Edilizia – Permesso di costruire – Annullamento regionale - Art. 39, t.u. edilizia n. 327 del 2001 – Natura.
Edilizia – Permesso di costruire – Annullamento regionale - Art. 39, t.u. edilizia n. 327 del 2001 – Motivazione – Necessità.
Il
potere di annullamento regionale del permesso di costruire, disposto ai
sensi ex art. 39, t.u. edilizia n. 327 del 2001, è una autotutela
speciale, riconducibile al paradigma dell’art. 21-novies l. n. 241 del
1990, salva la specialità dei termini di esercizio, che sono di
perdurante vigenza (1).
Al fine
dell’annullamento, da parte della regione, del permesso di costruire,
disposto ai sensi ex art. 39, t.u. edilizia n. 327 del 2001, non è
sufficiente la sussistenza di una illegittimità dell’atto e il mero
interesse pubblico al ripristino della legalità violata, ma occorre
invece che sia stata commessa una grave violazione urbanistico edilizia e
che vi sia un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della
legalità violata, da compararsi con l’affidamento dl
(1)
Il Collegio ritiene che il potere di annullamento regionale sia una
autotutela speciale, riconducibile al paradigma dell’art. 21-novies l.
n. 241 del 1990, salva la specialità dei termini di esercizio, che sono
di perdurante vigenza.
Ad avviso del C.g.a. che si tratti di un potere di autotutela è desumibile dai seguenti rilievi:
-
l’annullamento dell’atto non è “dovuto” in presenza della riscontrata
illegittimità. L’art. 39 t.u. edilizia configura il potere di
annullamento regionale come un potere discrezionale, utilizzando
l’espressione “possono essere annullati”;
- l’annullamento non è un atto “coercibile” da parte del privato o da altro organo dell’Amministrazione.
Si
tratta dunque di un potere di amministrazione attiva, di secondo grado,
coerente con l’art. 21-novies, l. n. 241 del 1990 secondo cui il potere
di annullamento dell’atto amministrativo illegittimo può essere
esercitato, oltre che dall’Amministrazione che ha autorato il
provvedimento, da altro organo previsto dalla legge.
Ma anche a
voler accedere alla tesi secondo cui il potere regionale è un potere di
vigilanza e controllo, questo non giustifica senz’altro la sua
sottrazione all’ambito di applicazione dell’art. 21-novies, l. n. 241
del 1990; infatti tale norma non reca una delimitazione
dell’annullamento di ufficio all’ambito della c.d. autotutela, e fa
riferimento a tutti i casi in cui l’annullamento possa essere disposto
dalla stessa Amministrazione autrice dell’atto o da “altro organo
previsto dalla legge”.
E’ da ritenere quindi che l’art.
21-novies, l. n. 241 del 1990 si debba applicare a tutti i casi in cui
la legge attribuisca ad un organo di amministrazione attiva il potere di
annullamento di atti amministrativi, a prescindere dalla qualificazione
della natura del potere esercitato (amministrazione attiva,
vigilanza-controllo); la previsione non si applica invece nei casi di
controllo affidato alla Corte dei conti o all’annullamento
giurisdizionale.
Quanto, tuttavia, ai termini per l’esercizio del
potere, l’art. 39 t.u. n. 327 del 2001 si pone in rapporto di
specialità rispetto all’art. 21-novies, l. n. 241 del 1990, ad esso
sopravvenuto, e pertanto di prevalenza: non risulta espressamente
abrogato; né sussistono i presupposti esegetici per ravvisare una
abrogazione tacita, posto che la legge generale successiva non può
abrogare tacitamente la legge speciale anteriore.
(2) Il C.g.a. ha avuto modo di precisare, con il parere numero 67 del 2017, che “Il
tenore dell’art. 53 l.r. n. 71/1978, secondo cui gli atti comunali
illegittimi “possono essere annullati” dalla Regione esclude qualsiasi
obbligatorietà ed automaticità del provvedimento regionale di
annullamento, che deve, invece, recare una congrua motivazione
sull’interesse pubblico a procedere.” E sempre nel medesimo parere si è
precisato che “Per giurisprudenza concorde, espressasi prevalentemente
con riferimento all’art. 21-novies l. n. 241/1990, la motivazione di un
atto di annullamento d’ufficio di un titolo edilizio non può limitarsi
al mero richiamo alla legalità. Sotto questo profilo l’annullamento
regionale non si differenzia sensibilmente dall’annullamento operato in
autotutela dal Comune (cfr. C.G.A., sez. riun., parere 383/03 del 12
marzo 2004, secondo cui “l'opera di comparazione degli interessi
pubblici e privati coinvolti (la cui necessità non è, peraltro,
esplicitamente esclusa nemmeno dall'orientamento giurisprudenziale più
rigoroso, che pure intravvede un interesse pubblico in re ipsa) debba
essere espletata con perspicuo rigore, dandone conto con adeguata
motivazione, ed escludendo meccanismi presuntivi sia con riferimento
alla sussistenza dell'interesse pubblico all'annullamento, che, non da
ultimo, con riguardo all'eventuale affidamento del privati").”
Anche il Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza n. 4822 del 2018, ha statuito che “Seppure
la norma del t.u. edilizia che attribuisce alla Regioni il potere di
annullamento straordinario dei titoli edilizi illegittimi non presenta
il grado di puntualità, con riferimento ai presupposti che debbono
sussistere per l’esercizio corretto del relativo potere, che si
riscontra nella lettura della disposizione dell’art. 21-novies l.
241/1990, che contiene i principi generali in materia di atti
amministrativi di ritiro di precedenti provvedimenti, appare inevitabile
affermare che, comunque, tali prescrizioni debbono essere osservate
anche in caso di esercizio del potere di annullamento straordinario dei
titoli edilizi, ex art. 39 d.P.R. n. 380/2001, per effetto di una
doverosa lettura costituzionalmente orientata della relativa
disposizione e quindi rispettosa del principio generale di cui all’art.
97 Cost..”
Ed ancora nella stessa motivazione: “l'eccezionalità
del potere in questione non può che essere inteso, in conformità ai
canoni costituzionali di cui all'art. 97 Cost. e di ragionevolezza,
sulla scorta dei medesimi presupposti che disciplinano l'autotutela
della pubblica amministrazione titolare del potere ordinario: sia in
termini di interesse pubblico specifico, sia di doverosa valutazione
degli interessi e degli eventuali affidamenti, con conseguente
necessaria valutazione della situazione di fatto che si viene ad
incidere in via straordinaria”.
E’ solo mediante un’articolata e completa motivazione che il provvedimento rispetta i requisiti della legittimità.
La
motivazione deve essere tanto più congrua quanto più giustificato è il
legittimo affidamento dei privati nella stabilità di provvedimenti
amministrativi anche in materia di titolo edilizi.
La stabilità
dei provvedimenti amministrativi costituisce un valore che acquista una
rilevanza sempre maggiore in un sistema che vuole l’agere della Pubblica Amministrazione ispirato al principio di correttezza e buon andamento di matrice costituzionale.
Il principio costituzionale dell’art. 97 Cost. fissa un limite al potere discrezionale autoritativo di ritiro.
Tale
limite trova fondamento anche nell’art. 3 Cost., su cui si fonda il
principio di ragionevolezza e proporzionalità dell’agire pubblico.
Non
si tratta di una preclusione del potere ma di un limite all’esercizio
del medesimo, di tipo motivazionale e procedurale che si collega al
principio di correttezza, ragionevolezza, proporzionalità, in quanto
vieta l’uso scorretto, irragionevole, sproporzionato, del potere
pubblico.
Tanto maggiore è l’affidamento dei privati tanto più
esaustiva deve essere la motivazione da cui possa desumersi la
sussistenza del pubblico interesse che non sia il mero richiamo alla
violazione delle regole urbanistiche e l’avvenuta ponderazione e
comparazione con i contrastanti interessi di cui sono portatori gli
stessi.
L’obbligo di motivazione è ancora più stringente quando
le primigenie scelte che hanno ampliato la sfera giuridica dei privati
non sono frutto di comportamenti fraudolenti da parte degli stessi ma
maturano in un rapporto con la pubblica amministrazione caratterizzato,
apparentemente, dalla reciproca buona fede.