di Massimiliano Atelli (Sole 24 Ore)
Il dies a quo per l’avvio del procedimento disciplinare va individuato nella data della comunicazione integrale della sentenza penale irrevocabile all’amministrazione procedente. Lo ha affermato la sesta sezione del Consiglio di Stato con la decisione n. 4350 del 18 settembre 2015. Il principio di diritto
Secondo consolidato orientamento del Consiglio di Stato, infatti, il termine di 90 giorni per l’instaurazione o la riattivazione del procedimento disciplinare, previsto dalla citata disposizione legislativa, decorre dalla comunicazione della sentenza irrevocabile di condanna all’amministrazione datrice di lavoro, rispondendo tale soluzione alla duplice esigenza di non procrastinare eccessivamente il potere disciplinare dell’amministrazione, così tutelando il diritto del dipendente e, al contempo, di evitare che il termine decorra anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza ed all’avvenuta conoscenza, da parte dell’amministrazione medesima, dell’irrevocabilità della condanna del proprio dipendente, onde impedire che il termine decorra in un periodo, nel quale la predetta amministrazione sia oggettivamente impossibilitata ad esercitare ogni valutazione in ordine all’instaurazione, ovvero alla riattivazione, della procedura disciplinare (v., per tutte, Cons. Stato, sez. III, 27 agosto 2014, n. 4350 ed ivi altri richiami giurisprudenziali).
In tale contesto, si deve escludere che, ai fini dell’identificazione del termine iniziale, assumano rilievo la comunicazione della sentenza penale non irrevocabile alle parti e ai loro difensori, costituente attività interna al processo penale funzionale all’impugnazione del provvedimento giudiziale, o la mera conoscenza di fatto della sentenza di condanna non munito di formale attestazione di irrevocabilità dalla competente cancelleria del giudice penale.
Invero, divenendo la sentenza irrevocabile soltanto in mancanza di proposizione d’impugnazione, non potrebbe pretendersi che l’amministrazione proceda disciplinarmente in base alla comunicazione o alla conoscenza di fatto di pronuncia non ancora irrevocabile, atteso che si tratterebbe di atto disciplinare evidentemente viziato, anche in pregiudizio del dipendente, in quanto, appunto, emesso in assenza di irrevocabilità, ossia sulla base di una condanna non ancora definitiva; restando d’altra parte in facoltà del dipendente condannato di informare il datore di lavoro della situazione di irrevocabilità, in virtù di un proprio interesse, da identificare nella necessità di far decorrere il termine e di non procrastinare sine die il potere disciplinare di parte datoriale, oltreché secondo un dovere di collaborazione inteso alla soddisfazione di esigenze di buona amministrazione che devono governare, in ogni circostanza, lo svolgimento del rapporto di impiego in base al principio stabilito dall'art. 97 Cost.
Il dies a quo per l’avvio del procedimento disciplinare va individuato nella data della comunicazione integrale della sentenza penale irrevocabile all’amministrazione procedente. Lo ha affermato la sesta sezione del Consiglio di Stato con la decisione n. 4350 del 18 settembre 2015. Il principio di diritto
Secondo consolidato orientamento del Consiglio di Stato, infatti, il termine di 90 giorni per l’instaurazione o la riattivazione del procedimento disciplinare, previsto dalla citata disposizione legislativa, decorre dalla comunicazione della sentenza irrevocabile di condanna all’amministrazione datrice di lavoro, rispondendo tale soluzione alla duplice esigenza di non procrastinare eccessivamente il potere disciplinare dell’amministrazione, così tutelando il diritto del dipendente e, al contempo, di evitare che il termine decorra anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza ed all’avvenuta conoscenza, da parte dell’amministrazione medesima, dell’irrevocabilità della condanna del proprio dipendente, onde impedire che il termine decorra in un periodo, nel quale la predetta amministrazione sia oggettivamente impossibilitata ad esercitare ogni valutazione in ordine all’instaurazione, ovvero alla riattivazione, della procedura disciplinare (v., per tutte, Cons. Stato, sez. III, 27 agosto 2014, n. 4350 ed ivi altri richiami giurisprudenziali).
In tale contesto, si deve escludere che, ai fini dell’identificazione del termine iniziale, assumano rilievo la comunicazione della sentenza penale non irrevocabile alle parti e ai loro difensori, costituente attività interna al processo penale funzionale all’impugnazione del provvedimento giudiziale, o la mera conoscenza di fatto della sentenza di condanna non munito di formale attestazione di irrevocabilità dalla competente cancelleria del giudice penale.
Invero, divenendo la sentenza irrevocabile soltanto in mancanza di proposizione d’impugnazione, non potrebbe pretendersi che l’amministrazione proceda disciplinarmente in base alla comunicazione o alla conoscenza di fatto di pronuncia non ancora irrevocabile, atteso che si tratterebbe di atto disciplinare evidentemente viziato, anche in pregiudizio del dipendente, in quanto, appunto, emesso in assenza di irrevocabilità, ossia sulla base di una condanna non ancora definitiva; restando d’altra parte in facoltà del dipendente condannato di informare il datore di lavoro della situazione di irrevocabilità, in virtù di un proprio interesse, da identificare nella necessità di far decorrere il termine e di non procrastinare sine die il potere disciplinare di parte datoriale, oltreché secondo un dovere di collaborazione inteso alla soddisfazione di esigenze di buona amministrazione che devono governare, in ogni circostanza, lo svolgimento del rapporto di impiego in base al principio stabilito dall'art. 97 Cost.
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