(1) Ha chiarito la Sezione che nel nostro ordinamento il diritto al
sepolcro rappresenta un complesso di situazioni giuridiche
corrispondenti a distinti ed autonomi diritti. Il c.d. diritto primario
di sepolcro sorge in capo al privato per effetto della concessione da
parte dell'autorità amministrativa di un'area di terreno o di porzione
di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale (art. 824
c.c.); è tale concessione, di natura traslativa, che crea a sua volta
nel privato concessionario un diritto soggettivo perfetto di natura
reale, suscettibile di trasmissione inter vivos o successione mortis causa, che consiste nel diritto di essere seppellito (ius sepulchri propriamente detto) o di seppellire altri in un dato sepolcro (ius inferendi mortuum in sepulchro). Tale diritto è opponibile iure privatorum ai
terzi ed è assimilabile al diritto di superficie; allo stesso tempo,
però, il titolare ha una posizione di interesse legittimo in caso di
emanazione di atti autoritativi della pubblica amministrazione, quando
esigenze di pubblico interesse per la tutela dell'ordine e del buon
governo del cimitero impongono o consigliano alla pubblica
amministrazione di revocare la concessione. Il diritto di sepolcro, in
altri termini, non preclude l'esercizio dei poteri autoritativi
spettanti all'Amministrazione concedente che, con provvedimento
autoritativo, può riacquistare la disponibilità del bene pubblico dato
in concessione se, in ipotesi, oggetto di abusi o di illeciti da parte
del concessionario o se necessario per un miglior assetto degli
interessi pubblici. Detto potere discende dai principi generali di
diritto pubblico, oltre che dalle disposizioni che codice civile che
richiamano tali principi generali; per i beni demaniali e per quelli
patrimoniali indisponibili, l'Amministrazione concedente è sempre
titolare del potere di imporne una gestione conforme alle regole del
diritto amministrativo e all'interesse pubblico (Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2014, n. 5296).
Ha ancora chiarito la Sezione che accanto al diritto primario al
sepolcro (id est diritto alla tumulazione) vi è poi un diritto
secondario al sepolcro che consiste nella facoltà di accedere al luogo
di sepoltura in occasione delle ricorrenze e di opporsi agli atti di
violazione del sepolcro o alla lesione della memoria delle persone ivi
seppellite. La dottrina ritiene che in questo caso sia applicabile la
normativa codicistica a tutela del nome o dell’immagine altrui. La
dottrina ha anche individuato il diritto alla intestazione del sepolcro
(c.d. ius nomini sepulchri), rappresentato dal diritto di
apporre il proprio nome sul sepolcro da parte del fondatore e di tutti
gli aventi diritto tumulati nel sepolcro stesso. Notevole importanza
giuridica riveste inoltre il diritto di scelta del luogo di sepoltura (ius eligendi sepulchrum)
individuabile nella facoltà di scelta spettante ad ogni persona fisica
circa le modalità ed il luogo della propria sepoltura. Come è noto, la
legge consente espressamente che tra le disposizioni testamentarie
rientrino anche quelle a carattere non patrimoniale (art. 587, comma 2,
c.c.). Costituisce affermazione da tempo consolidata nella
giurisprudenza della Corte di Cassazione quella secondo cui lo ius eligendi sepulchrum rientra nella categoria dei diritti della personalità e, come tale, non può formare oggetto di trasferimento mortis causa, ma può formare oggetto di un mandato post mortem exequendum ovvero può essere inserito nel testamento (articolo 587, comma 2, c.c.). Nel caso in cui la electio non
sia stata esercitata dal defunto durante la sua vita, la scelta del
luogo di sepoltura può essere fatta dai prossimi congiunti, senza alcun
rigore di forme, con prevalenza dello ius coniugi sullo ius sanguinis e di questo sullo ius successionis.
Con specifico riferimento al caso in cui, una volta attuata la scelta da
parte del soggetto al quale l'ordinamento attribuisce una posizione
poziore tra i congiunti del defunto, si dibatta circa la necessità o
meno del trasferimento del luogo di sepoltura, la Corte di Cassazione,
anche di recente, ha precisato che nel giudicare dell'opposizione dei
parenti del defunto alla traslazione della salma di questo, ad
iniziativa degli attuali aventi diritto alla scelta del sepolcro (a
seguito della verificatasi necessità di modificare l'originario luogo di
sepoltura), il giudice, una volta accertato che il luogo di sepoltura
era stato originariamente determinato dal titolare del relativo diritto,
deve valutare con oculata prudenza le giustificazioni addotte per
pretendere di operare un trasferimento che comporta esumazione e
ritumulazione del cadavere, posto che è avvertita dalla sensibilità
degli uomini l'esigenza che le salme dei defunti non vengano, senza
adeguate e gravi ragioni, trasferite da un luogo ad un altro. Da un
lato, occorre dunque considerare la salvaguardia della scelta iniziale
e, dall’altro, le ragioni della traslazione della salma addotte da chi è
divenuto parente più prossimo del defunto. Ad esempio, anche se non di
recente, è stato affermato che il diritto del coniuge superstite di
scegliere e di trasferire il luogo di sepoltura del coniuge defunto, che
trova limite soltanto nella diversa volontà già espressa dal defunto,
non si pone in contrasto con la pietà verso i defunti perché la
coscienza collettiva cui tale sentimento si riferisce non disapprova né
percepisce negativamente la translatio dei resti mortali per
una tumulazione ritenuta ragionevolmente più conveniente (e, quindi, non
dovuta a impulsi futili in contrasto con l'etica familiare) dal coniuge
superstite e da altri aventi diritto (Cass. civ., sez. VI, 14 novembre
2019, n. 29548; id., sez. I, 11 dicembre 1987, n. 9168).
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