mercoledì 30 aprile 2014

Riduzione del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti

Art. 1 D.L. N.66/2014.
Circolare dell'Agenzia delle Entrate n.8/E del 28.04.2014

Codice della strada, per l'opposizione alle sanzioni è competente il giudice ordinario

Corte di cassazione - Sezioni unite civili - Sentenza 17 aprile 2014 n. 8928

Fonte: Guida al Diritto
La cognizione delle opposizioni alle ordinanze ingiunzioni applicative di sanzioni per la violazione delle norme che disciplinano il codice della strada spetta all'autorità giudiziaria ordinaria. Lo ha stabilito la Corte di cassazione a Sezioni unite, con la sentenza 8928/2014, respingendo la doglianza della società di esazione dei tributi di Cosenza contro la decisione del Gdp di Bari che aveva dichiarato l'inefficacia della nota in quanto non idonea a rendere edotto il contribuente delle ragioni della pretesa fiscale.

L'orientamento della Cassazione - La Suprema corte ricorda che tale indirizzo si è affermato a partire dalla sentenza della Corte costituzionale n. 130 del 2008, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità dell'articolo 2 del Dlgs n.546 del 1992 (come sostituito dall'articolo 12, comma secondo, della legge n. 448 del 2001), nella... 



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Definito il computo delle aggravanti per il guidatore ubriaco sotto i 21 anni

Corte di Cassazione - Sezione IV penale - sentenza 28 aprile 2014 n. 17805
Fonte: Guida al Diritto
Raddoppio della pena, che può essere ulteriormente aumentata di un terzo, per l'incidente dopo le 22 causato dallo stato di ebbrezza del guidatore sotto i 21 anni. Ovvero se le circostanze aggravanti dell'aver provocato un incidente guidando in stato di ebbrezza e in orario notturno concorrono con il fatto che la violazione è compiuta da chi ha meno di 21 anni la pena è raddoppiata e il giudice può apportare un aumento di un terzo. Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza 28 aprile 2014 n. 17805. I giudici di legittimità hanno formulato il seguente principio di diritto: «in tema di reati di guida in stato di ebbrezza alcolica, ove le circostanze aggravanti di cui rispettivamente ai commi 2-bis e 2-sexies dell'articolo 186 concorrano con l'ipotesi di cui al comma 3 dell'articolo 186-bis del codice della strada, in applicazione di quanto...

"in tema di guida in stato di ebbrezza alcolica di cui all'art. 186, co. 2 lett. c) Cod. str., l'esito dell'eventuale giudizio di bilanciamento tra circostanze attenuanti e la concorrente circostanza aggravante di cui all'art. 186, co. 2bis Cod. str. non assume rilievo ai fini della individuazione della sanzione amministrativa accessoria da applicare, che è in ogni caso quella della revoca"

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 10 gennaio – 28 aprile 2014, n. 17826
Presidente Zecca – Relatore Dovere

Ritenuto in fatto

1. Il Gip del Tribunale di Genova applicava ai sensi dell'articolo 444 cod. proc. pen. a C.R. , imputato del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica [art. 186, co. 2 lett. c) e co. 2 bis C.d.s.], la pena di mesi quattro di arresto ed Euro 3.400 di ammenda, sostituita la pena detentiva con la sanzione pecuniaria di Euro 30.000 di ammenda, concedendo la sospensione condizionale della pena ed ordinando la revoca della patente di guida e la confisca del veicolo.
2.1. Avverso tale decisione l'imputato propone ricorso per cassazione.
Premette l'esponente che alla pena applicata si è pervenuti previa concessione delle attenuanti generiche, giudicate equivalenti alla contestata aggravante. Da ciò deriva la necessità che la sanzione amministrativa accessoria sia quella che consegue al fatto come definito dalla sentenza, intendendo per tale - evidentemente - il reato base. Infatti, a ritenere diversamente "si porrebbe un serio problema di compatibilita con i principi costituzionali di uguaglianza..., offensività..., e soprattutto proporzionalità della pena". Per altro profilo rileva che il PM aveva presto il consenso alla prospettazione difensiva che indicava nel reato di cui all'art. 186, co. 2 lett. c) quello per cui si chiedeva l'applicazione concordata della pena. Con riferimento, poi, alla disciplina generale delle sanzioni amministrative, il ricorrente richiama i principi espressi dalla legge n. 689/81 per sostenere che anche in materia di sanzioni amministrative il legislatore ha dato rilievo all'elemento soggettivo della condotta, alla personalità dell'autore e alla gravità del fatto.
In via di subordine l'esponente chiede che venga valutata la necessità di un rinvio alla Corte costituzionale per lo scrutinio di legittimità costituzionale alla luce degli artt. 3, 25, co. 2 e 27, co. 3 Cost..
2.2. Con istanza del 28.11.2013, l'esponente ha richiesto la celebrazione del procedimento in udienza pubblica o, in subordine, nelle forme di cui all'art. 127 cod. proc. pen., richiamando la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo in ordine all'art. 6, par. 1 Cedu e alla inerenza al giusto processo la pubblicità del procedimento penale, condivisa dalla Corte costituzionale (sent. n. 93/2010).

Considerato in diritto

3. In via preliminare deve essere dato conto della decisione di rigetto, assunta in merito all'istanza di celebrazione del procedimento in udienza pubblica o in camera di consiglio “partecipata”.
La prospettazione difensiva, per quanto non nitidamente, chiama in causa da un canto il diritto alla pubblicità del processo, dall'altro il diritto al contraddittorio orale.
Orbene, a fronte della chiara lettera dell'art. 611 cod. proc. pen. la condivisione della tesi difensiva della necessità dell'udienza pubblica (si dirà più avanti della camera di consiglio partecipata) non potrebbe che tradursi in una denuncia della sospetta legittimità costituzionale della norme. Tuttavia il tema è già stato affrontato dal giudice delle leggi, che lo ha risolto in senso negativo.
Interpellata al riguardo della legittimità costituzionale dell'art. 4 I. 1423/56 e dell'art. 2-ter della legge n. 575 del 1965, nella parte in cui non consentono che, a richiesta di parte, il ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione venga trattato in udienza pubblica, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione, sollevata in riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione (sent. n. 80 del 2011).
Per la Corte il principio affermato dalla Corte di Strasburgo - e richiamato nelle decisioni poste a fondamento della censura di costituzionalità -, secondo il quale ai fini del rispetto del principio di pubblicità delle procedure giudiziarie, sancito dall'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, le persone coinvolte nei procedimenti per l'applicazione di misure di prevenzione debbono vedersi “almeno offrire la possibilità di sollecitare una pubblica udienza davanti alle sezioni specializzate dei tribunali e delle corti d'appello” (sentenza 13 novembre 2007, Bocellari e Rizza contro Italia), è riferito esclusivamente ai giudizi presso i tribunali e le corti d'appello, senza che si faccia alcun riferimento al giudizio davanti alla Corte di cassazione. Si tratta di una esclusione del tutto consapevole, perché riflette il generale orientamento della Corte Europea in tema di applicabilità del principio di pubblicità nei giudizi di impugnazione. Tale orientamento si esprime - ha osservato la Corte costituzionale - nell'affermazione per cui, al fine della verifica del rispetto del principio di pubblicità, occorre guardare alla procedura giudiziaria nazionale nel suo complesso: sicché, a condizione che una pubblica udienza sia stata tenuta in prima istanza, l'assenza di analoga udienza in secondo o in terzo grado può bene trovare giustificazione nelle particolari caratteristiche del giudizio di cui si tratta.
Ciò in quanto la valenza del controllo immediato del quisque de populo sullo svolgimento delle attività processuali, reso possibile dal libero accesso all'aula di udienza - uno degli strumenti di garanzia della correttezza dell'amministrazione della giustizia - si apprezza in modo specifico quando il giudice sia chiamato ad assumere prove, specialmente orali-rappresentative, e comunque ad accertare o ricostruire fatti; mentre si attenua grandemente allorché al giudice competa soltanto risolvere questioni interpretative di disposizioni normative. Pertanto, i giudizi di impugnazione dedicati esclusivamente alla trattazione di questioni di diritto possono soddisfare i requisiti di cui all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione, nonostante la mancata previsione di una pubblica udienza davanti alle corti di appello o alla corte di cassazione (ex plurimis, sentenza 21 luglio 2009, Seliwiak contro Polonia; Grande Camera, sentenza 18 ottobre 2006, Hermi contro Italia; sentenza 8 febbraio 2005, Miller contro Svezia; sentenza 25 luglio 2000, Tierce e altri contro San Marino; sentenza 27 marzo 1998, K.D.B. contro Paesi Bassi; sentenza 29 ottobre 1991, Helmers contro Svezia; sentenza 26 maggio 1988, Ekbatani contro Svezia).
Pertanto, la richiesta formulata dalla difesa del ricorrente in via principale non può che essere disattesa.
4. Ma altrettanto è da ritenersi quanto alla richiesta di svolgimento del procedimento nelle forme di cui all'art. 127 cod. proc. pen. Ancora una volta, a ritenere diversamente, dovrebbe enunciarsi una questione di legittimità costituzionale dell'art. 611 cod. proc. pen., in relazione al principio di oralità. Ma anche tale profilo è stato già vagliato da questa Corte, che con recente decisione ha affermato che "è manifestamente infondata l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 611 cod. proc. pen., per contrasto con i principi del contraddittorio e della parità delle parti, caratterizzanti il giusto processo (art. Ili, comma secondo, Cost.), nella parte in cui non prevede la pubblica udienza e l'intervento orale delle parti nei procedimenti che riguardano i ricorsi contro provvedimenti non emessi in dibattimento, in quanto il procedimento camerale assicura il contraddittorio cartolare tra le parti poste su un piano di parità attraverso la possibilità di presentare memorie e memorie di replica (Sez. 1, n. 42160 del 10/10/2012 - dep. 29/10/2012, De Stefano, Rv. 253812).
Questo Collegio condivide il giudizio espresso con la massima che precede.
5. Venendo quindi al merito del ricorso, va esplicato che esso è infondato.
5.1. In primo luogo va rammentato, a fronte della insistita affermazione del ricorrente per la quale “il reato per cui si procede” è quello di cui all'art. 186, co. 2 lett. c) C.d.s., che il giudizio di bilanciamento delle circostanze del reato presuppone la sussistenza di tali circostanze e non le elide; piuttosto ne disciplina gli effetti sul piano sanzionatorio. Pertanto è da escludere che il reato “ritenuto” dalla decisione impugnata sia quello “basico”: esso è invece proprio il reato circostanziato. La convergenza di circostanze di segno diverso (eterogenee) non tocca quindi la struttura del reato e ne influenza la traduzione sanzionatoria, che viene variamente modulata a secondo dell'esito del menzionato giudizio di comparazione.
Tanto ribadito è palese che di nessun pregio è il fatto che il P.M. si sia eventualmente manifestato concorde con l'errata asserzione difensiva.
5.2. Il quesito posto dal ricorso attiene in sostanza alla legittimità costituzionale di una disciplina che per effetto del giudizio di bilanciamento delle circostanze eterogenee permette una modulazione del trattamento sanzionatorio che attui i precetti costituzionali in tema di pena, ma limitatamente alle “pene criminali” e quindi non anche relativamente alle sanzioni amministrative accessorie al reato.
Infatti, non vi è alcun dubbio che la disciplina vigente delimiti l'ambito di esplicazione degli effetti del giudizio di bilanciamento in modo da farlo coincidere con il trattamento sanzionatorio penale. Detto altrimenti, le valutazioni relative al concorso di circostanze eterogenee sono in grado di produrre effetti sull'entità della pena principale (art. 69 cod. pen.) e sulle pene accessorie (art. 37 cod. pen.: si vd., ad esempio, Sez. 1, n. 12894 del 06/03/2009 - dep. 24/03/2009, De Vittorio, Rv. 243045), ma non sulle sanzioni amministrative che possono accedere al reato. Su tanto conviene lo stesso ricorrente, che infatti auspica una interpretazione diversa perché, si asserisce, “costituzionalmente orientata” o, ove ritenuta non praticabile siffatta via, la devoluzione della questione di legittimità costituzionale ai giudici della Consulta.
5.3. In realtà non è ravvisabile alcuna caduta di legalità costituzionale nella disciplina che importa l'irrilevanza del giudizio di bilanciamento delle circostanze del reato sul piano delle sanzioni amministrative accessorie al reato medesimo.
Come è stato puntualizzato dalla Corte costituzionale (cfr. ord. nn. 344/2004, 196/2010 e 266/2011) e dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8488/1998) proprio con riguardo alla materia di talune violazioni penalmente rilevanti alle norme sulla circolazione stradale, la sanzione amministrativa accessoria al reato non cessa la propria natura di sanzione amministrativa per il fatto di essere posta a corredo di una violazione della legge penale. Ne consegue, secondo il costante insegnamento della Corte costituzionale, la decisiva rilevanza del principio per il quale tra illecito penale e illecito amministrativo si danno "sostanziali diversità rilevanti anche sul piano costituzionale - per la esclusiva riferibilità alla materia penale degli artt. 27 e 25, secondo comma, Cost. - e su quello della rispettiva disciplina ordinaria (facendosi, in quella amministrativa, ricorso anche a istituti di diritto civile)", tali da non giustificare l'estensione all'illecito amministrativo del regime penalistico; nel caso scrutinato dalla Corte costituzionale, si trattava della disciplina concernente la continuazione dei reati (C. cost. ord. n. 421/1987, che ha anche rimarcato l'irrilevanza per l'illecito amministrativo dell'indagine psicologica diretta all'accertamento di un medesimo disegno criminoso; nell'occasione, non è inutile rammentarlo, i giudici della Consulta hanno dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale - in riferimento all'art. 3 Cost. - dell'art. 8 L. 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui non estende all'illecito amministrativo il regime previsto, dall'art. 81 cod. pen., per il reato continuato; in particolare, sulla estraneità dei principi posti dall'art. 27, co. 3 Cost. alla materia delle sanzioni amministrative si vedano Corte cost. nn. 125/08, 196/08, 256/08).
Appartiene quindi alla discrezionalità del legislatore - sindacabile dal giudice delle leggi solo per l'irragionevolezza delle scelte - definire uno statuto della sanzione amministrativa che si discosti anche significativamente da quello previsto per il reato; e ciò anche quando, come nella legislazione nazionale, quello dell'illecito penale rappresenti l'archetipo dal quale si derivano profili e connotati da mutuare per le violazioni e le sanzioni amministrative (si vedano gli artt. 1 ss. L. n. 689/81).
Sulla scorta di tali premesse ricostruttive -in totale consonanza con quella costituzionale - la giurisprudenza di questa Corte ha escluso che produca effetti sul piano delle sanzioni amministrative la disciplina del reato continuato; sicché, ove si dia una pluralità di reati, commessi con più azioni od omissione esecutive di un medesimo disegno esecutivo, e si tratti di reati provvisti di sanzione amministrativa accessoria, non trova applicazione riguardo a quest'ultima, il cumulo giuridico bensì il cumulo materiale (vd., ex multis, sez. 4, 24.3.09, p.m. in proc. Simoncioni, Rv. 243877). A tale conclusione si è pervenuti muovendo dalla considerazione che "al cumulo delle sanzioni amministrative, sono inapplicabili le discipline tipicamente penalistiche, finalizzate a limitare l'inflizione di pene eccessive - art. 81 c.p. - o ad evitare restrizioni troppo ampie delle libertà personali - art. 307 c.p.p., comma 1 bis) (v. anche Conf. Sez. 4, 3.6.2003, P.G. in proc. Consani, Rv. 229097)". E si è anche rimarcato che il principio non contrasta neppure con il menzionato art. 8 L. n. 698/1981 e che "la differenza morfologica tra reato ed illecito amministrativo non consente che, attraverso un procedimento di integrazione analogica, le norme previste in materia penale vengano tout court estese alla materia degli illeciti amministrativi" (Sez. 4, 6.5.09, El Khanza, n. 25933; Sez. 3, Sentenza n. 42993 del 13/10/2010, Pmt in proc. Guizzo, Rv. 248667).
5.4. La diversità di disciplina non appare irragionevole. Ancorché non possano essere negati i connotati schiettamente afflittivi delle sanzioni amministrative accessorie della sospensione e della revoca della patente, si tratta pur sempre di sanzioni che si giustificano diversamente dalle sanzioni penali. Come insegnato dalle S.U. (sent. n. 8488/1998), "le sanzioni amministrative accessorie, - a differenza di quelle definite dalla dottrina sanzioni in senso stretto (che assumono con primarietà la punizione del contravventore, come quelle pecuniarie) -, assolvono direttamente o indirettamente una funzione riparatoria dell'interesse pubblico violato, e sono definite, perciò, specifiche, ovvero ripristinatorie, o, come nel caso in esame, interdittive.
Queste sanzioni si affiancano alle pene criminali, quando il fatto considerato comporti offesa, ad un tempo, del valore tutelato dalla norma penale e dell'interesse pubblico a tale valore correlato. Tale sistema binario di deterrenza è volto a dare una risposta efficace, contemporaneamente repressiva e preventiva, rispetto a fatti poli-offensivi, ovvero dotati di una particolare pericolosità per la convivenza sociale e per gli interessi pubblici. La natura amministrativa della sanzione non muta quando il potere di applicare la sanzione venga attribuito al giudice;...la sanzione, quando viene applicata dal giudice, non può non conservare i connotati che contraddistinguono la sua peculiare essenza, incentrata tutta sulla tutela di un interesse di spettanza della pubblica amministrazione. E che la natura della sanzione non muta a secondo dell'autorità legittimata all'applicazione è dimostrato dal fatto che, quando la vis attractiva della competenza del giudice penale viene meno per estinzione del reato, la competenza rimane radicata in capo al prefetto. Viene cioè restituita all'amministrazione la legittimazione all'applicazione della sanzione".
E sono state ancora le SU a puntualizzare che "il parametro dell'accertamento da cui consegue l'applicazione e la determinazione della misura della sanzione, in concreto, non possono che essere quelli previsti in generale per l'autorità amministrativa. Quanto al contenuto dell'accertamento... (esso) concerne, come previsto dallo stesso art. 224 comma 3, la sussistenza o meno delle condizioni di legge per l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria..., cioè, stante l'automaticità di detta applicazione, la violazione commessa, la sua qualificazione secondo le tipologie legali, e la constatazione che relativamente ad essa deve applicarsi di diritto la sanzione amministrativa accessoria; tutti, questi, requisiti di legittimità del provvedimento sanzionatorio.... La normativa, in conclusione, rinvia l'effetto automatico dell'applicazione della sanzione accessoria ad un esito del procedimento penale, che presuppone un fatto al quale accede la sanzione amministrativa".
6. Venendo al caso che occupa, deve quindi formularsi il seguente principio di diritto: "in tema di guida in stato di ebbrezza alcolica di cui all'art. 186, co. 2 lett. c) Cod. str., l'esito dell'eventuale giudizio di bilanciamento tra circostanze attenuanti e la concorrente circostanza aggravante di cui all'art. 186, co. 2bis Cod. str. non assume rilievo ai fini della individuazione della sanzione amministrativa accessoria da applicare, che è in ogni caso quella della revoca".
Ne consegue che il giudice non è incorso in violazione di legge applicando la sanzione amministrativa accessoria prevista per l'ipotesi circostanziata del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica, pur essendo stato eseguito il giudizio di bilanciamento di cui all'art. 69 cod. pen. con l'esito di una subvalenza della circostanza aggravante. Né è ravvisarle a riguardo delle norme in tema di circostanze del reato (artt. 59 ss. cod. pen.) un profilo di dubbia legittimità costituzionale, nella parte in cui non dispongono che l'esito del giudizio di bilanciamento proietta i propri effetti, oltre sulla pena principale e sulle pene accessorie, anche sulla sanzione amministrativa accessoria al reato.
In conclusione, il ricorso va rigettato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

venerdì 25 aprile 2014

Rivolge espressioni oltraggiose ma non ci sono testimoni e la sentenza viene annullata

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 – 23 aprile 2014, n. 17688
Presidente De Roberto – Relatore Citterio

Considerato in fatto

1. La Corte d'appello di Trieste con sentenza deliberata all'udienza del 16.7.2013 ha confermato la condanna di G.C., per reati di oltraggio ex art. 341-bis c.p. (così riqualificando l'imputazione di resistenza, contestata originariamente e ritenuta in primo grado) e rifiuto delle indicazioni sulla proprie generalità (fatti del 15.1.2010), come deliberata dal Tribunale di Udine - Sez. distaccata di Cividale del Friuli in data 8.3.2011.
2. Ricorre per cassazione l'imputato, che a mezzo del difensore enuncia quattro motivi:
- mancato rinvio del procedimento nonostante la comunicata adesione dei difensore all'astensione dalle udienze deliberata dall'Oua;
- violazione dell'art. 341-bis c.p. e vizi alternativi della motivazione, sui punti del compimento in essere di attività riconducibile a funzioni di ufficio e della presenza di più persone;
- violazione dell'art. 651 c.p. perché, secondo il ricorrente, accolto il secondo motivo la richiesta di identificazione non sarebbe stata giustificata;
- errore materiale nell'indicazione in sentenza dell'Ufficio giudiziario che ha proceduto in primo grado (Tribunale di Udine sezione distaccata di Cividale dei Friuli e non - come invece indicato nell'epigrafe, nella motivazione e nel dispositivo della sentenza impugnata - Tribunale di Pordenone sez. dist. di San Vito al Tagliamento).

Ragioni della decisione

3. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
3.1. Il primo motivo è infondato. Risulta assorbente, rispetto alla tematica in diritto proposta dal ricorrente, la constatazione che la comunicazione dell'adesione all'astensione dalle udienze è stata fatta solo il giorno prima dell'udienza, in violazione della prescrizione contenuta nell'art. 3 primo comma lett. b) del codice di autoregolamentazione adottato il 4.4.2007, ritenuto idoneo con delibera 13.12.2007 della Commissione di garanzia (S.U. sent. 26711/2013 e ud. 27.3.2014 in attesa di deposito).
Il terzo motivo è manifestamente infondato. Indiscusse le ingiurie e le molestie (e pertanto irrilevante la corretta qualificazione giuridica delle stesse), la Corte d'appello ha ben rilevato che la richiesta di documenti attestanti le concrete generalità era tutt'altro che arbitraria.
La prima parte del secondo motivo è infondata perché risulta dalle sentenze di merito che gli operanti erano impegnati in servizio di controllo della circolazione stradale.
3.2. La seconda parte del secondo motivo è fondata.
In effetti la Corte di appello non affronta specificamente il punto della presenza di più persone mentre C. rivolgeva ai due appartenenti alla polizia municipale le espressioni di cui al capo di imputazione. In fatto, per quanto risulta dalle sentenze di merito, emergono tre circostanze: si era sulla pubblica via ed era in svolgimento un servizio di controllo della viabilità, gli operanti avevano appena terminato un controllo, la condotta dell'imputato dura a lungo (p. 3 sent. Trib.: "sia quando lo pregarono di non allontanarsi per non intralciare lo svolgimento del loro servizio, sia quando tentarono senza successo di procedere alla sua identificazione, sia quando lo invitarono a salire a bordo dell'autovettura di servizio per accompagnarlo presso gli uffici"). Da tali elementi, per come in concreto riferiti, ed in assenza di specifico motivato apprezzamento sul punto (determinante, vertendo su un elemento costitutivo dei delitto ritenuto in appello), non può evincersi allo stato la ragionevole certezza che altre persone, diverse dai tre protagonisti, abbiano assistito alla vicenda, percependo le espressioni rivolte dall'imputato alle persone offese.
Si impone pertanto l'annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Trieste per nuovo giudizio sul capo A (ed eventuale rideterminazione della pena per il reato di cui al capo B, ove resa necessaria dall'esito del nuovo giudizio).
3.3. Alla correzione dell'errore materiale contenuto nella sentenza impugnata (la deliberazione di primo grado è del Tribunale di Udine Sez. distaccata di Cividale del Friuli) provvederà la Corte del rinvio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d'appello di Trieste per nuovo giudizio.

Fantomatici SUAP

Come è noto, a chi si occupa di commercio e di gestione del SUAP, il quadro normativo Nazionale e Regionale in materia di SUAP  è radicalmente mutato nel tempo e non è più rispondente, alle esigenze originariamente previste dalla normativa previgente  (v.quadro normativo).

La regione Siciliana, dal canto Suo, non solo non ha ancora recepito tutta la normativa nazionale (v. per es. lo sportello unico per l’edilizia e la conferenza di servizio introdotti dalla legge n. 134 del 7 agosto 2012, di conversione del Decreto Legge n. 83 del 22 giugno 2012), ma addirittura non ha ancora dato attuazione a quanto Lei stessa ha legiferato (V. sotto testo coordinato).

"Disciplinare tecnico", "Modulistica unificata", "Comitato tecnico regionale" e quant'altro, che fine hanno fatto?



Legge regionale 15 maggio 2000, n. 10
 (TESTO COORDINATO con L.R. 5 aprile 2011 n.5 e L.R. 12 gennaio 2012, n.8)
Art. 36
Sportello unico

– 1. Al fine di razionalizzare e semplificare le procedure amministrative connesse al sistema  produttivo, i comuni esercitano le funzioni inerenti allo Sportello unico per le attività prouttive (SUAP) garantendo piena attuazione alle disposizioni di cui all’art. 38 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ed a quelle di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160 e successive modifiche ed integrazioni.

2. L’Assessore regionale per le attività produttive, nel quadro delle intese e degli accordi di cui all’art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160, previa concertazione con le associazioni rappresentative delle imprese, dei professionisti e degli enti locali, adotta con proprio decreto il disciplinare tecnico con il quale sono definite la modulistica unificata e la standardizzazione degli allegati per tutte le amministrazioni interessate.

3. Al fine dell’attivazione e dello svolgimento coordinato delle funzioni degli sportelli unici, l’Assessore regionale per le attività produttive promuove intese con i comuni e con gli altri soggetti pubblici coinvolti nei procedimenti, per la partecipazione degli sportelli unici istituiti nel territorio della Regione al portale “impresainungiorno” di cui all’articolo 38, comma 3, lettera d), del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e di cui all’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160 e successive modifiche ed integrazioni.

4. L’Assessore regionale per le attività produttive promuove accordi e forme di coordinamento tra le pubbliche amministrazioni al fine di sostenere lo svolgimento delle funzioni degli sportelli unici attraverso il miglioramento dell’assistenza e dei servizi alle imprese, la raccolta e la divulgazione delle informazioni e delle migliori pratiche.

4 bis. La gestione dello sportello unico delle attività produttive (SUAP), coerentemente a quanto previsto dal comma 5 dell’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010 n. 160, può essere attribuita al soggetto responsabile del Patto territoriale. Tale funzione può essere estesa anche ai comuni contigui che, in presenza di condivisi obiettivi di sviluppo in base all’adesione agli strumenti di sviluppo territoriale quali i Programmi integrati di sviluppo territoriale e/o i Distretti turistici e pur non avendo originariamente fatto parte del Patto territoriale, intendano aderire alla gestione associata del SUAP.

4 ter. Gli Sportelli unici per le attività produttive (SUAP), in virtù della capacità di rappresentanza degli interessi territoriali nonché in ragione delle funzioni pubbliche esercitate, possono essere individuati dalla Regione per la stipula di accordi di programma volti all’attuazione di politiche di sviluppo regionale, agenti nei territori.

5. La Regione provvede alla costituzione di un Comitato tecnico regionale, da istituirsi con decreto del Presidente della Regione previa delibera della Giunta regionale, per lo svolgimento di compiti di indirizzo, di monitoraggio ed impulso per la semplificazione burocratica, per la riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese e per l’adeguamento alle prescrizioni in materia di funzionamento e di gestione telematica degli sportelli unici. Il Comitato è composto da rappresentanti degli enti locali territoriali, delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli ordini professionali e delle associazioni di categoria e imprenditoriali maggiormente rappresentative. Ai componenti del Comitato tecnico non è riconosciuta la corresponsione di alcun compenso. L’Assessore regionale per le attività produttive con decreto disciplina i compiti, la composizione e le modalità di funzionamento del Comitato.



Dulcis in fundo,  come ciliegine sulla torta, i SUAP associati a fantomatici sportelli denominati patti territoriali o agenzie per le imprese che dir si voglia.

Sulla scorta di un convincimento empirico, infatti, si ha motivo di ritenere, che molti di questi Enti, soprattutto in questa fase transitoria, non possano dare quel valore aggiunto alla certezza e alla snellezza del procedimento automatizzato (SCIA e non piu il procedimento semplificato e il procedimento autocertificato del Dpr 447/1998), anche rispetto ai servizi già offerti dal sistema camerale e da impresainungiorno.it, già operativi e rodati da diversi anni.

Bisognarebbe quindi chiarire scopo, natura, ruolo e costi di questi sportelli associati, tenuto conto che: "Le funzioni amministrative autorizzatorie, di controllo sostanziale e la correlativa responsabilità devono rimanere in capo al Comune e alle altre amministrazioni competenti per legge, poiché non v'è e non vi può essere una devoluzione di competenze in punto di merito (titoli ,abilitativi, provvedimenti interdittivi o conformativi, ecc.) ......... ma avvalimento di uffici altrui per la gestione dei soli aspetti tecnici ed operativi. " 

 Oltretutto, l'articolo 24 deI D.Lgs. 112/1998 (norma da cui lo sportello associato trae origine), sebbene non abrogato, sembra lontano anni luce dal processo di semplificazione e liberalizzazione imposto dalla direttiva comunitaria 2006/123/CE, meglio conosciuta come direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi nel mercato interno


 Mario Serio
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Illegittima la disciplina regionale sul commercio lesiva della concorrenza

 Tratto da:www.dirittoamministrativo.it
CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA 18 aprile 2014, n. 104

Con la pronuncia in epigrafe, il Giudice delle Leggi dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 2, 4, 7, 11 e 18 della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 25 febbraio 2013, n. 5.

In particolare, l’art. 2 della legge reg. n. 5 del 2013, inserendo l’art. 1-bis nella legge reg. n. 12 del 1999, “conferisce alla Giunta regionale un potere di indirizzo volto alla determinazione di obiettivi di equilibrio della rete distributiva in rapporto alle diverse categorie e alla dimensione degli esercizi”.

L’attribuzione di tale potere alla Regione incide sulla materia della «tutela della concorrenza» spettante, ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., alla competenza esclusiva del legislatore statale.

Pertanto, “il titolo competenziale delle Regioni a statuto speciale in materia di commercio” non è idoneo ad impedire il pieno esercizio della competenza statale in materia di concorrenza, costituendo quest’ultima “un limite alla disciplina che le medesime Regioni possono adottare in altre materie di loro competenza” (C. Cost., sentenze n. 38 del 2013 e n. 299 del 2012).

Tale declaratoria di illegittimità costituzionale si riverbera anche sull’art. 7 della L. reg. n. 5 del 2013, che “fa dipendere il rilascio dell’autorizzazione alla apertura delle indicate strutture di vendita dall’attestazione della conformità agli indirizzi definiti dalla Giunta regionale”.

E’, altresì, illegittimo l’art. 4 della legge reg. n. 5 del 2013, che, “pur eliminando i vincoli alla apertura degli esercizi commerciali, eccettua espressamente dal suo ambito di applicazione le attività di commercio su area pubblica”.

La disposizione, infatti, ripropone “limiti e vincoli in contrasto con la normativa statale di liberalizzazione, così invadendo la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza e violando, quindi, l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.”.

L’articolo 11 della L. Reg. summenzionata, invece, inserendo nell’art. 9 della legge reg. n. 12 del 1999 il comma 2-bis, introduce un divieto assoluto tanto all’apertura quanto al trasferimento delle grandi strutture di vendita nei centri storici. Tale divieto, incidendo direttamente sull’accesso degli operatori economici al mercato, “si risolve in un vincolo per la libertà di iniziativa di coloro che svolgono o intendano svolgere attività di vendita” (sentenza n. 38 del 2013); con la conseguenza che esso deve essere subordinato al “rigoroso rispetto dei principi di stretta necessità e proporzionalità della limitazione, oltre che del principio di non discriminazione” (parere reso dall’Autorità garante della concorrenza in data 11 dicembre 2013, sull’art. 31, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011).

La Corte Costituzionale dichiara, altresì, fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 L. Reg. Valle d’Aosta n. 5 del 2013 per violazione dell’art. 25 Cost., “il quale – data l’ampiezza della sua formulazione («Nessuno può essere punito […]») – può essere interpretato nel senso che ogni intervento sanzionatorio, il quale non abbia prevalentemente la funzione di prevenzione criminale (e quindi non sia riconducibile – in senso stretto – a vere e proprie misure di sicurezza), è applicabile soltanto se la legge che lo prevede risulti già vigente al momento della commissione del fatto sanzionato” (C. Cost. n. 196 del 2010).

Più in generale, la Consulta ha affermato che dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo sugli artt. 6 e 7 della CEDU si ricava “il principio secondo il quale tutte le misure di carattere punitivo-afflittivo devono essere soggette alla medesima disciplina della sanzione penale in senso stretto” (C. Cost. n. 196 del 2010). EMF

» Consulta il testo

giovedì 24 aprile 2014

Ricorre il delitto di rapina quando la "res" sia particolarmente aderente al corpo del possessore e la violenza si estenda necessariamente alla persona

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 2 – 18 aprile 2014, n. 17348
Presidente Gentile – Relatore Gallo

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 21/5/2012, la Corte di appello di Roma, confermava la sentenza del Tribunale di Roma, in data 15/11/2011, che aveva condannato B.B. (in concorso con P.S.) alla pena di anni due, giorni venti di reclusione ed €. 500,00 di multa per i reati di rapina e lesioni personali.
2. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l'atto d'appello, in punto di qualificazione giuridica del fatto, e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando un unico motivo di gravame con il quale si duole di motivazione apparente in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, da valutarsi alla stregua dell'art. 624 bis cod. pen.

Considerato in diritto

1.Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi manifestamente infondati.
2. Rispetto alla linea di discrimine fra il furto con strappo e la rapina, la giurisprudenza di questa Corte ha osservato che integra il reato di furto con strappo la condotta di violenza immediatamente rivolta verso la cosa e solo in via del tutto indiretta verso la persona che la detiene, mentre ricorre il delitto di rapina quando la "res" sia particolarmente aderente al corpo del possessore e la violenza si estenda necessariamente alla persona, dovendo il soggetto attivo vincerne la resistenza e non solo superare la forza di coesione inerente alla normale relazione fisica tra il possessore e la cosa sottratta (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 41464 del 11/11/2010 Ud. (dep. 23/11/2010) Rv. 248751).
3. Nel caso di specie, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto integrato il delitto di rapina in quanto la violenza è stata direttamente esercitata contro la persona poiché l'agente ha strappato con violenza la collana, cioè una cosa particolarmente aderente al corpo del possessore, che non poteva essere sottratta se non con violenza alla persona.
4. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 2 aprile 2014.

"È legittimo il divieto di apertura di agenzie di scommesse, sale bingo, ambienti dedicati all’installazione degli apparecchi Vlt all’interno del centro storico"

Forte dei Marmi, Consiglio di Stato conferma chiusura sala Vlt: "Apertura vietata in centro storico"

Sequestrati quattro computer e cinque stampanti, che venivano utilizzati per trasmettere per via telematica le scommesse agli allibratori stranieri.

Viterbo: Questura sequestra tre sale scommesse irregolari, "Esercizio solo con concessione statale"

“vele pubblicitarie”

di Claudio De Luca

Questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose

Tar Lombardia: "Legittimo chiudere sala scommesse frequentata da pregiudicati"


Reato di cui all'art. 650, c.p..Punto scommesse è rimasto aperto malgrado l'ordine di chiusura notificatogli dal Questore di Roma

Tar Lazio accoglie ricorso Ctd: "Avviso orale carente sotto profilo motivazionale"

Musicista multato, un'odissea burocratica per essere in regola

Altro che saltimbanco: ecco i requisiti richiesti agli artisti di strada per poter esercitare senza essere multati

Schemi operativi - Articolo 186 codice della strada

Articolo 186 del codice della strada - Guida sotto l'influenza dell'alcool
a cura di Sansonne Gianni, Commissario Aggiunto della Polizia Locale di Milano
Specchietti riassuntivi operativi relativi all'accertamento sintomatico della guida in stato di ebbrezza alcolica o con valori indicati alle lettere a); b) o c) del comma 2 dell'art. 186 del C.d.S., arricchiti con utilissime note operative, riferimenti normativi e giurisprudenziali. Un prezioso punto di riferimento per quanti, quotidianamente o saltuariamente si trovano alle prese con un tema, purtroppo, sempre più di tragica attualità.

La cartella esattoriale, che non sia stata preceduta da un motivato avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo

Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
ordinanza 17 aprile 2014, n. 8934

Osserva

La CTR di Palermo ha respinto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la sentenza n. 107/24/2009 della CTP di Bari che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente ” I. srl”- ed ha così annullato la cartella di pagamento relativa ad accertamento di minor credito di imposta anno 2004 e recupero del medesimo, cartella adottata a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che l’iscrizione a ruolo, eseguita a norma dell’art.36 bis del DPR n.600/1973. non costituisce un semplice atto di riscossione, bensì un accertamento del debito d’imposta quando non sia preceduta da un autonomo avviso di accertamento, sicché la cartella esattoriale deve contenere anche una sufficiente motivazione circa la ragione dei recuperi, a mente dell’art.3 della legge n.241/1990, senza che sia consentito all’amministrazione di emendare il difetto di motivazione dell’atto impositivo a mezzo delle allegazioni e prove dedotte nel contraddittorio processuale. D’altronde, l’Amministrazione aveva anche obbligo di preventiva comunicazione delle irregolarità riscontrate nella dichiarazione, obbligo al quale non aveva assolto. Infine (e per quanto non si trattasse di questione affrontata dal primo giudice o riproposta dalla parte contribuente, che non si era costituita in appello, ma semplicemente richiamata dalla stessa parte appellante) la CTR evidenziava che la cartella in questione doveva pure considerarsi nulla per difetto di sottoscrizione ed indicazione del responsabile del procedimento.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
La parte contribuente non si è costituita.
Il ricorso – ai sensi dell’art.380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore- può essere definito ai sensi dell’art.375 c.p.c.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione degli art. 12 e 25 del DPR n.602/1973) la parte ricorrente -dopo avere premesso che nella fattispecie qui in esame era stata effettivamente recapitata al contribuente la comunicazione di irregolarità prodromica al ruolo e dopo avere riportato (con modalità invero illeggibile, perché effettuata con riproduzione fotostatica del contenuto della cartella all’interno dell’atto processuale) il dettaglio degli addebiti contenuti nella cartella- si duole dell’erronea affermazione del giudice del merito a proposito dell’incompiuta motivazione della cartella di pagamento, evidenziando che nella specie di causa la cartella si atteggiava come mero atto di riscossione, siccome conseguenza dell’iscrizione a ruolo concretata esclusivamente sulla base dei presupposti di legge. In questa luce, la cartella di pagamento risultava pienamente conforme al modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze e del tutto scevra da vizi., siccome coerente con le previsioni dell’art.12 del DPR n.602/1973 secondo il quale è sufficiente la “motivazione anche sintetica della pretesa”. Ciò era stato rispettato, atteso che il ruolo conteneva “gli estremi necessari per la corretta individuazione delle ragioni del recupero, ovvero che trattasi di recupero del credito di imposta ex lege 289/2002 art.62 (per gli investimenti nelle aree svantaggiate)”, estremi che sono sufficienti a garantire il diritto di difesa del contribuente.
La censura appare inammissibilmente formulata.
La parte ricorrente si limita infatti ad affermazioni apodittiche, nessuna delle quali corredata dalle necessarie delucidazioni e specificazioni, in ossequio al canone di necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione.
E ciò, vuoi con riferimento all’assunto secondo il quale sarebbe stato comunicato al contribuente la preventiva comunicazione di irregolarità (nell’ottica delle indicazione delle ragioni che preludeva alla iscrizione a ruolo, assunto che è rimasto privo di alcuna specificazione relativa al dove ed al come sarebbe stata fornita nel processo la prova dell’avvenuta comunicazione di che trattasi); vuoi con riferimento all’assunto secondo il quale nella specie di causa la cartella si era atteggiata come “mero atto di riscossione”.
A quest’ultimo proposito, infatti, occorre evidenziare che secondo la stessa allegazione di parte ricorrente, la ragione dell’iscrizione a ruolo consiste nel “recupero del credito di imposta ex lege 289/2002 art.62″, recupero che -di per sé- è affermazione “anonima” delle ragioni per le quali l’Amministrazione suppone di vantare un credito, giacché quest’ultimo può emergere sia dalla erronea contabilizzazione di crediti effettivamente spettanti sia dall’esclusione dei presupposti per il riconoscimento della spettanza.
Non avendo la parte ricorrente in alcun modo chiarito se e come nel processo sia stato acclarato essersi trattato della prima anzicchè della seconda delle due alternative evenienze e non essendoci perciò alcuna ragione per supporre che -come la stessa parte ricorrente assume- al giudice del merito non potesse essere ignoto che la cartella qui in parola costituiva “mero atto di riscossione” giustificato dal puro riesame contabile degli stessi dati contenuti nella dichiarazione del contribuente, non resta che concludere che il motivo di impugnazione non consente di dare risposta al nucleo logico del quesito prospettato, e cioè se la motivazione della cartella di pagamento di cui qui trattasi fosse coerente con la funzione provvedimentale alla quale la cartella medesima è stata destinata ad assolvere.
Ed infatti, si veda in termini Cass. Sez. 5, Sentenza n. 26330 del 16/12/2009, già debitamente menzionata dal giudice del merito, secondo cui:”La cartella esattoriale, che non sia stata preceduta da un motivato avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990, e recepiti, per la materia tributaria, dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000. (Affermazione relativa ad una cartella esattoriale, emessa ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, nella quale l’Ufficio non si era limitato ad una mera correzione di errori materiali o di calcolo, ma aveva operato il conteggio delle somme da versare, non riconoscendo un credito di imposta”.
Il rigetto del motivo di impugnazione correlato ad una delle autonome rationes che sostengono la decisione qui in esame rende inutile l’esame dei residui motivi, che ne restano assorbiti.
Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.
Roma, 30 settembre 2013
ritenuto inoltre:
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si è costituita.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

''|Auto|Velox|''.Da vedere assolutamente.

"Si intitola ''|Auto|Velox|'' il cortometraggio presentato dal ministro della Gioventù, Giorgia Meloni al Giffoni Film Festival, per diffondere il tema della sicurezza stradale.
Il filmato, diretto da Gianluca Ansanelli, punta a far riflettere facendo sorridere i ragazzi e, grazie ad un accordo con la Medusa, sarà distribuito nelle sale cinematografiche italiane e proiettato prima dei film, oltre ad arrivare nelle scuole e nei festival. E' un esperimento nuovo, che utilizza un linguaggio semplice, giovanile, divertente ma efficace. "E' un video a costo zero, dagli attori al regista, ci auguriamo possa essere utile per affrontare il problema della sicurezza stradale che ogni anno fa 3000 morti sulle strade".
E' una storia articolata in tre atti, che inizia con la bravata di due giovani 'fotografati' dall'autovelox, dal finale sorprendente, spiega il regista Ansanelli.

Lotus Production 2009
Scritto e Diretto da Gianluca Ansanelli
Produzione Esecutiva Claudio Ceccarelli
Organizzazione Marco Giannoni
Fotografia Raoul Torresi
Fonico in presa diretta Bruno Pupparo
Musica Marco Conidi

sabato 19 aprile 2014

Mercati rionali: indicazioni sulle regole di prevenzione incendi

Il Dipartimento VV.F. ha diffuso la circolare n. 3794 del 12 mar 2014 (in allegato) con la quale fornisce "Indicazioni tecniche di prevenzione incendi per l'installazione e la gestione di mercati su aree pubbliche con presenza di strutture fisse, rimovibili e autonegozi".
 
Leggi l'articolo completo qui
Per scaricare solo la circolare clicca qui

Vedi anche: 
 
Foto tratta da: www.madehse.com

venerdì 18 aprile 2014

Multe Strisce Blu:Toh finalmente ci sono arrivati....

Alla fine si sono convinti pure quelli della carta stampata che:

"Non ci resta che attendere una pronuncia ufficiale del Ministero per le Infrastrutture e per i Trasporti, che fughi ogni dubbio".

L'articolo di Francesca De Luca (giornalista del "Sole 24 Ore"), potete leggerlo qui

Scusate la presunzione, ma io ve l'avevo detto:

Ticket o "grattino" scaduto nelle strisce blu per sosta prolungata oltre l’orario

e su leggioggi.it
QUI tutto strisce blu

giovedì 17 aprile 2014

Modifiche ed integrazioni al decreto 11 dicembre 2013, concernente le direttive ed il calendario per le limitazioni alla circolazione stradale fuori dai centri abitati nell'anno 2014 nei giorni festivi e particolari, per i veicoli di massa superiore a 7,5 tonnellate.

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

DECRETO 27 marzo 2014 
Modifiche ed integrazioni al decreto 11 dicembre 2013, concernente le
direttive ed il  calendario  per  le  limitazioni  alla  circolazione
stradale fuori dai centri abitati nell'anno 2014 nei giorni festivi e
particolari, per i veicoli  di  massa  superiore  a  7,5  tonnellate.
(14A03163) 
(GU n.90 del 17-4-2014)
 
 
 
          IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI 
 
  Visto l'art. 6, comma 1, del Nuovo Codice della  strada,  approvato
con  decreto  legislativo  30  aprile  1992,  n.  285,  e  successive
modificazioni; 
  Viste le relative disposizioni attuative contenute nel  Regolamento
di  esecuzione  e  di  attuazione  del  Nuovo  Codice  della  strada,
approvato con decreto del Presidente  della  Repubblica  16  dicembre
1992, n. 495, e successive modificazioni; 
  Visto il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei  trasporti
n. 443 del 11 dicembre 2013 recante: "Direttive e calendario  per  le
limitazioni alla circolazione stradale fuori dai centri  abitati  per
l'anno 2014"; 
  Visto l'art. 11, comma 3, del decreto 11 dicembre 2013 nel quale e'
previsto che: "In conformita'  a  quanto  concordato  nel  protocollo
d'intesa siglato tra Governo e Associazioni di categoria in  data  28
novembre 2013, entro tre mesi dalla data di entrata in  vigore  delle
disposizioni del presente decreto, sara' verificata, la  possibilita'
di apportare modifiche e integrazioni finalizzate  a  contemperare  i
livelli di sicurezza della circolazione con misure atte a favorire un
incremento di competitivita' dell'autotrasporto"; 
  Considerata  la  necessita'  di  apportare  alcune   modifiche   ed
integrazioni al decreto, al fine di  armonizzare  le  interpretazioni
degli organi di controllo in  fase  di  accertamento  che  comportano
difformita' operative nell'applicazione della norma con disparita' di
trattamento  nei  confronti  dell'utenza,  ed  al  fine   di   meglio
contemperare le esigenze  del  mondo  produttivo  con  i  livelli  di
sicurezza della circolazione durante il periodo pasquale, gravato  da
interruzioni che  interessano  piu'  giornate  lavorative,  anche  in
relazione alla prossimita' del  periodo  con  le  festivita'  del  25
aprile e 1° maggio. 
 
                               Decreta 
 
                               Art. 1 
 
  1. Al decreto ministeriale  11  dicembre  2013  sono  apportate  le
seguenti modifiche ed integrazioni: 
    a) all'articolo 1, comma 1, e' soppressa la lettera h); 
    b) all'articolo 2, il comma 4 e' sostituito dal seguente: "Per  i
veicoli che circolano in Sardegna, provenienti dalla rimanente  parte
del territorio nazionale, purche'  muniti  di  idonea  documentazione
attestante l'origine del viaggio, l'orario di inizio del  divieto  e'
posticipato di ore quattro. Per i complessi di veicoli costituiti  da
un  trattore  ed  un  semirimorchio,   la   deroga   applicabile   al
semirimorchio si intende estesa al  trattore  stradale  anche  quando
quest'ultimo non sia proveniente dalla rimanente parte del territorio
nazionale. Al fine di favorire  l'intermodalita'  del  trasporto,  la
stessa deroga e' accordata  ai  veicoli  che  circolano  in  Sicilia,
provenienti dalla rimanente parte del  territorio  nazionale  che  si
avvalgono di traghettamento, ad eccezione di quello proveniente dalla
Calabria attraverso i porti di Reggio Calabria e Villa San  Giovanni,
purche' muniti di  idonea  documentazione  attestante  l'origine  del
viaggio". 
    c) all'articolo 3, comma 1, la lettera  r)  e'  sostituita  dalla
seguente: "r) per  il  trasporto  esclusivo  di  prodotti  alimentari
deperibili, quali frutta e ortaggi freschi, carni  e  pesci  freschi,
latticini freschi, derivati del latte freschi, e per il trasporto  di
fiori recisi, semi vitali non ancora germogliati,  pulcini  destinati
all'allevamento,  animali  vivi   destinati   alla   macellazione   o
provenienti dall'estero,  nonche'  i  sottoprodotti  derivanti  dalla
macellazione di  animali.  Detti  veicoli  devono  essere  muniti  di
cartelli indicatori di colore verde delle dimensioni  di  0,50  m  di
base e 0,40 di altezza, con impressa in nero la lettera "d" minuscola
di altezza pari a 0,20 m fissati in modo  ben  visibile  su  ciascuna
delle fiancate e sul retro." 
  Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana. 
    Roma, 27 marzo 2014 
 
                                                    Il Ministro: Lupi 

Registrato alla Corte dei conti l'11 aprile 2014 
Ufficio controllo atti Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
e del Ministero dell'ambiente, della  tutela  del  territorio  e  del
mare, registro n. 1, foglio n. 1645 

Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso

LEGGE 17 aprile 2014, n. 62 
Modifica dell'articolo 416-ter  del  codice  penale,  in  materia  di
scambio elettorale politico-mafioso. (14G00078) 
(GU n.90 del 17-4-2014)
 
 Vigente al: 18-4-2014  
 
 
 
  La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica  hanno
approvato; 
 
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
 
 
                              Promulga 
 
la seguente legge: 
                               Art. 1 
 
   1.  L'articolo  416-ter  del  codice  penale  e'  sostituito   dal
seguente: 
  «Art. 416-ter. - (Scambio elettorale politico-mafioso). -  Chiunque
accetta la promessa di procurare voti mediante le modalita' di cui al
terzo comma dell'articolo 416-bis in cambio dell'erogazione  o  della
promessa di erogazione di denaro o di altra utilita' e' punito con la
reclusione da quattro a dieci anni. 
  La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti  con  le
modalita' di cui al primo comma». 
                               Art. 2 
 
  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a  quello
della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. 
  La presente legge, munita del sigillo dello Stato,  sara'  inserita
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato. 
    Data a Roma, addi' 17 aprile 2014 
 
                             NAPOLITANO 
 
 
                                Renzi, Presidente del  Consiglio  dei
                                ministri 
 
Visto, il Guardasigilli: Orlando 

Conversioni di patente di guida - Argentina

Prot. N° 8299 del 9 aprile 2014 -

martedì 15 aprile 2014

Bruciatura di residui vegetali provenienti da attività agricola. Chiarimenti.

Nota Prefettura di Avellino Protocollo 15444/12B1/Gab 09/04/2014

Bruciatura di residui vegetali provenienti da attività agricola. Chiarimenti.

Immatricolazioni di veicoli "fine serie" ai sensi dell'art. 27 comma 1 della direttiva 2007/46/CE e successive modifiche, non conformi al Regolamento CE 595/2009, riguardo alle emissioni inquinanti (euro VI)

Circolare Prot. 8296 del 09/04/2014
emessa da: Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti
Titolo/Oggetto
Circolare n. 8296 del 09/04/2014: immatricolazioni di veicoli "fine serie" ai sensi dell'art. 27 comma 1 della direttiva 2007/46/CE e successive modifiche, non conformi al Regolamento CE 595/2009, riguardo alle emissioni inquinanti (euro VI)

Aggiornamento 1.0 Circolare 452 del 10 Gennaio 2014 relativa a: immatricolazione di veicoli di fine serie

Circolare Prot. 8672 del 14/04/2014
emessa da: Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti
Titolo/Oggetto
Circolare n. 8672 del 14/04/2014: Aggiornamento 1.0 Circolare 452 del 10 Gennaio 2014 relativa a: immatricolazione di veicoli di fine serie, a norma dell’articolo 27 della Direttiva 2007/46/CE e successive modifiche ed integrazioni dei veicoli rispondenti al Regolamento CE 692/2008. Veicoli con emissioni Euro 5b delle categorie M1, M1 per specifiche esigenze sociali (tranne M1G), N1 classe I, N1 classe II, N1 classe III ed Euro 6b delle categorie M1, N1 classe I, N1 classe II, N1 classe III, tutti con ultima data d’immatricolazione 31 Dicembre 2013
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Circolare Ministero dell'Interno:Direttive e calendario per le limitazioni alla circolazione stradale fuori dai centri abitati per l'anno 2014

MINISTERO DELL'INTERNO
DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
Direzione centrale per la Polizia stradale, ferroviaria,
delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di stato
Prot. n. 300/A/2809/14/108/9/1
Roma, 14 aprile 2014
OGGETTO:
Direttive e calendario per le limitazioni alla circolazione stradale fuori dai centri abitati per l'anno 2014.
 Per opportuna conoscenza si comunica che è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 115 del 27.03.2014, concernente le direttive per la limitazione della circolazione dei veicoli adibiti al trasporto di cose nei giorni festivi per l'anno 2014, di cui si allega il testo.
 Si fa presente che il decreto in questione, con le disposizioni ivi contenute, apporta modifiche ed integrazioni al Decreto Ministeriale n. 443 del 11.12.2013, riguardanti:
l'esclusione della data del 22 aprile 2014, precedentemente interessata al divieto di circolazione, dall'elenco di cui all'articolo 1 del suindicato decreto;
l'estensione della deroga oraria, per i veicoli che circolano in Sardegna, provenienti dalla rimanente parte del territorio e costituiti da trattore stradale e semirimorchio, al trattore strada le anche quando quest'ultimo non sia pro veniente dalla rimanente parte del territorio nazionale;
la circolazione dei veicoli che trasportano "semi vitali non ancora germogliati".
 Le Prefetture-Uffici Territoriali del Governo sono pregate di voler estendere il contenuto della presente ai Corpi o Servizi di Polizia Municipale e Provinciale.
IL DIRETTORE CENTRALE
Giuffrè