La mancata omologazione degli apparecchi autovex piano piano sta aprendo, in sede giudiziaria, il vaso di pandora.
Sequestrati i velox approvati ma non omologati.
Viene fuori, infatti, dalla recente sentenza della Cassazione n. 10365 del 14 marzo 2025, il reato di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.) e falso per induzione di pubblici ufficiali (artt. 48, 110, 479 c.p.), in un contesto in cui un gruppo di apparecchiature per il rilevamento automatico della velocità, dichiarate “omologate”, sarebbe stato in realtà soltanto “approvato” dal Ministero competente.
Non è escluso, che continuando di questo passo, se il Ministero non corre ai ripari, in tempi brevi, venga fuori anche la LITE TEMERARIA (come dice il mio amico e collega R.B.), e perchè no?IL DANNO ERARIALE!!!
E meno male che non c'è più l'abuso d'ufficio.... :)
VI INVITO A FARE MOLTA ATTENZIONE !!!
Sotto la sententenza della Cassazione n. 10365 del 14 marzo 2025
RITENUTO IN FATTO
1. Con atto a ministero di difensore abilitato, (Soggetto 1), legale rappresentante
dal 4 aprile 2023 di (Soggetto 2) Srl - ente produttore dei congegni oggetto di
un contratto di noleggio ed installazione degli stessi con la Provincia di
(Omissis) (contratto del 20 settembre 2022) , con il Comune di (Omissis)
(contratto del 11 giugno 2020) e con il Comune di (Omissis) (contratto in data
antecedente e prossima al gennaio 2024), ha impugnato con ricorso per
cassazione l'ordinanza del Tribunale del riesame di (Omissis) che ne ha
rigettato l'istanza di riesame avverso i decreti di sequestro preventivo
emanati dal G.I.P. presso il Tribunale di (Omissis) in data 18 giugno e 25
luglio 2024, aventi ad oggetto un gruppo di apparecchiature di rilevamento
automatico della velocità "(Omissis 2) V. 2.0". L'incolpazione è quella
di frode nelle pubbliche forniture - art. 356 cod. pen. - e 48, 110, 479 cod.
pen. - falso per induzione mediante inganno dei pubblici ufficiali preposti al
rilevamento e alla contestazione delle infrazioni a carico degli utenti della
strada, elevate sulla scorta dell'attestazione della "debita
omologazione" delle apparecchiature all'uopo installate.
1.1. Il Tribunale ha illustrato come i contratti di noleggio avessero ad oggetto
"postazioni fisse omologate per il rilevamento della velocità ai sensi
dell' art. 142 C.D.S." e più volte contenessero espressamente,
nell'articolato delle clausole, il riferimento ad apparecchi "omologati
dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti" (MIT). Le
apparecchiature, invece, non erano state omologate dal Ministero citato, ma
risultavano soltanto "approvate" con Decreti della Direzione Generale
per la sicurezza dei trasporti del medesimo Ministero.
2. Il ricorso, con l'avv. (Omissis), si è affidato a due motivi, di cui il secondo diviso in tre paragrafi, qui enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo ha dedotto inosservanza di legge penale e di norme stabilite a pena di nullità, inammissibilità, inutilizzabilità o decadenza sull'assunto della violazione del principio del ne bis in idem e per l'apparenza della motivazione. Il Tribunale avrebbe omesso di raffrontarsi ai motivi dell'istanza di riesame con particolare riferimento all'ordinanza del Tribunale del riesame di (Omissis), ivi richiamata, del 4 settembre 2023, nell'ambito dello stesso procedimento penale, che aveva annullato il decreto di sequestro preventivo di altri analoghi apparecchi sul presupposto dell'equipollenza delle procedure di omologazione e di approvazione. Il Tribunale avrebbe respinto l'impugnazione cautelare sulla base degli stessi elementi posti a base del precedente annullamento. Quest'ultimo avrebbe affrontato la questione giuridica dell'equiparazione tra omologazione ed approvazione in modo approfondito, anche con riferimenti giurisprudenziali di legittimità; il provvedimento impugnato avrebbe, invece, fondato il rigetto dell'istanza di riesame sulla scorta di un mutamento giurisprudenziale sfavorevole e successivo alla realizzazione delle condotte addebitate agli indagati, che peraltro avrebbero messo a disposizione apparecchiature approvate e non omologate al pari di tutte le società produttrici e fornitrici del settore.
2.2. Il secondo motivo ha denunciato, nei primi due paragrafi, il vizio di cui all'art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., riferito ad una serie di fonti normative primarie e secondarie e a provvedimenti amministrativi e precedenti giurisprudenziali - nota del MIT 11/11/2020, art. 45 comma 6 C.D.S., art. 201 comma 1 ter C.D.S., art. 192 del Regolamento di Esecuzione del C.D.S., art. 345 del Reg. Es. del Codice della Strada, art. 4 del D.L. n. 121 del 2002, conv. in L. n. 168 del 2002, la Circolare interpretativa del Ministero dell'Interno del 2007 e il Decreto n. 282 del 13 giugno 2017, la giurisprudenza di merito successiva alle sentenze di aprile e luglio 2024 citate nell'ordinanza impugnata - evidenziata nell'istanza di riesame ed a fronte della quale sarebbero ravvisabili apparenza se non radicale omissione della motivazione.
2.2.1. Il terzo paragrafo del secondo motivo, nel dolersi dell'inosservanza della legge penale, si è appuntato sull'omissione di ogni motivazione sulle allegazioni in fatto effettuate dalla difesa nel corso del giudizio dì riesame, con particolare riferimento alla produzione da parte di (Soggetto 4), in sede di gara d'appalto, dei Decreti di approvazione dei dispositivi in questione, a dimostrazione che le autorità appaltanti, in ogni loro ramificazione (anche perché tutte destinatarie della Circolare del MIT del 11 novembre 2020) , avrebbero avuto piena conoscenza che si trattasse di perfezionamento di procedure di approvazione, così da escludersi la sussistenza dei reati di "frode" e "falso per induzione" ipotizzati. Ancora, a sostegno di quanto esposto, nella documentazione contrattuale sarebbe presente in più punti la citazione dell'approvazione" degli impianti in luogo della omologazione. Quanto - infine -alle accuse di cui ai capi P) e P1), a lui riferite, si tratterebbe di apparecchi venduti al Comune nel 2017, quando il ricorrente non era ancora legale rappresentante, e il contratto menzionato nell'incolpazione provvisoria riguarderebbe la manutenzione.
3. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr.ssa (Omissis), ha
anticipato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita accoglimento a riguardo del denunciato vizio di omessa
motivazione dell'ordinanza impugnata con riferimento alle censure mosse alla
misura reale applicata all'indagato per le incolpazioni provvisorie di cui ai
capi P) e P1), mentre, nel resto, il medesimo deve essere rigettato.
1. È necessario anteporre - in relazione al primo motivo del ricorso, che ha
eccepito violazione del canone del ne bis in idem cautelare, di carattere
evidentemente preliminare - che è principio consolidato attraverso reiterate
pronunce delle Sezioni unite della Corte di Cassazione (sentenze 31 marzo 2004,
n. 18339, D., rv. 227359; 25 giugno 1997, n. 8, G., rv. 208313; 8 luglio 1994,
n. 11, B., rv. 198213; 12 ottobre 1993, n. 20, D., rv. 195354) quello in virtù
del quale, nella materia delle ordinanze cautelari, all'esito del procedimento
di impugnazione, si forma una preclusione processuale, anche se di portata più
modesta di quella relativa alla cosa giudicata, perché, limitata allo stato
degli atti, copre solo le questioni esplicitamente o implicitamente dedotte. Di
conseguenza, una stessa questione, di fatto o di diritto, una volta decisa,
assume efficacia preclusiva e non può essere riproposta, neppure adducendo
argomenti diversi da quelli già presi in esame. Cosicché, "le ordinanze in
materia cautelare, quando siano esaurite le impugnazioni di merito e di
legittimità previste dalla legge, costituiscono giudicato cautelare allo stato
degli atti, con riferimento alle circostanze dedotte esplicitamente e implicitamente,
e possono essere modificate o revocate solamente quando siano dedotti elementi
nuovi o sopravvenuti, e non semplicemente argomenti e motivi diversi.
Diversamente opinando, ogni questione sarebbe riproponibile un numero infinito
di volte e risulterebbe vanificata la previsione legislativa dei termini per
impugnare i provvedimenti cautelari" (così Sez. U, n. 14535 del
19/12/2006, dep. 2007, L., Rv. 235908, in motivazione). Come successivamente
rimarcato da questa Corte (Sez. 5, n. 17971 del 07/02/2020, N., Rv. 279411), le
opzioni della giurisprudenza di legittimità si sono, in proposito, assestate
sugli approdi delle Sezioni Unite 'L.' e si è riaffermato che la preclusione
processuale conseguente alle pronunzie emesse, all'esito del procedimento
incidentale di impugnazione, dalla Corte di cassazione ovvero dal Tribunale in
sede di riesame o di appello, avverso le ordinanze in tema di misure cautelari,
mantiene portata affievolita rispetto a quella imposta dalla cosa giudicata del
giudizio ordinario , sia perché limitata allo stato degli atti, sia perché
contenuta ai profili dedotti, esplicitamente o implicitamente, intendendosi per
questi ultimi quelli che si pongono in rapporto di stretta connessione logica
con le questioni già poste (Sez. 1, n. 47482 del 6/10/2015, O., Rv. 265858;
Sez. 6, n. 8900 del 16/1/2018, P., Rv. 272338). Dunque, il tema, correttamente
inquadrato nel perimetro della preclusione processuale (rectius,
endo-processuale, che si manifesta, cioè, soltanto nell'ambito di uno stesso
procedimento: cfr., sul punto, Sez. 6, n. 54045 del 27/9/2017, C., Rv. 271734)
piuttosto che del vero e proprio "giudicato", in subiecta materia,
attiene, da un lato, all'esistenza delle condizioni affinché tale preclusione
possa dirsi verificata (con l'esaurirsi delle eventuali impugnazioni previste
dal legislatore e la deduzione, implicita od esplicita, della questione da
intendersi "chiusa"); dall'altro, alla possibilità, anch'essa
pacificamente ammessa dalla giurisprudenza di legittimità, di dedurre in ogni
momento, in sede cautelare, elementi nuovi da offrire al contraddittorio (cfr.
Sez. U, n. 18339 del 31/03/2004, D., Rv. 227357), che costituisce uno degli
aspetti peculiari della vicenda in esame, fermo restando, naturalmente - come
sopra accennato a riguardo della efficacia "endo-processuale" dello
sbarramento - che il principio del "ne bis in idem" nella materia
cautelare reale si riferisce alla duplicazione di procedimenti per uno stesso
fatto nei confronti del medesimo soggetto (sez. 3, n. 48395 del 13/6/2018, A.,
Rv. 274703), ma non ai provvedimenti di sequestro relativi a procedimenti
penali diversi, in relazione ad incolpazioni diverse anche per collocazione
temporale, e a beni diversi.
1.1. E ancora - poiché influente nell'ambito del presente scrutinio - viene in rilievo il radicato principio ermeneutico secondo cui, in tema di motivazione dei provvedimenti cautelari, così come la motivazione del Tribunale del riesame può integrare e completare la motivazione elaborata dal giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo, quest'ultima ben può, a sua volta, essere utilizzata per colmare le eventuali lacune del successivo provvedimento; infatti, trattandosi di ordinanze complementari e strettamente collegate, esse, vicendevolmente e nel loro insieme, connotano l'unitario giudizio di sussistenza in ordine ai presupposti di applicabilità della misura cautelare (sez. U n. 7 del 17/04/1996, M., Rv. 205257; sez. 3, n. 8669 del 15/12/2015, B., Rv. 266765; sez. 6, n. 48649 del 06/11/2014, B., Rv. 261085; sez. 5, n. 40608 del 08/10/2003, C., Rv. 226790; sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, S., Rv. 212564; sez. 2, n. 672 del 23/01/1998, T., Rv. 212768).
1.2. Tanto premesso, il Tribunale del riesame ha compiutamente affrontato il tema opposto dalla difesa in sede di impugnazione, osservando che i fatti oggetto del vaglio sono diversi da quelli già esaminati dall'ordinanza del Tribunale del riesame del settembre 2023, perché relativi a un diverso procedimento penale - sia pure riunito in fase d'indagini preliminari, iniziativa consentita al pubblico ministero, che non oblitera l'autonomia dei singoli comportamenti oggetto del rimprovero (cfr. sez. 5, n. 2174 del 18/12/2013, C., Rv. 257943) - e perché caratterizzati da differente piattaforma indiziaria, implementata da ulteriori atti d'indagine svolti dall'organo dell'accusa. Del resto, la puntualità della replica trova pieno avallo nell'incipit delle ordinanze genetiche del giudice per le indagini preliminari, che hanno sottolineato che, dopo il "dissequestro" delle apparecchiature, motivato dall'esibizione di documentazione amministrativa da parte della difesa dell'unico indagato, accanto all'iscrizione nel registro ex art. 335 cod. proc. pen. di nuove persone sottoposte alle indagini rispetto alla sola individuata nel procedimento originario, "il P.M. disponeva ulteriori accertamenti", i cui esiti davano conto delle irregolarità nelle procedure di approvazione ed omologazione delle apparecchiature prodotte dalla (Soggetto 2) Srl e commercializzate dalla (Soggetto 4) Srl e dalla (Soggetto 5) Srl. La consultazione degli atti ha consentito invero di apprendere che il provvedimento di annullamento del Tribunale del riesame del 4 settembre 2023 è stato emesso nell'ambito del proc. 2609/2023 r.g.n.r., successivamente riunito al 2567/2023; esso (il 2609 del 2023) riguardava il solo (Soggetto 6) in qualità di legale rappresentante della (Soggetto 4), indagato per il reato di truffa; il sequestro preventivo aveva per oggetto i rilevatori di velocità installati nei Comuni di (Omissis), (Omissis) e (Omissis) e "tutti gli apparecchi di rilevamento della velocità di proprietà dell'impresa individuale "(Soggetto 4)"; dopo il "disposto annullamento, il pubblico ministero ha ordinato ulteriori attività investigative, che hanno condotto al deposito della consulenza tecnica del dr. (Soggetto 7) - consulente elettronico ed informatico - "che ha analizzato il funzionamento del sistema (Omissis 1)" e agli ulteriori approfondimenti effettuati dalla Polizia Stradale di (Omissis), che ha assunto sommarie informazioni testimoniali dall'ing. (Soggetto 8) del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha risposto ad un quesito della polizia giudiziaria; dall'ing. (Soggetto 9), componente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e dall'ing. (Soggetto 10), dipendente del Ministero medesimo, esperto in omologazione dei sistemi di rilevamento della velocità.
Il motivo si rivela pertanto generico, perché non si confronta con la ratio decidendi delle deliberazioni, che hanno fatto leva non soltanto sulla mutata qualificazione giuridica dei fatti contestati, ma sulla oggettiva diversità e non coincidenza degli indagati, dei procedimenti penali e delle incolpazioni e sull'innovazione del complessivo quadro investigativo.
2. Mette conto ribadire, ancora, che il ricorso per cassazione contro le
ordinanze emesse ai sensi dell'art. 324 cod. proc. pen. è proponibile solo per
violazione di legge (art. 325 cod. proc. pen.) e che in tale nozione si devono
comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della
motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno
del provvedimento o del tutto mancante o puramente "apparente". Più
precisamente, si è osservato che motivazione assente è quella che manca
fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, S.; Sez. 5, n. 35532 del
25/06/2010, A.) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del
19/01/2012, B.); motivazione apparente, invece, è solo quella che "non
risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso
argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti
esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle
parti" (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, D. G.), come, per esempio, nel
caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994,
C.; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, R.; Sez. 1, n. 43433 dell'8/11/2005, C.;
Sez. 3, n. 20843, del 5 28/04/2011, S.) o di ricorso a clausole di stile (Sez.
6, n. 7441 del 13/03/1992, B.; Sez. 6, n. 25361 del 24/05/2012, P.) e, più in
generale, quella che dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame
critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o
che sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e
quindi inidonea a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice
(Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, I.); ovvero, ancora, quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le
ragioni che hanno giustificato il provvedimento, trattandosi di vizio che
sostanzia una "inosservanza della specifica norma processuale che impone,
a pena di nullità, l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali"
(così, tra le tante, Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, R., Rv. 260246).
2.1. È invece da escludersi che nel concetto di "motivazione assente"
possano essere inglobati i casi di motivazione manifestamente illogica od
incompleta, deducibili ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen.,
casistica che esula dai confini della "violazione di legge" evocata
dall'art. 325 cod. proc. pen., che costituisce unico presupposto del ricorso
per cassazione in materia di misure cautelari reali (sez. 5, n. 8434 del 11/01/2007,
L., Rv. 236255; sez. U n. 5876 del 28/01/2004, P.C. F. c. B., Rv. 226710); e,
in ogni caso, la mancanza della motivazione non può essere dedotta attraverso
il richiamo del vizio di inosservanza di norme processuali stabilite a pena di
nullità, ex art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. (sez. U. n. 5 del
26/02/1991, B., Rv. 186998).
2.2. In tema di sequestro preventivo, inoltre, la verifica delle condizioni di
legittimità della misura cautelare da parte del Tribunale del riesame o della
corte di cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di
merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in
ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di
compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo inibita
ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla
gravità degli stessi (Sez. U n. 7 del 23/02/2000, M., Rv. 215840; sez. U n. 4
del 25/03/1993, G., Rv. 193117; Sez. 3, n. 15254 del 10/03/2015, Rv. 263053;
cfr. anche Corte Cost. ord. n. 153 del 2007). La verifica sulle condizioni di
legittimità della misura cautelare da parte della Cassazione non può risolversi
in anticipata decisione della questione di merito definitiva, bensì deve
limitarsi al controllo delle compatibilità fra fattispecie concreta e quella
legale ipotizzata, mediante una delibazione prioritaria dell'antigiuridicità
penale del fatto (sez. U n. 6 del 27/03/1992, M., Rv. 191327). E a tal
proposito occorre precisare - per quanto qui di interesse - che, nell'esercizio
di tale analisi, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al
"fumus" del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della
fattispecie contestata, conseguendone che lo stesso giudice può rilevare anche
il difetto dell'elemento soggettivo del reato, purché esso emerga "ictu
oculi" (tra le tante: Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016; Sez. 4, n. 23944
del 21/05/2008, Rv. 240521).
3. Ebbene, l'iter logico-giuridico seguito dall'ordinanza gravata - esaminata
congiuntamente agli enunciati dei provvedimenti ablatori ed ai limitati fini
che ne occupano - risulta chiaro ed esauriente ed espresso in esito ad una
ponderata analisi delle fonti probatorie offerte alla sua attenzione, ed il cui
sindacato, in sede di legittimità, deve necessariamente arrestarsi alla
valutazione di congruità degli elementi rappresentati a fronte delle obiezioni
formulate dalla difesa con l'impugnazione cautelare.
3.1. Come convenuto dalle decisioni dei giudici (Omissis), la procedura di
approvazione è distinta e diversa dall'altra, di omologazione, perché l'art.
192 terzo comma del Reg. di esec. del Codice stradale (in attuazione dell'art.
45 co. 6 del medesimo codice, che espressamente distingue
l'"approvazione" dall'"omologazione") la prevede - in
relazione al singolo prototipo - "quando trattasi di richiesta relativa ad
elementi per i quali" il Regolamento "non stabilisce le
caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni"; per
l'omologazione, invece, è richiesto un accertamento, anche mediante prove, da
parte dell'Ispettorato Generale per la circolazione e la sicurezza stradale del
ministero dei Lavori pubblici, che si avvale, ove necessario, del parere del
Consiglio superiore dei Lavori pubblici, con specifico riferimento alla
rispondenza e alla efficacia dell'oggetto di cui si richiede l'omologazione
alle prescrizioni stabilite dal Regolamento (art. 192 comma 2 cit.);
analogamente, "omologazione" ed "approvazione" sono
distinte anche in base al dato testuale degli artt. 142 comma 6 C.D.S. e 345
comma 2 del Regolamento; l'ordinanza impugnata, con motivazione appropriata,
non illogica, immune da censure di pertinenza del giudizio di legittimità nella
sede cautelare reale - ha ripercorso i passaggi testuali della documentazione
contrattuale, nei quali l'appaltatrice delle forniture e dei servizi ha fatto
riferimento alla "omologazione" delle apparecchiature, alla
conformità di esse al "campione omologato" ed alla fonte di tale
conformità, impropriamente individuata nei Decreti di "approvazione".
D'altro canto, le argomentazioni sulle quali si sono ampiamente profusa i
motivi di ricorso - finalizzate, nel complesso, attraverso richiami
giurisprudenziali, normativi ed amministrativi, ad insistere sull'equiparazione
formale tra l'iter dell'approvazione e quello della omologazione dei congegni
de quibus e sull'equivalenza dei due istituti - sono smentite o comunque rese
improduttive dai rilievi sui quali si è congruamente soffermato il decreto
impositivo del vincolo, che ha osservato, alla luce delle suddette emergenze,
che "il prototipo (Omissis) V 2.0 prodotto dalla società (Soggetto 2) Srl
ed installato e utilizzato per la rilevazione della velocità, non risulta
essere mai stato (n.d.r.: non solo omologato ma nemmeno) approvato ed ha
menzionato la consulenza tecnica del pubblico ministero, a firma del dr. (Soggetto
7) - con la quale l'atto d'impugnazione, con il secondo motivo, non si
confronta - che ha analizzato il sistema (Omissis 1) "rilevando come lo
stesso sia composto da un'"unità di ripresa" e da una distinta
"unità di elaborazione" - quella specificamente e minuziosamente
deputata al calcolo della velocità - e come la certificazione di conformità al
prototipo, asseritamente depositato in quanto approvato, della produttrice - la
(Soggetto 2) - fosse comunque riferita soltanto all'unità di ripresa (delle
immagini) e non a quella, evidentemente cruciale ed esiziale, della
elaborazione. Il giudice di prima istanza ha dato risalto anche alle sommarie
informazioni rese dai dirigenti e referenti del Consiglio Superiore dei Lavori
Pubblici e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - con le quali il
ricorso, con il secondo motivo, non si misura - che hanno chiarito le
caratteristiche funzionali ad una corretta procedura di omologazione dei
meccanismi di rilevamento e stimato l'incompletezza del prototipo depositato
dalla indicata società; segnatamente, a pag. 8 e 9 dei due decreti di sequestro
preventivo, il giudice per le indagini preliminari ha evocato il parere
dell'ing. (Soggetto 9) del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che già nel
2009 aveva stabilito le qualità e le caratteristiche necessarie al deposito del
prototipo prodotto dalla (Soggetto 2) Srl, e, dopo aver richiamato gli apporti
dell'ing. (Soggetto 8) e dell'ing. (Soggetto 10), ha coerentemente opinato per
la mancanza del deposito del prototipo "nella sua completezza, comprensivo
ossia di tutte le parti essenziali al funzionamento del sistema - non
risultando depositata la unità di elaborazione ma solo la ed unità di ripresa
(vale a dire telecamera)".
4.Quanto alle doglianze che si sono concentrate sulla ricorrenza del fumus
dell'elemento soggettivo dei reati, vale rammentare che nel nostro sistema
rappresenta un punto fermo e incontroverso l'affermazione secondo cui
l'incertezza derivante da contrastanti orientamenti giurisprudenziali
nell'interpretazione e nell'applicazione di una norma non abilita, da sola, ad
invocare la condizione soggettiva d'ignoranza inevitabile della legge penale,
atteso che il dubbio circa la liceità o meno di una condotta, ontologicamente
inidoneo ad escludere la consapevolezza dell'illiceità della medesima, deve
indurre l'agente ad un atteggiamento di cautela, fino all'astensione
dall'azione, se, nonostante tutte le informazioni assunte, quella incertezza
permanga (sez. 5, n. 2506 del 24/11/2016, I., Rv. 269074, in linea con i
principi fondamentali tracciati dalla nota sentenza della Corte Costituzionale
n. 364 del 1988, di parziale illegittimità dell'art. 5 cod. pen.).
E in effetti, l'ordinanza della Corte di Cassazione civile sez. 2 n. 10505 del 18 aprile 2024, numero sez. 653 (richiamata e fatta propria da Cass. sez. 2 n. 20913 del 26 luglio 2024), riportata, nella specifica proposizione, anche dall'atto d'impugnazione, ha bensì apprezzato la "novità della questione", definendola "obiettivamente controvertibile", ma ha ancorato quest'ultima puntualizzazione a "quanto emergente dalla non univoca giurisprudenza di merito formatasi al riguardo", dando così contezza - non di un consolidato indirizzo antecedente, con il quale la pronunzia si sarebbe posta, improvvisamente, in netto antagonismo ma - dell'esistenza di un approccio ermeneutico contrastato ed incerto, al quale i ricorrenti avrebbero dovuto mostrarsi sensibili sino ad astenersi dal compimento dell'azione antidoverosa.
Tanto più che, accanto alle non uniformi scelte esegetiche dei giudici di merito, è annoverabile un indirizzo risalente anche nella giurisprudenza nomofilattica, che ha attribuito rilievo probatorio ai rilevamenti del superamento dei limiti di velocità, stabiliti dal Codice della Strada, in quanto registrati da apparecchiature "omologate" e sottoposte a verifiche periodiche, in ossequio al principio stabilito dalla decisione della Corte Costituzionale n. 113 del 2015, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 45, comma 6, del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura (Cass. civ. sez. 6-2, n. 18354 del 12/07/2018, Rv. 649460). Nel medesimo tracciato interpretativo si sono collocate altre pronunzie dei giudici di legittimità, come Cass. civ. sez. 2, n. 14597 del 11 febbraio 2021, che ha sancito come, in presenza di contestazione da parte del soggetto sanzionato per eccesso di velocità, incomba sulla Pubblica amministrazione l'onere della "prova positiva dell'omologazione iniziale" e della taratura periodica dello strumento; la decisione è stata condivisa e richiamata da Cass. civ. sez. 2, n. 8694 del 17 febbraio 2022.
Anche la giurisprudenza amministrativa si è espressa sottolineando, in subiecta
materia, la preminenza della sequela della procedura di omologazione degli
apparecchi di rilevamento della velocità, ad esempio con la sentenza del
Consiglio di Stato, quinta sezione, n. 5693 del 2008, secondo la quale "il
D.P.R. n. 250/1999, nel richiedere l'omologazione ministeriale dei dispositivi,
delle apparecchiature e degli altri mezzi di controllo e regolazione del
traffico, nonché di quelli volti all'accertamento ed al rilevamento automatico
delle violazioni alle norme di circolazione, anche con riguardo agli impianti
di controllo delle zone a traffico limitato, esprime una regola tecnica
nazionale obbligatoria ai sensi dell'art. 68 del Codice dei contratti pubblici,
che esclude il ricorso a differenti modalità di specifiche tecniche. Tale
obbligo di omologazione ministeriale trova fondamento nell'art. 45, comma 6,
del Codice della strada, il quale prevede che nel regolamento di esecuzione
siano precisati i segnali, i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi
tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti
all'accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di
circolazione, ed i materiali che, per la loro fabbricazione e diffusione, sono
soggetti all'approvazione od omologazione da parte del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti." Le "specifiche tecniche" sono
richieste dalle procedure di omologazione, a norma del citato art. 192 comma 2
del reg. es. del Codice della Strada, distinta da quella di approvazione, come
ha precisato la citata ordinanza n. 10505 della Corte di Cassazione Civile del
18 aprile 2024, a cui hanno aderito i provvedimenti giurisdizionali di cui si
discetta, secondo la quale "non possono avere un'influenza sul piano
interpretativo - a fronte di una chiara ermeneusi basata sulle fonti normative
primarie - le circolari ministeriali evocate dal ricorrente, le quali
sembrerebbero avallare una possibile equipollenza tra omologazione ed approvazione,
basata, però, su un approccio che, per l'appunto, non trova supporto nelle
suddette fonti primarie e che, in quanto tali, non possono derogate da fonti
secondarie o da circolari di carattere amministrativo. Alla stregua di queste
ultime l'art. 142, comma 6, c.d.s. andrebbe "letto in connessione con
l'art. 45, comma 6, dello stesso c.d.s., ove si pone riferimento esplicito ai
mezzi tecnici atti all'accertamento e al rilevamento automatico delle
violazioni, per i quali è prevista la procedura dell'approvazione ovvero
dell'omologazione, secondo le modalità indicate dall'aart. 192 del regolamento
di esecuzione e attuazione". Senonché, è evidente che il citato art. 45,
comma 6, c.d.s. - per quanto già posto in risalto in precedenza - non opera
alcuna equiparazione tra approvazione e omologazione. Al contrario, esso
distingue nettamente i due termini, da ritenersi perciò differenti sul piano
formale e sostanziale, giacché intende riferirsi a tutti i "mezzi tecnici
atti all'accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni",
taluni dei quali destinati ad essere necessariamente omologati (quali, per
l'appunto, i dispositivi demandati specificamente al controllo della velocità,
stante l'inequivocabile precetto 142, comma 6, c.d.s., laddove l'utilizzo
dell'espressione "debitamente omologati" impone necessariamente la
preventiva sottoposizione del mezzo di rilevamento elettronico a tale procedura
e che, solo se assolta, è idonea a costituire "fonte di prova" per il
riscontro del superamento dei prescritti limiti di velocità: in claris non fit
interpretatio) e altri per i quali è sufficiente la semplice approvazione
(perciò, certamente non bastevole, da sola, per far considerare legittimo
l'accertamento della velocità veicolare a mezzo autovelox)".
Sotto questo profilo, non colgono nel segno le obiezioni che adducono l'imprevedibilità del sopraggiunto orientamento giurisprudenziale sfavorevole, proprio perché la soluzione accolta dalle decisioni della Suprema Corte, condivisa dall'ordinanza impugnata, si colloca sulla scia di prese di posizione già note, di cui costituisce conciliabile sviluppo, dunque prefigurabile e prevenibile con l'assunzione di una condotta improntata a scrupolo e prudenza.
Per altro verso, non possono essere trascurati i segmenti delle decisioni del g.i.p. e del Tribunale del riesame in rassegna, che si sono appuntati sulla indicativa equivocità delle terminologie adottate in sede negoziale le quali, in uno con le lacune e le criticità registrate dagli esperti e dagli accertamenti di polizia giudiziaria a riguardo delle caratteristiche intrinseche dei congegni sequestrati, sono ragionevolmente suscettibili, entro la cornice prescritta per il presente vaglio, di essere interpretate come opzione strumentale a celarne la vera accezione semantica e a conservare in proposito un significativo margine di ambiguità.
5. Le ultime riflessioni consentono di superare anche le censure del secondo motivo - terzo paragrafo - del ricorso, perché l'allocazione di documenti, nel fascicolo contrattuale nella disponibilità degli inquirenti, che riportano l'indicazione dell'avvenuta "approvazione" delle attrezzature fornite non può andare esente da una chiave di lettura coerente con quanto esposto nei provvedimenti in disamina ed in particolare nel decreto del primo giudice, che, oltre a stigmatizzare la scorretta assimilazione lessicale tra "approvazione" ed "omologazione", convalidata dalla recente giurisprudenza di legittimità, ha sottolineato che, in ogni caso, i decreti di "approvazione" - quand'anche citati negli atti del Comune e nei verbali di accertamento della Polizia Locale - non fossero oggettivamente riferibili alla procedura di "elaborazione" dei dati della velocità dei veicoli immortalati dalle videocamere e che la società produttrice non ne avesse mai richiesto l'estensione ad essa, pur essendo a conoscenza dei requisiti distintivi e qualitativi indispensabili per il deposito del prototipo, capziosamente descritto come "conforme al campione omologato", con la pedissequa refluenza della patologia sull'operato degli organi accertatori delle infrazioni e sulla rispondenza al vero delle attestazioni contenute nei processi verbali di contestazione.
5.1. In tale ottica, persuasivamente è stato reputato configurabile il "fumus" dei reati ipotizzati (es. pag. 9 decreto di sequestro preventivo del 25 luglio 2024), che non è disallineato rispetto alla giurisprudenza più recente (che ha reso minoritaria la corrente interpretativa più risalente, secondo cui integra il delitto di frode in pubbliche forniture la condotta dolosa di colui che consegna cose in tutto od in parte difformi dalle caratteristiche convenute senza che occorra necessariamente la dazione di aliud pro alio in senso civilistico, già di Sez. 6, n. 28301 dell'8/4/2016, D., Rv. 267828; Sez. 6, n. 6905 del 25/10/2016, dep. 2017, M., Rv. 269370; Sez. 6, n. 27992 del 20/5/2014, P., Rv. 4 262538; Sez. 6, n. 1823 del 17/11/1999, dep. 2000, B., Rv. 217331; Sez. 6, n. 5102 del 25/3/1998, M., Rv. 213672), orientata nel senso di ritenere che ai fini della integrazione del delitto di frode nelle pubbliche forniture, non è sufficiente il semplice inadempimento doloso del contratto, richiedendo la norma incriminatrice una condotta qualificabile in termini di malafede contrattuale, consistente nel realizzare un espediente malizioso o ingannevole, idoneo a far apparire l'esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti, senza tuttavia che siano indispensabili gli artifici o raggiri tipici del delitto di truffa (Saz. 6, n. 45105 del 28/10/2021, C., Rv. 282267; Sez. 6, n. 29374 del 14/9/2020, S., Rv. 279679; Sez. 6, n. 9081 del 23/11/2017, dep. 2018, A., Rv. 272384; Sez.6, n. 5317 del 10/1/2011, I., Rv. 249448; Sez. 6, n. 11144 del 25/2/2010, S., Rv. 246544).
5.2. L'elemento distintivo che connota la fattispecie di cui all' art. 356 cod.
pen. rispetto a quella, meno grave, disciplinata dall'art. 355 cod. pen.
(inadempimento di contratti di pubbliche forniture) può dunque essere
individuato in una condotta dissimulatrice "positiva" che rappresenti
un quid pluris rispetto al mero, asettico inadempimento volontario
nell'esecuzione delle clausole del contratto, e detta condotta può essere
individuata anche nella dolosa consegna di cose diverse da quelle pattuite, consistenti
in un aliud pro alio o in una fornitura ontologicamente o qualitativamente
differente rispetto a quella stabilita, di per sé inidonea a soddisfare
l'impiego che l'ente pubblico acquirente intenda effettuarne e che,
purtuttavia, sia dichiarata dall'agente come provvista dei requisiti prescritti
e richiesti; come può certamente ritenersi, nei limiti della delibazione
propria della fase processuale a cui pertiene la decisione provvisoriamente
assunta, nel caso in cui siano procacciate apparecchiature presentate in sede
di conclusione del contratto come conformi al corredo regolamentato, e, in
realtà, non siano sin dall'origine funzionali all'obiettivo istituzionale
perseguito dalla pubblica amministrazione.
6. Sono fondate, per ragioni di causale dei contratti e d'attribuzione
soggettiva delle singole accuse, le doglianze mosse al provvedimento di seconda
istanza da (Soggetto 1) per quanto attiene ai capi P) e P1) di cui
all'ordinanza del g.i.p. del 25 luglio 2024. È stato offerto in sede di riesame
specifico corredo documentale che ha inteso dimostrare come il rapporto
negoziale tra la (Soggetto 2) Srl e il Comune di (Omissis), in epoca prossima
al gennaio 2024, abbia riguardato esclusivamente l'attività di manutenzione
delle attrezzature, vendute dalla società all'ente pubblico nel 2017 quando
legale rappresentante era (Soggetto 11), sottoscrittore dell'atto, e non
(Soggetto 1), la cui responsabilità, in tesi difensiva, dovrebbe essere in
radice esclusa. A tale proposito il provvedimento impugnato è rimasto del tutto
silente, incorrendo così nell'anomalia dell'omissione di motivazione che i
principi declinati dalla giurisprudenza ancorano al concetto di
"violazione di legge" costituente il presupposto del legittimo
ricorso all'impugnazione di cui all'art. 325 cod. proc. pen.
7. Ne consegue, pertanto, l'annullamento in parte qua dell'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale del riesame affinché, vagliato l'incarto esibito ed allegato dalla difesa, si pronunci sull'efficacia e sulla portata probatoria di quest'ultimo nella prospettiva della conferma, o meno, della tenuta dell'apparato argomentativo del provvedimento impositivo della misura cautelare ablatoria a riguardo delle menzionate incolpazioni provvisorie, sotto il profilo soggettivo ed oggettivo. Nel resto, invece, l'impugnazione deve essere respinta.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato limitatamente ai capi P) e PI) con rinvio
per nuovo giudizio al Tribunale di (Omissis) in diversa persona fisica. Rigetta
nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 14 marzo 2025.