Se manca l’etilometro, come può la polizia stabilire se il conducente è ubriaco o ha bevuto oltre la soglia?
Immagina di essere uscito da una festa nel corso della quale hai bevuto più del dovuto. Non avendo trovato nessuno che ti accompagnasse a casa, hai deciso di metterti ugualmente al volante della tua auto. Il caso ha voluto però che, a pochi metri, ti abbia fermato una pattuglia della polizia, insospettita dalla traiettoria un po’ irregolare della tua guida. A quel punto, gli agenti ti hanno chiesto di scendere, ti hanno fatto camminare lungo la linea bianca al margine della strada e di alitare forte. Da questi sintomi hanno dedotto che tu fossi ubriaco, perciò, ti hanno multato. Non ti hanno contestato una semplice sanzione amministrativa, ma il reato di guida in stato di ebbrezza. Non avendo tuttavia eseguito la rilevazione con un etilometro, ti viene consegnato un verbale per guida in stato di ebbrezza senza tasso alcolemico. L’omessa indicazione di un dato così rilevante, a tuo avviso, costituisce motivo per ricorrere al giudice. È davvero così? Come fa la polizia a capire che sei ubriaco se non ti fa il test dell’alcol e non ha con sé il famoso “palloncino”? Insomma, è possibile accertare lo stato di ebbrezza senza strumenti elettronici, ma solo sulla base delle impressioni personali degli agenti e dei sintomi manifestati dal conducente? La questione è stata oggetto di una recente sentenza della Cassazione [1].
Immagina di essere uscito da una festa nel corso della quale hai bevuto più del dovuto. Non avendo trovato nessuno che ti accompagnasse a casa, hai deciso di metterti ugualmente al volante della tua auto. Il caso ha voluto però che, a pochi metri, ti abbia fermato una pattuglia della polizia, insospettita dalla traiettoria un po’ irregolare della tua guida. A quel punto, gli agenti ti hanno chiesto di scendere, ti hanno fatto camminare lungo la linea bianca al margine della strada e di alitare forte. Da questi sintomi hanno dedotto che tu fossi ubriaco, perciò, ti hanno multato. Non ti hanno contestato una semplice sanzione amministrativa, ma il reato di guida in stato di ebbrezza. Non avendo tuttavia eseguito la rilevazione con un etilometro, ti viene consegnato un verbale per guida in stato di ebbrezza senza tasso alcolemico. L’omessa indicazione di un dato così rilevante, a tuo avviso, costituisce motivo per ricorrere al giudice. È davvero così? Come fa la polizia a capire che sei ubriaco se non ti fa il test dell’alcol e non ha con sé il famoso “palloncino”? Insomma, è possibile accertare lo stato di ebbrezza senza strumenti elettronici, ma solo sulla base delle impressioni personali degli agenti e dei sintomi manifestati dal conducente? La questione è stata oggetto di una recente sentenza della Cassazione [1].
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La guida in stato di ebbrezza: le sanzioni
A seconda della quantità di alcol trovata nel sangue al conducente esistono tre diverse sanzioni per la guida in stato di ebbrezza. Le ricordiamo qui di seguito dalla meno grave alla più grave.
Guida in stato di ebbrezza: sanzione amministrativa
Se il tasso alcolemico oscilla tra 0,5 e 0,8g/l, si configura
solo un illecito amministrativo: il trasgressore è punito con una
sanzione pecuniaria che va da 532 a 2.127 euro; a ciò si aggiunge la sospensione della patente di guida
da tre a sei mesi. Non c’è quindi alcun processo penale né viene
“macchiata” la fedina penale. Le conseguenze sono le stesse, sul piano
amministrativo, di un divieto di sosta o di un autovelox.
Guida in stato di ebbrezza: sanzioni penali
Se, invece, il tasso alcolemico supera gli 0,8 g/l scatta il penale. Infatti, se il tasso rilevato si assesta tra 0,8 g/l e 1,5 g/l le sanzioni sono:
- ammenda da 800 a 3.200 euro (l’ammenda è aumentata da un terzo alla metà quando il reato è commesso dopo le ore ventidue e prima delle sette del mattino);
- arresto fino a sei mesi;
- sospensione della patente di guida da sei mesi a un anno.
Qualora il tasso alcolemico risulti addirittura superiore a 1,5 g/l, scatta:
- ammenda da 1.500 a 6.000 euro (anche in questo caso, aumentata da un terzo alla metà se il reato è commesso tra le ventidue e le sette del mattino);
- arresto da sei mesi a un anno;
- sospensione della patente di guida da uno a due anni (il periodo di sospensione va da due a quattro anni se il veicolo appartiene a persona estranea al reato).
Se il soggetto commette più violazioni nell’arco di due anni, la patente è revocata.
Accertamento guida in stato di ebbrezza in via sintomatica
La giurisprudenza ammette la possibilità di accertare la guida in stato di ebbrezza
anche senza l’etilometro. Del resto era ciò che avveniva quando non
esistevano ancora strumenti elettronici. In tale ipotesi, la verifica
avviene in via sintomatica, ossia sulla base dei sintomi
manifestati dal conducente. Quali sono questi indizi? È innanzitutto la
guida irregolare o una manovra imprudente a generare il primo sospetto;
sospetto che poi deve essere confermato da ulteriori elementi come alito vinoso, gli occhi rossi, il modo di parlare disconnesso, l’incapacità a stare in piedi o a camminare diritto,
la perdita del senso di orientamento. Tutti questi elementi possono,
quindi, portare la polizia – che non è munita di alcoltest – ad
accertare ugualmente la guida in stato di ebbrezza.
Diversamente, gli agenti potrebbero chiedere gli accertamenti
accompagnando il conducente presso la questura o la stazione dei
carabinieri, a condizione che non sia troppo distante, ove effettuare le
prove con gli strumenti elettronici.
In ultima analisi – il che succede in occasione degli incidenti
stradali, quando l’automobilista viene trasportato in ospedale – si
possono disporre le analisi del sangue da parte dei medici.
Quale sanzione se nel verbale guida in stato di ebbrezza non c’è il tasso alcolemico?
A questo punto, è stato posto un dubbio più che legittimo: se è vero che gli agenti possono accertare la guida in stato di ebbrezza
sulla base solo dei sintomi, in assenza di strumenti di precisione,
come faranno a comprendere in quale dei tre scaglioni si colloca il
responsabile? In buona sostanza, come fa la polizia a capire quanto
alcol c’è nel sangue e ad applicare la relativa sanzione?
Un principio del nostro diritto impone che, in assenza di prova
certa, non si può contestare un reato a nessuno. Così, per prudenza,
alcuni giudici ritengono che, in presenza di elementi sintomatici che
evidenzino lo stato di alterazione alcolica, gli agenti possono
contestare solo la prima delle tre violazioni: quella cioè con un volume
di alcol non superiore a 08 g/l. Siamo, quindi, nell’ambito della
semplice sanzione amministrativa e non nel penale.
Invece, nella sentenza in commento, la Cassazione ritiene che, se ben
motivata, la contestazione può anche arrivare a contestare la soglia
del reato, non importa se ciò avviene sulla base solo dei sintomi evidenziati dal conducente.
«Nell’ambito dell’accertamento del reato di guida in stato di
ebbrezza» si legge nella pronuncia in commento, la polizia e quindi
anche il «giudice, può ritenere sussistente lo stato di ebbrezza in
assenza di accertamento tecnico sulla base di altri elementi
sintomatici, previa congrua ed adeguata motivazione in tal senso».
«Non vi è motivo di ritenere che il nuovo sistema sanzionatorio
precluda in modo assoluto oggi al giudice di poter dimostrare
l’esistenza dello stato di ebbrezza sulla base di circostanze diverse
dall’esito degli accertamenti strumentali». L’esame strumentale non
costituisce, infatti, una prova legale; per cui il giudice può accertare
le varie ipotesi di reato della guida in stato di ebbrezza sulla base
di altri elementi sintomatici, ovviamente fornendo adeguata motivazione.
Tale situazione era pacificamente riscontrabile nel caso di specie dove
il personale medico dell’ospedale ha segnalato l’alterazione del senso di orientamento del ricorrente inducendo a ritenere che il grado di ebbrezza alcolica dell’uomo fosse superiore a quello consentito.
.laleggepertutti.it
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 5 marzo – 12 giugno 2019, n. 25385
Presidente Di Salvo – Relatore bruno
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza emessa in data 27/4/2018, la Corte di appello di
Bologna ha confermato la pronuncia del Tribunale di Piacenza con cui
P.A. , ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma
2, lett. b); comma 2-bis, era stato condannato alla pena di mesi tre di
arresto ed Euro 3000,00 di ammenda con sospensione della patente di
guida per anni uno, e fermo amministrativo del veicolo per giorni 180.
L’imputato, a cui era stata originariamente contestata la fattispecie di
cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), era fuoriuscito dalla sede
stradale con la propria auto andando ad impattare contro una vettura in
sosta e, successivamente, contro il guard-rail. Condotto in ospedale era
sottoposto ad esame ematico che accertava una concentrazione alcolica
nel sangue pari a 2,72 g/l. Il risultato di tali esami era tuttavia
dichiarato inutilizzabile dal Tribunale in quanto il ricorrente non era
stato avvertito della facoltà di farsi assistere da un difensore prima
di procedere all’accertamento del tasso alcolemico.
I Giudici di merito, anche in assenza di un accertamento strumentale,
ritenevano comunque di potere addebitare all’imputato la violazione
dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b). Ciò in base alla dinamica
dell’incidente stradale occorso, alla sintomatologia rilevata dagli
agenti operanti giunti sul posto, ed alla diagnosi effettuata dai
sanitari dell’ospedale che, visitato l’imputato in pronto soccorso,
avevano constatato un sospetto stato di intossicazione acuta da alcol,
certificando le seguenti condizioni: “Orientamento spazio temporale
alterato, alitosi alcolica: presente, Altri segni o sintomi sospetti per
stato di intossicazione acuta da alcool o sostanze stupefacenti:
presenti; Presenta al momento della mia valutazione clinica, segni o
sintomi sospetti per uno stato di intossicazione acuta da alcool “.
2. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per Cassazione
il P. , a mezzo del difensore, articolando tre motivi di doglianza.
Con il primo, ha dedotto violazione dell’art. 526 c.p.p. e vizio di
motivazione. Secondo la difesa la Corte di appello avrebbe restituito
valore all’accertamento del tasso alcolemico dichiarato inutilizzabile
dal primo Giudice, disinteressandosi dei motivi di appello ed insistendo
nel ritenere provata la ricorrenza della ipotesi di cui all’art. 186
C.d.S., lett. b).
Con il secondo motivo si duole della motivazione assunta dalla Corte
d’appello con riferimento alla valutazione della sintomatologia
osservata nel ricorrente.
In sede di impugnazione la difesa aveva richiamato il contenuto della
Tabella ministeriale descrittiva dei principali sintomi correlati ai
diversi livelli di concentrazione alcolemica (D.L. 3 agosto 2007, n.
117, art. 6 convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 2 ottobre
2007, n. 160, art. 1), rappresentando che le condizioni del P. ,
contrariamente a quanto si afferma in sentenza, erano inquadrabili nella
fascia che si colloca tra il penalmente irrilevante ed il mero illecito
amministrativo. Su tali argomentazioni la Corte di merito non si era
pronunciata, incorrendo in una omessa motivazione.
Con il terzo motivo, si duole del trattamento sanzionatorio irrogato e
della mancata concessione delle attenuanti generiche, rappresentando
che la Corte di appello – che non aveva fornito risposta alle
argomentazioni difensive – aveva incentrato la motivazione su una prova
dichiarata inutilizzabile dal primo giudice, facendo riferimento
all’elevatissimo tasso alcolemico.
Considerato in diritto
1. I motivi di doglianza risultano infondati, pertanto il ricorso deve essere rigettato.
2. I giudici di merito nelle due sentenze conformi, in mancanza di un
accertamento strumentale attestante il grado del tasso alcolemico e in
presenza di una sintomatologia apprezzata da personale medico del pronto
soccorso che ha constatato una sospetta condizione di intossicazione
alcolica, hanno ritenuto di affermare la responsabilità del ricorrente
in ordine al reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 1 e comma 2, lett.
b) e comma 2-bis.
L’orientamento più rigoroso della Corte di legittimità è nel senso di
escludere la possibilità di configurare le ipotesi di cui all’art. 186,
comma 2, lett. b) e c) in mancanza di uno specifico accertamento volto a
determinare il tasso alcolemico.
Si veda in proposito, ex multis, Sez. 4, sentenza n. 15705 del
20/02/2015 Rv. 263145 – 01, così massimata: “In tema di guida in stato
di ebbrezza, pur potendo lo stato di alterazione alcolica essere
accertato anche sulla base di elementi sintomatici, in mancanza di
alcoltest può ritenersi integrata esclusivamente la fattispecie meno
grave prevista dalla lett. a) dell’art. 186 C.d.S., comma 2, imponendosi
per le ipotesi aventi rilievo penale, di cui alle successive lett. b) e
c), la verifica tecnica dell’effettivo livello di alcool” (Massime
precedenti conformi: n. 22239 del 2014 Rv. 259214 – 01; n. 22241 del
2014 Rv. 259222 – 01; n. 36889 del 2014 Rv. 260298 – 01).
Nella motivazione della richiamata sentenza si legge: “Vale ricordare
che le ipotesi di guida in stato di ebbrezza previste rispettivamente
dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a), b) e c), integrano fattispecie
autonome: si tratta di disposizioni in ordine crescente di gravità,
modellate sul tasso alcolemico accertato, che sono caratterizzate, tra
loro, da un rapporto di reciproca alternatività e, quindi, di
incompatibilità (cfr., tra le altre, Sezione 4, 11 febbraio 2010, Pmc.
gen. App. Bologna in proc. Nene). Ora, dopo il novum normativo
introdotto con la L. 29 luglio 2010, n. 120, art. 33, comma 4, non si
tratta più di diversi ipotesi di reato, perché l’ipotesi meno grave di
cui alla lett. a) tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8
grammi per litro è stata depenalizzata.
La dimostrazione circa la sussistenza dell’una o dell’altra ipotesi
presuppone il riscontro rappresentato dal tasso alcolemico. In un
sistema che non prevede l’utilizzazione di prove legali è certo ben
possibile ricavare l’esistenza dello stato di ebbrezza anche da elementi
sintomatici quali l’alito vinoso, l’eloquio sconnesso, l’andatura
barcollante, le modalità di guida o altre circostanze che possano far
fondatamente presumere l’esistenza dello stato indicato.
Ma, in mancanza dell’accertamento sul tasso alcolemico, se appunto il
giudice può formare il suo libero convincimento anche in base alle sole
circostanze sintomatiche riferite dagli agenti accerta tori, tale
possibilità deve circoscriversi alla sola fattispecie meno grave
prevista dall’art. 186, comma 2, lett. a), imponendosi, invece, per le
ipotesi più gravi (lett. b) e c) del citato comma 2) l’accertamento
tecnico del livello effettivo di alcool (tra le tante, Sezione 4, 5
febbraio 2009, PG in proc. Quintini)”.
Occorre tuttavia dare atto del diverso orientamento interpretativo, a
cui in questo caso si deve dare seguito, in considerazione della
peculiarità della concreta fattispecie, secondo il quale non vi è motivo
di ritenere che il nuovo sistema sanzionatorio precluda in modo
assoluto oggi al Giudice di poter dimostrare l’esistenza dello stato di
ebbrezza sulla base di circostanze diverse dall’esito degli accertamenti
strumentali (Sez. 4, n. 26562 del 26/05/2015, Bertoldo, Rv. 263876;
Sez. 4, n. 22241 del 26/02/2014, Addabbo, Rv. 259222; Sez. 4, n. 22239
del 29/01/2014, Politanò, Rv. 259214; Sez. 4, n. 43017 del 12/10/2011,
Rizzo, Rv. 251004).
La ratio di tale diverso orientamento trae spunto dalla
considerazione che l’esame strumentale non rappresenta una prova legale
e, pertanto, il giudice può, dagli elementi sintomatici, ritenere
accertate le ipotesi di reato di cui all’art. 186 C.d.S. (“Nel reato di
guida in stato di ebbrezza, poiché l’esame strumentale non costituisce
una prova legale, l’accertamento della concentrazione alcolica può
avvenire in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato
previste dall’art. 186 C.d.S.” (così Sez. 4, n. 26562 del 26/05/2015,
Rv. 263876 – 01).
Naturalmente in tali casi deve esperirsi una valutazione particolarmente attenta e prudente dei sintomi dell’agente.
Ebbene, come ha correttamente sostenuto la Corte territoriale, i
sintomi accertati sulla persona del ricorrente da personale medico, tra i
quali viene segnalata l’alterazione del senso di orientamento, inducono
a ritenere in maniera logica che il grado di ebbrezza alcolica
raggiunto dal P. fosse superiore a quello previsto nella lettera a)
dell’art. 186 C.d.S..
L’argomentazione in base alla quale la condizione del ricorrente
troverebbe corrispondenza nei sintomi rappresentati nella Tabella
ministeriale di cui al D.L. n. 117 del 2008, art. 6, nella fascia che si
colloca tra il penalmente irrilevante ed il mero illecito
amministrativo, non è conferente. Essa contraddice il contenuto della
certificazione sanitaria in cui, come si è detto prima, si certifica la
sospetta intossicazione acuta da alcol e si attesta una condizione di
disorientamento spazio-temporale.
3. Gli ulteriori motivi di ricorso risultano parimenti infondati.
In ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche, la Corte di merito ha affermato di condividere la scelta del
primo Giudice di negare l’invocato beneficio, in considerazione dei
precedenti annoverati dal P. , della circostanza dell’avere cagionato un
sinistro stradale e dell’elevatissimo tasso alcolemico rilevato sulla
sua persona. Orbene, pure volendo epurare tali valutazioni dal richiamo
all’elevatissimo tasso alcolemico (essendo stato il certificato di
analisi dichiarato inutilizzabile), risulta sufficientemente argomentata
la decisione di negare le circostanze attenuanti generiche. La
motivazione risulta conforme ai principi delineati da questa Corte di
legittimità secondo i quali “Nel motivare il diniego della concessione
delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in
considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle
parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo
tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione” (così, ex
multis, Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).
In ordine alla lamentata eccessività del trattamento sanzionatorio,
deve rilevarsi che il Giudice ha adempiuto adeguatamente all’obbligo
motivazionale, evidenziando gli elementi ritenuti rilevanti ai fini
dell’individuazione della pena irrogata, secondo i parametri indicati
dall’art. 133 c.p., riconducibili alla gravità del fatto ed alla
negativa personalità dei suo autore.
La dosimetria della pena è questione rimessa al prudente
apprezzamento del Giudice di merito. In base al principio normativamente
codificato all’art. 132 c.p., il quantum della pena da infliggersi, nei
limiti della legge, è compito affidato esclusivamente alla valutazione
discrezionale del Giudice, che deve compiere tale scelta in base ai
parametri di cui all’art. 133 c.p., indicando i motivi che la
giustificano.
Trattandosi di una potestà interamente affidata alla discrezionalità
del Giudice, il controllo sulla corretta applicazione della legge può
essere esercitato soltanto sulla motivazione che sorregge la decisione,
la quale deve risultare immune da vizi logici. Ne discende che è
inammissibile la censura che, nel giudizio di Cassazione, miri ad una
nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non
sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez. 5, n.
5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142).
4. Al rigetto del ricorso consegue a condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.