mercoledì 30 ottobre 2013

Certificazione di crediti e rilascio del DURC.Circolare n.40/2013 del 21 ottobre 2013

Gestione associata:On line i modelli di attestazione

Enti locali 28.10.2013
On line i modelli per l'attestazione dei 'significativi livelli di efficacia ed efficienza' dei comuni Il decreto, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 25 ottobre, è rivolto alle amministrazioni comunali in regime di gestione associata delle funzioni fondamentali
E’ stato pubblicato, sulla Gazzetta ufficiale n. 251 del 25 ottobre 2013, il decreto del ministro dell’Interno relativo alla determinazione dei contenuti e delle modalità delle attestazioni dei comuni italiani comprovanti il conseguimento di significativi livelli di efficacia ed efficienza nella gestione associata delle funzioni.

Il provvedimento si rivolge a quei comuni, con popolazione fino a 5.000 abitanti o fino a 3.000 se appartenenti o appartenuti a comunità montane, che hanno esercitato la facoltà di svolgere le funzioni fondamentali attraverso una o più convenzioni, di durata almeno triennale.

L'attestazione dell'efficienza si fonda su dati contabili in bilancio che dimostrino, al termine del triennio di osservazione, un risparmio complessivo di spesa corrente degli enti convenzionati di almeno il 5 per cento rispetto alle spese sostenute nell'esercizio finanziario precedente alla gestione associata mediante convenzione.

Il conseguimento di un significativo livello di efficacia dovrà essere dimostrato attestando di aver raggiunto un migliore livello di servizi nella gestione in convenzione, rispetto all'esercizio finanziario precedente alla gestione associata mediante convenzione, per almeno 3 attività tra: organizzazione e gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani; edilizia scolastica; servizio di polizia municipale e polizia amministrativa locale; gestione delle entrate tributarie e servizi fiscali; erogazioni prestazioni sociali; ufficio tecnico, lavori pubblici ed edilizia privata.


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Correlati

Decreto dell'11 settembre 2013 pubblicato in G.U. il 25 ottobre (.pdf)
Allegato A
Allegato B
Il tema: Enti locali

Tratto da:Ministero dell'Interno


Parere del Garante in tema di accesso alle informazioni registrate nel CED interforze del Dipartimento della pubblica sicurezza

Parere in tema di accesso alle informazioni registrate nel CED interforze del Dipartimento della pubblica sicurezza - 3 ottobre 2013 [2710798]

 

[doc. web n. 2710798]
Parere in tema di accesso alle informazioni registrate nel CED interforze del Dipartimento della pubblica sicurezza - 3 ottobre 2013
Registro dei provvedimenti
n. 427 del 3 ottobre 2013
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
NELLA riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott. ssa Augusta Iannini, vice presidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
Vista la richiesta di parere del Ministero dell'interno;
Visto l'articolo 154, commi 4 e 5, del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196);
Vista la documentazione in atti;
Viste le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore la dott.ssa Augusta Iannini;
PREMESSO
Il Ministero dell'interno ha richiesto il parere del Garante in ordine a uno schema di regolamento di modifica del decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1982, n. 378, concernente le procedure di raccolta, accesso, comunicazione, correzione, cancellazione ed integrazione dei dati e delle informazioni registrati nel CED interforze del Dipartimento della pubblica sicurezza di cui all'articolo 8 della legge 1 aprile 1981, n. 121 (infra CED).
L'odierno schema intende dare attuazione, con unico atto regolamentare, all'articolo 16-quater, comma 3, del decreto legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 68/1993, e all'articolo 8-bis, comma 3, del decreto legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125/2008, che ampliano il novero dei soggetti autorizzati ad accedere alle informazioni registrate nel CED.
Il predetto articolo 16-quater, a seguito delle modifiche apportatevi dall'articolo 8 del decreto legge n. 92/2008, prevede che il personale della polizia municipale in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza possa accedere, se addetto ai  servizi di polizia stradale, oltre che allo schedario dei veicoli rubati –come originariamente previsto- anche allo schedario dei documenti di identità rubati e smarriti operanti presso il CED nonché, in ogni caso, alle informazioni concernenti i permessi di soggiorno rilasciati e rinnovati; il personale addetto ai servizi stradali può, coerentemente, essere abilitato a inserire nel CED i dati relativi ai veicoli rubati e ai documenti rubati e smarriti acquisiti autonomamente (art. 16-quater, commi 1 e 2, d.l. n. 8/1993).
Il comma 3 dell'articolo 16-quater prevede poi che siano apportate le occorrenti modificazioni al citato D.P.R. n. 378 del 1982, il quale, adottato in attuazione dell'articolo 11, comma 1, della legge 1 aprile 1981, n. 121, disciplina, appunto, le modalità di accesso alle informazioni registrate nel CED (artt. 9-14, D.P.R. n. 378/1982).
Quanto alla seconda disposizione oggetto di attuazione con lo schema odierno (art. 8-bis d. l. n. 92/2008), essa attribuisce agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria appartenenti al Corpo delle capitanerie di porto la facoltà di accedere ai dati registrati nel CED per finalità di sicurezza portuale e dei trasporti marittimi, limitatamente a quelli correlati alle funzioni attribuite agli stessi ufficiali e agenti di polizia giudiziaria; anche in questo caso la disposizione normativa autorizza il medesimo personale ad inserire nel CED i corrispondenti dati se autonomamente acquisiti (comma 1).
Coerentemente, il comma 3 dell'articolo 8-bis prevede che siano apportate le occorrenti modificazioni al decreto n. 378 del 1982.
RILEVATO
L'odierno schema, in primo luogo (art. 1, comma 1, lett. a)), modifica l'articolo 10-bis del regolamento n. 378 del 1982, che già disciplinava l'accesso al CED del personale della polizia municipale addetto ai servizi di polizia stradale, limitatamente però al solo schedario dei veicoli rubati, estendendo l'accesso ai dati e alle informazioni contenuti nello schedario dei documenti di identità rubati o smarriti. Coerentemente, lo schema prevede per il medesimo personale, purché abilitato dal comando, ufficio o servizio di appartenenza, la possibilità di inserire presso il CED i dati relativi ai veicoli rubati e ai documenti rubati e smarriti acquisiti autonomamente (art. 10-bis, comma 1-bis).
Inoltre, si prevede per tutto il personale della polizia municipale in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, purché autorizzato dal comando, ufficio o servizio di appartenenza, la possibilità di accedere alle informazioni concernenti i permessi di soggiorno rilasciati e rinnovati, in relazione a quanto previsto dall'articolo 54, comma 5-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (t.u. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) il quale prevede che il sindaco segnali alle competenti autorità, giudiziaria o di pubblica sicurezza, la condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea.
Altre modifiche di mero coordinamento sono apportate ai commi 2 e 3 dell'articolo 10-bis e, infine, è inserito un nuovo comma (2-bis), in base al quale le categorie di dati e di informazioni accessibili, nonché le modalità dei collegamenti per l'accesso, anche tramite rete telematica dell'ANCI, sono individuate con i decreti del Ministro dell'interno già previsti dagli articoli 8, comma 1-bis, del decreto legge n. 92/2008 e 16-quater, comma 2, del decreto legge n. 8/1993.
Per quanto riguarda l'accesso del personale del Corpo delle capitanerie di porto, l'articolo 1, comma 1, lett. b), dello schema inserisce nel regolamento il nuovo articolo 10-quater il quale riproduce pressoché pedissequamente il tenore della norma di rango primario. Anche in tal caso, si prevede l'ulteriore attuazione del disposto normativo, stabilendo che le categorie di dati e di informazioni nonché le modalità dei collegamenti per l'accesso siano definiti con il decreto del Ministro dell'interno già previsto dall'articolo 8-bis, comma 2, del decreto legge n. 92/2008.
CONSIDERATO
1. La legge 1 aprile 1981, n. 121, recante il nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, stabilisce all'articolo 9 che l'accesso ai dati e alle informazioni conservati negli archivi automatizzati del CED e la loro utilizzazione sono consentiti agli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alle forze di polizia, agli ufficiali di pubblica sicurezza e ai funzionari dei servizi di sicurezza, nonché agli agenti di polizia giudiziaria delle forze di polizia debitamente autorizzati; il predetto accesso è consentito altresì all'autorità giudiziaria ai fini degli accertamenti necessari per i procedimenti in corso e nei limiti stabiliti dal codice di procedura penale.
Deroghe riguardanti i soggetti legittimati ad accedere ai dati ed alle informazioni del CED (ed al relativo utilizzo) possono essere previste, pertanto, solo mediante disposizioni di rango legislativo; in quest'ultimo senso dispongono, infatti, gli articoli 16-quater del decreto legge n. 8/1993 e 8-bis del decreto legge n. 92/2008, i quali, inoltre, sotto il profilo della protezione dei dati personali rappresentano un idoneo supporto normativo al flusso di dati previsto.
Le disposizioni proposte nell'odierno schema sono volte ad apportare al D.P.R. 3 maggio 1982, n. 378  le modificazioni occorrenti a seguito dell'entrata in vigore degli articoli 16-quater del decreto legge n. 8/1993, 8 e 8-bis del decreto legge n. 92/2008.
Tali modifiche regolamentari risultano coerenti con le descritte norme di rango primario e non presentano criticità sotto il profilo della protezione dei dati personali. Per tali motivi, quindi, il Garante non ha osservazioni da formulare sul contenuto dell'articolato trasmesso all'Autorità per il parere.
2. Residua solo un'esigenza formale, quella, cioè, di adeguare i riferimenti normativi contenuti nel comma 3 dell'articolo 10-bis del regolamento (art. 15 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, da tempo abrogato) alle nuove disposizioni in materia di protezione dei dati personali nel frattempo approvate.
Si ritiene necessario pertanto integrare lo schema prevedendo, al comma 3 dell'articolo 10-bis del D.P.R. n. 378 del 1982, la sostituzione delle parole da "ai sensi" fino a "medesimo articolo" con le seguenti: "ai sensi degli articoli 31-36 del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e dell'Allegato B al medesimo Codice recante il disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza".
RITENUTO
3. L'articolo 8, comma 1-bis, del decreto legge n. 92 del 2008 prevede che i collegamenti, anche a mezzo della rete informativa telematica dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), per l'accesso allo schedario dei documenti d'identità rubati o smarriti, nonché alle informazioni concernenti i permessi di soggiorno rilasciati e rinnovati, siano effettuati con le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'ANCI.
In realtà, già l'articolo 16-quater, comma 2, del decreto legge n. 8/1993, demandava a un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dei trasporti e delle finanze, sentiti l'ANCI e l'Automobile club d'Italia (ACI) l'individuazione delle modalità di tali collegamenti, limitatamente, ovviamente, all'accesso allo schedario dei veicoli rubati, l'unico all'epoca accessibile.  Al riguardo fu adottato il decreto 29 maggio 2001 concernente il "Collegamento dei sistemi informativi a disposizione del personale della polizia municipale addetto ai servizi di polizia stradale con lo schedario dei veicoli rubati del centro elaborazione dati del Dipartimento della pubblica sicurezza", sul cui schema il Garante rese il prescritto parere.
La disciplina deve essere ora aggiornata in relazione alla più ampia platea di dati e informazioni rese accessibili e in tal senso il Garante resta in attesa di ricevere lo schema di decreto previsto, appunto, dall'articolo 8, comma 1-bis, del decreto legge n. 92 del 2008, per il parere di competenza.
Analogamente, l'Autorità resta in attesa di ricevere l'omologo schema di decreto del Ministro dell'interno (di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti) previsto dall'articolo 8-bis, comma 2, del medesimo decreto-legge n. 92 del 2008, con il quale dovranno essere individuati i dati e le informazioni registrati nel CED accessibili da parte del personale delle Capitanerie di porto, quelli oggetto di possibile inserimento, nonché le modalità dei collegamenti.
4. Nella nota di accompagnamento dell'odierno schema di regolamento, l'Ufficio per l'amministrazione generale del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno fa presente che sarebbe "in fase avanzata lo studio di un'ipotesi di revisione e adeguamento complessivo" del D.P.R. n. 378 del 1982, nel quadro dell'adozione del più generale regolamento previsto dall'articolo 57 del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196; infra "Codice") con il quale, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, devono essere individuate le modalità di attuazione dei principi del Codice al trattamento dei dati effettuato dal CED e da organi, uffici o comandi di polizia per le finalità di cui all'articolo 53 del Codice medesimo, anche in attuazione della Raccomandazione R (87) 15 del Consiglio d'Europa del 17 settembre 1987, e successive modificazioni.Al riguardo, è ben noto a questa Autorità che non risulta ancora adottata la normativa di attuazione dei principi del Codice ai trattamenti di dati effettuati da organi di polizia per finalità di prevenzione o repressione di reati o di sicurezza pubblica, in particolare per quanto riguarda le modalità dei trattamenti, il rispetto del principio di proporzionalità e di finalità nella raccolta dei dati, l'aggiornamento periodico dei dati, l'individuazione di specifici termini di conservazione delle informazioni, il loro trasferimento all'estero, l'uso di particolari tecniche di elaborazione.
Come pure non risulta ancora emanato il decreto ministeriale per l'individuazione dei trattamenti non occasionali di dati effettuato in ambito di polizia (art. 53 del Codice).
L'assenza di una normativa nazionale adeguata in materia è stata già segnalata più volte dall'Autorità al Ministero dell'interno e agli altri ministeri interessati, anche a proposito della mancata attuazione della Decisione-quadro 2008/977/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008 sulla protezione dei dati personali trattati nell'ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, per il cui recepimento – che sarebbe dovuto avvenire entro il 27 novembre 2010 – in base a quanto è a conoscenza dell'Autorità, non risulta ancora esercitata l'iniziativa legislativa.
Si coglie pertanto l'occasione del presente parere per sottolineare l'importanza e l'urgenza di dare piena e completa attuazione alla disciplina della protezione dei dati personali nell'ambito dei trattamenti effettuati per finalità di polizia.
A tal fine, si assicura fin d'ora la più ampia disponibilità dell'Autorità ad ogni collaborazione che dovesse essere ritenuta utile, e si resta comunque in attesa di ricevere lo schema di regolamento ex articolo 57 del Codice per il prescritto parere (art. 154, comma 4, del Codice) al fine valutarne la conformità alla normativa in materia di protezione dei dati personali in una materia così delicata.
IL GARANTE
a) esprime parere favorevole sullo schema di regolamento di modifica del D.P.R. n. 378/1982 in attuazione degli artt. 16-quater, comma 3, del decreto legge n. 8/1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 68/1993, e 8-bis, comma 3, del decreto legge n. 92/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125/2008, con la seguente osservazione:
- lo schema di regolamento sia integrato prevedendo l'aggiornamento del comma 3 dell'articolo 10-bis del D.P.R. n. 378 del 1982, mediante la sostituzione delle parole da "ai sensi" fino a "medesimo articolo" con le seguenti: "ai sensi degli articoli 31-36 del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2013, n. 196 e dell'Allegato B al medesimo Codice recante il disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza" (punto 2);
b)  resta in attesa di ricevere gli schemi di decreto citati in premessa (punti 3 e 4) per l'espressione del parere di competenza (art. 154, comma 4, del Codice).
Roma, 3 ottobre 2013
IL PRESIDENTE
Soro
IL RELATORE
Iannini
IL SEGRETARIO GENERALE
Busia

domenica 27 ottobre 2013

Circolazione dei carrelli. Procedure d’immatricolazione




 
Circolare MIT Prot. n. 26363/DIV3/C  del 25 ottobre 2013

Prima
ADESSO
Per tutti coloro che  sono in possesso di Autorizzazione nazionale alla circolazione, ancorché scaduto, purché la scadenza NON sia antecedente al 31 dicembre 2007.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO
D.M. 28 dicembre 1989 +  circolare ministeriale prot. n. 867/4861 del 26.04.1999:
·         permesso di circolazione annuale rinnovabile

Requisiti e modalità operative (per brevi e saltuari spostamenti su strada):

Scheda tecnica del costruttore (solo 1° rilascio) + N.O. Ente proprietario della strada (per brevi e saltuari spostamenti su strada)
NORMATIVA DI RIFERIMENTO
circolare prot. 14906 del 10/6/2013:
·         immatricolazione e targatura.





Requisiti e modalità operative:

Presentazione di istanza di collaudo al Centro Prova Autoveicoli (competente in base alla sede del proprietario) in unico esemplare (tariffa 4) avanzata dal proprietario del carrello, con allegata la seguente documentazione:

1)      autorizzazione alla circolazione di cui al DM 28/12/1989 con l'eventuale scheda tecnica a suo tempo rilasciata dal costruttore;
2)      scheda informativa rilasciata dal costruttore, come previsto dal DM 2/5/2001 n. 277 e successive modificazioni, comprensiva delle eventuali prescrizioni per la circolazione su strada ovvero relazione tecnico-descrittiva sottoscritta da professionista abilitato contenente sia le caratteristiche tecniche del veicolo sia i lavori, le prescrizioni e gli adattamenti necessari per la circolazione su strada;
3)      fotocopia della dichiarazione CE (sicurezza macchine);
4)      disegni (o fotografie) quotati del veicolo.




Illegittimo il demansionamento

Corte di Cassazione 11 ottobre 2013, n. 23171
Presidente Ianniello – Relatore Marotta
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 997/2008 del 5 settembre 2008, la Corte di appello di Salerno, in sede di rinvio
disposto da questa Corte con sentenza n. 20170 del 26 settembre 2007, decidendo sull'appello
proposto da G.L..C. avverso la sentenza del Tribunale di Benevento n. 161/2006, accoglieva solo
parzialmente la domanda del C. nei confronti del Comune di Cerreto Sannita e dichiarava il suo
diritto ad essere adibito a mansioni equivalenti a quelle espletate in epoca anteriore alla delibera di
G.M. n. 199/2000 con la quale il medesimo (Comandante di Polizia Municipale e responsabile
dell'ex IV settore) era stato trasferito all'Area 3 tecnoprogettuale e dei LL.PP.. Riteneva, in
particolare, la Corte territoriale che oggetto del giudizio di rinvio fosse solo l'accertamento in fatto
dell'equivalenza delle mansioni di Comandante della Polizia Municipale e di responsabile dell'ex IV
settore con quelle di Istruttore dell'Area Tecnica Progettuale e dei Lavori Pubblici sulla base delle
disposizioni contenute nel Regolamento per l'Ordinamento degli Uffici e dei servizi del Comune di
Cerreto Sannita e, quindi, in parziale riforma della decisione di primo grado del Tribunale di
Benevento, valutava come sicuramente più pregnanti e di valenza maggiore i compiti svolti dal C.
prima della delibera n. 199/2000 (che dichiarava illegittima) rispetto a quelli svolti dopo, negando
ogni equivalenza di mansioni in termini di responsabilità pur a parità di livello di inquadramento
(C) e di qualifica funzionale (VI) e ritenendo sostanzialmente illegittimo il regolamento del
Comune con il quale le suddette differenti mansioni erano state collocate nell'ambito dei medesimi
livello e qualifica. Pur escludendo, poi, che fosse coperta da giudicato la domanda del C. relativa al
risarcimento del danno (essendo stata tale domanda riproposta in sede del precedente ricorso per
cassazione e presupponendo la stessa l'accertamento dell'equivalenza delle mansioni devoluto al
giudice del rinvio), ne rilevava l'infondatezza per mancanza di prova del preteso danno,
considerando, a tal fine, insufficiente la sola illegittimità del modulo organizzativo adottato
dall'amministrazione.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso C.G.L. affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso il Comune di Cerreto Sannita e formula, altresì, ricorso incidentale
affidato a due motivi.
Il Comune resistente ha presentato brevi osservazioni scritte sulle conclusioni del Procuratore
Generale ai sensi dell'art. 379 cod. proc. civ..
Motivi della decisione
1. I ricorsi hinc et inde proposti avverso la stessa sentenza sono stati riuniti ex art. 335 cod. proc.
civ..
2. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia: "Violazione e falsa applicazione degli artt.
1218, 2043, 1223, 2059 e 2087 cod. civ. nonché dell'art. 115 cod. proc. civ., omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversa (art. 360 n. 3 e n. 5 cod. proc.
civ.). Si duole della pronuncia di rigetto della domanda di risarcimento del danno evidenziando,
quanto al danno biologico, di aver documentato di aver subito una lesione psico-fisica in
conseguenza del provvedimento di trasferimento adottato dal Comune e richiama la diagnosi di
"disturbo dell'adattamento compatibile con una situazione occupazionale anamnesticamente
avversativa" della Clinica del Lavoro "L. Devoto" di XXXXXX, Servizio di Medicina Preventiva
dei Lavoratori e, quanto al danno esistenziale, di aver documentalmente dimostrato, anche a mezzo
della produzione di articoli di stampa che si erano occupati della vicenda che lo aveva visto
protagonista, che sussistevano tutti gli elementi sintomatici idonei ai fini della prova presuntiva del
richiesto danno esistenziale.
3. Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia: "Violazione e falsa applicazione dell'art.
37, co. 1, lett. b) del c.c.n.l. del 6 luglio 1995 (ai sensi dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) degli artt.
2043, 1218, 1223, 2059 e 2087 cod. civ. (ai sensi dell'art. 360 n. 3 e n. 5 cod. proc. civ.)". Censura la
sentenza della Corte territoriale nella parte in cui ha ritenuto di non poter condividere la decisione di
prime cure con la quale era stato riconosciuto il danno nella misura corrispondente alla mancata
percezione dell'indennità di vigilanza tenuto conto che quest'ultima è sempre intimamente connessa
all'effettivo svolgimento della specifica mansione cui è ancorata. Rileva che l'indennità prevista
dall'art. 37 lett. b) secondo periodo del c.c.n.l. del 6/7/1995, a differenza di quella di cui al primo
periodo della medesima norma non richiede lo svolgimento effettivo delle funzioni essendo
corrisposta al personale di appartenenza all'area di vigilanza anche in caso di malattia ovvero
comando presso altre amministrazioni.
4. Con il terzo motivo il ricorrente principale denuncia: "Violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc.
civ. nonché difetto assoluto di motivazione (ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ.)". Si duole del
fatto che i giudici di appello hanno compensato nella misura di 2/3 in danno del C. le spese di tutti i
gradi e le fasi.
5. Con il primo motivo di ricorso incidentale il Comune di Cerreto Sannita denuncia: "'Violazione e
falsa applicazione degli artt. 383, 384 e 394 (violazione del principio di intangibilità del decisum
statuito dalla Corte di Cassazione per il rinvio nel merito - insufficiente motivazione su un punto
decisivo per il giudizio – eccezione di giudicato sul rigetto della domanda di risarcimento dei danni
pronunciata dalla Corte di appello di Napoli e non gravata dal C. dinanzi alla Suprema Corte di
Cassazione". Si duole del fatto che la Corte territoriale ha errato nel ritenere che sulla domanda di
risarcimento del danno del C. non si fosse formato il giudicato e pronunciandosi su tale domanda è
andata oltre i limiti del giudizio di merito così come delineati da questa Corte in sede di rinvio.
6. Con il secondo motivo di ricorso incidentale il Comune denuncia: "Violazione e falsa
applicazione dell'art. 2103 cod. civ. e dell'art. 52 d.lgs. n. 165/2001 nonché dell'art. 19 del d.lgs. n.
165/2001; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio". Si duole della ritenuta non equivalenza delle mansioni svolte dal ricorrente prima e
dopo il provvedimento impugnato nonostante la previsione, per entrambe, della stessa qualifica
funzionale, dello stesso inquadramento nella categoria C e dei medesimi requisiti di accesso. Si
duole, altresì, dell'omessa valutazione del fatto che, al momento dell'emanazione del provvedimento
impugnato il C. non fosse destinatario di alcun incarico dirigenziale.
7. Ragioni di ordine logico impongono il prioritario esame del ricorso incidentale.
8. 11 primo motivo di ricorso incidentale nei termini in cui è prospettato è infondato.
La Corte di appello di Napoli in sede di decisione del 5/12/2005 non si era pronunciata sulle
richieste risarcitorie del C. avendo ritenuto che nessun demansionamento questi avesse subito per
effetto del provvedimento di "trasferimento" disposto dal Comune di Cerreto Sannita. L'onere di
impugnazione del C. dinanzi alla Corte di legittimità concerneva, dunque, solamente i punti della
decisione che lo avevano visto soccombente e che erano stati considerati assorbenti dalla Corte
territoriale.
Come da questa Corte già affermato, la mancata riproposizione nel ricorso per cassazione delle
argomentazioni esposte nell'atto di appello in relazione a motivi dichiarati assorbiti dal giudice di
secondo grado non determina la definitività delle statuizioni del giudice di primo grado, in quanto
sono inammissibili in sede di legittimità censure che non siano dirette contro la sentenza di appello,
ma riguardino questioni sulle quali questa non si è pronunciata ritenendole assorbite, atteso che le
stesse, in caso di accoglimento del ricorso per cassazione, possono essere nuovamente riproposte al
giudice di rinvio (si richiama, sul punto, Cass. 1 giugno 2012, n. 8817, id. 12 settembre 2011, n.
18677).
Nella fattispecie in esame, in sede di giudizio di rinvio, è stata, dunque, rimessa da questa Corte in
discussione, con la decisione rescindente, la valutazione della sussistenza del demansionamento
lamentato sotto diversi profili (compresi quelli attinenti alla maggiore responsabilità insita nei
compiti di comandante dei vigili ed alla perdita di professionalità conseguente al disposto
mutamento di mansioni) a mezzo del sollecitato raffronto delle mansioni svolte dal C. prima del
trasferimento e di quelle di nuova destinazione.
Impregiudicata è, quindi, rimasta la questione, logicamente conseguente, dell'eventuale danno
derivato al C. dal lamentato demansionamento, valutazione necessariamente riservata all'esito
(positivo) dell'accertamento richiesto da questa Corte.
Nessun giudicato si era, dunque, formato in dipendenza della proposizione dinanzi alla Corte di
legittimità delle sole questioni afferenti il demansionamento (anche se, per quanto più avanti si dirà,
uno sbarramento alle pretese del C. si era già verificato in sede di appello dinanzi alla Corte
napoletana).
9. Egualmente infondato è il secondo motivo di ricorso incidentale.
Si osserva, infatti, che, nella specie la Corte di merito ha espresso il proprio giudizio nella fase
rescissoria sulla base di quanto devolutole da questa Corte in sede rescindente.
Le doglianze che il ricorrente incidentale ore pone sostanzialmente postulano che, trattandosi di
pubblico impiego contrattualizzato, non vi sia nel provvedimento con il quale è stato esercitato lo
ius variandi alcuna violazione di un diritto soggettivo del lavoratore laddove, come nella specie, tale
esercizio risulti conforme alle previsioni di cui all'art. 52 del d.lgs. n. 165/2001 (nel testo anteriore
alla novella recata dall'art. 62, comma 1 del d.lgs. n. 150 del 2009). In sostanza, ad avviso del
Comune di Cerreto Sannita, ove il lavoratore agisca per il riconoscimento del diritto
all'assegnazione di mansioni equivalenti alle ultime esercitate, resta esclusa la suddetta violazione
qualora le nuove mansioni rientrino nella medesima area professionale prevista dal contratto
collettivo, restando la materia disciplinata compiutamente dal citato art. 52 del d.lgs. n. 165 del
2001, che assegna rilievo solo al criterio dell'equivalenza formale in riferimento alla classificazione
prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto
acquisita, senza che possa aversi riguardo alla norma generale di cui all'art. 2103 cod. civ. e senza
che il giudice possa sindacare in concreto la natura equivalente della mansione.
Tali doglianze, però, in quanto attinenti ad una valutazione necessariamente pregiudiziale rispetto
all'accertamento devoluto al giudice del rinvio, sono inammissibili in questa sede, risultando
superate dal precedente decisum di questa Corte.
Nello specifico, in sede di sentenza n. 20170/2007, questa Corte ha già affrontato la questione dei
rapporti tra l'art. 52 del d.lgs. n. 165/2001 e l'art. 2103 cod. civ. e, senza ritenere evidentemente
risolutiva l'equivalenza formale degli inquadramenti, come, peraltro, integrata dalle disposizioni del
Regolamento riguardanti le mansioni originarie del C. e quelle di nuova destinazione,
nell'accogliere l'ottavo, nono e decimo motivo di ricorso, ha devoluto alla Corte di appello di
Salerno l'indagine circa l'asserita sottrazione di competenze sulla base del raffronto delle mansioni
come risultanti dal Regolamento Organico degli Uffici e dei Servizi e sul presupposto che i compiti
svolti dal C. prima e dopo il trasferimento corrispondessero a quanto previsto dal Regolamento
medesimo.
Tale indagine è stata svolta dal giudice di merito appunto operando il suddetto raffronto e
considerando quale dato di partenza (pacifico) che sia per il Comandante della Polizia Municipale e
responsabile ex IV Settore sia per l'Istruttore amministrativo III Settore Lavori Pubblici fosse
previsto, alla stregua del contenuto delle due figure, come definito dal Regolamento comunale, il
medesimo inquadramento, categoria C) e la medesima qualifica funzionale - VI q.f. -.
Quanto al richiamo che il Comune ricorrente fa all'art. 19 del d.lgs. n. 165/2001 deve innanzitutto
rilevarsi una carenza della relativa censura sotto il profilo dell'autosufficienza, non evincendosi se
effettivamente la questione di cui si denuncia l'omesso esame fosse stata prospettata al giudice del
rinvio ed in quali termini (non è stata, infatti, riprodotta, in parte qua, la comparsa di costituzione
del Comune dinanzi alla Corte di appello di Salerno).
In ogni caso, tale questione, in ragione del fatto che la Corte territoriale ha operato il richiesto
raffronto proprio premettendo che si trattava di mansioni per le quali era previsto il medesimo
inquadramento, risulta in concreto irrilevante.
Per il resto si osserva che l'esito dell'operazione di comparazione, illustrata dalla Corte salernitana
con logicità e compiutezza di argomentazioni, non è sindacabile in questa sede di legittimità.
Al riguardo il Comune ricorrente incidentale si limita a censurare la motivazione sotto il profilo
dell'erroneità del ritenuto esercizio illegittimo dello ius variandi pur a parità di inquadramento nel
medesimo livello professionale (questione, come detto, inammissibile in questa sede) senza alcun
rilievo in ordine al ragionamento decisorio ed all'opzione che ha condotto il giudice del merito alla
soluzione della quaestio farti devolutale nei termini sopra prospettati.
Del tutto insufficiente a tal fine è, infatti, riferire che l'esplicitato ragionamento sarebbe stato
influenzato dall'erroneo presupposto secondo cui, pur a parità di inquadramento, potesse trattarsi di
mansioni non equivalenti, con la conseguenza che doveva risultare non rilevante che, diversamente
dal Comandante di Polizia Municipale, l'Istruttore dell'Area tecnico-progettuale fosse vincolato alle
direttive impartite dal Responsabile dell'Area, trattandosi di un elemento di differenziazione
attinente al "contenuto materiale" delle mansioni e non incidente sulla complessiva equivalenza
delle stesse.
In realtà la valutazione della Corte di appello è stata decisamente più articolata laddove sono state
esaminate nel dettaglio le mansioni e le funzioni delle due categorie interessate per giungere alla
conclusione che il Comandante della Polizia Municipale e responsabile dell'ex IV Settore fosse
deputato a svolgere compiti (di polizia locale, redazione rapporti giudiziaria, predisposizione atti nel
settore commerciale, urbanistico ed edilizio ecc.) "sicuramene più pregnanti e di valenza maggiore
rispetto a quelli assegnati all'Istruttore dell'Area amministrativa".
10. Il primo motivo di ricorso principale non è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
Osserva il Collegio che, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte (v. Cass. S.U.
24 marzo 2006, n. 6572), "in tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del
diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che
asseritamente ne deriva - non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale
- non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura
e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo; mentre il risarcimento del danno biologico è
subordinato all'esistenza di una lesione dell'integrità psico-fisica medicalmente accertabile, il danno
esistenziale - da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore,
ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue
abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e
realizzazione della sua personalità nel mondo esterno - va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi
consentiti dall'ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui
dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche, durata, gravità,
conoscibilità all'interno ed all'esterno del luogo di lavoro dell'operata dequalificazione, frustrazione
di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale, eventuali reazioni poste in
essere nei confronti del datore comprovanti l'avvenuta lesione dell'interesse relazionale, effetti
negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto) - il cui artificioso isolamento si risolverebbe
in una lacuna del procedimento logico - si possa, attraverso un prudente apprezzamento,
coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all'esistenza del danno, facendo ricorso, ai sensi dell'art.
115 cod. proc. civ., a quelle nozioni generali derivanti dall'esperienza, delle quali ci si serve nel
ragionamento presuntivo e nella valutazione delle prove". Tale principio è stato in sostanza
confermato anche nel quadro generale della accezione unitaria del danno non patrimoniale
successivamente tracciata dalle stesse Sezioni Unite (v. Cass. S.U. 11 novembre 2008, n. 26972).
Nel contempo (v. Cass. 19 dicembre 2008, n. 29832), è stato anche affermato che "la risarcibilità
del danno morale, a norma dell'art. 2059 cod. civ., non è soggetta al limite derivante dalla riserva di
legge e non richiede che il fatto illecito integri in concreto un reato, essendo sufficiente che vi sia
stata una lesione di un interesse inerente alla persona, costituzionalmente garantito, atteso che la
previsione costituzionale dell'interesse relativo ne esige in ogni caso la protezione". Nello stesso
quadro tracciato dalle Sezioni Unite, più di recente è stato altresì precisato che, in tema di
risarcimento del danno non patrimoniale derivante da demansionamento e dequalificazione, "'non è
sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul
lavoratore non solo di allegare il demansionamento ma anche di fornire la prova ex art. 2697 cod.
civ. del danno non patrimoniale e del nesso di causalità con l'inadempimento datoriale" (v. Cass. 17
settembre 2010, n. 19785) e che "'in caso di accertato demansionamento professionale, la
risarcibilità del danno all'immagine derivato al lavoratore a cagione del comportamento del datore
di lavoro presuppone che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una soglia
minima di tollerabilità, e che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o
fastidi" (v. Cass. 4 marzo 201 l. n. 5237).
Orbene, nella fattispecie, la Corte di merito, dopo aver accertato la sussistenza di un
demansionamento, si è limitata a trarre le conseguenze derivanti dalla operata dequalificazione solo
rispetto al lamentato danno patrimoniale, limitandosi, quanto ai denunciati danno biologico ed
esistenziale, semplicemente ad un generico inciso ("a fronte della mancanza di prove del dedotto da
demansionamento") e ad un riferimento (nella parte narrativa della sentenza) all'ottenimento da
parte del C. di una condanna al relativo risarcimento in un diverso giudizio.
Tuttavia vanno, al riguardo, svolte le seguenti considerazioni.
Quanto al danno biologico il ricorrente principale, in ossequio al principio di autosufficienza, ha
riportato nel ricorso per cassazione il contenuto, nella parte essenziale, della documentazione clinica
rilasciata dalla Clinica del Lavoro "L. Devoto" di XXXXXX - Servizio di Medicina dei lavoratori
da cui si evince che, all'esito degli accertamenti, era stata formulata la seguente diagnosi: "Disturbo
dell'adattamento compatibile con situazione occupazionale anamnesticamente avversativa".
Peraltro, riguardo a tale produzione documentale, il Comune di Cerreto Sannita, lungi dal contestare
la ritualità della produzione in giudizio della stessa ovvero dell'introduzione, sin dal ricorso di
primo grado, della relativa questione si è limitato ad opporre che si trattava di documentazione
insufficiente a provare il lamentato danno biologico e ad evidenziare che il C. non aveva avanzato
alcuna richiesta istruttoria sul punto né, in particolare, chiesto che fosse disposta una consulenza
tecnica d'ufficio.
Va, però, rilevato che il Tribunale di Benevento, nella decisione n. 161/2002 (oggetto di gravame
dinanzi alla Corte di appello di Napoli), non si era specificamente pronunciato sul preteso danno
biologico, limitandosi a riconoscere in favore del C. il risarcimento per il danno patrimoniale
derivato dalla illegittima assegnazione dello stesso all'Area tecnico progettuale, danno
equitativamente quantificato in £. 500.000 mensili dalla data della delibera alla reintegrazione nelle
precedenti mansioni.
Pur se la questione del danno biologico era stata, dunque, come assume il C. ritualmente e
tempestivamente proposta, la stessa era rimasta inevitabilmente travolta dalla mancanza di appello
(in via principale ovvero incidentale) del dipendente.
Si rileva significativamente dalla sentenza della Corte di appello di Napoli n. 555/2005, oggetto del
giudizio rescindente di cui alla decisione di questa Corte n. 20170/2007, che il C. in quella sede si
era limitato a chiedere il rigetto dell'impugnazione proposta dal Comune di Cerreto Sannita (senza,
dunque, dolersi della mancata pronuncia sul pur prospettato danno biologico).
Non vi dubbio, allora, che su tale domanda si sia formato il giudicato (e ciò già prima della
decisione di questa Corte n. 20170/2007).
Analoghe considerazioni possono esser svolte con riguardo al danno esistenziale (certamente
ulteriore rispetto al danno patrimoniale riconosciuto dal Tribunale di Benevento) dovendosi vieppiù
evidenziare che, contrariamente a quanto avvenuto rispetto al danno biologico, neppure si evince
che la domanda relativa a tale danno sia stata ritualmente avanzata dinanzi al giudice di primo
grado.
Perché possa ritenersi che una determinata questione sia stata sottoposta al contraddittorio con
l'altra parte non è sufficiente il richiamo ad una produzione documentale ma è necessario che in
ordine a quest'ultima siano svolte specifiche deduzioni.
Sul punto il ricorrente si limita a riferire di aver riportato fedelmente dinanzi al Tribunale di
Benevento la "lunga cronistoria" che lo aveva visto protagonista assumendo che da questa si potesse
ricavare l'avvenuta lesione dell'interesse relazionale. Nulla, però, dice in ordine alla circostanza che
di tale interesse sia stata effettivamente denunciata la lesione con chiara allegazione in ordine alla
natura ed alle caratteristiche del pregiudizio medesimo e che sia stata avanzata tempestivamente
specifica richiesta risarcitoria.
Pur a fronte, dunque, di una insufficiente motivazione da parte della Corte territoriale, in rapporto
alle questioni prospettate (solo) in grado di appello, non si riscontrano nelle censure del ricorrente i
necessari presupposti della ancora possibile controvertibilità e della decisività.
11. Il secondo motivo di ricorso principale è fondato.
La Corte territoriale ha escluso la sussistenza di un danno patrimoniale risarcibile considerando che,
ai fini di tale danno, non potesse essere presa in esame l'indennità di vigilanza essendo quest'ultima
sempre intimamente connessa all'effettivo svolgimento della specifica mansione.
Invero va rilevato che, in termini generali, una valutazione dell'ammontare del risarcimento del
danno patrimoniale derivato da un inadempimento datoriale non può essere condotta sul
presupposto di una stretta corrispettività (prestazione/spettanze) assumendo rilevanza la qualità e
quantità della esperienza lavorativa pregressa al solo fine dell'individuazione del parametro da
assumere quale base di calcolo.
Non poteva, dunque, essere ostativa ad una inclusione in tale base dell'indennità prevista per il
personale dell'Area di vigilanza dall'art. 37 del c.c.n.l. del 6/7/1995 la circostanza che si trattasse di
una indennità tipica di tale settore e che il C. fosse stato reintegrato non nelle mansioni di
provenienza bensì in altre a queste equivalenti.
Va, peraltro, operato un distinguo tra l'indennità prevista dall'art. 37 del c.c.n.l. del 6/6/1995 nella
prima parte della lettera b), spettante a tutto il personale dell'Area di vigilanza, ivi compresi i
custodi delle carceri mandamentali, in possesso dei requisiti e per l'esercizio delle funzioni di cui
all'art. 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65 (L. 1.570.000 annue lorde ripartite per 12 mesi) e
l'indennità prevista dalla medesima lett. b), seconda parte, spettante al personale dell'area di
vigilanza non svolgente le funzioni di cui all'art. 5 della citata legge n. 65 del 1986 (L. 930.000 per
12 mesi).
Nel valutare, nella specie, l'ammontare del risarcimento patrimoniale spettante al C. non può non
considerarsi che questi, dal 9/9/2000 al 4/8/2004, come risultante dalla sentenza impugnata, è stato
in aspettativa sindacale con la conseguenza che se fino al 9/9/2000, il danno da illegittimo
trasferimento va quantificato tenendo conto dell'indennità prevista in caso di effettivo esercizio
delle funzioni di cui all'art. 5 della legge 7 marzo 1986 n. 65 (esercizio precluso al C. in
conseguenza dell'illegittimo trasferimento, irrilevante essendo la disposta reintegra in mansioni solo
equivalenti e non nelle medesime mansioni), per il periodo successivo a tale data il danno va
quantificato tenendo solo conto dell'indennità minore, spettante a prescindere dall’esercizio
effettivo delle funzioni di cui al citato art. 5 e per il solo fatto di appartenere all'Area di vigilanza
(fermo restando, nel complesso, il limite costituito dalla pronuncia del Tribunale di Benevento,
appellata solo dal Comune e, in punto di risarcimento, non anche dal C. ).
12. Così accolto il secondo motivo di ricorso principale (rigettato il primo ed assorbito il terzo) e
respinti quelli oggetto di ricorso incidentale, la impugnata sentenza va, dunque, cassata, in relazione
ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione, la quale
provvederà sulla domanda risarcitoria del danno da demansionamento applicando i principi e le
indicazioni di cui sopra e statuirà anche sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; accoglie per quanto di ragione il ricorso principale cassa la impugnata
sentenza in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di
Salerno in diversa composizione. Rigetta il ricorso incidentale.

sabato 26 ottobre 2013

La nota della Confesercenti sulle modifiche agli artt. 68 e 69 del Tulps

Modifiche agli articoli 68 e 69 del TULPS (norme sulle attività di intrattenimento e spettacolo, anche in pubblici esercizi) effettuate dal “decreto cultura”.

La legge 7 ottobre 2013, n. 112, con cui è stato convertito il cosiddetto “decreto cultura” (decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante: «Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attivita' culturali e del turismo.»), ha aggiunto al testo originario del provvedimento, nell’art. 7 (Misure urgenti per la promozione della musica di giovani artisti e compositori emergenti, nonché' degli eventi di spettacolo dal vivo di portata minore), un comma 8-bis, che contiene modifiche agli articoli 68 e 69 del R.D. n. 773/31, Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza, norme che riguardano, rispettivamente, “spettacoli o trattenimenti in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico” e “pubblici trattenimenti dati per mestiere”.
Allegati:
Allegato Circolare Ufficio Legislativo.pdf

Precedente post del 6 ottobre 2013:

Nuove risoluzioni Ministero Sviluppo Economico

· Risoluzione n. 153333 del 23 settembre 2013 - D.lgs. 26 marzo 2010, n. 59 Art. 71, comma 6, lettera c). Requisito professionale – Valutazione titolo di studio - Diploma quinquennale di “Tecnico dei Servizi Turistici”.

· Risoluzione n. 153565 del 23 settembre 2013 - Attività di produzione di pane – Occupazione con tavolini di suolo pubblico antistante il locale

· Risoluzione n. 147706 del 12 settembre 2013 - Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. – Articolo 64 – Quesito in materia di programmazione comunale pubblici esercizi

· Risoluzione n. 146930 del 11 settembre 2013 - Attività su area pubblica in chiosco

· Risoluzione n. 146543 del 10 settembre 2013 - Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. - Articolo 71, comma 6, lettera b) - Quesito in merito alla qualificazione professionale – Impiegato ccnl artigiano alimentare

· Risoluzione n. 146555 del 10 settembre 2013 - Quesito in materia di coesistenza di due attività commerciali di somministrazione di alimenti e bevande e vendita al dettaglio nell’ambito spaziale di un medesimo locale commerciale

· Risoluzione n. 146555 del 10 settembre 2013 - Quesito in materia di coesistenza di due attività commerciali di somministrazione di alimenti e bevande e vendita al dettaglio nell’ambito spaziale di un medesimo locale commerciale

· Interporto Rivalta Scrivia Spa – Tortona (AL). SCIA del 4 settembre 2013 - Ampliamento del proprio impianto dei locali da 92 a 99 di complessivi mq. 49.145 coperti.

· Risoluzione n. 128169 del 29 luglio 2013 - Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. – Articolo 71, comma 6, lettera b) – Requisito professionale – Direttore Tecnico albergo con part-time al 44, 44%

· Risoluzione n. 128294 del 29 luglio 2013 - Figura del preposto negli esercizi di commercio al dettaglio e per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande

· Risoluzione n. 127587 del 26 luglio 2013 - Quesito in merito all’obbligo o meno da parte del comune di richiedere il DURC nel caso di assegnazione temporanea di un posteggio.

· Risoluzione n. 127611 del 26 luglio 2013 - Quesiti su destinazione d'uso di locale e legittimità della previsione amministrativa di una superficie minima per l'esercizio di attività commerciale al dettaglio.

· DPCM del 23 luglio 2013 - Modifica composizione del Consiglio nazionale dei consumatori e utenti

· Risoluzione n. 121101 del 17 luglio 2013 - Commercio su aree pubbliche in forma itinerante – SCIA o autorizzazione

· Risoluzione n. 113203 del 4 luglio 2013 – Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 e s.m.i. – Esercizi di vicinato

· Risoluzione n. 113265 del 4 luglio 2013 – Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. - Articolo 71, comma 6, lettera b) – Requisiti professionali - Imprenditore agricolo titolare di attività agrituristica

· Risoluzione n. 113265 del 4 luglio 2013 – Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. - Articolo 71, comma 6, lettera b) – Requisiti professionali - Imprenditore agricolo titolare di attività agrituristica

· Risoluzione n. 113275 del 4 luglio 2013 – Impresa agricola e impresa commerciale con medesima partita IVA – Quesito

· Risoluzione n. 113316 del 4 luglio 2013 – Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 – Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. – Attività di commercio sulle aree pubbliche – Problematiche relative a soggetti “senza fissa dimora”

· Risoluzione n. 113320 del 4 luglio 2013 – Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 – Articolo 71, comma 6, lettera b), e s. m .i - Quesito in materia di requisiti professionali

· Risoluzione n. 113325 del 4 luglio 2013 – Attività artigianale/gelateria - Consumo sul posto

· Risoluzione n. 113335 del 4 luglio 2013 - Legge 14 gennaio 2013, n. 9, art. 11 “Disciplina sulla vendita sottocosto degli oli di oliva extra vergini” – D.P.R. 6 aprile 2001, n. 218 “Regolamento recante disciplina delle vendite sottocosto”

· Risoluzione n. 98416 del 12 giugno 2013 - Attività di catering/banqueting - Attività di somministrazione di alimenti e bevande – Richiesta parere

· Risoluzione n. 98428 del 12 giugno 2013 - Esercizio nel medesimo locale di attività di installazione di videolottery e di somministrazione di alimenti e bevande.

· Risoluzione n. 98428 del 12 giugno 2013 - Esercizio nel medesimo locale di attività di installazione di videolottery e di somministrazione di alimenti e bevande.

· Risoluzione n. 98452 del 12 giugno 2013 – Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. – Articolo 71, comma 6, lettera c) – Requisiti professionali – Laurea in Economia e imprese del turismo – Classe 17

· Risoluzione n. 97754 del 11 giugno 2013 - Strutture ricettive con somministrazione di alimenti e bevande ai soli ospiti - Articolo 71, comma 6 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. – Articolo 8, comma 2, dell’allegato 1 (previsto dall’arti

· Risoluzione n. 97754 del 11 giugno 2013 - Strutture ricettive con somministrazione di alimenti e bevande ai soli ospiti - Articolo 71, comma 6 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. – Articolo 8, comma 2, dell’allegato 1 (previsto dall’arti

· Risoluzione n. 97761 del 11 giugno 2013 - Quesito in materia di vendite sottocosto on line

· Risoluzione n. 96394 del 10 giugno 2013 - Quesito in merito ad attività di somministrazione di alimenti e bevande realizzata in una media struttura di vendita

· Risoluzione n. 96394 del 10 giugno 2013 - Quesito in merito ad attività di somministrazione di alimenti e bevande realizzata in una media struttura di vendita

· Intesa 5 luglio 2012 Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie locali - Posteggi per l'esercio di commercio in aree pubbliche

· Risoluzione n. 87654 del 27 maggio 2013 – Procuratore speciale – Requisiti morali – Richiesta parere

· Risoluzione n. 86872 del 24 maggio 2013 – Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 – Articolo 71, comma 6, lettera b) – Requisiti professionali – Amministratore Unico

· Risoluzione n. 86934 del 24 maggio 2013 – Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. – Articolo 64 – Quesito in materia di SCIA per attività di somministrazione di alimenti e bevande

· Risoluzione n. 86951 del 24 maggio 2013 - Commercio su aree pubbliche – SCIA e autorizzazioni

· Risoluzione n. 74787 del 6 maggio 2013 – Quesito in materia di vendita di prodotti di propria produzione – Produttori industriali

· Risoluzione n. 75893 del 8 maggio 2013 – Attività di vendita con il consumo sul posto e attività di somministrazione di alimenti e bevande

· Risoluzione n. 75893 del 8 maggio 2013 – Attività di vendita con il consumo sul posto e attività di somministrazione di alimenti e bevande

· Risoluzione n. 74843 del 6 maggio 2013 – Effetti delle pene accessorie di natura interdittiva ed efficacia ostativa di sentenza di condanna a pena condonata inflitta ai sensi dell’articolo 444 c.p.p.