il presente articolo ed a disciplinare le modalità di
pubblicazione dei dati di cui ai commi precedenti anche sul portale nazionale della
trasparenza di cui al citato decreto legislativo n. 150 del 2009. Lo stesso regolamento
potrà altresì disciplinare le modalità di attuazione del presente articolo in ordine ai
pagamenti periodici e per quelli diretti ad una pluralità di soggetti sulla base del
medesimo titolo.
7. Dall’attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica e alle attività previste si farà fronte con le risorse umane,
finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Decreto sviluppo:disposizioni in materia di autoservizi pubblici non di linea

In dirittura di arrivo per la pubblicazione nella G.U., il decreto sviluppo apporta modifiche alle Disposizioni in materia di autoservizi pubblici non di linea:

Art. 17
Disposizioni in materia di autoservizi pubblici non di linea

1. All’articolo 2, comma 3, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40*, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, le parole: “entro e non oltre il 30
giugno 2012” sono sostituite dalle seguenti: “entro e non oltre il 31 dicembre 2012”.



* 3. Ai fini della rideterminazione dei principi fondamentali della
disciplina di cui alla legge 15 gennaio 1992, n. 21, secondo quanto
previsto dall'articolo 7-bis, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio
2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009,
n. 33, ed allo scopo di assicurare omogeneita' di applicazione di
tale disciplina in ambito nazionale, con decreto del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello
sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza Unificata di cui
al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate, entro e
non oltre il termine di sessanta giorni decorrenti dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, urgenti disposizioni
attuative, tese ad impedire pratiche di esercizio abusivo del
servizio di taxi e del servizio di noleggio con conducente o,
comunque, non rispondenti ai principi ordinamentali che regolano la
materia. Con il suddetto decreto sono, altresi', definiti gli
indirizzi generali per l'attivita' di programmazione e di
pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei
Comuni, dei titoli autorizzativi.

Semplificazioni in materia di autorizzazioni e pareri per l’esercizio dell’attività edilizia

Come vi avevo già accennato nel post del 16 giugno u.s. il decreto sviluppo sta per approdare nella Gazzetta Ufficiale.
In materia edilizia, si segnala l'art. 13 del suddetto decreto:"Semplificazioni in materia di autorizzazioni e pareri per l’esercizio dell’attività edilizia"

 Art. 13
Semplificazioni in materia di autorizzazioni e pareri per l’esercizio dell’attività edilizia

1. All’articolo 19 della legge 7 agosto 1990 n. 241, il terzo periodo del comma 1 è sostituito dal
seguente: “Nei casi in cui la normativa vigente prevede l’acquisizione di atti o pareri di organi o
enti appositi, ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle
autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le
verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.”.
2. All’articolo 23 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono apportate
le seguenti modifiche:
a) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:
“1-bis. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l’acquisizione di atti o pareri di organi o
enti appositi, ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, con la sola esclusione dei casi in cui
sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle
amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione,
all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle
finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal
gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli
imposti dalla normativa comunitaria, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni,
attestazioni e asseverazioni o certificazioni di tecnici abilitati relative alla sussistenza dei
requisiti e presupposti previsti dalla legge, dagli strumenti urbanistici approvati o adottati e dai
regolamenti edilizi, da produrre a corredo della documentazione di cui al comma 1, salve le
verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.

Le aziende che realizzano impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica devono essere ammesse a fruire del regime agevolativo previsto per le occupazioni permanenti, realizzate da aziende di erogazione di pubblici servizi.


TAR Puglia, Lecce, sez. II, 1/6/2012 n. 998
N. 00998/2012 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1832 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Blue Box Ventures s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv.to Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Saverio Sticchi Damiani in Lecce, via 95° Rgt Fanteria n. 9;

contro
Provincia di Lecce, rappresentata e difesa dall'avv. Giuditta Angelastri, con domicilio eletto in Lecce, presso l’Ufficio Legale dell’Amministrazione provinciale, Via Umberto I° n. 13;

per l'annullamento
- della nota prot. n. 87113, emessa dalla Provincia di Lecce, Settore Lavori Pubblici e Mobilità in data 25.10.2011 e notificata alla Blue Box Ventures Srl in data 07.11.2011, con cui l'Amministrazione provinciale comunicava alla società ricorrente l'aumento del canone annuo relativo alla Concessione n. 14610 rilasciata alla Società da euro 516,46 ad euro 17.246,25, in forza di quanto stabilito nel nuovo "Regolamento Provinciale per l'applicazione del Canone per l'Occupazione di Spazi e Aree Pubbliche", adottato dal Consiglio Provinciale con deliberazione n.12 del 22 marzo 2011;

- del suddetto "Regolamento Provinciale per l'applicazione del Canone per l'Occupazione di spazi e Aree Pubbliche", nella parte in cui, all'art.43 (titolato "norma finale e transitoria") prescrive che "le concessioni e le autorizzazioni per l'occupazione di spazi e aree pubbliche rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore del presente aggiornamento del regolamento devono essere adeguate alle disposizioni di cui ai presenti articoli e sono rinnovate, a richiesta del titolare, a condizione che le stesse non siano in contrasto con le disposizioni contenute nel regolamento medesimo", sancendo così la portata retroattiva del Regolamento rispetto alle concessioni sorte precedentemente alla sua entrata in vigore;

a seguito della presentazione di motivi aggiunti, per l’annullamento della nota prot. n. 103834 del 19 dicembre 2011, con cui la Provincia di Lecce ha confermato la legittimità degli atti precedentemente adottati;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Lecce;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2012 il dott. Paolo Marotta e uditi per le parti l’avv.to A. Caggiula, in sostituzione dell'avv.to S. Sticchi Damiani, e l’avv.to F.sca Testi, in sostituzione dell'avv.to G. Angelastri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
La società ricorrente è stata autorizzata dalla Provincia di Lecce con provvedimento dirigenziale n. 14610 del 25 febbraio 2011 ad eseguire lavori di scavo per l’interramento di elettrodotti lungo alcuni tratti di strada provinciale per il trasporto della energia prodotta da impianti fotovoltaici. L’autorizzazione rilasciata prevedeva il pagamento di un canone determinato nella misura del 20% dell’importo complessivamente corrisposto ai Comuni compresi nell’ambito territoriale della Provincia riferito all’anno precedente al rilascio della concessione, ai sensi del d.lgs. n. 446/1997, come modificato dall’art. 18 della l. n. 488/99 e, comunque, in misura non inferiore ad € 516,46.

Con il proposto gravame la società ricorrente impugna, per la parte di interesse, il regolamento provinciale per l’applicazione del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, approvato con deliberazione del Consiglio provinciale n. 12 del 22 marzo 2011, e la nota del 25 ottobre 2011 (prot. n. 87113). In particolare, la società ricorrente si duole del fatto che con la nuova normativa regolamentare siano stati modificati i criteri di determinazione del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (artt. 27-31) e, per effetto della predetta modifica, il canone imposto alla società, in relazione agli elettrodotti interrati nelle strade provinciali, sia stato elevato da € 516,46 ad € 17.246,25.

La ricorrente contesta la legittimità degli atti impugnati, deducendo i seguenti motivi di impugnativa: Eccesso di potere per irragionevolezza dell’azione amministrativa. Violazione del principio del legittimo affidamento. Violazione del principio di irretroattività dei regolamenti amministrativi.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione provinciale, contestando la fondatezza del proposto gravame e chiedendone pertanto la reiezione.

Alla Camera di Consiglio del 18 gennaio 2012, su richiesta della parte ricorrente, la causa è stata cancellata dal ruolo delle sospensive.

Con motivi aggiunti, depositati in data 6 marzo 2012, la società ricorrente ha impugnato la nota prot. n. 103834 del 19 dicembre 2011, con cui la Provincia di Lecce ha confermato la legittimità degli atti precedentemente adottati.

La società ricorrente ha contestato la legittimità della nota da ultimo impugnata per i seguenti motivi: Eccesso di potere per erronea presupposizione in diritto, irragionevolezza dell’azione amministrativa, violazione dei principi di proporzionalità e di legittimo affidamento.

Con diverse memorie depositate nel corso del giudizio le parti hanno avuto modo di rappresentare le rispettive tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 4 aprile 2012, su richiesta delle parti, la causa è stata posta in decisione.

1. Preliminarmente il collegio rileva che la controversia de qua rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto la Corte costituzionale con sentenza 14 marzo 2008 n. 64 ha affermato la natura non tributaria del canone per l'occupazione di spazi e aree pubbliche (c.o.s.a.p.), dichiarando conseguentemente l'incostituzionalità dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546 nella parte in cui stabiliva che appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone previsto dall'art. 63 D.L.vo 15 dicembre 1997 n. 446. La Corte costituzionale ha precisato, infatti, che tale canone deve essere considerato quale corrispettivo per l'uso di un bene pubblico, la cui corresponsione presuppone la stipula di una concessione tra l'impresa e l'Amministrazione, spettando alla cognizione del giudice ordinario soltanto le vertenze meramente patrimoniali in relazione alle quali l'Amministrazione non esercita un potere amministrativo.

1.1. Con l’unico articolato motivo del ricorso introduttivo del giudizio, la parte ricorrente, dopo aver evidenziato che per effetto degli atti gravati l’importo del canone di concessione per l’occupazione di suolo pubblico è stato incrementato da € 515,46 ad € 17.246,25, deduce eccesso di potere per irragionevolezza e violazione del legittimo affidamento riposto dalla ricorrente medesima nell’ammontare del canone dovuto per l’occupazione del suolo pubblico.

1.2 Dopo aver evidenziato che la nuova disciplina regolamentare approvata con deliberazione del Consiglio provinciale n. 12 del 22 marzo 2011, l’Amministrazione provinciale ha disposto l’applicazione del nuovo canone a far data dal 1° gennaio 2011 (e, quindi, anche alle concessioni, come quella della ricorrente, rilasciate in data anteriore a quella di approvazione del regolamento provinciale), la società ricorrente deduce, altresì, l’illegittimità dell’azione amministrativa per violazione del principio della irretroattività dei regolamenti amministrativi.

1.3 La società ricorrente deduce l’illegittimità dell’azione amministrativa anche sotto altro profilo, evidenziando che la decisione dell’Amministrazione provinciale di aumentare nella maniera sopra indicata il canone di occupazione del suolo e delle aree pubbliche non possa trovare la propria legittimazione nella clausola dell’autorizzazione provinciale che imponeva alla società concessionaria l’obbligo di accettare “eventuali variazioni nella misura del canone che la Provincia dovesse determinare con propri provvedimenti esecutivi a norma di legge”. A tale riguardo sostiene la società ricorrente che quella sopra richiamata debba essere qualificata come clausola vessatoria e che, conseguentemente, detta clausola debba essere ritenuta inefficace, ai sensi dell’art. 1341 c.c., mancando di autonoma sottoscrizione.

2. Con motivi aggiunti la società ricorrente si sofferma ulteriormente sulla dedotta irretroattività delle norme regolamentari impugnate, evidenziando che la deroga al principio di irretroattività invocata dalla Amministrazione provinciale sulla base dell’art. 53, comma 16, della l. n. 388 del 23 dicembre 2000 non potrebbe trovare applicazione nel caso di specie, non avendo il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche natura tributaria. Per il resto ha ribadito le argomentazioni già svolte nel ricorso introduttivo del giudizio.

Di contro, l’Amministrazione provinciale ha difeso la legittimità del proprio operato, sostenendo l’inapplicabilità in favore della società ricorrente del regime forfetario agevolato previsto dall’art. 63, comma 2, lett. f) punto 3 del d.lgs. n. 446/1997 per le occupazioni permanenti, realizzate da aziende di erogazione dei pubblici servizi e da quelle esercenti attività strumentali ai servizi medesimi.

L’Amministrazione resistente sostiene, infatti, che la società ricorrente non possa essere qualificata né come azienda esercente un pubblico servizio né come soggetto esercente attività strumentali ai pubblici servizi, evidenziando che la predetta società opera secondo logiche lucrative (realizza impianti di produzione di energia che viene poi venduta ai gestori delle reti pubbliche nazionali e locali).La natura lucrativa dell’attività svolta dalla ricorrente sarebbe dunque incompatibile con la invocata applicazione del regime agevolativo previsto dalla disposizione sopra richiamata.

3. Il proposto gravame è meritevole di accoglimento parziale, nei termini di seguito indicati.

3.1 L’art. 63 del d.lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, nell’attribuire ai Comuni ed alle Province potestà regolamentare in ordine alla occupazione permanente o temporanea di spazi ed aree pubbliche, stabilisce, al secondo comma, lett. f), che, per le occupazioni permanenti, realizzate con cavi, condutture, impianti o con qualsiasi altro manufatto da aziende di erogazione dei pubblici servizi e da quelle esercenti attività strumentali ai servizi medesimi, il regolamento (comunale o provinciale) deve prevedere “un canone determinato forfetariamente come segue: 1) per le occupazioni del territorio comunale…… 2) per le occupazioni del territorio provinciale, il canone è determinato nella misura del 20 per cento dell’importo risultante dall’applicazione della misura unitaria di tariffa di cui al numero 1, per il numero complessivo delle utenze presenti nei comuni compresi nel medesimo ambito territoriale; 3) in ogni caso l'ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o provincia non può essere inferiore a lire 1.000.000. La medesima misura di canone annuo è dovuta complessivamente per le occupazioni permanenti di cui alla presente lettera effettuate dalle aziende esercenti attività strumentali ai pubblici servizi”.

La questione di diritto sottoposta al collegio è, dunque, sostanzialmente quella di stabilire se la società ricorrente possa essere inclusa nel novero dei soggetti in favore dei quali l’art. 63, comma 2, lett. f), del d.lgs. n. 446/1997, prevede un regime agevolativo e forfetario da applicarsi per le occupazioni permanenti realizzate con cavi, condutture o qualsiasi altro impianto o manufatto.

Occorre premettere che la costruzione e l’esercizio di impianti per l’energia da fonti rinnovabili sono libere attività d’impresa soggette alla sola autorizzazione amministrativa della Regione, secondo l’art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387. Si tratta di attività economiche non riservate agli Enti locali, non soggette a regime di privativa, che non rientrano nella nozione di servizio pubblico locale, di cui agli artt. 112 e ss. del d. lgs. 18 agosto 2000 n. 267.

Tuttavia, l’art. 1, comma 4, della legge del 9 gennaio 1991 n. 10 dispone che “l’utilizzazione delle fonti di energia di cui al comma 3” (tra le quali è compreso anche il sole) “è considerata di pubblico interesse e di pubblica utilità e le opere relative sono equiparate alle opere dichiarate indifferibili e urgenti ai fini dell’applicazione delle leggi sulle opere pubbliche; mentre l’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo del 29 dicembre 2003 n. 387 precisa che “le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti”.

Se, dunque, la costruzione e l’esercizio di impianti fotovoltaici finalizzati alla produzione di energia elettrica non possono essere sussunti nella categoria del “servizio pubblico”, si tratta comunque di attività qualificate espressamente dal legislatore come “di pubblico interesse e di pubblica utilità”.

Oltre a ciò, l’art. 7, comma 1, del d.lgs. n. 387/2003 demanda al Ministro delle attività produttive il compito di adottare, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e d’intesa con la Conferenza unificata, uno o più decreti con i quali sono definiti i criteri per l'incentivazione della produzione di energia elettrica dalla fonte solare. In attuazione di questa disposizione, sono stati adottati diversi Decreti ministeriali tra i quali, da ultimo, il D.M. 6 agosto 2010, che all’art. 8 disciplina per gli impianti solari fotovoltaici un sistema di tariffe incentivanti, di importo decrescente e di durata tali da garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio.

L’art.13, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 387/2003 prevede inoltre per i produttori di energia elettrica (anche da fonti rinnovabili) la possibilità di richiedere al gestore della rete il ritiro dell’energia elettrica prodotta a prezzo amministrato (c.d. ritiro dedicato) secondo modalità determinate dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas. Nella determinazione delle condizioni economiche di ritiro, l’Autorità per l’energia elettrica e per il gas ha stabilito per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile di ridotte dimensioni un regime di “prezzi garantiti minimi” al fine di assicurare la copertura dei costi di gestione (che per i piccoli impianti risultano particolarmente elevati in relazione alla loro limitata redditività) e di assicurane così la sopravvivenza economica.

Sulla base delle disposizioni sopra richiamate è lecito inferire le seguenti conclusioni:

a) la produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici (e in generale da fonti rinnovabili) non può essere considerata alla stregua di qualsiasi bene commerciabile in una economia di libero mercato in relazione ai ripetuti interventi legislativi diretti alla regolamentazione del relativo mercato, attraverso la determinazione di tariffe incentivanti e di prezzi minimi garantiti;

b) deve ritenersi incompatibile con il favore mostrato da norme anche di rango primario per la realizzazione e la gestione degli impianti fotovoltaici una disciplina regolamentare che assoggetti il trasporto della energia derivante da fonti rinnovabili ad un onere maggiormente oneroso di quello previsto per il trasporto di energia elettrica da fonti energetiche non rinnovabili (ad esempio, gas naturale);

c) la lievitazione dei costi di gestione degli impianti fotovoltaici (tra i quali debbono essere inclusi anche quelli relativi al trasporto della energia prodotta) non può che ripercuotersi, nel lungo periodo, sugli utenti finali della energia elettrica prodotta, con conseguente elusione della finalità cui è preordinato il regime concessorio differenziato previsto dall’art. 63 comma 2, lett. f), del d.lgs. n. 446/1997 e s.m.i.

In base al quadro normativo di riferimento ed alla luce delle considerazioni che precedono, il collegio è pervenuto alla meditata conclusione di ritenere che anche le aziende che realizzano impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica debbano essere ammesse a fruire, con riguardo agli elettrodotti interrati nelle strade comunali o provinciali, del regime agevolativo forfetario di cui all’art. 63, comma 2, lett. f), del d.lgs. n. 446/1997 e s.m.i., dovendo dette aziende essere assimilate a quelle svolgenti un’attività strumentale ad un pubblico servizio.

Il collegio tiene comunque a precisare che l’ammontare del canone quantificato in misura forfetaria dall’art. 63, comma 2, punto 3, del d.lgs. n. 446/1997 in lire 1.000.000 si pone in termini di alternatività rispetto al criterio di cui al punto 2 della medesima disposizione e, costituendo il minimo inderogabile, non esclude una quantificazione forfetaria di entità superiore.

4. Non può invece essere condivisa la tesi della società ricorrente laddove afferma che gli atti impugnati sarebbero illegittimi anche in relazione al carattere retroattivo attribuito dalla Provincia alle nuove disposizioni regolamentari.

In proposito, il collegio fa rilevare che il principio della irretroattività della legge, stabilito dall’art.11 delle preleggi, non è un principio assoluto, potendo essere derogato da norme di pari grado (solo per le norme penali incriminatrici il principio della irretroattività della legge ha carattere inderogabile, essendo stabilito dall’art. 25, comma 2, della Carta fondamentale, a norma del quale: “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”).

Nel caso di specie, la possibilità da parte degli Enti locali di conferire efficacia retroattiva alle norme regolamentari relative alle entrate è espressamente prevista da norme di rango primario.

L’art. 53, comma 16, della legge 23 dicembre 2000 n. 388 attribuisce agli Enti locali il potere di approvare i regolamenti relativi alle loro entrate, entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. La disposizione richiamata precisa espressamente: “I regolamenti sulle entrate, anche se approvati successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine di cui sopra, hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento”.

L’art. 151, comma 1, del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 fissa al 31 dicembre il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno successivo da parte degli Enti locali e dispone che il termine può essere differito con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze.

Orbene, il termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli Enti locali per l’anno 2011 è stato dapprima differito al 31 marzo 2011, con D.M. del 17 dicembre 2010, e, successivamente, ulteriormente differito al 30 giugno 2011, con D.M. 16 marzo 2011.

Sulla base delle disposizioni sopra richiamate, dunque, ben poteva la Provincia di Lecce attribuire efficacia retroattiva (con decorrenza dal 1° gennaio 2011) alle disposizioni regolamentari in materia di COSAP approvate con deliberazione del C.P. n. 12 del 22 marzo 2011 (non essendo ancora scaduto, alla data di adozione del Regolamento, il termine previsto per l’approvazione del Bilancio di previsione).

Né può essere condivisa la tesi della società ricorrente secondo la quale l’art. 56, comma 16, della l. n. 388/2000 sarebbe applicabile solo in materia tributaria e non potrebbe quindi essere invocato con riguardo alla disciplina regolamentare relativa al canone per l’occupazione degli spazi e delle aree pubbliche, avendo detto canone natura non tributaria.

La predetta disposizione recita testualmente: “Il termine per deliberare le aliquote e le tariffe dei tributi locali, compresa l'aliquota dell'addizionale comunale all'IRPEF di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998 n. 360, recante istituzione di una addizionale comunale all'IRPEF, e successive modificazioni, e le tariffe dei servizi pubblici locali, nonché per approvare i regolamenti relativi alle entrate degli enti locali, è stabilito entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. I regolamenti sulle entrate, anche se approvati successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine di cui sopra, hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento”.

Dal tenore letterale della disposizione richiamata emerge con chiara evidenza che il suo ambito oggettivo di applicazione non è limitato solo alla materia tributaria, ricomprendendo anche i regolamenti relativi alle entrate (tributarie e non tributarie) degli enti locali, nell’ambito dei quali deve essere annoverato anche il regolamento per il canone di occupazione degli spazi e delle aree pubbliche.

5. Né può, infine, essere condivisa la tesi della società ricorrente laddove afferma che la clausola contenuta nella concessione rilasciata dalla Provincia di Lecce (che imponeva alla società concessionaria l’obbligo di accettare “eventuali variazioni nella misura del canone che la Provincia dovesse determinare con propri provvedimenti esecutivi a norma di legge”) sarebbe inefficace, ai sensi dell’art. 1341 c.c., mancando di autonoma e separata sottoscrizione.

Anzitutto, il collegio rileva che l’art. 1341 c.c., rubricato “Condizioni generali di contratto”, collocato nel titolo secondo (Dei contratti in generale) del libro IV (Delle obbligazioni) del codice civile, è applicabile ai rapporti negoziali di natura paritetica ed è diretto a tutelare la posizione del contraente più debole rispetto a quella della parte predisponente (moduli o formulari); detta disposizione non è, quindi, astrattamente applicabile ai rapporti concessori di natura pubblicistica, quale quello in questione.

Oltre a ciò, l’espresso riconoscimento agli Enti locali da parte di norme di rango primario della possibilità di attribuire, nei termini sopra indicati, efficacia retroattiva ai regolamenti delle proprie entrate (e, quindi, di estenderne la relativa disciplina regolamentare anche ai rapporti concessori in essere) rende destituita di ogni fondamento giuridico la invocata applicazione dell’art. 1341, 2° comma, c.c.

6. In conclusione, assorbita ogni altra censura, il proposto gravame va accolto in relazione ai profili esaminati al punto sub 3.1 della presente sentenza e, per l’effetto, l’impugnato regolamento provinciale va annullato nella parte relativa alla disciplina del canone COSAP per i sottoservizi di interconnessione per impianti di produzione da energie rinnovabili. Del pari vanno annullate la nota del 25 ottobre 2011 (prot. n. 87113) nonché quella del 19 dicembre 2011 (prot. n. 103834), con le quali la Provincia di Lecce ha determinato in € 17.246,25 il canone dovuto dalla società ricorrente per l’occupazione di alcuni tratti delle strade provinciali.

In considerazione della novità delle questioni prospettate e della parziale fondatezza del proposto gravame, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, come integrato dai motivi aggiunti, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla l’impugnato regolamento provinciale nella parte relativa alla disciplina del canone COSAP per i sottoservizi di interconnessione per impianti di produzione da energie rinnovabili nonché la nota del 25 ottobre 2011 (prot. n. 87113) e quella del 19 dicembre 2011 (prot. n. 103834), con le quali la Provincia di Lecce ha determinato in € 17.246,25 il canone dovuto dalla società ricorrente per l’occupazione di alcuni tratti delle strade provinciali per l’anno 2011.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Costantini, Presidente

Enrico d'Arpe, Consigliere

Paolo Marotta, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/06/2012

IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Chiusura di pubblici esercizi in caso di pericolo per la moralità pubblica


 TAR Abruzzo Pescara sez. I 4/6/2012 n. 248

Fumo: bozza decreto sanita', maxi-multa per chi vende sigarette a minori

Roma, 26 giu. (Adnkronos Salute) - Maxi-multe in arrivo per chi vende sigarette e altri prodotti del tabacco ai minorenni: sanzioni fino a 2.000 euro e sospensione della licenza. E' quanto prevede la bozza del decreto sanità, che all'articolo 19 fissa una serie di misure tese a promuovere corretti stili di vita. "Chiunque vende o somministra i prodotti del tabacco ai minori di 18 anni - si legge nel documento - è punito con una sanzione amministrativa pecuniara da 250 a 1.000 euro e con la sospensione per un mese della licenza all'esercizio dell'attività. Se il fatto viene reiterato si applica una sanzione da 500 a 2.000 euro e la sospensione di 6 mesi della licenza".

Evita la multa!: un volantino del Comune per informare sulla sosta negli stradelli e nell’area retrodunale a Marina

26/06/2012 -Il Comune di Ravenna scende in campo con una campagna di informazione straordinaria sul tema delle sosta negli stradelli e dell’area retrodunale di Marina di Ravenna. La campagna illustrata questa mattina in una conferenza stampa in municipio dal Sindaco Fabrizio Matteucci e dall’Assessore Monti, consiste nella diffusione di un volantino dal titolo “Evita la multa!” che informa dell’ordinanza in vigore per disciplinare i parcheggi negli stradelli e delle sanzioni comminate a chi non la rispetta.
Giovedì, a partire dalle 9, saranno distribuiti un centinaio di volantini a ciascun stabilimento balneare di Marina. Sabato e domenica dalle 11 alle 14, oltre 2.000 volantini saranno diffusi negli stradelli di accesso dalle Assessore Piaia e Monti, insieme a 20 volontari di Mistral e 4 bagnini messi a disposizione dalla Cooperativa bagnini di salvataggio.
“L’obiettivo dell’ordinanza – ha sottolineato l’Assessore Monti – è in primo luogo la sicurezza dei cittadini e garantire l’accesso dei mezzi di soccorso”.
Il divieto di sosta, ha poi ricordato, riguarda auto, moto e scooter, ma non le biciclette.
“La cartellonistica c’è ed è regolare – ha affermato il Sindaco Fabrizio Matteucci. L’ordinanza è entrata in vigore a metà maggio ed è stata accompagnata da un’informazione preventiva nei confronti degli stabilimenti balneari. Nonostante questo c’è ancora troppa sosta selvaggia e di conseguenza troppe multe. Per questo abbiamo deciso di intraprendere questa iniziativa straordinaria”.

Allegati e Link

volantino (pdf - 61,69 kB)
Fonte: http://www.comune.ra.it


Non impugnata dal CDM la Legge Regione Veneto n. 15 del 27 aprile 2012 “Disposizioni in materia di educazione alla sicurezza stradale e prevenzione degli incidenti stradali”.


Il Consiglio dei Ministri ha esaminato oggi diciassette leggi regionali e delle province autonome su proposta del Ministro per gli affari regionali.
Nell’ambito di tali leggi, il Consiglio ha deliberato l’impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale di alcune leggi regionali mentre per  altre,  il Consiglio dei Ministri ha deliberato la non impugnativa.
 Una di queste, non impugnata,  è  la Legge Regione Veneto n. 15 del 27 aprile 2012 “Disposizioni in materia di educazione alla sicurezza stradale e prevenzione degli incidenti stradali”.

Scarica versione stampabile Legge Regionale

Bur n. 35 del 04/05/2012


Legge Regionale n. 15 del 27 aprile 2012

Disposizioni in materia di educazione alla sicurezza stradale e prevenzione degli incidenti stradali

Il Consiglio regionale ha approvato
Il Presidente della Giunta regionale
promulga
la seguente legge regionale:
Art. 1
Finalità
1. La Regione del Veneto riconosce e valorizza il ruolo dell'educazione, dell'informazione e della sensibilizzazione, nella prevenzione degli incidenti stradali favorendo ogni azione finalizzata a ridurre i rischi connessi alla circolazione sulle strade e a garantire una maggiore sicurezza stradale, in coerenza con le direttive del Piano nazionale della sicurezza stradale, valorizzando le collaborazioni e le sinergie tra gli enti operanti sul territorio e promuovendo la realizzazione di progetti innovativi per lo sviluppo di nuove tecnologie atte al miglioramento della sicurezza stradale.
Art. 2
Coordinamento e gestione integrata delle politiche di sicurezza.
1. La Regione, per la realizzazione di sistemi informativi integrati sulle condizioni di mobilità e sicurezza delle strade, promuove accordi con enti pubblici e privati, enti gestori delle strade, associazioni sportive operanti nell'ambito della sicurezza stradale.
2. La Regione promuove la costituzione presso le province di centri di monitoraggio dell'incidentalità e di tavoli di lavoro e di coordinamento provinciale sulle tematiche della mobilità sicura.
Art. 3
Consulta regionale per la sicurezza stradale
1. Al fine di favorire la conoscenza della sicurezza stradale e promuovere la partecipazione dei soggetti pubblici e privati interessati alle problematiche della sicurezza stradale, è istituita presso la Giunta regionale la Consulta regionale della sicurezza stradale, di seguito denominata Consulta, quale organismo tecnico-consultivo, di confronto e di elaborazione per programmi, attività ed esperienze finalizzati al miglioramento delle condizioni di sicurezza della circolazione.
2. La Consulta, quale organismo di confronto e concertazione tra le istituzioni e le rappresentanze interessate alla sicurezza stradale, ha compiti di proposta, d'informazione e di consulenza in materia di sicurezza stradale e relaziona annualmente alla Giunta regionale e alla commissione consiliare competente in materia di sicurezza stradale e viabilità, evidenziando i processi evolutivi del settore e formulando proposte migliorative della sicurezza stradale.
3. La Consulta, previa la stipula degli accordi eventualmente necessari, si compone dei seguenti membri:
a) l'assessore regionale alla mobilità o suo delegato, con funzioni di presidente;
b) l'assessore regionale alle politiche sanitarie o suo delegato;
c) l'assessore regionale alle politiche sociali o suo delegato;
d) un rappresentante dell'Unione Regionale delle Province del Veneto (URPV);
e) un rappresentante dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI);
f) un rappresentante per ogni provincia;
g) il comandante del Comando Carabinieri Regione Veneto o suo delegato;
h) il dirigente del Compartimento Polizia Stradale Veneto o suo delegato;
i) un rappresentante dei comandi provinciali dei vigili del fuoco, designato d'intesa fra gli stessi;
l) il delegato regionale della Commissione Sportiva Automobilistica Italiana (CSAI);
m) un delegato in rappresentanza dell'Automobile Club d'Italia (ACI);
n) un rappresentante della Federazione Motociclistica Italiana (FMI), comitato regionale del Veneto;
o) un rappresentante delle scuole guida;
p) un rappresentante designato dal Forum regionale dei giovani di cui all'articolo 7 della legge regionale 14 novembre 2008, n. 17 “Promozione del protagonismo giovanile e della partecipazione alla vita sociale”;
q) un rappresentante dell'Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto;
r) un rappresentante della società Veneto Strade S.p.A. di cui alla legge regionale 25 ottobre 2001, n. 29 “Costituzione di una società di capitali per la progettazione, esecuzione, manutenzione, gestione e vigilanza delle reti stradali” e successive modificazioni;
s) un rappresentante della Motorizzazione civile del Veneto;
t) un rappresentante delle associazioni vittime della strada.
4. Alle sedute della Consulta possono essere invitati funzionari dell'amministrazione regionale, nonché, per la trattazione di particolari problemi, docenti universitari, tecnici, esperti del settore e soggetti interessati alle problematiche della sicurezza stradale.
Art. 4
Interventi
1. La Regione promuove le seguenti iniziative, con particolare attenzione ai progetti di azioni coordinate ed integrate tra più soggetti pubblici:
a) coordinamento sul territorio dei soggetti pubblici e privati che a vario titolo operano nel campo della sicurezza e dell'educazione stradale;
b) attività volte a diffondere la cultura e l'educazione della sicurezza stradale, rivolte ai giovani delle scuole e delle università e a particolari categorie di utenti professionali della strada;
c) progetti e azioni finalizzati a prevenire e ridurre gli incidenti stradali, legati alle serate di svago e divertimento, con particolare riferimento a quei progetti finalizzati a prevenire le cosiddette “stragi del sabato sera”;
d) realizzazione di progetti, anche in collaborazione con i gestori dei locali notturni, volti a contrastare l'uso di droghe, alcool o di altre sostanze psicotrope;
e) realizzazione di campagne per sensibilizzare gli utenti della strada sulla responsabilità sociale del conducente il veicolo e per informarli sui fattori di rischio e sulle cause connesse agli incidenti stradali;
f) realizzazione di accordi di programma con le forze dell'ordine e le aziende e le unità locali socio-sanitarie (ULSS) per un maggior controllo delle strade;
g) promozione di corsi pratici di guida sicura presso centri specializzati e presso le autoscuole del territorio.
Art. 5
Interventi a favore delle istituzioni scolastiche
1. La Regione promuove e sostiene gli atenei e gli istituti scolastici veneti che prevedono progetti di riconoscimento di crediti formativi agli studenti che prendono parte ad un corso di guida sicura organizzato e finanziato dalla scuola stessa.
Art. 6
Contributi a favore di iniziative pubbliche
1. La Regione concede contributi agli enti locali, agli atenei e agli istituti scolastici, sulla base dei progetti presentati, per la realizzazione degli interventi e delle attività di cui agli articoli 4 e 5; la Regione concede, altresì, contributi agli istituti scolastici superiori che, nell'ambito della propria autonomia scolastica, prevedono un'ora di lezione ogni quindici giorni sulla sicurezza stradale con testimonianze di esperti, filmati e l'ausilio degli strumenti più idonei.
2. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente in materia di sicurezza stradale e viabilità, determina preventivamente i criteri e le modalità per l'assegnazione e l'erogazione dei contributi.
Art. 7
Centri di guida sicura
1. Ai fini della presente legge, sono centri di guida sicura le strutture in cui è possibile perfezionare la capacità di guida attraverso lezioni teoriche e pratiche che simulino anche situazioni di emergenza. In particolare, i centri di guida sicura:
a) garantiscono elevati standard di sicurezza, in modo tale che gli allievi del corso possano testare manovre di emergenza senza rischi per sé e per gli altri;
b) presentano un'adeguata attrezzatura tecnica e didattica;
c) sono soggetti alla vigilanza da parte delle province;
d) sono progettati e costruiti in modo da poter offrire la possibilità di effettuare manovre su vari tipi di fondo e con diverse condizioni metereologiche e adeguati spazi in grado di ospitare i frequentanti le lezioni teoriche.
Art. 8
Contributi a favore dei centri di guida sicura e delle strutture motoristiche integrate
1. La Regione promuove e sostiene la realizzazione, il completamento e l'ammodernamento di centri di guida sicura, anche presso le autoscuole, favorendone la realizzazione di almeno uno per ogni provincia.
2. Per le finalità di cui al comma 1, la Giunta regionale è autorizzata a concedere ai centri di guida sicura contributi in conto capitale nei limiti di cui al regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione del 15 dicembre 2006 relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti di importanza minore (“de minimis”).
3. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente in materia di sicurezza stradale e viabilità, determina preventivamente i criteri e le modalità per l'assegnazione e l'erogazione dei contributi.
4. La Giunta regionale stipula apposita convenzione con i centri di guida sicura beneficiari dei contributi di cui al presente articolo per garantire ai giovani fino a venticinque anni tariffe agevolate.
Art. 9
Attività di prevenzione in collaborazione con associazioni giovanili e gestori di locali
1. Per la prevenzione degli incidenti stradali all'uscita dei locali pubblici, delle manifestazioni di libera aggregazione o comunque nei luoghi di divertimento, svago e socializzazione, la Regione, nell'ambito dei progetti di cui all'articolo 4, promuove le iniziative realizzate dalle associazioni giovanili e dai gestori dei locali volte:
a) a segnalare, alle forze dell'ordine, le persone in procinto di mettersi alla guida in stato di non idoneità;
b) a contrastare l'assunzione di droghe o altre sostanze psicotrope, anche con campagne di informazione e di promozione di stili di vita sana;
c) ad utilizzare etilometri o altri strumenti atti a misurare tempestivamente il tasso di alcolemia delle persone presenti nei locali.
Art. 10
Servizio di trasporto notturno
1. La Regione, attraverso gli enti locali, promuove e sostiene l'attivazione di servizi pubblici di trasporto notturno che effettuano collegamenti fra le aree di insediamento di locali pubblici e di manifestazioni notturne e i centri abitati.
Art. 11
Abrogazioni
1. È abrogata la legge regionale 31 dicembre 1987, n. 66 “Interventi per l'informazione ed educazione in materia di sicurezza stradale”.
Art. 12
Norma finanziaria
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, quantificati in euro 200.000,00 per l'esercizio 2012, si provvede mediante prelevamento di pari importo dalla partita n. 5 dell'upb U0185 “Fondo speciale per le spese correnti” del bilancio di previsione 2012; contestualmente la dotazione dell'upb U0125 “Studi, progettazioni ed informazione per i trasporti” viene aumentata di euro 200.000,00 nell'esercizio 2012.
La presente legge sarà pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione veneta. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione veneta.
Venezia, 27 aprile 2012
Luca Zaia
INDICE

Art. 1 - Finalità
Art. 2 - Coordinamento e gestione integrata delle politiche di sicurezza
Art. 3 - Consulta regionale per la sicurezza stradale
Art. 4 - Interventi
Art. 5 - Interventi a favore delle istituzioni scolastiche
Art. 6 - Contributi a favore di iniziative pubbliche
Art. 7 - Centri di guida sicura
Art. 8 - Contributi a favore dei centri di guida sicura e delle strutture motoristiche integrate
Art. 9 - Attività di prevenzione in collaborazione con associazioni giovanili e gestori di locali
Art. 10 - Servizio di trasporto notturno
Art. 11 - Abrogazioni
Art. 12 - Norma finanziaria

Dati informativi concernenti la legge regionale 27 aprile 2012, n. 15
Il presente elaborato ha carattere meramente informativo, per cui è sprovvisto di qualsiasi valenza vincolante o di carattere interpretativo. Pertanto, si declinaogni responsabilità conseguente a eventuali errori od omissioni.
Per comodità del lettore sono qui di seguito pubblicati:
1 - Procedimento di formazione
2 - Relazione al Consiglio regionale
3 - Note agli articoli
4 - Leggi regionali abrogate
5 - Struttura di riferimento
1. Procedimento di formazione
- Il procedimento di formazione della legge regionale è stato avviato su iniziativa dei sottoelencati consiglieri regionali che hanno presentato due proposte di legge, a ciascuno dei quali è stato attribuito uno specifico numero di progetto di legge:
- proposta di legge d'iniziativa dei consiglieri Toniolo, Bond, Cortelazzo, Tesserin, Padrin, Bendinelli, Conta, Mainardi, Teso e Laroni relativa a “Disposizioni in materia di educazione alla sicurezza stradale e prevenzione degli incidenti stradali” (progetto di legge n. 40);
- proposta di legge d'iniziativa dei consiglieri Caner, Baggio, Bassi, Bozza, Cappon, Cenci, Ciambetti, Conte, Corazzari, Finco, Finozzi, Furlanetto, Lazzarini, Manzato, Possamai, Sandri, Stival, Tosato e Toscani relativa a “Nuove disposizioni in materia di educazione alla sicurezza stradale e prevenzione degli incidenti stradali”(progetto di legge n. 57);
- I progetti di legge sono stati assegnati allaPrima commissione consiliare;
- La Prima commissione consiliare, sulla base dei succitati progetti, ha elaborato un unico progetto di legge denominato "Disposizioni in materia di educazione alla sicurezza stradale e prevenzione degli incidenti stradali";
- La Prima commissione consiliare ha completato l'esame del progetto di legge in data 7 giugno 2011;
- Il Consiglio regionale, su relazione del consigliere Costantino Toniolo, ha esaminato e approvato il progetto di legge con deliberazione legislativa 18 aprile 2012, n. 11.
2. Relazione al Consiglio regionale
Signor Presidente, colleghi consiglieri,
tutti i cittadini hanno il diritto di muoversi, in automobile come su un camion, in moto come in bicicletta, in sicurezza e senza rischiare la vita, ma altrettanto devono essere consapevoli e responsabilizzati rispetto alle regole da seguire e ai comportamenti da evitare quando si è alla guida.
Ogni giorno in Italia si verificano in media 598 incidenti stradali, che causano la morte di 13 persone e il ferimento di altre 849 (fonte ISTAT e ACI automobil club italia). Nel 2008, i dati indicano una diminuzione del fenomeno, ma rimangano pur sempre a livelli non accettabili con ben 218.963 incidenti stradali, che hanno causato il decesso di ben 4.731 persone, mentre altre 310.739 hanno subito lesioni di diversa gravità.
Nel 2001 l'Unione europea stabiliva nel libro bianco la riduzione della mortalità del 50 per cento entro il 2010. L'Italia nel 2008 ha raggiunto quota -33 per cento, mentre la diminuzione media della mortalità dei paesi dell'UE rispetto al 2000è pari al 31,2 per cento. Insomma, molto c'è ancora da fare.
Il Libro bianco del 2001 e il programma di azione europeo del 2003 hanno spinto gli Stati membri che non si erano ancora dotati di piani nazionali per la sicurezza stradale a provvedere in merito, riprendendo spesso l'obiettivo comune di dimezzare il numero di vittime della strada. L'Unione europea ha così contribuito a trasformare la sicurezza stradale in uno degli obiettivi politici prioritari degli Stati membri. Oltre a potenziare i controlli e inasprire le sanzioni, i piani degli Stati membri comprendono generalmente azioni di formazione e informazione destinate a sviluppare una cultura della sicurezza stradale, a coinvolgere tutte le parti interessate e a garantire una migliore preparazione dei conducenti. Gli Stati membri hanno anche preso iniziative nella lotta contro l'abuso di alcol, stupefacenti e medicinali: in alcuni paesi sono stati introdotti tassi di alcolemia più bassi (in generale 0,2 mg/ml) per i neopatentati o per i conducenti professionisti, le sanzioni in caso di guida con un tasso di alcolemia elevato sono state inasprite oppure sono state adottate iniziative legislative contro la guida sotto l'influenza di stupefacenti. Ora i controlli sono più numerosi, mirati, efficaci, affidabili e rapidi, in particolare quando sono svolti lungo le strade.
Globalmente, la sicurezza stradale nell'Unione europea sta migliorando anche più rapidamente che in passato, ma non in modo uniforme. Esistono numerosi progetti e nessun settore è trascurato: le infrastrutture, il comportamento dei conducenti, i veicoli. L'Unione, gli Stati membri e le altre parti interessate, depositarie della “responsabilità condivisa”, devono fare di più e meglio per conseguire l'obiettivo ambizioso approvato collettivamente.
I drammi continuamente causati da incidenti stradali indicano, in modo inequivocabile, che l'impegno in materia di sicurezza stradale non deve mai attenuarsi.
La Regione del Veneto ha, da tempo, assunto varie iniziative volte a favorire il raggiungimento di condizioni di maggior sicurezza per la circolazione stradale sia con numerosi interventi di natura infrastrutturale, sia con iniziative rivolte alla promozione di un corretto comportamento da parte delle varie componenti degli utenti della strada.
Oltre alle iniziative direttamente o indirettamente promosse dalla Regione, anche gli enti locali, in particolare le province ed i comuni capoluogo, hanno avviato negli ultimi anni varie iniziative nel settore anche di tipo formativo/informativo per l'utenza, ovvero con finalità educative; parimenti, anche l'ANAS e le Società concessionarie autostradali (oltre che, ovviamente, gli uffici periferici del Ministero infrastrutture e trasporti), hanno avviato varie iniziative e campagne di informazione.
In questo complesso quadro di iniziative e competenze cui la Regione è direttamente interessata, quale ente territoriale con compiti primari di programmazione e coordinamento, è utile la collaborazione con enti che si occupano di promozione e diffusione di iniziative aventi come finalità il raggiungimento di più elevati livelli di sicurezza stradale.
Non solo. Oggi la fase di congiuntura economica sfavorevole e le ristrettezze finanziarie degli enti rendono indispensabile una riflessione sul metodo e sulle strategie di azione, in un ambito complesso e multifattoriale quale il tema della sicurezza stradale e dellanecessità di lavorare sull'educazione a un corretto utilizzo della rete stradale e quindi sulla responsabilizzazione degli utenti. Si intende dunque mettere in luce l'importanza di lavorare in maniera coordinata verso il comune obiettivo della diminuzione dell'incidentalità stradale, costruendo sul territorio delle reti tra stakeholder istituzionali, associazioni di volontariato, aziende private in modo da amplificare gli effetti delle azioni in campo e attivare collaborazioni virtuose e risparmi in termini di razionale utilizzo delle risorse. Strumento di tale coordinamento possono essere le Consulte provinciali della sicurezza e i Centri di monitoraggio provinciali la cui attività può confluire positivamente in un coordinamento regionale delle Consulte stesse.
A partire da questo schema metodologico l'obiettivo è favorire e sostenere iniziative, manifestazioni e progetti sulla sicurezza stradale, in conformità a quanto previsto dal piano nazionale della sicurezza stradale, e la creazione di centri di “guida sicura” specializzati nella formazione di giovani neopatentati e non, per un più sicuro e sereno approccio alla strada.
Quasi la metà dei morti per incidente stradale in Veneto ha meno di 30 anni, e si ritiene improcrastinabile l'esigenza di intervenire con campagne di sensibilizzazione mirate ai giovani.
Quel che è certo, è che bisogna intervenire sui fattori di fondo che causano gli incidenti: l'imperizia di guida, l'atteggiamento psicologico di eccessiva sicurezza, il calo di attenzione per l'uso di sostanze alcoliche o stupefacenti e così via. In una parola, bisogna educare a comportamenti sicuri e rispettosi di sé e degli altri. Diventa quindi sempre più pressante l'esigenza di creare nei giovani, fin dalla giovane età, una forte coscienza della sicurezza stradale. E se la teoria può essere d'aiuto nel comprendere alcune cose, è solo provando direttamente sul campo che le persone possono rendersi conto di come il mezzo di trasporto che guidano, in determinate condizioni, può tramutarsi in un'arma mortale. Ecco quindi che diventa sempre più pressante l'esigenza di creare dei centri di guida sicura in cui i patentati possano testare ed imparare ad affrontare in tutta sicurezza le situazioni di emergenza che spesso si presentano nella guida quotidiana. Altrettanto importante la possibilità di organizzare all'interno delle scuole nel ciclo di studi superiore laboratori di guida sicura, sia per coloro che guideranno veicoli a due ruote, sia per chi sta per prendere la patente per autoveicoli. A questo proposito si suggerisce il coinvolgimento delle associazioni senza scopo di lucro che sul territorio operano con istruttori accreditati (es. Federazione motociclistica italiana, Associazione vittime della stradae simili) e tramite le sedi provinciali.
I corsi di guida sicura sono parte di una rosa di iniziative indirizzate alla “componente uomo”, che vogliono fornire ai guidatori gli strumenti per un efficace controllo del mezzo e della strada, soprattutto in situazioni di pericolo.
A questo scopo non è certamente sufficiente la preparazione fornita dalle autoscuole, così come previste e concepite dal codice della strada; ecco quindi che diventa fondamentale per la Regione Veneto, sostenere oltre che regolamentare la nascita e lo sviluppo di questi centri di eccellenza, anche presso le stesse autoscuole, affinché possano dare valide risposte all'utenza.
I risultati raggiunti dalle realtà che hanno già attivato corsi di guida sicura sono assolutamente incoraggianti. Dalle prime stime, tra i soggetti che hanno seguito i corsi, si è registrata una diminuzione del 30 per cento del numero di incidenti. É necessario mettere chi guida nella condizione di provare realmente a destreggiarsi nelle diverse condizioni possibili, misurandosi direttamente con i potenziali pericoli legati alle condizioni ambientali, climatiche e di performance individuale.
In tale ambito lo Stato è purtroppo assente ingiustificato nei confronti di questo grave problema. Assistendo a dibattiti ci si rende conto di quanto spesso si parli a sproposito di questa piaga che provoca, dato ufficiale del 2008, 4731 morti, 310.739 feriti e 218.963 incidenti. A parte la tragedia della perdita di moltissime vite, occorre ricordare i costi che incidono pesantemente sul bilancio delle assicurazioni, dello Stato stesso e dei cittadini. Il traffico è aumentato e, con un maggior numero di veicoli in circolazione, la rete stradale ed autostradale non sono più all'altezza della situazione; ma è soprattutto il fattore umano l'anello debole della catena. Le auto, infatti, sono sempre più sicure, più performanti, più parche nei consumi con contenuti tecnologici incredibili; basti pensare all'ABS, sistema di antibloccaggio in caso di frenata eccessiva, gli anti-imbardamento, antislittamento e così via per arrivare agli air bag. Tutto questo e molto di più viene fatto dalle case automobilistiche e, loro collegate, aziende che producono pneumatici, ammortizzatori, fari, ecc..
Sulla sicurezza stradale è necessario investire, oltre che sul fronte delle infrastrutture e dei veicoli, anche sul fronte umano e quindi nell'ambito della formazione e di un'informazione qualificata che responsabilizza l'utente.
Molti sono i campi di possibile intervento che vanno dai giovani, alle scuole, alle categorie professionali, agli operatori della mobilità delle persone, delle merci, delle merci pericolose ecc..
Si tratta di sviluppare una cultura della sicurezza stradale.
L'obiettivo è quello di informare e sensibilizzare l'opinione pubblica e di educare i giovani alla sicurezza, attraverso la creazione di una rete di soggetti (province, comuni capoluogo, prefetture, scuole, ASL, centri di ricerca, associazioni di genitori, associazioni varie, imprese ecc.).
In Veneto, si riscontra una realtà molto variegata in questo ambito, con la Provincia di Vicenza e la Provincia di Treviso, che hanno intrapresoun significativo percorso di condivisione sul territorio per attivare politiche condivise finalizzate all'incremento della sicurezza stradale. Fra esse si ricordano corsi di formazione per gli insegnanti, prove pratiche per gli studenti, unità didattiche strategiche, campagne pubblicitarie, campi scuola permanenti, un centro di guida sicuro, materiale didattico, iniziative di sensibilizzazione, la creazione di una Consulta provinciale, la nascita del Centro di monitoraggio dell'incidentalità.
Considerata l'ampiezza e la gravità del fenomeno è necessario agire attraverso una serie di progetti coordinati e non tramite azioni caratterizzate dalla sporadicità.
In questa ottica, al fine di avviare concretamente il processo di istruzione e sensibilizzazione di tutte le fasce della popolazione sul tema della sicurezza stradale è necessario che la Regione assuma il ruolo di coordinatore.
Il presente progetto di legge si prefigge di prevenire gli incidenti stradali, favorendo ogni azione finalizzata a ridurre i rischi connessi alla circolazione sulle strade ed a garantire una maggiore sicurezza stradale, in coerenza con ledirettive del Piano nazionale della sicurezza stradale.
A tale scopo la Regione favorisce il coordinamento della molteplicità di soggetti, pubblici e privati, promuovendo accordi con enti pubblici e privati, enti gestori delle strade, associazioni sportive operanti nell'ambito della sicurezza stradale. La realizzazione di azioni sinergiche è favorito anche attraverso l'istituzione della consulta regionale per la sicurezza stradale.
Il progetto prevede molte tipologie di interventi finalizzate alla prevenzione degli incidenti, con specifica attenzione agli istituti scolastici. Nella consapevolezza che la prevenzione è legata anche al possesso di abilità pratiche, il progetto valorizza la realizzazione di centri di guida sicura, a favore dei quali è prevista la concessione di contributi.
La Regione, inoltre, promuove la costituzione presso le province di centri di monitoraggio dell'incidentalità e di tavoli di lavoro e di coordinamento provinciale sulle tematiche della mobilità.
La Prima Commissione consiliare nella seduta n. 34 del 7 giugno 2011 ha concluso i propri lavori in ordine all'argomento oggi in esame approvandolo a maggioranza con i voti favorevoli dei rappresentanti dei gruppi consiliari LV-LN-P, PDL e l'astensione dei rappresentanti dei gruppi consiliari PDV, UDC, IDV, Federazione della Sinistra veneta-PRC, Unione Nordest, Misto.
3. Note agli articoli
Nota all'articolo 3
- Il testo dell'art. 7 della legge regionale n. 17/2008 è il seguente:
“Art. 7 - Forum regionale dei giovani.
1. È istituito il Forum regionale dei giovani quale organo consultivo di rappresentanza del mondo giovanile.
2. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge definisce la composizione del Forum, secondo principi e criteri che assicurino il pluralismo e la trasparenza nel rispetto delle finalità di cui all'articolo 2, e ne disciplina il funzionamento.
3. Il Forum svolge la sua attività con il supporto tecnico e operativo della struttura della Giunta regionale competente in materia di politiche giovanili.
4. Il Forum può formulare proposte su questioni di particolare rilevanza per i giovani alla Giunta regionale e al Comitato regionale di cui all'articolo 5.
5. Al fine di garantire la più ampia partecipazione da parte del mondo giovanile, la Giunta regionale consulta il Forum per l'elaborazione del programma triennale di cui all'articolo 3 e per la predisposizione di disegni di legge in materia di politiche giovanili.”.
4. Leggi regionali abrogate
L'art. 11 abroga la legge regionale 31 dicembre 1987, n. 66 “Interventi per l'informazione ed educazione in materia di sicurezza stradale”.
5. Struttura di riferimento
Direzione infrastrutture

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