giovedì 30 gennaio 2020

Danno erariale al sindaco per l'incarico dirigenziale a un funzionario senza laurea.

Il sindaco che attribuisce un incarico dirigenziale a un funzionario non laureato arreca un danno erariale al Comune.
 
Lo ha stabilito la corte dei Corte dei conti del Veneto, con la sentenza 20.11.2019 n. 182, con la quale ha condannato il sindaco di un Comune al risarcimento di un danno erariale per oltre 78 mila euro, a seguito del decreto di conferimento di un incarico dirigenziale a un funzionario privo del necessario diploma di laurea.
L'attribuzione dell'incarico a tempo determinato, con decorrenza dal giugno 2013 al maggio 2018, era avvenuta con un decreto del sindaco adottato ai sensi dell'articolo 110 del Tuel, che disciplina gli incarichi a contratto. L'argomentazione addotta dai giudici a sostegno della pesante condanna fa perno sul fatto che quest'ultimo articolo consente la copertura dei posti di qualifica dirigenziale mediante contratto a tempo determinato «fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire».
Il requisito della laurea
L'impianto normativo connesso a questo disposto non lascia dubbi in ordine alla necessità del diploma di laurea per l'accesso alla dirigenza della Pa.
In particolare, l'articolo 19 del Dlgs 165/2001 (testo unico sul pubblico impiego), con riguardo all'attribuzione degli incarichi dirigenziali a tempo determinato, fa espresso riferimento alla formazione universitaria e post universitaria ai fini della verifica della competenza professionale, mentre l'articolo 28 del medesimo decreto, per quanto riguarda l'accesso alle qualifiche dirigenziali a tempo indeterminato, prevede anch'esso la necessità del possesso di titolo di laurea.
Tenuto conto di ciò, il decreto illegittimo ha comportato il riconoscimento al funzionario di un trattamento economico superiore a quello che gli sarebbe spettato se l'incarico gli fosse stato attribuito con il riconoscimento di una posizione organizzativa, e per questo la Corte ha addebitato al sindaco un danno pari alla differenza retributiva tra le due posizioni in organico per tutto il periodo di svolgimento dell'incarico.
Il collegio ha respinto l'argomentazione difensiva secondo cui il sindaco non avrebbe avuto alternative nella scelta del funzionario (dato che era l'unico dipendente di categoria D disponibile ad assumere l'incarico), senza tener conto del fatto che la nomina avrebbe fatto risparmiare al Comune i costi di un conferimento di incarico dirigenziale a un soggetto esterno.
Al contrario, i giudici hanno sostenuto che «esistevano nell'organico dell'ente altre professionalità a cui attribuire l'incarico», mentre per quanto concerne il presunto risparmio di spesa la difesa del sindaco «nulla ha argomentato in merito alla possibilità di affidare la responsabilità dell'area a un funzionario di categoria D mediante l'istituto della posizione organizzativa».
La colpa grave
La sezione ha poi ravvisato i connotati di una colpa grave nella condotta del primo cittadino, in quanto in materia si è ormai consolidato «un quadro normativo chiaro, privo di insidie sul piano ermeneutico, anche alla luce della concorde e costante giurisprudenza amministrativa».
A nulla è valso il tentativo della difesa nel sostenere un coinvolgimento di altri organi comunali nella responsabilità decisionale per il conferimento dell'incarico dirigenziale illegittimo.
Secondo i giudici la circostanza che, a monte del decreto in questione, la giunta comunale avesse adottato un piano di fabbisogno del personale prevedendo la copertura del posto di qualifica dirigenziale mediante contratto a tempo determinato con incarico in base all'articolo 110 del Tuel non ha escluso neppure parzialmente la responsabilità del convenuto.
La decisione di giunta, infatti, atteneva unicamente alle modalità di copertura del posto, e non all'individuazione del soggetto al quale l'incarico avrebbe dovuto essere conferito da parte del sindaco, nella veste di titolare della funzione di scelta del responsabile dell'ufficio.
Il segretario generale, chiamato a sua volta in causa dal sindaco in qualità di soggetto titolare delle «funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto e ai regolamenti» (articolo 97 del tuel), è stato scagionato dal collegio per aver rappresentato al sindaco subito dopo l'adozione del decreto, verbalmente e per iscritto, i profili di illegittimità dell'avvenuto conferimento dell'incarico.
In definitiva, l'addebito del danno erariale è stato posto interamente a carico del sindaco dell'ente, individuato dalla Corte quale titolare esclusivo del potere di esercitare la funzione di scelta dell'incarico, con esclusione peraltro della cosiddetta «esimente politica», riferibile ai soli atti rientranti nella competenza di uffici tecnici o amministrativi e approvati, autorizzati o eseguiti in buona fede dagli organi politici (articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del 10.12.2019).