venerdì 16 luglio 2021

Legittimo il diniego della patente a condannati per stupefacenti o a chi è soggetto a misure di prevenzione

Codice della strada
Legittimo il diniego della patente a condannati per stupefacenti o a chi è soggetto a misure di prevenzione

Con la sentenza n. 152 del 2021 la Corte costituzionale ha dichiarato la non fondatezza, in riferimento agli artt. 3, 4, 16 e 35 Cost., delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui prevede il diniego in via automatica del rilascio della patente di guida a coloro che sono o sono stati sottoposti alle misure di prevenzione o sono stati condannati per reati in materia di stupefacenti, poiché tale diniego riflette una condizione ostativa che, diversamente dalla revoca del titolo, opera a monte del suo conseguimento e non incide su alcuna aspettativa consolidata dell’interessato, né ricorre, in questo caso, la contraddizione, che ha assunto decisivo rilievo in tema di revoca della patente, tra obbligatorietà del provvedimento amministrativo e facoltatività della parallela misura adottabile dal giudice penale, né, infine, l’effetto ostativo al conseguimento della patente, previsto dalla disposizione censurata, incide in modo “indifferenziato” sulla posizione dei soggetti sottoposti a misure di prevenzione o condannati per reati in materia di stupefacenti, che all’esito della riabilitazione possono conseguire nuovamente la patente di guida.
Corte costituzionale, sentenza 12 luglio 2021, n. 152

Il caso

Con due distinte ordinanze depositate il 16 giugno 2020, il Tar Lombardia sollevava, in riferimento agli artt. 3, 4, 16 e 35 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 3, comma 52, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94.

Nel primo giudizio la disposizione indicata era censurata nella parte in cui prevede il diniego in via automatica del rilascio della patente di guida a coloro che sono o sono stati sottoposti alle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423. In proposito, era denunciato, in primo luogo, il contrasto con i principi di proporzionalità e ragionevolezza e quindi con l’art. 3 Cost., poiché sarebbe stato attribuito al prefetto un potere automatico e vincolato, tale da non consentire alcun margine di discrezionalità, in relazione alle peculiarità delle singole fattispecie. Sarebbero stati altresì violati gli artt. 4, 16 e 35 Cost., poiché l’automatico diniego di rilascio della patente di guida avrebbe comportato una limitazione della libertà di circolazione, con conseguente lesione del diritto al lavoro dei destinatari delle misure di prevenzione.

Nel secondo giudizio il medesimo art. 120, comma 1, cod. strada, era censurato nella parte in cui prevede il diniego in via automatica del rilascio della patente di guida alle persone condannate per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza). Anche in questo caso era dedotta la violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, per il carattere automatico e vincolato del potere attribuito al prefetto, cui sarebbe stata preclusa la valutazione della diversa gravità che connota le differenti fattispecie di reato, le pene concretamente irrogate e l’attuale pericolosità della persona. Era inoltre denunciata l’irragionevole disparità di trattamento di coloro che aspirino al rilascio della patente di guida, rispetto a coloro che intendano evitarne la revoca; solo questi ultimi avrebbero potuto evitare l’effetto ostativo della condanna introducendo elementi da valutare in proprio favore nel procedimento amministrativo.
La decisione della Corte costituzionale

Con la segnalata sentenza la Consulta ha dichiarato la non fondatezza delle questioni sollevate, sotto tutti i profili dedotti.

In primis, il Giudice delle leggi ha dichiarato l’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, cod. strada, in quanto sollevate dal giudice amministrativo. E ciò rilevando che, sebbene sul tema vi siano anche decisioni delle sezioni unite civili della Corte di cassazione diversamente orientate (da ultimo, ordinanza 19 novembre 2020, n. 26391), la Corte ha già riconosciuto la rilevanza e l’ammissibilità, sotto il profilo della titolarità della giurisdizione del giudice a quo, di analoghe questioni sollevate dal giudice amministrativo in ordine alla legittimità dello stesso art. 120 cod. strada. All’uopo, il rimettente ha richiamato tali precedenti e ha fornito una non implausibile motivazione, idonea ad escludere che nella specie la giurisdizione del giudice amministrativo possa ritenersi ictu oculi manifestamente insussistente.

Nel merito, l’art. 120 cod. strada, rubricato Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all’articolo 116», al comma 1, menziona, tra i soggetti che non possono conseguire la patente di guida, anche coloro che sono o sono stati sottoposti alle misure di prevenzione. Nella categoria di coloro che non possono conseguire la patente di guida la disposizione censurata include, altresì, le persone condannate per i reati in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope.

Senonché, la Corte ha già escluso che le ragioni che hanno comportato il superamento dell’automatismo della revoca prefettizia siano analogamente riferibili al diniego del titolo abilitativo di cui al comma 1 dell’art. 120 cod. strada. Questa conclusione si fonda sul rilievo che tale diniego riflette una condizione ostativa che, diversamente dalla revoca del titolo, opera a monte del suo conseguimento e non incide su alcuna aspettativa consolidata dell’interessato. Inoltre non ricorre, in questo caso, la contraddizione, che ha assunto decisivo rilievo in tema di revoca della patente, tra obbligatorietà del provvedimento amministrativo e facoltatività della parallela misura adottabile dal giudice penale in relazione alla medesima fattispecie di reato. Infine, diversamente da quanto presupposto dal giudice a quo, l’effetto ostativo al conseguimento della patente, previsto dalla disposizione censurata, non incide in modo “indifferenziato” sulla posizione dei soggetti condannati per reati in materia di stupefacenti. La diversa gravità del reato commesso, unitamente alla condotta del reo successiva alla condanna, assume, infatti, determinante rilievo ai fini del possibile conseguimento (anche dopo un solo anno nel caso di condanna con pena sospesa) di un provvedimento riabilitativo ex artt. 178 e 179 c.p., che restituisce al condannato il diritto a richiedere la patente di guida.

Ad avviso della Consulta, questi stessi argomenti risultano estensibili alle questioni relative al diniego di rilascio del titolo a coloro che siano o siano stati sottoposti a misure di prevenzione. Inoltre, con riferimento a queste ultime, è prevista la possibilità di ottenere, sebbene dopo tre anni, la riabilitazione prevista dall’art. 70 del d.lgs. n. 159 del 2011. Essa comporta la cessazione degli effetti pregiudizievoli connessi alla misura, nonché dei divieti previsti dall’art. 67 dello stesso d.lgs. n. 159 del 2011. Anche rispetto a questa ulteriore condizione soggettiva, pertanto, l’ordinamento riconosce un differenziato rilievo della condotta e della personalità del soggetto, con una valutazione che assume rilevanza decisiva ai fini del possibile conseguimento della patente di guida.

Cosicché, secondo la Corte, i significativi elementi differenziali, che caratterizzano rispettivamente i provvedimenti di diniego di rilascio, di cui al comma 1 dell’art. 120cod. strada, e quelli di revoca del titolo, giustificano, su un piano di non manifesta irragionevolezza, il diverso trattamento normativo, così escludendo la denunciata violazione dell’art. 3 Cost. Rimane comunque auspicabile una nuova configurazione delle condizioni ostative del rilascio, nel senso di un migliore coordinamento sistematico delle distinte fattispecie, alla luce delle novità scaturite dalle precedenti decisioni della Corte.

In ultimo, il Giudice delle leggi ha dichiarato la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, cod. strada, sollevate in riferimento agli artt. 4, 16 e 35 Cost. E tanto perché, con riferimento alla dedotta violazione del diritto al lavoro, va escluso che tale diritto non sia, di per sé, esercitabile per il diniego della patente di guida. Ed ancora, da tempo, la giurisprudenza costituzionale ha posto in risalto che, poiché nessuna norma costituzionale assicura indistintamente a tutti i cittadini il diritto di guidare veicoli a motore, non viola la Costituzione la legge ordinaria che consente l’esercizio del diritto solo a chi abbia certi requisiti: di modo che la patente, come è concessa caso per caso in applicazione d’una norma di legge ordinaria, così può essere tolta, in virtù di un’altra norma di legge ordinaria, senza che ne soffra la libertà di circolazione costituzionalmente garantita.
Esito del giudizio di costituzionalità:

riuniti i giudizi,

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall’art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) sollevate, in riferimento agli artt. 3, 4, 16 e 35 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione prima, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Precedenti giurisprudenziali:

Corte cost. ord. 24 aprile 2020, n. 81

Corte cost., sent. 9 aprile 2019, n. 80
Riferimenti normativi:

Art. 120, comma 1, D.Lgs. n. 285/1992

Art. 3, comma 52, lett. a), L. n. 94/2009
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