mercoledì 26 giugno 2019

“bollino blu” alle discoteche sicure




Pronta una bozza di protocollo messa a punto insieme alle associazioni di categoria
«Il divertimento gestito e controllato è più sicuro», ha detto il ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha incontrato questa mattina i rappresentanti delle maggiori associazioni del settore dei locali di divertimento. Con loro, ha discusso una bozza di protocollo per migliorare la sicurezza nelle sale da ballo e in occasione di altre iniziative di intrattenimento, che sarà firmata a breve.

Nel protocollo, ha spiegato il ministro, «chiediamo un maggiore sforzo in termini di prevenzione e controllo ai gestori dei locali, e garantiamo maggiori interventi per prevenire l’abusivismo e minor burocrazia». Saranno coinvolti in questa iniziativa anche la Siae e i comuni.

Presenti in conferenza stampa il capo della Polizia Franco Gabrielli e i rappresentanti delle associazioni di categoria: Maurizio Pasca (Silb Fipe), Luciano Zanch (Asso Intrattenimento) e Mauro Maggi (Fiepet Confesercenti).

mercoledì 19 giugno 2019

Esercizio di attività o mestieri rumorosi: quando il disturbo alle persone è reato

I principi espressi dalla Suprema Corte nella sentenza del 13 giugno 2019.

La Corte di Cassazione Penale con sentenza del 13 giugno 2019 ha ribadito che in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, che l'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra: 
a) l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; 
b) il reato di cui al comma primo dell'art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o l'attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; 
c) il reato di cui al comma secondo dell'art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995.
Sulla base di tale chiarimento, la Suprema Corte ha escluso che nella vicenda attenzionata - nella quale gli imputati erano stati condannati penalmente per il reato previsto e punito dall’art. 659 del codice penale perché quali utilizzatori di un locale da ballo arrecavano molestie e disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone residenti nelle immediate adiacenze dei predetto locali diffondendo ad ora tarda musica ad alto volume, chiaramente udibile anche all'esterno - si fosse in presenza di un mero superamento dei limiti di legge fissati per le emissioni sonore, dovendosi così escludere la possibile applicazione della I. n. 447 del 1995, art. 10.
In particolare, la ritenuta esclusione dell’illecito amministrativo e, per contro, la ricorrenza della fattispecie penale è risultata fondata sulla base delle dichiarazioni di tutti i vicini residenti - che lamentavano l'impossibilità di riposare a causa di forti rumori tutto l'arco della giornata fino alle 23 nonché di poter tenere le finestre aperte, le quali - precisa la Corte - coniugate all'accertamento tecnico espletato integrano il reato contestato.
Enrico Michetti
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lunedì 17 giugno 2019

Verbale guida in stato di ebbrezza senza tasso alcolemico

Se manca l’etilometro, come può la polizia stabilire se il conducente è ubriaco o ha bevuto oltre la soglia?

Immagina di essere uscito da una festa nel corso della quale hai bevuto più del dovuto. Non avendo trovato nessuno che ti accompagnasse a casa, hai deciso di metterti ugualmente al volante della tua auto. Il caso ha voluto però che, a pochi metri, ti abbia fermato una pattuglia della polizia, insospettita dalla traiettoria un po’ irregolare della tua guida. A quel punto, gli agenti ti hanno chiesto di scendere, ti hanno fatto camminare lungo la linea bianca al margine della strada e di alitare forte. Da questi sintomi hanno dedotto che tu fossi ubriaco, perciò, ti hanno multato. Non ti hanno contestato una semplice sanzione amministrativa, ma il reato di guida in stato di ebbrezza. Non avendo tuttavia eseguito la rilevazione con un etilometro, ti viene consegnato un verbale per guida in stato di ebbrezza senza tasso alcolemico. L’omessa indicazione di un dato così rilevante, a tuo avviso, costituisce motivo per ricorrere al giudice. È davvero così? Come fa la polizia a capire che sei ubriaco se non ti fa il test dell’alcol e non ha con sé il famoso “palloncino”? Insomma, è possibile accertare lo stato di ebbrezza senza strumenti elettronici, ma solo sulla base delle impressioni personali degli agenti e dei sintomi manifestati dal conducente? La questione è stata oggetto di una recente sentenza della Cassazione [1].

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La guida in stato di ebbrezza: le sanzioni 

A seconda della quantità di alcol trovata nel sangue al conducente esistono tre diverse sanzioni per la guida in stato di ebbrezza. Le ricordiamo qui di seguito dalla meno grave alla più grave.

Guida in stato di ebbrezza: sanzione amministrativa

Se il tasso alcolemico oscilla tra 0,5 e 0,8g/l, si configura solo un illecito amministrativo: il trasgressore è punito con una sanzione pecuniaria che va da 532 a 2.127 euro; a ciò si aggiunge la sospensione della patente di guida da tre a sei mesi. Non c’è quindi alcun processo penale né viene “macchiata” la fedina penale. Le conseguenze sono le stesse, sul piano amministrativo, di un divieto di sosta o di un autovelox.

Guida in stato di ebbrezza: sanzioni penali

Se, invece, il tasso alcolemico supera gli 0,8 g/l scatta il penale. Infatti, se il tasso rilevato si assesta tra 0,8 g/l e 1,5 g/l le sanzioni sono:

  • ammenda da 800 a 3.200 euro (l’ammenda è aumentata da un terzo alla metà quando il reato è commesso dopo le ore ventidue e prima delle sette del mattino);
  • arresto fino a sei mesi;
  • sospensione della patente di guida da sei mesi a un anno.
Qualora il tasso alcolemico risulti addirittura superiore a 1,5 g/l, scatta:
  • ammenda da 1.500 a 6.000 euro (anche in questo caso, aumentata da un terzo alla metà se il reato è commesso tra le ventidue e le sette del mattino);
  • arresto da sei mesi a un anno;
  • sospensione della patente di guida da uno a due anni (il periodo di sospensione va da due a quattro anni se il veicolo appartiene a persona estranea al reato).
Se il soggetto commette più violazioni nell’arco di due anni, la patente è revocata.

Accertamento guida in stato di ebbrezza in via sintomatica

La giurisprudenza ammette la possibilità di accertare la guida in stato di ebbrezza anche senza l’etilometro. Del resto era ciò che avveniva quando non esistevano ancora strumenti elettronici. In tale ipotesi, la verifica avviene in via sintomatica, ossia sulla base dei sintomi manifestati dal conducente. Quali sono questi indizi? È innanzitutto la guida irregolare o una manovra imprudente a generare il primo sospetto; sospetto che poi deve essere confermato da ulteriori elementi come alito vinoso, gli occhi rossi, il modo di parlare disconnesso, l’incapacità a stare in piedi o a camminare diritto, la perdita del senso di orientamento. Tutti questi elementi possono, quindi, portare la polizia – che non è munita di alcoltest – ad accertare ugualmente la guida in stato di ebbrezza.
Diversamente, gli agenti potrebbero chiedere gli accertamenti accompagnando il conducente presso la questura o la stazione dei carabinieri, a condizione che non sia troppo distante, ove effettuare le prove con gli strumenti elettronici.
In ultima analisi – il che succede in occasione degli incidenti stradali, quando l’automobilista viene trasportato in ospedale – si possono disporre le analisi del sangue da parte dei medici.

Quale sanzione se nel verbale guida in stato di ebbrezza non c’è il tasso alcolemico?

A questo punto, è stato posto un dubbio più che legittimo: se è vero che gli agenti possono accertare la guida in stato di ebbrezza sulla base solo dei sintomi, in assenza di strumenti di precisione, come faranno a comprendere in quale dei tre scaglioni si colloca il responsabile? In buona sostanza, come fa la polizia a capire quanto alcol c’è nel sangue e ad applicare la relativa sanzione?
Un principio del nostro diritto impone che, in assenza di prova certa, non si può contestare un reato a nessuno. Così, per prudenza, alcuni giudici ritengono che, in presenza di elementi sintomatici che evidenzino lo stato di alterazione alcolica, gli agenti possono contestare solo la prima delle tre violazioni: quella cioè con un volume di alcol non superiore a 08 g/l. Siamo, quindi, nell’ambito della semplice sanzione amministrativa e non nel penale.
Invece, nella sentenza in commento, la Cassazione ritiene che, se ben motivata, la contestazione può anche arrivare a contestare la soglia del reato, non importa se ciò avviene sulla base solo dei sintomi evidenziati dal conducente.
«Nell’ambito dell’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza» si legge nella pronuncia in commento, la polizia e quindi anche il «giudice, può ritenere sussistente lo stato di ebbrezza in assenza di accertamento tecnico sulla base di altri elementi sintomatici, previa congrua ed adeguata motivazione in tal senso».
«Non vi è motivo di ritenere che il nuovo sistema sanzionatorio precluda in modo assoluto oggi al giudice di poter dimostrare l’esistenza dello stato di ebbrezza sulla base di circostanze diverse dall’esito degli accertamenti strumentali». L’esame strumentale non costituisce, infatti, una prova legale; per cui il giudice può accertare le varie ipotesi di reato della guida in stato di ebbrezza sulla base di altri elementi sintomatici, ovviamente fornendo adeguata motivazione. Tale situazione era pacificamente riscontrabile nel caso di specie dove il personale medico dell’ospedale ha segnalato l’alterazione del senso di orientamento del ricorrente inducendo a ritenere che il grado di ebbrezza alcolica dell’uomo fosse superiore a quello consentito.
 .laleggepertutti.it

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 5 marzo – 12 giugno 2019, n. 25385
Presidente Di Salvo – Relatore bruno
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza emessa in data 27/4/2018, la Corte di appello di Bologna ha confermato la pronuncia del Tribunale di Piacenza con cui P.A. , ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b); comma 2-bis, era stato condannato alla pena di mesi tre di arresto ed Euro 3000,00 di ammenda con sospensione della patente di guida per anni uno, e fermo amministrativo del veicolo per giorni 180. L’imputato, a cui era stata originariamente contestata la fattispecie di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), era fuoriuscito dalla sede stradale con la propria auto andando ad impattare contro una vettura in sosta e, successivamente, contro il guard-rail. Condotto in ospedale era sottoposto ad esame ematico che accertava una concentrazione alcolica nel sangue pari a 2,72 g/l. Il risultato di tali esami era tuttavia dichiarato inutilizzabile dal Tribunale in quanto il ricorrente non era stato avvertito della facoltà di farsi assistere da un difensore prima di procedere all’accertamento del tasso alcolemico.
I Giudici di merito, anche in assenza di un accertamento strumentale, ritenevano comunque di potere addebitare all’imputato la violazione dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b). Ciò in base alla dinamica dell’incidente stradale occorso, alla sintomatologia rilevata dagli agenti operanti giunti sul posto, ed alla diagnosi effettuata dai sanitari dell’ospedale che, visitato l’imputato in pronto soccorso, avevano constatato un sospetto stato di intossicazione acuta da alcol, certificando le seguenti condizioni: “Orientamento spazio temporale alterato, alitosi alcolica: presente, Altri segni o sintomi sospetti per stato di intossicazione acuta da alcool o sostanze stupefacenti: presenti; Presenta al momento della mia valutazione clinica, segni o sintomi sospetti per uno stato di intossicazione acuta da alcool “.
2. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per Cassazione il P. , a mezzo del difensore, articolando tre motivi di doglianza.
Con il primo, ha dedotto violazione dell’art. 526 c.p.p. e vizio di motivazione. Secondo la difesa la Corte di appello avrebbe restituito valore all’accertamento del tasso alcolemico dichiarato inutilizzabile dal primo Giudice, disinteressandosi dei motivi di appello ed insistendo nel ritenere provata la ricorrenza della ipotesi di cui all’art. 186 C.d.S., lett. b).
Con il secondo motivo si duole della motivazione assunta dalla Corte d’appello con riferimento alla valutazione della sintomatologia osservata nel ricorrente.
In sede di impugnazione la difesa aveva richiamato il contenuto della Tabella ministeriale descrittiva dei principali sintomi correlati ai diversi livelli di concentrazione alcolemica (D.L. 3 agosto 2007, n. 117, art. 6 convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 2 ottobre 2007, n. 160, art. 1), rappresentando che le condizioni del P. , contrariamente a quanto si afferma in sentenza, erano inquadrabili nella fascia che si colloca tra il penalmente irrilevante ed il mero illecito amministrativo. Su tali argomentazioni la Corte di merito non si era pronunciata, incorrendo in una omessa motivazione.
Con il terzo motivo, si duole del trattamento sanzionatorio irrogato e della mancata concessione delle attenuanti generiche, rappresentando che la Corte di appello – che non aveva fornito risposta alle argomentazioni difensive – aveva incentrato la motivazione su una prova dichiarata inutilizzabile dal primo giudice, facendo riferimento all’elevatissimo tasso alcolemico.
Considerato in diritto
1. I motivi di doglianza risultano infondati, pertanto il ricorso deve essere rigettato.
2. I giudici di merito nelle due sentenze conformi, in mancanza di un accertamento strumentale attestante il grado del tasso alcolemico e in presenza di una sintomatologia apprezzata da personale medico del pronto soccorso che ha constatato una sospetta condizione di intossicazione alcolica, hanno ritenuto di affermare la responsabilità del ricorrente in ordine al reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 1 e comma 2, lett. b) e comma 2-bis.
L’orientamento più rigoroso della Corte di legittimità è nel senso di escludere la possibilità di configurare le ipotesi di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) e c) in mancanza di uno specifico accertamento volto a determinare il tasso alcolemico.
Si veda in proposito, ex multis, Sez. 4, sentenza n. 15705 del 20/02/2015 Rv. 263145 – 01, così massimata: “In tema di guida in stato di ebbrezza, pur potendo lo stato di alterazione alcolica essere accertato anche sulla base di elementi sintomatici, in mancanza di alcoltest può ritenersi integrata esclusivamente la fattispecie meno grave prevista dalla lett. a) dell’art. 186 C.d.S., comma 2, imponendosi per le ipotesi aventi rilievo penale, di cui alle successive lett. b) e c), la verifica tecnica dell’effettivo livello di alcool” (Massime precedenti conformi: n. 22239 del 2014 Rv. 259214 – 01; n. 22241 del 2014 Rv. 259222 – 01; n. 36889 del 2014 Rv. 260298 – 01).
Nella motivazione della richiamata sentenza si legge: “Vale ricordare che le ipotesi di guida in stato di ebbrezza previste rispettivamente dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a), b) e c), integrano fattispecie autonome: si tratta di disposizioni in ordine crescente di gravità, modellate sul tasso alcolemico accertato, che sono caratterizzate, tra loro, da un rapporto di reciproca alternatività e, quindi, di incompatibilità (cfr., tra le altre, Sezione 4, 11 febbraio 2010, Pmc. gen. App. Bologna in proc. Nene). Ora, dopo il novum normativo introdotto con la L. 29 luglio 2010, n. 120, art. 33, comma 4, non si tratta più di diversi ipotesi di reato, perché l’ipotesi meno grave di cui alla lett. a) tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro è stata depenalizzata.
La dimostrazione circa la sussistenza dell’una o dell’altra ipotesi presuppone il riscontro rappresentato dal tasso alcolemico. In un sistema che non prevede l’utilizzazione di prove legali è certo ben possibile ricavare l’esistenza dello stato di ebbrezza anche da elementi sintomatici quali l’alito vinoso, l’eloquio sconnesso, l’andatura barcollante, le modalità di guida o altre circostanze che possano far fondatamente presumere l’esistenza dello stato indicato.
Ma, in mancanza dell’accertamento sul tasso alcolemico, se appunto il giudice può formare il suo libero convincimento anche in base alle sole circostanze sintomatiche riferite dagli agenti accerta tori, tale possibilità deve circoscriversi alla sola fattispecie meno grave prevista dall’art. 186, comma 2, lett. a), imponendosi, invece, per le ipotesi più gravi (lett. b) e c) del citato comma 2) l’accertamento tecnico del livello effettivo di alcool (tra le tante, Sezione 4, 5 febbraio 2009, PG in proc. Quintini)”.
Occorre tuttavia dare atto del diverso orientamento interpretativo, a cui in questo caso si deve dare seguito, in considerazione della peculiarità della concreta fattispecie, secondo il quale non vi è motivo di ritenere che il nuovo sistema sanzionatorio precluda in modo assoluto oggi al Giudice di poter dimostrare l’esistenza dello stato di ebbrezza sulla base di circostanze diverse dall’esito degli accertamenti strumentali (Sez. 4, n. 26562 del 26/05/2015, Bertoldo, Rv. 263876; Sez. 4, n. 22241 del 26/02/2014, Addabbo, Rv. 259222; Sez. 4, n. 22239 del 29/01/2014, Politanò, Rv. 259214; Sez. 4, n. 43017 del 12/10/2011, Rizzo, Rv. 251004).
La ratio di tale diverso orientamento trae spunto dalla considerazione che l’esame strumentale non rappresenta una prova legale e, pertanto, il giudice può, dagli elementi sintomatici, ritenere accertate le ipotesi di reato di cui all’art. 186 C.d.S. (“Nel reato di guida in stato di ebbrezza, poiché l’esame strumentale non costituisce una prova legale, l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall’art. 186 C.d.S.” (così Sez. 4, n. 26562 del 26/05/2015, Rv. 263876 – 01).
Naturalmente in tali casi deve esperirsi una valutazione particolarmente attenta e prudente dei sintomi dell’agente.
Ebbene, come ha correttamente sostenuto la Corte territoriale, i sintomi accertati sulla persona del ricorrente da personale medico, tra i quali viene segnalata l’alterazione del senso di orientamento, inducono a ritenere in maniera logica che il grado di ebbrezza alcolica raggiunto dal P. fosse superiore a quello previsto nella lettera a) dell’art. 186 C.d.S..
L’argomentazione in base alla quale la condizione del ricorrente troverebbe corrispondenza nei sintomi rappresentati nella Tabella ministeriale di cui al D.L. n. 117 del 2008, art. 6, nella fascia che si colloca tra il penalmente irrilevante ed il mero illecito amministrativo, non è conferente. Essa contraddice il contenuto della certificazione sanitaria in cui, come si è detto prima, si certifica la sospetta intossicazione acuta da alcol e si attesta una condizione di disorientamento spazio-temporale.
3. Gli ulteriori motivi di ricorso risultano parimenti infondati.
In ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la Corte di merito ha affermato di condividere la scelta del primo Giudice di negare l’invocato beneficio, in considerazione dei precedenti annoverati dal P. , della circostanza dell’avere cagionato un sinistro stradale e dell’elevatissimo tasso alcolemico rilevato sulla sua persona. Orbene, pure volendo epurare tali valutazioni dal richiamo all’elevatissimo tasso alcolemico (essendo stato il certificato di analisi dichiarato inutilizzabile), risulta sufficientemente argomentata la decisione di negare le circostanze attenuanti generiche. La motivazione risulta conforme ai principi delineati da questa Corte di legittimità secondo i quali “Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione” (così, ex multis, Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).
In ordine alla lamentata eccessività del trattamento sanzionatorio, deve rilevarsi che il Giudice ha adempiuto adeguatamente all’obbligo motivazionale, evidenziando gli elementi ritenuti rilevanti ai fini dell’individuazione della pena irrogata, secondo i parametri indicati dall’art. 133 c.p., riconducibili alla gravità del fatto ed alla negativa personalità dei suo autore.
La dosimetria della pena è questione rimessa al prudente apprezzamento del Giudice di merito. In base al principio normativamente codificato all’art. 132 c.p., il quantum della pena da infliggersi, nei limiti della legge, è compito affidato esclusivamente alla valutazione discrezionale del Giudice, che deve compiere tale scelta in base ai parametri di cui all’art. 133 c.p., indicando i motivi che la giustificano.
Trattandosi di una potestà interamente affidata alla discrezionalità del Giudice, il controllo sulla corretta applicazione della legge può essere esercitato soltanto sulla motivazione che sorregge la decisione, la quale deve risultare immune da vizi logici. Ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di Cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142).
4. Al rigetto del ricorso consegue a condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


domenica 16 giugno 2019

Detenzione di materiale pornografico

PERSONALITÀ INDIVIDUALE (REATI CONTRO LA –ARTT. 600-604)
CP Art. 600 quater


Detenzione di materiale pornografico


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - SENTENZA 10 giugno 2019, n.25558MASSIMA

A seguito delle modifiche legislative di cui alla L. n. 38 del 2006, il reato di cui all’art. 600-quater c.p. può configurarsi con due condotte: il procurarsi ed il detenere. Detiene il materiale pedopornografico colui che in precedenza se l’è procurato. Non v’è dubbio che le due forme con cui può manifestarsi detenere ed il procurarsi, anche se sembrano tra loro alternative, hanno tuttavia un elemento comune che è costituito dalla detenzione sia pure momentanea del materiale pedopornografico in capo a colui che se lo procura. Non si tratta di due reati diversi, ma di due diverse modalità di perpetrazione del medesimo reato e quindi le due condotte non possono concorrere tra di loro.

CASUS DECISUS

Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Bergamo, previa dichiarazione di non doversi procedere in relazione al reato di cui all’art. 600 ter c.p. e del reato di cui all’art. 600 quater c.p. i limitatamente alla detenzione del materiale rinvenuto sull’hard disk, esclusa la circostanza aggravante dell’ingente quantità, ha ridotto la pena inflitta a L.W., nella misura di mesi tre e giorni 10 di reclusione ed Euro 800,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 600-quater comma 1 c.p., per la detenzione di materiale pedopornografico contenuta su 3 CD e un file video contenuto in altro CD. Avverso la sentenza il difensore dell’imputato ha depositato due distinti ricorsi per cassazione.


TESTO DELLA SENTENZA

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - SENTENZA 10 giugno 2019, n.25558 - Pres. Liberati – est. Gai

Ritenuto in fatto

1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Bergamo, previa dichiarazione di non doversi procedere in relazione al reato di cui all’art. 600 ter c.p. (capo 1) e del reato di cui all’art. 600 quater c.p. i limitatamente alla detenzione del materiale rinvenuto sull’hard disk, esclusa la circostanza aggravante dell’ingente quantità, ha ridotto la pena inflitta a L.W. , nella misura di mesi tre e giorni 10 di reclusione ed Euro 800,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 600-quater comma 1 c.p., per la detenzione di materiale pedopornografico contenuta su 3 CD e un file video contenuto in altro CD. Fatto accertato il (omissis) .

2. Avverso la sentenza il difensore dell’imputato ha depositato due distinti ricorsi per cassazione (dep. il 21/09/2015 e 31/08/2018), aventi motivi del tutto sovrapponibili, e ne ha chiesto l’annullaments deducendo i motivi qui enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione come dispone l’art. 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla prescrizione dei reati. Secondo il ricorrente, per tutte le imputazioni elevate all’imputato sarebbe già maturata la prescrizione del reato di detenzione di materiale pedopornografico, prima della pronuncia della sentenza in grado di appello. Anche per la residua imputazione di detenzione del materiale pedopornografico, di cui all’art. 600 quater c.p., comma 1, relativa al contenuto dei tre CD e del video contenuto in altro CD, in assenza di conoscenza della creazione dei supporti informatici, trattandosi sicuramente di realizzazione in data antecedente a quella di accertamento, per il principio del favor rei sarebbe maturata la prescrizione del reato.

2.2. Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla prova della minore età dei soggetti raffigurati nei supporti informatici e coinvolti in attività sessuali. Rigetto della richiesta di perizia per stabilire l’età delle persone coinvolte. Rileva il ricorrente di avere chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato subordinato all’espletamento di una perizia, volta a stabilire l’età dei soggetti raffigurati nelle immagini, istanza rigettata dal giudice del merito con violazione dell’art. 438 c.p.p. e art. 111 Cost.. La motivazione della sentenza in punto prova della minore età sarebbe illogica, fondata sulla mera apparenza di 'evidenza' della minore età.

Non sarebbe provato l’elemento materiale del reato, in quanto il mero scaricamento dalla rete delle immagini non integrerebbe il reato, mancherebbe la prova della finalità di divulgazione e distribuzione, anche carente sarebbe l’elemento soggettivo del dolo, non ricavabile dalla mera detenzione del materiale pedopornografico.

2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, in violazione degli artt. 132 e 133 c.p..

3. Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento senza rinvio per prescrizione.



Considerato in diritto



4. - I ricorsi, aventi motivi del tutto identici, sono inammissibili perché contengono censure manifestamente infondate e/o generiche.

5.- Va, anzitutto, rilevo che la censura devoluta nel primo motivo di entrambi i ricorsi, con cui si sostiene la prescrizione del reato di detenzione di materiale pedopornografico di cui all’art. 609 quater c.p., in relazione al contenuto dei tre CD e del video contenuto in altro CD, è manifestamente infondata.

Osserva, il Collegio, che, all’indomani delle modifiche legislative di cui alla L. n. 38 del 2006, il reato di cui all’art. 600-quater c.p. può configurarsi con due condotte: il procurarsi ed il detenere.

Prima della riforma, la norma puniva le condotte, tra loro alternative, del procurarsi, che implica qualsiasi modalità di procacciamento compresa la via telematica, e del disporre, che implica un concetto più ampio della detenzione, allo scopo di rendere la norma sicuramente applicabile anche al possesso di immagini pedopornografiche ottenute mediante l’accesso a siti internet opportunamente protetti. Tutte le attività, telematiche o non, idonee a fare ottenere il materiale pedopornografico al detentore integravano la nozione del procurarsi.

Ora la fattispecie prevede due modalità della condotta e segnatamente il procurarsi e il detenere. Detiene il materiale pedopornografico colui che in precedenza se l’è procurato. Non v’è dubbio che le due forme con cui può manifestarsi detenere ed il procurarsi, anche se sembrano tra loro alternative, hanno tuttavia un elemento comune che è costituito dalla detenzione sia pure momentanea del materiale pedopornografico in capo a colui che se lo procura.

Dai principi dianzi esposti, emerge che non si tratta di due reati diversi, ma di due diverse modalità di perpetrazione del medesimo reato e quindi le due condotte non possono concorrere tra di loro. Esse hanno un elemento comune, che è costituito dalla disponibilità ossia dalla detenzione del materiale pedopornografico. La condotta di procurarsi si consuma al momento dell’accesso sulla rete mentre quelle di detenzione ha carattere permanente e si consuma nel momento in cui perde la disponibilità - di norma - con il sequestro. Invero, il comportamento di colui il quale, dopo essersi procurato materiale pedopornografico, lo detiene, configura un reato commissivo permanente la cui consumazione inizia con il procacciamento del materiale e si perpetua per tutto il tempo in cui permane in capo all’agente la disponibilità del materiale e, quindi, l’illiceità della condotta (Sez. 3, n. 38221 del 25/05/2017, F., Rv. 270994 - 01; Sez. 3, n. 15719 del 23/02/2016, Belloni, Rv. 266581).

Nel caso in esame, il reato si è consumato al momento dell’accertamento e del sequestro avvenuto il 10/04/2008, momento nel quale è cessata la permanenza, a nulla rileva stabilire, come ritiene il ricorrente, il momento nel quale i file sarebbe stati scaricati, momento che rileverebbe nel caso di contestazione, ma non rileva nel caso de quo, di procacciamento. Tenuto conto del termine di cui agli artt. 157 - 161 c.p.p., la prescrizione del reato è maturata al 10/10/2015, in epoca successiva alla pronuncia della sentenza in grado di appello.

Ora, rammenta il Collegio che, in presenza di un ricorso inammissibile, è preclusa la dichiarazione di prescrizione del reato maturato dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello (Sez. 5, n. 15599 del 19/11/2014, Zagarella, Rv. 263119). Un ricorso per cassazione inammissibile, per manifesta infondatezza dei motivi o per altra ragione, 'non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p.' (Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013, Ciaffoni, Rv. 256463, Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv 217266; Sez. 4, n. 18641 del 20/01/2004, Tricomi).

6. Tale è il ricorso con riguardo agli altri motivi che sono inammissibili per manifesta infondatezza/genericità.

Di carattere prettamente fattuale, è il secondo motivo di ricorso con cui si censura la condanna dell’imputato per la detenzione del materiale pedopornografico. Ed invero, oltre a riprodurre le medesime argomentazioni già esposte dinanzi ai giudici di merito, e da quei giudici vagliate e correttamente disattese, la censura in punto affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 600 quater c.p., più che volta a denunciare vizi riconducibili al disposto di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), mira a sollecitare nuovamente una valutazione alternativa delle risultanze processuali non praticabile in questa sede (S.U. n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv 226074).

La motivazione della sentenza di appello, a sostegno della affermazione della responsabilità, non presta il fianco a censure di illogicità e/o contraddittorietà.

La Corte d’appello ha, infatti, espressamente richiamato la sentenza di primo grado che, sul punto affermazione della responsabilità, aveva accertato la detenzione del suddetto materiale, rinvenuto in casa dell’imputato su supporti informatici (CD), dallo stesso scaricato dalla rete e masterizzato su detti supporti. In tale ambito, i giudici del merito hanno chiarito, in modo congruo, che, attraverso indagini di natura tecnica (cfr. pag. 2 sentenza Tribunale), la p.g. operante aveva dapprima accertato la condivisione di alcuni files pedopornografici del CD da parte di utenti connessi attraverso un server italiano, utenti tra cui compariva l’indirizzo IP 87.4.88.198, che risultava intestato al ricorrente, accertamento che si completava con il sequestro, presso la di lui abitazione, del materiale scambiato e detenuto sui supporti informatici di cui si è detto. Quanto al contenuto, alcun dubbio sulla natura pedopornografica delle immagini che ritraevano minori in pose che mettevano in evidenza le parti intime ed erano intenti ad intrattenere rapporti sessuali con adulti (consulenza tecnica G. ).

Il percorso logico attraverso il quale i Giudici del merito sono pervenuti all’affermazione della responsabilità è pertanto immune da vizio logico ed è conforme a diritto. A fronte di ciò il ricorrente sollecita una diversa ricostruzione dei fatti, non consentita in questa sede, e, per altro verso, non si confronta direttamente e specificatamente con il ragionamento dei giudici del merito che hanno ritenuto provata la detenzione sul rilievo del rinvenimento del materiale contenuti nei CD, materiale che proveniva da file di condivisione attraverso internet, e, in punto accertamento della minore età dei soggetti ritratti, argomentata sulla scorta di quanto emerso dalla consulenza, giudizio di fatto che non appare manifestamente infondato.

Manifestamente infondato è l’ulteriore profilo di censura con riguardo al rigetto della richiesta di perizia, avanzata dall’imputato in sede di richiesta di giudizio abbreviato condizionato, respinto dal giudice, a cui aveva fatto seguito la richiesta di essere giudicato con il rito abbreviato 'secco', sicché non può ora dolersi, il ricorrente, a fronte della scelta di essere giudicato ex art. 438 c.p.p., comma 1, del mancato espletamento della perizia per accertare l’età dei soggetti ritratti.

Quanto al profilo del dolo del reato, esso è, parimenti manifestamente infondato, sul rilievo che, stante la natura di dolo generico, Sez. 3, n. 40437 del 17/01/2018, A, Rv. 274059 - 01), la prova del dolo del reato di detenzione di materiale pedopornografico, di cui all’art. 600-quater c.p., può desumersi dal solo fatto che quanto scaricato sia stato collocato in supporti informatici diversi (Sez. 3, n. 48175 del 15/09/2017, B., Rv. 271150 - 01), non essendo necessaria la finalità di divulgazione. L’imputato deteneva in materiale in contestazione su supporti informatici scaricati dalla rete internet mediante programmi di condivisione.

7. Di carattere generico è il motivo sul trattamento sanzionatorio, lamentandosi genericamente la violazione degli artt. 132 e 133 c.p. e il vizio di motivazione.

Deve rammentarsi che l’obbligo della motivazione in ordine alla entità della pena irrogata deve ritenersi sufficientemente osservato qualora il giudice dichiari di ritenere 'adeguata' o 'congrua' o 'equa' la misura della pena applicata o ritenuta applicabile nel caso concreto, la scelta di tali termini, infatti, è sufficiente a far ritenere che il giudice abbia tenuto conto, intuitivamente e globalmente, di tutti gli elementi previsti dall’art. 133 c.p., principio che deve essere riaffermato nel caso in cui, come quello in esame, la misura della pena irrogata è stata esplicitamente applicata in misura sotto la media edittale che consente di ritenere adeguata la motivazione mediante richiamo ad espressioni del tipo 'pena congrua', 'pena equa' o 'congruo aumento', come pure il richiamo alla gravita del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv 256197; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv. 258356). La determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 c.p..

A tali principi si è attenuta la Corte d’appello che, tenuto conto dei limiti edittali (reclusione fino a tre anni), ha ritenuto congrua la pena base di mesi sette e giorni 15 di reclusione e Euro 1.800,00, pena certamente al di sotto della mediana, ridotta per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche a mesi cinque di reclusione e Euro 1.200 di multa e ridotta per effetto della diminuente del rito abbreviato, alla pena di mesi tre e giorni 10 di reclusione e Euro 800 di multa.

8.- Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza 'versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità', si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. 

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
 neldiritto.it
 

La falsa firma su un verbale dei Carabinieri non integra un falso innocuo

FEDE PUBBLICA (REATI CONTRO LA -ARTT. 453- 498 C.P.)
CP Art. 476

Lombardia, del. n. 153 – Polizia municipale: cessazione dal servizio per mobilità

Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla possibilità di procedere con l’assunzione mediante procedura concorsuale di un agente di Polizia Locale, in sostituzione di altro presente in dotazione organica ed in uscita per mobilità nel corso del 2019.

I magistrati contabili della Lombardia con la deliberazione 153/2019, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 6 maggio, hanno evidenziato che l’articolo 35 bis del d.l. 113/2018 ha ampliato, esclusivamente per il personale appartenente alla Polizia municipale, il limite di spesa per il 2019, introducendo il parametro della stessa spesa sostenuta per il medesimo personale nel 2016, sul presupposto che tale riferimento temporale possa essere considerato maggiormente favorevole.

Nulla, invece, è stato disposto, in relazione alla normativa (articolo 14, comma 7, del d.l. 95/2012) relativa al turn over conseguente al reclutamento di personale derivante da mobilità volontaria, il quale, com’è noto, risulta essere irrilevante e “neutro” non costituendo, ai fini del calcolo della capacità assunzionale, né nuova assunzione per l’ente ricevente, né cessazione per l’ente cedente: quest’ultimo, infatti, potrà sostituire tale unità soltanto ricorrendo, a sua volta, ad un’analoga procedura di mobilità in entrata.

Leggi la deliberazione

CC Sez. Controllo Lombardia del. n. 153 – 19

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Veneto, del. n. 118 – Personale impiegato nel controllo delle violazioni dei limiti di velocità

Un sindaco ha chiesto se, con riguardo alle prescrizioni di cui al comma 12-bis della citata normativa, ai fini della corretta quantificazione della quota del 50% dei proventi derivanti dall’accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità rilevati con apparecchi elettronici sia corretto detrarre da tale quota, oltre alle spese connesse al rilevamento, all’accertamento e alla notifica della violazione, ed a quelle successive relative alla riscossione della sanzione, anche quelle relative alle spese del personale impiegato nella specifica attività di controllo e di accertamento delle violazioni, comprese le attività svolte dal personale amministrativo interno.


I magistrati contabili del Veneto con la deliberazione 118/2019, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo il 3 giugno, hanno richiamato il principio espresso dalla sezione Autonomie con la deliberazione n. 1/2019 secondo cui “Ai fini della corretta quantificazione della quota del 50% dei proventi derivanti dall’accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità, di cui all’art. 142, comma 12-bis del d.lgs. n. 285/1992, attribuita all’ente da cui dipende l’organo accertatore, non devono essere detratte le spese per il personale impiegato nella specifica attività di controllo e di accertamento delle violazioni, le spese connesse al rilevamento, all’accertamento e alla notifica delle stesse e quelle successive relative alla riscossione della sanzione”.


Leggi la deliberazione
CC Sez. Controllo Veneto del. n. 118 – 19
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Piemonte, del. n. 50 – Assunzioni di polizia municipale nell’anno 2019

Un sindaco ha chiesto un parere in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 35 bis del d.l. 113/2018, disciplinante le facoltà assunzionali per il personale di polizia municipale.

I magistrati contabili del Piemonte con la deliberazione 50/2019, pubblicata sul sito della sezione regionale di controllo l’11 giugno, hanno ricordato che tale disposizione ha ampliato, esclusivamente per il personale appartenente alla Polizia municipale, il limite di spesa per il 2019, introducendo il parametro della stessa spesa sostenuta per il medesimo personale nel 2016 (sez. Lombardia, del n. 153/2019).

Il fatto che tale budget sia espresso in termini di valore assoluto di spesa (2016) e non di percentuale di turn over (nella fattispecie di fatto sarebbe il 100% rispetto al 2016) non implica che vengano a modificarsi i criteri di definizione del turn over stesso e in definitiva il significato ormai consolidato di cessazioni dal servizio quale risparmio utile per definire la disponibilità finanziaria da destinare alle assunzioni (sez. Lombardia, del. n. 52/2019 e n. 83/2019).

Leggi la deliberazione
CC Sez. Controllo Piemonte del. n. 50 – 19
self-entilocali.it

sabato 15 giugno 2019

Limitazione all'afflusso e alla circolazione dei veicoli a motore per l'anno 2019 sull'isola di Ischia e sulle isole eolie

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 24 maggio 2019
Modifica del decreto 8 aprile 2019, concernente la limitazione all'afflusso e alla circolazione dei veicoli a motore per l'anno 2019 sull'isola di Ischia. (19A03898) (GU Serie Generale n.138 del 14-06-2019)

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 24 maggio 2019
Limitazione all'afflusso e alla circolazione dei veicoli a motore per l'anno 2019 sulle isole Eolie. (19A03899) (GU Serie Generale n.138 del 14-06-2019)

Certificati medici attestanti l'idoneita' psicofisica dei conducenti di veicoli a motore


DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 marzo 2019, n. 54
Regolamento recante modifica dell'articolo 331 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, concernente i certificati medici attestanti l'idoneita' psicofisica dei conducenti di veicoli a motore. (19G00061) (GU Serie Generale n.138 del 14-06-2019)
note: Entrata in vigore del provvedimento: 01/06/2019 
 
 
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

  Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;
  Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
  Vista la legge 13 giugno 1991, n. 190, recante la delega al Governo
per  la  revisione  delle  norme  concernenti  la  disciplina   della
circolazione stradale e, in particolare, l'articolo 3;
  Visto il decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.  285,  recante  il
nuovo codice della strada, e, in particolare, gli articoli 119 e 121,
concernenti, rispettivamente, i requisiti fisici e  psichici  per  il
conseguimento e la conferma di validita' della  patente  di  guida  e
l'esame di idoneita' per il conseguimento della patente di guida;
  Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003,  n.  196,  recante  il
codice in materia di protezione dei dati personali,  come  modificato
dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101;
  Visto il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il codice
dell'amministrazione digitale, e, in particolare, il Capo II, Sezione
I;
  Vista la legge 29 luglio 2010,  n.  120,  recante  Disposizioni  in materia di sicurezza stradale e, in particolare,  l'articolo  21,  in materia di rinnovo di validita' della patente di guida;
  Visto il  decreto  legislativo  18  aprile  2011,  n.  59,  recante attuazione delle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE  concernenti  la patente di guida e, in  particolare,  l'allegato  III  concernente  i requisiti minimi di idoneita' fisica e mentale per  la  guida  di  un veicolo a motore;
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre  1992, n. 495, recante il regolamento di esecuzione e attuazione  del  nuovo codice della strada, e, in particolare, l'articolo 331 e  i  relativi modelli di certificazione sanitaria IV-4, IV-5  e  IV-6  allegati  al Titolo IV, Parte II, del regolamento medesimo;
  Considerata  la  necessita'  di  dare  seguito  alle   disposizioni previste  dal  citato  codice  dell'amministrazione   digitale,   che prevedono la progressiva digitalizzazione dei procedimenti, anche  al
fine  di  favorire  il  loro  processo  di  dematerializzazione,  con conseguente riduzione dei termini di conclusione dei  procedimenti  e della documentazione in formato cartaceo;
  Considerata la necessita' di  tutelare  la  riservatezza  dei  dati sanitari contenuti nei documenti attestanti  l'idoneita'  psicofisica alla guida dei conducenti di veicoli a motore;
  Considerato, altresi', necessario informatizzare la  procedura  per il rilascio delle patenti di guida in  sede  di  conseguimento  della stessa ovvero in caso di rilascio di duplicato nonche' di rinnovo  di validita'  e,  conseguentemente,  prevedere  un  unico   modello   di trasmissione del giudizio di idoneita' psicofisica del conducente  di veicolo a motore,  anziche'  i  suindicati  tre  diversi  modelli  di certificazione sanitaria;
  Ritenuto,  pertanto,  di  dover   uniformare   l'applicazione   del richiamato articolo 331 del decreto del Presidente  della  Repubblica n. 495 del 1992 alle  disposizioni  del  codice  dell'amministrazione digitale, prediligendo la trasmissione in via  telematica  dell'esito della visita medica per il  rilascio  della  patente  di  guida  agli uffici del Dipartimento per i trasporti, la navigazione,  gli  affari generali ed il personale del Ministero  delle  infrastrutture  e  dei trasporti;
  Acquisito  il  parere  del  Garante  per  la  protezione  dei  dati personali, espresso nella riunione del 15 febbraio 2018;   Vista la preliminare  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri, adottata nella riunione del 25 ottobre 2018;
  Udito il parere del  Consiglio  di  Stato  espresso  dalla  sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 20 dicembre 2018;   Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri,  adottata  nella riunione del 20 marzo 2019;
  Sulla proposta del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  del Ministro delle infrastrutture e dei  trasporti  di  concerto  con  il Ministro della salute;

Emana
                      il seguente regolamento:

                               Art. 1

Modifiche all’articolo 331 del decreto   del   Presidente   della   Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495

  1. L'articolo 331 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, è sostituito dal seguente:

  «Art. 331 (Art. 119 cod.  sta.)  (Attestazione dei requisiti di idoneità psicofisica alla guida di veicoli a motore). 
-   1.L'attestazione del possesso dei requisiti  di  idoneità  psicofisica necessari per il rilascio della patente di guida  è  comunicata  per via telematica, dal sanitario o dalla commissione  medica  locale  di cui all'articolo 119 del codice, al Ministero delle infrastrutture  e dei  trasporti  secondo  le  modalità  stabilite  con  decreto   del Ministero delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  adottato  previo parere del Garante della protezione dei dati personali, e deve essere conforme al modello  informatizzato  di  cui  all'Allegato  IV.4,  al Titolo IV - Parte II.
  2. Se il medico accertatore ritiene non sussistenti i requisiti  di idoneità per il rilascio o la conferma di validità della patente di guida o di una delle categorie cui essa si riferisce, ovvero  ritiene necessario  imporre  al   richiedente   specifiche   prescrizioni   o adattamenti, ovvero ancora prevede  una  conferma  di  validità  del documento per un termine inferiore a quello  ordinariamente  previsto dall'articolo    126    del    codice,    rilascia    all'interessato un'attestazione adeguatamente motivata avverso la  quale  è  ammesso ricorso nei modi consentiti dall'ordinamento.».
                               Art. 2

            Modifiche dei modelli dei certificati medici

  1. Il modello di certificato medico IV.4, allegato al Titolo IV, Parte II, del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n.  495, è sostituito da quello allegato   al   presente regolamento.  
  2. I modelli di certificati medici IV.5 e IV.6, allegati al Titolo IV, Parte II, del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, sono abrogati.
                               Art. 3

                         Disposizioni finali

  1. Le disposizioni del presente regolamento si applicano dal 1° giugno 2019.
  Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

    Dato a Roma, addi' 28 marzo 2019

                             MATTARELLA

                                  Conte, Presidente del Consiglio dei  ministri

                                  Toninelli,      Ministro      delle infrastrutture e dei trasporti

                                  Grillo, Ministro della salute


Visto, il Guardasigilli: Bonafede

Registrato alla Corte dei conti il 7 maggio 2019
Ufficio controllo atti Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, reg. n. 1, foglio n.973.
                                                             Allegato

                                          Modello IV. 4 Art. 331     

RELAZIONE MEDICA PER IL RILASCIO E LA CONFERMA DI VALIDITA’ DELLA
                          PATENTE DI GUIDA

              Parte di provvedimento in formato grafico