Per la Cassazione, non facendo la Polizia locale parte delle Forze dell’Ordine, insultarla non costituisce il reato di vilipendio.
Insultare la Polizia municipale sui social non può essere considerato vilipendio alle forze dell’ordine: questo, in sostanza, quanto recentemente stabilito dalla Corte di Cassazione. Una decisione destinata a far discutere e che, in ogni caso, a prescindere dalla decisione della Corte, non esclude la più basilare regola del vivere civile secondo cui rispetto ed educazione dovrebbero essere alla base di qualsiasi tipo di comunicazione, anche social.A «tutelare» gli insulti (o meglio: a consentire che non vengano puniti) è l’interpretazione della normativa da parte della Corte di Cassazione [1] che ha evidenziato come, non essendo la Polizia municipale parte delle forze armate, non viene garantita la tutela prevista dall’art. 290 del codice penale il quale prevede che «Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le Assemblee legislative o una di queste, ovvero il Governo o la Corte costituzionale o l’ordine giudiziario, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. La stessa pena si applica a chi pubblicamente vilipende le Forze Armate dello Stato o quelle della liberazione».
Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dell’imputato, un ragazzo che all’epoca dei fatti era ancora minorenne, accusato di aver pubblicato sul proprio profilo Instagram una fotografia nella quale veniva ritratto davanti a un’automobile della Polizia locale con la scritta «fuck the police».
Il giovane era stato precedentemente giudicato dalla Corte d’appello di Milano, sezione minori, la quale aveva confermato la sentenza emessa dal G.u.p., che aveva dichiarato il non doversi procedere per estinzione del reato grazie alla concessione del perdono giudiziale. In seguito alla decisione in secondo grado, l’imputato decide di presentare ricorso sostenendo che la Corte d’Appello avrebbe dovuto pronunciarsi con una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, considerato che aveva ammesso fin da subito l’addebito dichiarandosi anche dispiaciuto per la propria condotta, effettuando un risarcimento simbolico alle Forse dell’ordine. Inoltre, sosteneva il ricorso, la frase incriminata era pubblicata sui social « in un contesto goliardico e inconsapevole» riportata dopo la partecipazione ad un video musicale.
In ogni caso, la Corte di Cassazione focalizza l’attenzione su altro: per gli Ermellini la Polizia locale non possiede «la qualifica di forza armata, anche se sono in dotazione agli agenti della polizia municipale armi da fuoco».
In Italia le forze armate sono, infatti, costituite da:Esercito,Marina militare,Aeronautica militare.
Essendo sprovvisti della qualifica che costituisce l’elemento normativo indispensabile richiesto dal codice penale, secondo la Cassazione « Un fatto commesso con riferimento alla Polizia locale, che non è nemmeno un reparto militare – conclude la Corte -, non può integrare, di conseguenza, il reato» di Vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle Forze Armate. Per questo motivo i giudici annullano senza rinvio la sentenza impugnata stabilendo che il fatto di reato così come contestato non sussiste.
23 Settembre 2022 | Autore: Giordana Liliana Monti
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[1] Corte di Cass. sent. n. 35328/2022