mercoledì 25 settembre 2013

"Ni" all'accertamento sintomatico


Lo stato di ebbrezza può essere accertato, per tutte le ipotesi di reato oggi previste dall’articolo 186 del Codice della Strada, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale , ma ATTENZIONE, ogni scusa è buona per non far raggiungere la prova idonea ad attestare, oltre ogni ragionevole dubbio, la condotta criminosa dell'imputato, prevista dalla legge (art. 186, comma 2 lettera b) e c), e ricordiamoci, infine, che ogni testa è un TRIBUNALE!!!.
Le sentenze sotto riportate ne sono la dimostrazione.
Mario Serio
Rriproduzione Riservata




Suprema Corte di Cassazione,
sezione IV
sentenza n. 48251 del 13 dicembre 2012

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Suprema Corte di Cassazione,
sezione IV
sentenza n. 2568 del 17 gennaio 2013
la Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è più previsto dalle legge come reato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.11.2012.

Suprema Corte di Cassazione,
sezione VII
sentenza n. 5517 del 04 febbraio 2013
Ritenuta l'ipotesi di cui all'art. 186 comma 2 lett. a) C.d.S., annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non essere il reato ascritto previsto dalla legge come reato.

Suprema Corte di Cassazione,
sezione IV
sentenza n. 35303 del 21/08/2013
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 29 gennaio – 29 maggio 2013, n. 23306
Presidente Brusco – Relatore Casella
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 21 febbraio - 27 maggio 2013, n. 22644
Presidente D’Isa – Relatore Esposito
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

 

Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza n. 48251 del 13 dicembre 2012
Ritenuto in fatto

Con sentenza in data 24 febbraio 2012 la corte di appello di Milano confermava la sentenza emessa in data 30.06-2011 dal G.I.P. del Tribunale della stessa città che aveva dichiarato Z. D. responsabile del reato di cui all’articolo 186, comma 2, lett.b) del decreto legislativo 30.04.1992 n. 285 e lo aveva condannato alla pena di mesi uno di arresto ed euro 600 di ammenda, con la sospensione condizionale della pena e la sospensione della patente di guida per la durata di mesi sei.
Avverso tale sentenza lo Z. D. personalmente proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone l’annullamento per il seguente motivo:
1) art. 606 lett. b} c.p.p. per erronea applicazione della legge penale con riguardo alla declaratoria di responsabilità.
Sosteneva il ricorrente che erroneamente i giudici di merito avevano desunto lo stato di ebbrezza penalmente rilevante, riconducibile cioè alla fattispecie di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) del Codice della Strada, sulla base del mero accertamento sintomatico. A seguito infatti della modifica introdotta con la legge 120/2010, che ha depenalizzato l’ipotesi prevista dall’art.l86, comma 2, lett. a} del Codice della Strada, l’accertamento del reato deve essere effettuato necessariamente mediante il ricorso a strumenti tecnici che consentano di determinare il tasso alcolemico in modo certo e incontroverso, ciò che non è accaduto nel caso di specie. Secondo il ricorrente infatti la rilevazione empirica, basata sull’osservazione di soli, presunti elementi sintomatici, poteva al più costituire un mero indizio, da cui si poteva desumere lo stato di ebbrezza, ma non il grado della stessa.
Considerato in diritto
Il ricorso non è fondato.
Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto provata la responsabilità del ricorrente in ordine al reato previsto dall’articolo 186, comma 2, lett. b) del Codice della Strada.
Tanto premesso si osserva che la legge n. 120 del 29 luglio 2010 (disposizioni in tema di sicurezza stradale} ha innovato la precedente disciplina del Codice della Strada in relazione alla fattispecie di cui all’art. 186 lett. a, che è stata depenalizzata e punita soltanto con una sanzione amministrativa.
Tale modifica normativa non esclude però che lo stato di ubriachezza possa essere provato con indici sintomatici.
Peraltro, dal momento che l’ipotesi di cui alla lettera a) dell’art.186 C.d.S. non costituisce più reato, è necessario che il giudice indichi con chiarezza le ragioni per cui ha ritenuto sussistente l’ipotesi criminosa di cui alla lettera b} o alla lettera c).
La giurisprudenza di questa Corte, infatti, ha affermato condivisibilmente (cfr. Cass., sez. 4, Sent. n.48297 del 27.11.2008, Rv. 242392} ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza (pur dopo le modifiche apportate all’art. 186 cod. strada dall’art. 4, comma primo, lett. d), D.L. n. 92 del 2008, conv. con mod. dalla legge n. l25 del 2008), che lo stato di ebbrezza può essere accertato, non soltanto per l’ipotesi di cui alla fascia a) ma anche per quelle più gravi, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale; dovrà comunque essere ravvisata l’ipotesi più lieve quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una delle due altre ipotesi.
Pertanto, se si ammette l’accertamento dello stato di ebbrezza su base sintomatica, dovrà ritenersi consentito l’accertamento sintomatico per tutte le ipotesi di reato oggi previste dall’articolo 186 del Codice della Strada.
E’ ovvio che in tutti i casi in cui, pur avendo il giudice di merito accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, secondo il criterio dell’“oltre ogni ragionevole dubbio”, che la condotta dell’agente possa rientrare nelle due fasce di maggiore gravità, il giudice dovrà ravvisare l’ipotesi più lieve con tutte le conseguenze che ne derivano (in virtù della legge n. l20 del 29 luglio 2010 l’ipotesi prevista dall’art. l86 lett. a del Codice della Strada non è più prevista dalla legge come reato).
Ma nulla vieta che, a fronte di manifestazioni eclatanti di ebbrezza, il giudice, fornendo la sua decisione di adeguata motivazione, possa logicamente ritenere superata una delle due soglie superiori.

E ciò è appunto avvenuto nella fattispecie di cui è causa, come si può evincere dalla lettura della sentenza impugnata. Secondo – i giudici della Corte di appello di Milano, infatti, non poteva essere ritenuta la sussistenza dell’ipotesi più lieve prevista dalla lettera a) dell’art. l86 del Codice della Strada, in quanto sussistevano elementi sintomatici gravi, dal momento che lo Z. D., come riferito dagli agenti operanti, si era allontanato a bordo della sua autovettura a velocità sostenuta, aveva schivato miracolosamente altri veicoli, omettendo di dare la precedenza ai pedoni, aveva attraversato un incrocio incurante del semaforo rosso e quindi si era fermato in un’area di parcheggio accasciandosi sul sedile dell’autovettura. Gli agenti hanno poi riferito che l’imputato, visibilmente ubriaco, aveva con se quattro confezioni di tetrapak di vino del tutto svuotate e aveva rifiutato di sottoporsi all’alcoltest.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma il 29.11.2012

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Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza n. 2568 del 17 gennaio 2013
Ritenuto in fatto
1. – Con sentenza resa in data 1.3.2012, la Corte d’appello di Lecce ha integralmente confermato la sentenza del Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Francavilla Fontata, del 15.3.2011, con la quale F. L. è stato riconosciuto colpevole del reato previsto e punito dall’art. 186, comma 2, c.d.s., per esser stato colto in stato di ebbrezza alla guida del proprio veicolo in Francavilla Fontana il 19.5.2007, e condannato alla pena di dieci giorni di arresto ed euro 300,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali e alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un mese.
2. – Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, rilevando l’erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’articolo 606, lett. b), c.p.p., per avere il giudice a quo omesso di ritenere integrata la meno grave ipotesi di cui all’articolo 186, comma 2 lettera a), c.d.s. (attualmente priva di rilievo penale), in assenza di un accertamento strumentale della condizione di ebbrezza dell’imputato, e in mancanza di ulteriori elementi idonei ad attestare, oltre ogni ragionevole dubbio, l’eventuale integrazione delle più gravi ipotesi previste dalle lettere b) e c) del medesimo articolo 186 c.d.s..
Considerato in diritto
3. – Il ricorso è fondato.
Secondo l’insegnamento di questa Corte (v., da ultimo, Cass., Sez. 4, n. 6889/2011, Rv. 252728; Cass., Sez. 4, n. 28787/2011, Rv. 250714), “ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, lo stato di ebbrezza può essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall’art. 186 c.d.s., con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatico, indipendentemente dall’accertamento strumentale, dovendosi comunque ravvisare l’ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minimo, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una delle due altre ipotesi, che conservano rilievo penale” (v. altresì Cass., Sez. 4, n. 48026/2009, Rv. 245802; Cass., n. 18486/2009; Cass., Sez. 4, n. 48297/2008, Rv. 242392; Cass., Sez. 4, n. 47378/ 2008, Rv. 242765).
Nel caso di specie, la corte distrettuale ha indicato, a fondamento dell’accertamento della responsabilità dell’imputato, il riscontro dell’alito vinoso dell’imputato, nonché la grave portata dell’incidente, resa evidente dalle conseguenze riscontrate dalle forze dell’ordine intervenute.
Da tali premesse, la corte distrettuale ha concluso che il tasso alcolemico riscontrabile sulla persona dell’imputato fosse molto superiore all’entità di 0,5 g/l, in quanto con un tasso superiore di poco a quella soglia “non si va ad urtare un palo dell’illuminazione pubblica con la propria auto senza una ragione specifica, che, peraltro, non è stata indicata dall’appellante”.
Il ragionamento seguito dal giudice del merito, se appare certamente tale da lasciar ritenere sussistente il ricorso di una non irrilevante condizione di ebbrezza dell’imputato, non appare tuttavia in grado di attestare, oltre ogni ragionevole dubbio, che detta condizione di ebbrezza fosse tale da integrare la (sia pur) più lieve ipotesi criminosa prevista dalla legge (art. 186, comma 2 lettera b), c.d.s., che prevede come penalmente rilevante il riscontro di un valore corrispondente a un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l.

Il livello minimo previsto (0,5 g/l) come penalmente rilevante dall’art. 186 c.d.s. vigente all’epoca del fatto (19.5.2007), è considerato, dall’attuale formulazione del medesimo articolo 186 c.d.s., penalmente irrilevante (cfr. l’art. 186, comma 2 lettera a), c.d.s.), ove non sia stata accertato il raggiungimento di un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l.

Deve ritenersi, pertanto, che, nel caso di specie, non sia stata raggiunta una prova idonea ad attestare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’imputato abbia integrato gli estremi sufficienti a ritenere consumata la più lieve ipotesi criminosa ad oggi prevista per legge.
Ne deriva il conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, non essendo il fatto ascritto all’imputato più previsto dalla legge come reato.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è più previsto dalle legge come reato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.11.2012.

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Suprema Corte di Cassazione
sezione VII
sentenza n. 5517 del 04 febbraio 2013
Osserva
Ricorre per cassazione il difensore dl fiducia di E. A. avverso la sentenza emessa in data 28.4.2011 dalla Corte di Appello di Milano che confermava quella del Tribunale di Lecco in data 11.10.2010 con cui il predetto era Stato riconosciuto colpevole del reato dl cui all'art. 186 comma 2 (lett. b) C.d.S. (commesso il 22.8.2006) e condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di giorni 10 di arresto ed € 300,00 di ammenda oltre alla sospensione della patente per giorni 15.
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine al procedimento di rilevazione del tasso alcolemico e della sua misurazione (0,78 e 0,94 g/I) e la mancata applicazione dell'ipotesi (depenalizzata) di cui alla lett. a) del 2° comma dell'art. 186 C.d.S. nella formulazione successivamente entrata in vigore.
In via preliminare ed assorbente va rilevato, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., che "Ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza — che può essere accertato, non soltanto per l'ipotesi di cui alla fascia a) ma anche per quelle più gravi, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall'accertamento strumentale - deve comunque essere ravvisata l'ipotesi più lieve quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente rientri nell'ambito di una delle due altre ipotesi" (Cass. pen. Sez. IV, n. 6889 del 16.12.2011, Rv. 252728).
Sicché nel caso di specie, essendovi state due misurazioni di cui la prima (per giunta quella più prossima all'ingestione dell'alcool) rientrante nei parametri di cui alla lett. a) del 2° comma dell'art. 186 C.d.S., nel testo oggi vigente e non essendo decisiva ai fini della qualificazione dell'ipotesi ravvisabile la sintomatologia rilevata, deve ritenersi per il principio in dubbio pro reo (ex art. 2 comma 4 c.p.), la minore ipotesi sopra indicata della lett. a) del 2° comma dell'art. 186 C.d.S. oggi vigente.
Consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non essere il reato ascritto previsto dalla legge come reato.
P.Q.M.
Ritenuta l'ipotesi di cui all'art. 186 comma 2 lett. a) C.d.S., annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non essere il reato ascritto previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Roma, il 21.11.2012

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Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza n. 35303 del 21/08/2013

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di Pistoia, sezione distaccata di Monsummano Terme, con sentenza in data 15.12.2009, dichiarava N. M. responsabile del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada, commesso in data 4 gennaio 2009, condannando l’imputato alla pena di mesi tre di arresto ed € 2.000,00 di ammenda, concesso il beneficio della sospensione condizionale.
2. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 6.07.2012 in parziale riforma della sentenza del Tribunale, concesse le attenuanti generiche, rideterminava la pena in mesi due dl arresto ed € 1.500,00 di ammenda, e sostituiva la pena detentiva in quella pecuniaria della specie corrispondente pari ad € 2.280,00 dl ammenda. La Corte territoriale considerava accertato il superamento del valore soglia di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada, stante l’attendibilità degli esiti del test alcolimetrico effettuato e tenuto conto della sintomatologia presentata dal prevenuto al momento del controllo, secondo le indicazioni riferite dagli agenti verbalizzanti. La Corte di Appello rigettava la richiesta di sostituzione della pena con quella del lavoro di pubblica utilità, avanzata dalla difesa con memoria ln data 20.06.2012, osservando che la previsione dl cui all’art. 186, comma 9 bis, cod. strada, risulta incompatibile con il giudizio di appello.
3. Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione GF a mezzo del difensore.
Con il primo motivo, la parte deduce l’inosservanza di legge ed il vizio motivazionale. Il ricorrente rileva che gli elementi sintomatici riferiti dall’agente accertatore risultano generici e di significato ambiguo. Sotto altro aspetto, considera che non vi è prova che l’apparecchio utilizzato per il test alcolmetrico sia stato sottoposto alle prescritte verifiche periodiche. Il ricorrente rileva che l’apparecchio in questione era stato attivato da personale diverso da quello che effettuò le due misurazioni nel confronti di N. M. Tanto premesso, l’esponente sottolinea che, nel caso di specie, su entrambi gli scontrini emessi dall’apparecchiatura, all’esito delle due prove effettuate, risulta la dicitura “volume insufficiente”; ritiene che la spiegazione tecnica resa in dibattimento dal teste risulti generica e confusa; ed assume che i risultati siano perciò inutilizzabili. Al riguardo, l’esponente evidenzia che il Giudice di Pace di Monsummano ha accolto l’opposizione avverso l’ordinanza prefettizia di sospensione della patente, proprio sulla base del motivo ora riferito.
Il ricorrente rileva, pertanto, che erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto affidabile l’esito delle prove effettuate, pure a fronte della dicitura “volume insufficiente”. L’esponente fa poi riferimento ad una dichiarazione scritta proveniente dalla ditta produttrice dell’apparecchio, con riguardo al significato da attribuire alla predetta dicitura; e ribadisce che l’immissione di un volume di aria insufficiente fa si che il risultato risulti inattendibile.
Sotto altro aspetto, l’esponente rileva che anche ritenendo acclarato io stato di ebbrezza sulla base degli indici sintomatici riferiti dal verbalizzanti, la fattispecie applicabile è quella di cui all’art. 186, comma 2, lett. a), cod. strada, riguardante le ipotesi in cui il tasso alcolemico è compreso tra 0,5 e 0,8 g/I; e sottolinea che detta fattispecie, per effetto delle modifiche apportate al codice della strada dalla legge n. 120 del 2010, risulta ad oggi priva di rilevanza penale.
Con il secondo motivo la parte deduce l’inosservanza di legge, in riferimento n al disposto di cui all’art. 186, comma 9 bis, cod. strada ed il vizio di motivazione.
L’esponente rileva di avere impugnato la sentenza di primo grado anche in riferimento alla determinazione delle pena e dl avere tempestivamente depositato memoria contenente nuovo motivo di appello, in data 21.06.2012, chiedendo la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità. Osserva di avere pure prodotto documentazione attestante la disponibilità di un ente per l’effettuazione del lavoro di pubblica utilità, con indicazione del relativo programma e degli orari.
Tanto chiarito, la parte evidenzia che la Corte territoriale ha rigettato l’istanza, ritenendo erroneamente che la previsione di cui all’art. 186, comma 9 bis, cod. strada, sia incompatibile con il giudizio di appello. La parte considera che il trattamento sanzionatorio più favorevole, da applicare nel caso di specie, tenuto conto degli assetti sanzionatori dettati dalla riforma del 2010, sia da individuare nel novellato art. 186, comma 9 bis, cod. strada, ove è prevista una inedita ipotesi di estinzione del reato; e ritiene che la sanzione sostitutiva di che trattasi possa essere applicata in ogni fase del giudizio.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dl legge e vizio di motivazione. Osserva che la Corte territoriale, a fronte di specifiche doglianze dedotte nei motivi di appello, relative alla mancata concessione della non menzione ex art. 175 cod. pen. e della sospensione condizionale della pena, ha omesso di esaminare dette questioni ed ha sostituito la pena detentiva con quella pecuniaria della specie corrispondente ai sensi dell’art. 53, legge n. 689/1981.

Considerato in diritto

4. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
4.1 Il primo motivo di doglianza è fondato.
Come noto, la giurisprudenza dl legittimità ha ripetutamente affermato, in riferimento alla prova dello stato di ebbrezza derivante degli esiti delle misurazioni effettuate con le procedure e gli strumenti di cui agli artt. 186 cod. strada e 379 Reg. Es. cod. strada, che allorquando l’alcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa dell’imputato fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l’utilizzo di una errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione, non essendo sufficiente che ci si limiti a contestare la regolarità dell’etilometro ovvero a rilevare la mancata omologazione dell’apparecchio (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 17463 del 24/03/2011, dep. 05/05/2011, Rv. 250324; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 42084 del 04/10/2011, dep. 16/11/2011, Rv. 251117).
4.2 Orbene, tanto premesso, deve osservarsi che, nel caso di specie, le circostanze riferite dai giudici di merito, in ordine agli esiti delle misurazioni effettuate nel confronti di N. M. inducono a rilevare che non sussistono presupposti per poter affermare che l’esame dell’alcoltest sia risultato “positivo”; e, che, di riflesso, le censure dedotte dalla difesa, in ordine al difetto dl prova circa il superamento di un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, risultano fondate.
La Corte di Appello ha dato atto che, su entrambi gli scontrini relativi alle due misurazioni effettuate, risultava sia la dicitura “volume insufficiente”, sia il dato numerico relativo al tasso alcolemico. Non di meno, il Collegio ha ritenuto dirimente l’indicazione relativa al tasso alcolemico, considerando che se la quantità di aria immessa nella strumento fosse stata realmente insufficiente, la macchina non avrebbe potuto registrare alcun dato relativo al tasso di alcol.
Il ragionamento sviluppato dalla Corte territoriale, nei termini ora riferiti, da un lato risulta gravemente carente, poiché muove dalla immotivata obliterazione di un dato fattuale con il quale il giudice del gravame avrebbe dovuto necessariamente confrontarsi, essendo stato specificamente a ciò sollecitato dalla difesa appellante; dall’altro, si risolve in un apprezzamento del compendio probatorio che contrasta con i criteri di logica comune.
Ed invero, l’indicazione, su entrambi i tagliandi rilasciati dall’etilometro, della dicitura “volume insufficiente”, contrasta insanabilmente con la contestuale indicazione, pure presente sugli scontrini, relativa al valore relativo al tasso alcolemico registrato, evenienza quest’ultima che presuppone l’effettuazione di una corretta misurazione del campione di aria alveolare espirato. Come si vede, i giudici di merito hanno omesso di considerare che proprio l’incompatibilità logica tra i dati rilasciati dalla apparecchiatura, in entrambe le misurazioni effettuate, era indicativa del ripetuto malfunzionamento della macchina. E, del tutto illogicamente, hanno ritenuto affidabili i dati relativi al tasso alcolemico, emergenti dalle prove che erano state effettuate, nei confronti di N. M.
L’ordine di considerazioni che precede evidenzia che, nel caso di specie, lo stato di ebbrezza non può ritenersi provato sulla base dell’effettuato alcoltest.
4.3 Tanto chiarito, deve allora considerarsi che la giurisprudenza della Corte regolatrice ha ripetutamente affermato che, nel reato di guida in stato dl ebbrezza, l’esame strumentale non costituisce una prova legale; e che l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire anche in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall’art. 186 cod. strada; e che in tal caso la decisione deve essere sorretta da congrua motivazione (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 27940 del 07/06/2012, dep. 12/07/2012, Rv. 253598).
4.4 La Corte di Appello di Firenze, con riguardo agli elementi sintomatici, indicativi dello stato di ebbrezza, ha rilevato che i verbalizzanti avevano riferito che N. M. presentava alitosi alcolica, eloquio impastato, instabilità e occhi lucidi.
Ebbene, dal generici elementi sintomatici, riferiti dalla Corte di Appello, non emergono circostanze idonee a dimostrare che lo stato di ebbrezza, in cui pure versava N.M. al momento del controllo, sia tale da far rientrare la condotta di guida nell’ambito applicativo del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada, oggetto di addebito; e neppure in altra ipotesi penalmente rilevante contenuta nella norma di cui all’art. 186, cod. strada, a seguito delle modifiche introdotte con Legge 29.07.2010 n. 120. Tanto si afferma, atteso che per effetto dalla novellazione del 2010, la rilevanza penale della condotta, in riferimento alla norma incriminatrice in esame, ricorre – unicamente – qualora risulti accertato un tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi per litro, mentre qualora ricorra un valore superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro, la condotta risulta sanzionata solo in via amministrativa, ai sensi dell’art. 186, comma 2, lett. a), cod. strada.
5. Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Resta assorbita ogni altra ragione di doglianza.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Roma il 13 giugno 2013

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Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 29 gennaio – 29 maggio 2013, n. 23306
Presidente Brusco – Relatore Casella

Ritenuto in fatto


Con sentenza in data 7 marzo 2012, la Corte d'appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza di assoluzione pronunziata il 30 novembre 2010 dal Tribunale di Udine - Sezione staccata di Cividale del Friuli, dichiarò B.A. responsabile della contravvenzione, contestatagli sub capo A della rubrica, di cui all'art. 186, comma 2^ lett. c) cod. strada, commessa in (omissis) allorché fu sorpreso da una pattuglia di Carabinieri alla guida dell'autocarro tg. (omissis), in stato di ebbrezza alcoolica accertato in 2,71 gr./l. in esito ad una sola prova alcoolimetrica eseguita tramite l'apposito etilometro. Per l'effetto l'imputato fu condannato alle pene ed alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, ritenute di giustizia.

Ricorre personalmente il B. per cassazione deducendo un unico motivo per violazione dell'art. 186 cod. strada e per vizio di motivazione, così sintetizzato. SI duole il ricorrente della ritenuta colpevolezza in ordine alla suddetta contravvenzione, in mancanza di due successive misurazioni del tasso alcoolemico, eseguite dall'apposito strumento, non essendo consentito, in difetto, in nome del principio del libero convincimento, che ravvisare la meno grave ipotesi integrante l’illecito amministrativo di cui all'art. 186 lett. a) cod. strada.

Conclude quindi per l'annullamento della impugnata sentenza.
  
Considerato in diritto


Il ricorso è Infondato e deve quindi, per quanto di ragione, esser respinto con il conseguente onere del pagamento delle spese processuali a carico del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen..
l'iter argomentativo seguito dalla Corte d'appello di Trieste per giungere alla riforma della sentenza di assoluzione di primo grado risulta del tutto corretto e conforme a quell'orientamento interpretativo dell'art. 186 cod. strada, testimoniato da numerose pronunzie emesse da questa stessa Corte - condivise dal Collegio - (cfr. Sez. 4 n.38438 del 2006; Sez. 4 n.48297 del 2008; Sez. 4 n. 22774 del 2008; Sez. 4 n.48309 del 2008 - non massimata - Sez. 4 n. 48251 del 2012) secondo il quale, da un lato, in difetto di previsione della "prova legale ", ma valendo tuttavia il principio del libero convincimento del giudice in materia di valutazione della prova, l'accertamento del tasso alcoolemico può esser dimostrato con qualsiasi mezzo e non necessariamente con l'etilometro; dall'altro, una volta novellato l'art. 186 cod. strada dall'art. 4, co.l0 lett. d) D.L. n.92 del 2008 convertito con modificazioni nella L. n. 125 del 2008, lo stato di ebbrezza, egualmente accertato con ogni mezzo e quindi anche su base sintomatica, potrà esser riferito non solo alla ipotesi più lieve di cui alla fascia a) - attualmente depenalizzata - ma anche alle ulteriori e più gravi ipotesi ove si dimostri che la condotta dell'agente a talune di queste sia riconducibile, al di là di ogni ragionevole dubbio. La ratio legis (come acutamente messo in luce dalla motivazione della sentenza impugnata) appare invero improntata, fin dalla previsione dell'inasprimento delle pene anche accessorie (di cui alla recente novella) in proporzione all'aumento del tasso alcool emico, alla obiettiva finalità di contrastare il correlativo aumento della pericolosità per l'incolumità degli altri utenti della strada insita nella circolazione di veicoli (in special modo di quelli a motore) guidati da chi si trovi in stato di ebbrezza. Nel caso di specie i Giudici di seconda istanza hanno ineccepibilmente e logicamente ritenuto la colpevolezza dell'imputato in ordine al reato, cosiccome contestatogli al capo A della rubrica ex art. 186, comma 2^ lett. c) cod. strada: ipotesi più grave appunto integrata da un tasso alcoolemico superiore a 1,5 gr./litro, sulla base di un'eclatante manifestazione di ebbrezza, riscontrata dai Carabinieri all'atto del controllo e congruamente apprezzata in punto di fatto dalla Corte d'appello che ha evidenziato come l'imputato:

- procedesse, alla guida dell'autocarro con "andatura irregolare";
- non fosse in grado di "impegnare l'intersezione stradale, tanto da arrestarsi al centro della carreggiata";
-"pronunciasse frasi sconnesse e non fosse in grado di reggersi sulle gambe".

Ed ha ancora correttamente rimarcato la Corte distrettuale, il dato - di già ex se rilevante - della prima ed unica rilevazione del tasso alcoolemico eseguita con l'etilometro in dotazione alla P.G., pari a 2,71 gr./l. e quindi superiore di oltre cinque volte la soglia della rilevanza penale dello stato di ebbrezza, fissata normativamente nello 0,50 gr./l. Ora, pur trattandosi di un unico esperimento non idoneo a soddisfare le prescrizioni di prova legale dettate dall'art. 379 del regolamento cod. strada, non può revocarsi il dubbio come il tasso di alcool rilevato nel sangue del prevenuto si ponga in logica consequenzialità ed in riscontro indiziario di un rilevante e grave stato di ebbrezza, constato de visu dai Carabinieri di guisa da apparire ragionevolmente plausibile che anche un secondo esperimento strumentale tramite etilometro, eseguito alla distanza temporale prevista, non avrebbe dato un esito di certo inferiore alla rilevazione di 1,50 gr./l. E costituisce dato fattuale del tutto coerente con tale consistente stato di ebbrezza, la stessa impossibilità fisica dell'imputato di effettuare la seconda rilevazione con l'etilometro, di cui peraltro ha dato atto il Giudice di prime cure.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 21 febbraio - 27 maggio 2013, n. 22644
Presidente D’Isa – Relatore Esposito


Ritenuto in fatto


Con sentenza del 28/6/2012 la Corte d’Appello di Milano, escludendo l’aumento di pena per l’aggravante in ragione della ritenuta mancata contestazione, confermava nel resto la sentenza del Tribunale di Varese che aveva dichiarato M.G. responsabile del reato di cui all’art. 186, 1° e 2° lett. b) C.d.S., per aver circolato sulla pubblica via in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche (fatto del 10/3/2008). Con la riduzione del rito, il M. era condannato alla pena di mesi due di arresto e € 4.000,00 di ammenda, con sospensione della patente di guida per un anno.
In fatto era accaduto che il rilievo del tasso alcolmetrico mediante alcoltest non aveva avuto esito a causa delle condizioni psicofisiche dell’imputato; tali da non permettergli di soffiare la quantità minima necessaria per la rilevazione. La responsabilità in relazione al reato in questione era stata ritenuta, pertanto, in ragione della manifestazione, da parte dell’imputato di indici sintomatici inequivoci dello stato di ebbrezza.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, deducendo l’omessa e/o erronea motivazione in punto di riconducibilità della fattispecie contestata nell’alveo dell’art. 186 comma 2 lett. B) c.d.s.; in alternativa l’inosservanza di legge con riferimento al combinato disposto degli artt. 192 C.P.P. e 186 comma 2 lett. B) c.d.s.
Rilevava vizio della motivazione per avere la Corte di merito ritenuto, l’impossibilità (di soffiare nell’etilometro equivalente alla esistenza di un tasso di alcool nel sangue superiore a 0,5 g/l, osservando che i sintomi di ebbrezza etilica sono solo esemplificativi, ma non costituiscono prova ai fini della contravvenzione di cui alla lett. b) dell’art. 186 c.d.s., sicché se il giudice si avvale delle sole circostanze sintomatiche, in difetto di ulteriori accertamenti, il fatto sarà riconducibile alla fattispecie meno grave.

Osservava, di conseguenza, che la condotta accertata poteva essere ritenuta esclusivamente significativa dell’illecito amministrativo di cui alla lett. a) dell’art. 186 c.d.s., per la quale non può essere disposto il rinvio all’autorità amministrativa in ragione del principio di irretroattività, operante anche per tale categoria di illeciti.
Chiedeva, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.


Considerato in diritto
 

Il motivo di ricorso è infondato, sotto entrambi i profili prospettati.
 
Sussiste, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la possibilità di inferire esclusivamente da elementi sintomatici, pur in mancanza dell’accertamento mediante test, il reato di cui all’art. 186 cod. strad. nelle sue differenti specie, anche con riguardo alle ipotesi di reato caratterizzate da più alti livelli alcolmetrici, purché la decisione risulti sorretta da congrua motivazione (Sez. 4, Sentenza n. 43017 del 12/10/2011 Rv. 251004; Sez. 4, Sentenza n. 279 40 del 07/06/2012 Rv. 253598).
 
Nel caso in argomento tale motivazione congrua è ravvisabile, in ragione della evidenziata incapacità dell’istante, per l’effetto dell’ebbrezza alcolica, di collaborare per l’accertamento del livello alcolmetrico mediante l’apparecchiatura a disposizione degli accertatori e per i molteplici ulteriori elementi sintomatici messi in evidenza dalla sentenza di primo grado, idonei a far ritenere superata la soglia di cui alla lett. b) dell’art. 186 cod. str.
Nessun vizio di motivazione o di violazione di legge è pertanto ravvisabile.
Per tutte ragioni esposte il ricorso va rigettato. Il rigetto comporta a carico del ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.