Il Comune vieta il dehor, ristoratore fa ricorso. Il Tar: “Sì ai tavolini davanti al Colosseo”

 


Il locale è l’Antica Domus al civico 6 di via San Giovanni in Laterano. Per il Tribunale i tavoli, essendo più bassi delle automobili, non rovinano la visuale sul monumento


N. 12419/2025 REG.PROV.COLL.

N. 00792/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 792 del 2022, proposto da Antica Domus S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Ippoliti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Generale Gonzaga del Vodice 4;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Michele Memeo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

1) della nota prot. CA/195213/2021 del 30/11/2021 che disdetta la concessione di suolo pubblico della ricorrente;

2) della Deliberazione di Giunta Capitolina n. 222/2020, opposta nella disdetta alla ricorrente, con la quale si è approvata la scheda di piano di massima occupabilità della ricorrente, e della stessa scheda in parte qua laddove non prevede occupazione di suolo pubblico innanzi all'esercizio di somministrazione della ricorrente;

3) ove occorrer possa, della nota prot. CA/149326/2020 del Municipio Roma I Centro Storico e del verbale della riunione della Commissione Tecnica per i Piani di Massima Occupabilità del 08/09/2020, prot. CA/148993/11.09.2020, menzionati nella D.G.C. 222/2020;

4) della nota prot. QH/37614/2020 del Dipartimento Sviluppo Economico e Attività Produttive, menzionata nella D.G.C. 222/2020;

5) della Determinazione Dirigenziale del Dipartimento Sviluppo Economico n. rep. QH/333 del 28/06/2021, conosciuta solo successivamente alla notificazione dei provvedimenti oggi gravati;

6) dei non conosciuti pareri della Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma resi in seno ai verbali delle riunioni della Commissione Tecnica per i Piani di Massima Occupabilità relativi alla scheda di piano di massima occupabilità di Via di San Giovanni in Laterano;

6) nonché di ogni altro atto, parere, verbale o provvedimento non conosciuto lesivo della ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 6 giugno 2025 il dott. Fabio Belfiori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La ricorrente espone nel ricorso di essere stata a lungo beneficiaria di una concessione di occupazione di suolo pubblico in Via San Giovanni in Laterano, attualmente, tuttavia, non rinnovata da Roma Capitale a fronte dell'approvazione della relativa scheda di piano di massima occupabilità.

L’atto principalmente gravato espone la seguente motivazione: “Disdetta — ex art. 19 D.A.C. n. 21/2021 - della concessione demaniale permanente rilasciata per il locale sito in Via di S. Giovanni in Laterano , n. 6 - Con Deliberazione della Giunta Capitolina n. 222 del 2 ottobre 2020, è stata approvata la scheda di dettaglio del Piano di massima occupabilità municipale relativo a via di S. Giovanni in Laterano —allegato in copia alla presente - che per il civico n. 6 non prevede la possibilità di rilasciare concessioni per l'occupazione del suolo pubblico.

Considerato che l'art. 38, 1. b, della D.A.C. 21/2021 ha sospeso l'applicazione dei Piani di massima occupabilità approvati dall'Amministrazione centrale o dai Municipi di Roma Capitale fino al 31.12.2021, si comunica, ai sensi e per gli effetti dell'art. 19 della D. A.C. n. 21/2021 che questa Amministrazione non intende rinnovare, alla scadenza del 31/12/2021, la concessione demaniale permanente rilasciata con D.D. n. CA/142 (prot. CA/5631) del 25 Gennaio 2011, come rettificata con D.D. n. 559 (CA/20328) del 14.03.2011, per il locale sito in via di S. Giovanni in Laterano n. 6, la quale si intende per gli effetti disdettata a decorrere dal 1 Gennaio 2022, significando che tutti gli arredi posti in essere nel sito in esame dovranno essere rimossi e l'eventuale occupazione sarà considerata abusiva”.

Con il ricorso sono mosse le seguenti censure.

Primo motivo di diritto. Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del regolamento cosap; eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, travisamento dei presupposti in fatto e diritto, violazione del legittimo affidamento, irragionevolezza, arbitrarietà, ingiustizia manifesta.

Si evidenzia che la prima ragione ostativa al rilascio della concessione è ritenuta essere il fatto che nella via sussista la tariffazione della sosta anche sul tratto d'interesse. Tuttavia, si dice, come risulta dalla relazione tecnica positivamente vagliata da Roma Capitale prima del rilascio dell'ultimo formale titolo concessorio (doc.ti 5 e 6) nel tratto in esame non vige tariffazione della sosta.

Si richiama giurisprudenza secondo cui il semplice fatto che in una strada vige un regime di sosta tariffata non preclude il rilascio della concessione.

Secondo motivo. Violazione e falsa applicazione degli artt. 45,46 e 47 del dl.gs. 42/2004; violazione e falsa applicazione del D.L. 1/2012; eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, travisamento dei presupposti in fatto e diritto, violazione del legittimo affidamento, irragionevolezza, arbitrarietà, ingiustizia manifesta.

Si osserva che la seconda motivazione ostativa all'occupazione di suolo pubblico è l'asserita salvaguardia del cd. cono visivo costituito dallo sfondo monumentale dell'Anfiteatro Flavio. Tale assunto è contestato limitatamente al diretto e specifico interesse della ricorrente, ossia a salvaguardia esclusivamente della propria concessione di suolo pubblico.

Si dice che la tutela dei coni visivi compete al Ministero ai sensi dell’articolo 45 del decreto legislativo n.42/2004 e non al Comune, pertanto il vincolo indiretto sarebbe illegittimo.

Peraltro, si afferma, con l’ausilio di fotografie dello stato dei luoghi, l'attuale concessione della ricorrente non lede in alcun modo la visuale e piena contemplazione e godibilità dell'Anfiteatro Flavio. Il cono visivo, laddove effettivamente esistente, non sarebbe leso in alcun modo dalla presenza di tavoli e sedute a servizio del locale della ricorrente, specie in assenza di ombrelloni, dato che l'occupazione permanente è stata in precedenza espressamente concessa per uso esclusivo di tavoli e sedie con esclusione delle pannellature.

Si lamenta che lo spazio lasciato vuoto dai tavolini verrebbe poi occupato da furgoni (o, al limite, camion) e da autovetture, in grado di ledere maggiormente la vista in ragione della loro altezza.

Si richiama l’evoluzione normativa in tema di liberalizzazione delle attività economiche.

Terzo motivo. Violazione dell'art. 10, iv° comma della d.a.c. 21/2021 e del precedente art. 4 bis della d.a.c. 91/2019; eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, travisamento dei presupposti in fatto e diritto.

Si censura la Determinazione dirigenziale del Dipartimento Sviluppo economico n. rep. QH/333 del 28/6/2021 con la quale è stato definito che la Commissione Tecnica per i PP.M.O. riferiti al territorio del Municipio Roma I Centro potesse proseguire la propria attività presso il Dipartimento Sviluppo Economico e Attività Produttive. Si afferma che si è attribuita al Dipartimento Sviluppo Economico e Attività Produttive la competenza per gli adempimenti procedurali volti all'adozione di nuovi p.m.o. o al riesame di quelli vigenti ma, assurdamente, si è altresì previsto che, per il I° Municipio, tali adempimenti siano di fatto posti in essere dalla già vigente Commissione Tecnica municipale e che rimanga altresì ferma la competenza della Sovrintendenza Capitolina in materia di revisione e integrazione del Piano di Massima Occupabilità di suolo pubblico delle aree della Città Storica approvato con D.G.C. n. 139/2006. Ciò violerebbe quanto previsto dalla D.A.C. 91/2019, in merito alla centralizzazione delle funzioni qui in rilievo.

Si è costituita in resistenza Roma Capitale.

In vista dell’udienza di trattazione del ricorso ha prodotto memoria la sola parte ricorrente.

All’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del 6 giugno 2025, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è fondato e va accolto, per le seguenti ragioni.

Il primo e il secondo motivo di ricorso, che possono essere congiuntamente trattati per la loro connessione, sono condivisibili.

Va premesso che la motivazione del provvedimento lesivo per parte ricorrente rimanda ad una delibera comunale, che a sua volta rimanda a un verbale della Commissione tecnica, che a sua volta rimanda a precedenti pareri, specie sotto il profilo paesaggistico. Si tratta di una tecnica di redazione dei provvedimenti amministrativi in frizione con l’art. 1 c. 2bis L. 241/1990, secondo cui “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede” e con l’art. 3 c. 3 medesima legge, secondo cui “Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama”.

Ciò in disparte, occorre evidenziare, come emerge dalla Relazione del Municipio Roma 1, depositata il 1° marzo 2022, che il diniego qui avversato è motivato con il verbale della Commissione tecnica dell’8 settembre 2020 (prot. CA 148993/11.9/2020), relativo alla scheda di piano di massima occupabilità di Via Laterano, che prevede possibili dehors solo al civico n. 278, per restituire la disponibilità dei suoli alla P.A., per la “successiva assegnazione al relativo ambito territoriale di tariffazione della sosta”.

Occorre evidenziare, altresì, che la questione della tutela del cono visivo inerente il Colosseo e l’Asse Sistino, emergente dal medesimo verbale (in cui si richiamano i pareri della Commissione tecnica del 14 maggio e del 9 giugno 2020, condivisi dal rappresentante della Soprintendenza), confligge con tale ridetta finalità, poiché non permettere l’occupazione di suolo pubblico con sedie e tavolini, affinché siano sostituiti con la sosta di veicoli, i quali, secondo l’id quod plerumque accidit, possono raggiungere altezze e ingombri ben diversi e superiori rispetto a quelli di persone sedute ai tavoli (in assenza di tendoni, ombrelloni e pannellature), pare motivazione contraddittoria.

E’ noto che “l'occupazione di suolo pubblico comportando un utilizzo, a fini privati, di spazi pubblici sottratti all'uso comune involge da parte dell'amministrazione un'ampia ed estesa discrezionalità, posto che i suoi compiti non si risolvono nella mera scelta delle aree da occupare, ma anche nella scelta della dimensione, dei tempi e dei modi dell'occupazione, nonché nella previsione delle restrizioni e delle forme di contemperamento ritenute, di volta in volta, opportune dal punto di vista viabilistico, urbanistico, architettonico, paesaggistico, al fine di bilanciare la pluralità di interessi coinvolti”, (Consiglio di Stato sez. V, 8/5/2024, n. 4129).

Tuttavia, l’esercizio dell’ampia discrezionalità ridetta, è, comunque, sottoposto al vaglio di ragionevolezza e logicità. Requisiti nella specie assenti, posto che, se la finalità del diniego è quella tutoria della prospettiva paesaggistica, l’Amministrazione avrebbe dovuto spiegare per quale ragione la sosta di veicoli di qualsiasi dimensione e altezza non inficerebbe l’esigenza di tutela.

Oppure avrebbe dovuto esprimere le ragioni secondo cui tra l’interesse erariale all’incameramento delle tariffe di sosta e l’interesse culturale al godimento delle prospettive architettoniche, era da privilegiare il primo.

Mancando tali spiegazioni la (frammentata) motivazione del diniego si palesa contraddittoria e, di conseguenza, l’atto viziato per eccesso di potere.

I primi due motivi di ricorso, che tale vizio fanno valere, sono, quindi, fondati.

Il terzo motivo, viceversa, è tardivo e comunque inammissibile. Tardivo perché con ricorso notificato il 28 gennaio 2022 si censura un atto emanato il 28 giugno 2021, senza che sia chiesta e motivata la rimessione in termini. Inammissibile perché non è dedotto che lo spostamento di competenza tra uffici, abbia leso, in concreto, parte ricorrente, per cui non emerge l’interesse all’impugnazione dell’atto censurato con il terzo motivo.

La fondatezza dei primi due motivi comporta l’accoglimento del ricorso e per l’effetto l’annullamento della nota prot. CA/195213/2021 del 30/11/2021, nonché della delibera di Giunta Capitolina n. 222/2020 limitatamente alla parte in cui esclude l’occupazione di suolo pubblico in corrispondenza dell’esercizio della ricorrente.

In considerazione della peculiarità della vicenda, si ravvisano sufficienti ragioni per la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Blanda, Presidente

Silvia Piemonte, Primo Referendario

Fabio Belfiori, Referendario, Estensore

 

 

L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Fabio Belfiori
Vincenzo Blanda
 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO


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Plateatici, sentenza storica del Tar: «Il bar di Padova può mettere i tavolini dove vuole»

Il Tribunale amministrativo regionale ha fondamentalmente riconosciuto che per i plateatici "leggeri" la normativa da applicare sia quella legata all'articolo 10 del Decreto Sviluppo e non l'articolo 106 del Codice dei beni storici e culturali



Chi ha a che fare con la materia parla già di "sentenza storica", e non a caso: il Tar del Veneto ha dato ragione al bar "Vicoli" di via Umberto I a Padova, che aveva richiesto l'ampliamento del plateatico salvo vederselo più volte respinto.

Una sentenza che, come detto, è stata definita "storica" perché è la prima in Italia di questo genere, e con un motivo ben preciso: Il Tribunale amministrativo regionale ha fondamentalmente riconosciuto che per i plateatici "leggeri" (ovvero quelli formati da tavoli, sedie e ombrelloni che possono essere rimossi a fine giornata) la normativa da applicare sia quella legata all'articolo 10 del Decreto Sviluppo e non l'articolo 106 del Codice dei beni storici e culturali.  
 
Il tutto con un risvolto quasi «clamoroso»: per effetto di questa sentenza, infatti, il Comune d'ora in poi può fondamentalmente fare a meno del parere della Soprintendenza, eccezion fatta per le zone a carattere archeologico o monumentale di eccezionale valore, quindi soprattutto in pieno centro storico. Una sentenza commentata così da Antonio Bressa, assessore al Commercio del Comune di Padova: «Si tratta di una sentenza significativa che comporta una semplificazione per gli esercenti del centro storico e per la quale non ci sarà appello al Consiglio di Stato. Ora possiamo quindi rilasciare il plateatico di “Vicoli” anche lungo la strada e per il resto chiederemo l'autorizzazione della Soprintedenza solo di fronti al caso in cui i platetici si trovino ad essere prospicenti a siti di eccezionale valore storico artistico. Abbiamo quindi bisogno che siano definiti questi siti in maniera chiara, e per questo abbiamo subito chiesto un appuntamento alla Soprintendenza per arrivare a definire un elenco delle posizioni che rimangono dentro all'area di loro competenza. Per tutti gli altri l'iter sarà più facile, ma in ogni caso non si assisterà ad una “deregualation” perché rimangono le nostre regole comunali su arredo urbano e dimensioni e il Codice della strada per le esigenze di veicoli e pedoni».
 https://www.padovaoggi.it

Chi ha a che fare con la materia parla già di "sentenza storica", e non a caso: il Tar del Veneto ha dato ragione al bar "Vicoli" di via Umberto I a Padova, che aveva richiesto l'ampliamento del plateatico salvo vederselo più volte respinto. 

Una sentenza ch



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Plateatici, sentenza storica del Tar: «Il bar di Padova può mettere i tavolini dove vuole»
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Plateatici, sentenza storica del Tar: «Il bar di Padova può mettere i tavolini dove vuole»

Il Tribunale amministrativo regionale ha fondamentalmente riconosciuto che per i plateatici "leggeri" la normativa da applicare sia quella legata all'articolo 10 del Decreto Sviluppo e non l'articolo 106 del Codice dei beni storici e cultural



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Plateatici, sentenza storica del Tar: «Il bar di Padova può mettere i tavolini dove vuole»

Il Tribunale amministrativo regionale ha fondamentalmente riconosciuto che per i plateatici "leggeri" la normativa da applicare sia quella legata all'articolo 10 del Decreto Sviluppo e non l'articolo 106 del Codice dei beni storici e cultural

Plateatici in Piazza dei Signori (foto d'archivio)

Chi ha a che fare con la materia parla già di "sentenza storica", e non a caso: il Tar del Veneto ha dato ragione al bar "Vicoli" di via Umberto I a Padova, che aveva richiesto l'ampliamento del plateatico salvo vederselo più volte respinto. 

Una sentenza che, come detto, è stata definita "storica" perché è la prima in Italia di questo genere, e con un motivo ben preciso:  Il Tribunale amministrativo regionale ha fondamentalmente riconosciuto che per i plateatici "leggeri" (ovvero quelli formati da tavoli, sedie e ombrelloni che possono essere rimossi a fine giornata) la normativa da applicare sia quella legata all'articolo 10 del Decreto Sviluppo e non l'articolo 106 del Codice dei beni storici e culturali. Il tutto con un risvolto quasi «clamoroso»: per effetto di questa sentenza, infatti, il Comune d'ora in poi può fondamentalmente fare a meno del parere della Soprintendenza, eccezion fatta per le zone a carattere archeologico o monumentale di eccezionale valore, quindi soprattutto in pieno centro storico. Una sentenza commentata così da Antonio Bressa, assessore al Commercio del Comune di Padova: «Si tratta di una sentenza significativa che comporta una semplificazione per gli esercenti del centro storico e per la quale non ci sarà appello al Consiglio di Stato. Ora possiamo quindi rilasciare il plateatico di “Vicoli” anche lungo la strada e per il resto chiederemo l'autorizzazione della Soprintedenza solo di fronti al caso in cui i platetici si trovino ad essere prospicenti a siti di eccezionale valore storico artistico. Abbiamo quindi bisogno che siano definiti questi siti in maniera chiara, e per questo abbiamo subito chiesto un appuntamento alla Soprintendenza per arrivare a definire un elenco delle posizioni che rimangono dentro all'area di loro competenza. Per tutti gli altri l'iter sarà più facile, ma in ogni caso non si assisterà ad una “deregualation” perché rimangono le nostre regole comunali su arredo urbano e dimensioni e il Codice della strada per le esigenze di veicoli e pedoni».



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Plateatici, sentenza storica del Tar: «Il bar di Padova può mettere i tavolini dove vuole»
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Plateatici, sentenza storica del Tar: «Il bar di Padova può mettere i tavolini dove vuole»

Il Tribunale amministrativo regionale ha fondamentalmente riconosciuto che per i plateatici "leggeri" la normativa da applicare sia quella legata all'articolo 10 del Decreto Sviluppo e non l'articolo 106 del Codice dei beni storici e cultural

Plateatici in Piazza dei Signori (foto d'archivio)

Chi ha a che fare con la materia parla già di "sentenza storica", e non a caso: il Tar del Veneto ha dato ragione al bar "Vicoli" di via Umberto I a Padova, che aveva richiesto l'ampliamento del plateatico salvo vederselo più volte respinto. 

Una sentenza che, come detto, è stata definita "storica" perché è la prima in Italia di questo genere, e con un motivo ben preciso:  Il Tribunale amministrativo regionale ha fondamentalmente riconosciuto che per i plateatici "leggeri" (ovvero quelli formati da tavoli, sedie e ombrelloni che possono essere rimossi a fine giornata) la normativa da applicare sia quella legata all'articolo 10 del Decreto Sviluppo e non l'articolo 106 del Codice dei beni storici e culturali. Il tutto con un risvolto quasi «clamoroso»: per effetto di questa sentenza, infatti, il Comune d'ora in poi può fondamentalmente fare a meno del parere della Soprintendenza, eccezion fatta per le zone a carattere archeologico o monumentale di eccezionale valore, quindi soprattutto in pieno centro storico. Una sentenza commentata così da Antonio Bressa, assessore al Commercio del Comune di Padova: «Si tratta di una sentenza significativa che comporta una semplificazione per gli esercenti del centro storico e per la quale non ci sarà appello al Consiglio di Stato. Ora possiamo quindi rilasciare il plateatico di “Vicoli” anche lungo la strada e per il resto chiederemo l'autorizzazione della Soprintedenza solo di fronti al caso in cui i platetici si trovino ad essere prospicenti a siti di eccezionale valore storico artistico. Abbiamo quindi bisogno che siano definiti questi siti in maniera chiara, e per questo abbiamo subito chiesto un appuntamento alla Soprintendenza per arrivare a definire un elenco delle posizioni che rimangono dentro all'area di loro competenza. Per tutti gli altri l'iter sarà più facile, ma in ogni caso non si assisterà ad una “deregualation” perché rimangono le nostre regole comunali su arredo urbano e dimensioni e il Codice della strada per le esigenze di veicoli e pedoni».



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Plateatici, sentenza storica del Tar: «Il bar di Padova può mettere i tavolini dove vuole»
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