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Pubblicato il 25/11/2019
N. 08011/2019REG.PROV.COLL.
N. 01235/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1235 del 2019, proposto da
Daruma Centro s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Bianconi, Paolo Giovannelli e Andrea Ippoliti, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
Daruma Centro s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Bianconi, Paolo Giovannelli e Andrea Ippoliti, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco in carica,
rappresentata e difesa dall'avvocato Sergio Siracusa, con domicilio
eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II TER n. 11516/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e del Ministero dello Sviluppo Economico;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre
2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati
Giovannelli e Siracusa, l’avvocato dello Stato Giovanni Giovanni Greco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con verbale di accertamento 31 maggio 2018, agenti
della Polizia municipale di Roma Capitale, a seguito di sopralluogo nei
locali commerciali della Daruma Centro s.r.l., titolare di esercizio di
vicinato per lo svolgimento di laboratorio di gastronomia, constatavano
che “oltre la metà dei locali è ingombra di piani di appoggio con
sedute abbinate, sono comunque presenti arredi e relative modalità di
utilizzo che consentono la consumazione come seduti al tavolo con
caratteristiche di richiamo quantitativo della clientela e permanenza
nel luogo di consumo. Si è notato, inoltre, l’assenza di bilancia e
l’indicazione dei prezzi di vendita non per unità di misura”.
1.1. Alla luce delle riportate circostanze fattuali
gli agenti ritenevano che Daruma Centro s.r.l. avesse, in realtà,
avviato un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande in
assenza di idoneo titolo abilitativo (indicato come “autorizzazione amministrativa o Scia”)
e trasmettevano rapporto alla competente Direzione che adottava la
determinazione dirigenziale 18 settembre 2018 n. CA/2798/2018 di
cessazione dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e
bevande entro quindici giorni dalla notifica dell’atto.
2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio Daruma Centro s.r.l., impugnava il predetto provvedimento
per contrasto con l’art. 3, comma 1, lett. f) - bis d.l. 4 aprile
2006, n. 223 conv. in l. 4 agosto 2006, n. 248 per aver, quest’ultima
disposizione, eliminato ogni divieto al consumo immediato dei prodotti
di gastronomia presso esercizi di vicinato, con l’utilizzo di locali e
arredi dell’azienda, ad esclusione del servizio assistito di
somministrazione e con l’osservanza delle prescrizioni igienico
sanitarie.
2.1. La ricorrente contestava, poi, la violazione
dell’art. 1 d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (c.d. decreto liberalizzazioni)
conv. in l. 24 marzo 2012, n. 27, che aveva operato, a suo dire, il
superamento di ogni disposizione contenente “divieti, restrizioni, oneri o condizioni all'accesso”
all’esercizio di attività economiche, ivi comprese, pertanto, quelle
riferite agli esercizi di vicinato svolgenti attività di laboratorio di
gastronomia. A sostegno della sua tesi la ricorrente citava, altresì, il
parere reso dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato 5
dicembre 2016.
2.2. Oggetto di contestazione, inoltre, era anche la
Risoluzione del Ministero dello sviluppo economico 28 novembre 2016 n.
372321, espressamente richiamata nel provvedimento impugnato, che, in
relazione alle condizioni legittimanti il consumo sul posto dei prodotti
di gastronomia in caso di esercizi di vicinato, si soffermava sugli
arredi, con prescrizione di non abbinabilità di “piani e sedute”, nel senso che “l’utilizzo
congiunto della seduta e del piano d’appoggio non deve risultare
normalmente possibile (ad esempio, per le diverse altezze dei medesimi)
in modo che sia consentito ai fruitori il consumo degli alimenti e delle
bevande da seduti (ma non al tavolo) ovvero appoggiando i prodotti su
un piano (ma senza poterlo utilizzare da seduti)”.
La ricorrente lamentava la violazione dell’art. 117
Cost. per aver l’Amministrazione statale dettato prescrizioni in materia
di commercio, riservata alle Regioni e ai Comuni, nonché il superamento
dei limiti consentiti all’attività amministrativa, per aver, a mezzo
circolari, integrato il dettato normativo (e, precisamente, il
richiamato art. 3, comma 1, lett. f) – bis d.l. n. 223/2006), che vieta, unicamente, che l’attività di consumo in esercizi di vicinato si svolga con il “servizio ai tavoli”.
2.3. Da ultimo, la ricorrente rilevava il contrasto
del provvedimento impugnato con il Regolamento per l’esercizio delle
attività commerciali ed artigianali nel territorio della Città Storica,
approvato da Roma Capitale il 3 maggio 2018, che, all’art. 5, aveva
introdotto una disciplina degli arredi degli esercizi di vicinato con
consumo sul posto dei pasti, compatibile con la tipologia di arredi
presenti nel locale in cui era svolta la sua attività (arredi minimali;
che non possono coincidere con le attrezzature tradizionalmente
utilizzate negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e
devono garantire condizioni minime di fruibilità).
2.4. Il giudizio di primo grado, cui prendeva parte
Roma Capitale e nel quale si costituiva il Ministero dello sviluppo
economico, era concluso dalla sentenza, sez. II – ter, 28 novembre 2018, n. 11516, di reiezione del ricorso e compensazione delle spese di lite.
2.4.1. Il Tribunale, preliminarmente, delimitava la
questione posta dal giudizio nell’esatta individuazione dei presupposti e
limiti che consentono, agli esercenti un’attività di vendita di
prodotti alimentari da asporto, il consumo sul posto degli alimenti,
senza incorrere nell’esercizio abusivo dell’attività commerciale.
2.4.2. Definito in maniera puntuale il quadro
normativo di riferimento, era richiamato il precedente della medesima
Sezione, 5 gennaio 2016, n. 100, e le situazioni, ivi riepilogate
(perchè già colte in precedenti pronunce), rivelatrici di un’attività di
somministrazione per il consumo sul posto, ovvero: a) la disposizione
delle sedute e dei tavoli munite di apparecchiature per il consumo dei
pasti con stoviglie e bevande; b) la presenza di un rilevante numero di
tavoli e sedie apparecchiati con stoviglie lavabili e menù che
pubblicizzano prodotti al piatto con carta dei vini per la
somministrazione; c) la presenza di una macchina per il caffè, erogatori
di birra alla spina; d) un contesto connotato da un banco-bar
attrezzato con relativo addetto, arredi funzionali alla somministrazione
distribuiti sull’intera superficie utile del locale, modalità di
offerta/esposizione delle bottiglie di alcoli, analcolici,
superalcolici, uso di bottiglie con appositi dosatori a beccuccio per il
tipo di mescita al banco, esposizione prezzi cocktails e prodotti da
bar in genere, modalità di consumo delle bevande da parte degli
avventori mediante banco lungo con sgabelli.
2.4.3. In relazione all’attività svolta dalla
ricorrente, il giudice di primo grado riteneva non irragionevole il
convincimento dell’amministrazione secondo il quale l’offerta era
orientata ad un consumo sul posto con modalità similari o coincidenti
con la somministrazione assistita, piuttosto che alla mera vendita di
pasti, per: a) la presenza di arredi idonei di per sé a consentire la
somministrazione assistita – intesa in senso “funzionale” vale a
dire come organizzazione dell’offerta orientata a favorire la
consumazione sul posto del prodotto – senza che rilevi l’altezza
maggiore dei tavoli e delle sedie, trattandosi di caratteristica
meramente di stile; b) l’indicazione dei prodotti offerti in modalità
non compatibile con la vendita da asporto, che presuppone la pesatura
delle porzioni e quindi la bilancia e la indicazione dei prezzi per
peso.
2.4.4. Da ultimo, in relazione alle novità introdotte
dal nuovo Regolamento approvato da Roma Capitale, il giudice esaminava,
principalmente, la possibilità per la ricorrente di giovarsi del periodo
di adeguamento (di un anno) riconosciuta agli esercenti per adeguarsi
alle nuove disposizioni, che, tuttavia, escludeva nel caso di specie,
poiché non era, comunque, consentita a coloro che, precedentemente
avevano condotto attività irregolari o non corrispondenti al previgente
quadro normativo.
3. Propone appello Daruma Centro s.r.l.; si è
costituita in giudizio Roma Capitale. Le parti hanno presentato memorie
ex art. 73 Cod. proc. amm., e Daruma centro s.r.l. anche rituale
replica. All’udienza del 29 ottobre 2019, la causa è stata trattenuta in
decisione.
3.1. Con il proprio atto di appello, articolato in sei
motivi, Daruma Centro s.r.l. contesta la sentenza di primo grado per
aver respinto i motivi del ricorso, che vengono, pertanto,
sostanzialmente riproposti in questa sede.
La tesi dell’appellante è che, per la previsione del già richiamato art. 3, comma 1, lett. f – bis
d.l. 4 aprile 2006, n. 223 conv. in l. 4 agosto 2006, n. 248, è
consentito ora ad ogni esercizio di vicinato, che svolga attività di
laboratorio di gastronomia, il consumo sul posto, purchè senza la
predisposizione di “servizio ai tavoli”, pena, solo in
quest’ultimo caso, la ricorrenza di un’attività di somministrazione di
alimenti e bevande con conseguente necessità di munirsi di ulteriore
titolo abilitativo. Trae rafforzamento tale convincimento anche dalle
disposizioni normative di liberalizzazione del mercato, rivolte ad
ampliare le possibilità dell’attività imprenditoriale.
4. Il motivo è fondato.
4.1. La questione posta dal motivo d’appello – le
condizioni alle quali è consentito ai titolari di esercizio di vicinato
alimentare di permettere il consumo sul posto degli alimenti alla
propria clientela – è stata esaminata in maniera approfondita da questa
Sezione nella sentenza 8 aprile 2019, n. 2280, dalle cui conclusioni non
v’è ragione di discostarsi.
4.2. La richiamata pronuncia ha fissato il principio
generale per il quale negli esercizi di vicinato, allorché legittimati
alla vendita dei prodotti appartenenti al settore merceologico
alimentare, è ammesso il consumo sul posto di prodotti di gastronomia, purché in assenza del servizio “assistito” di somministrazione.
Il “servizio assistito” di cui al citato art. 3, comma 1, lett. f – bis,
d.l. 223/2006 è stato, quindi, identificato nell’offerta da parte del
gestore di un servizio ai tavoli ad opera di personale impiegato nel
locale e così in senso più strettamente letterale e non, invece, in
senso “funzionale” come dalla pronuncia impugnata, come organizzazione
dell’offerta da parte del gestore rivolta, nel suo complesso – e,
dunque, anche in ragione delle modalità di strutturazione del locale – a
favorire la consumazione sul posto dei prodotti di gastronomia.
4.3. Ne segue, quale logica conseguenza, che per l’interpretazione accolta di “servizio assistito”
è del tutto irrilevante la predisposizione degli arredi all’interno del
locale, poiché, in assenza di personale ai tavoli, non è impedito che
il mero consumo in loco del prodotto acquistato possa avvenire
servendosi materialmente di suppellettili ed arredi, anche dedicati,
presenti nell’esercizio commerciale, ossia in primis tavoli e sedie, ma a
rigore anche tovaglioli o stoviglie, la cui generale messa a
disposizione per uso autonomo e diretto di per sé non integra un
servizio di assistenza al tavolo, ben potendo essere utilizzati anche
dagli acquirenti che decidano di non fermarsi nel locale.
4.4. Le Risoluzioni ministeriali che incentrano
l’elemento distintivo fra attività di somministrazione di alimenti e
bevande e attività di vendita sulla modalità di consumo dell’offerta, in
particolare sull’attrezzatura utilizzabile per consentire il consumo
sul posto, si pongono in contrasto, pertanto, con il dato normativo
precedentemente richiamato.
In tal senso va condivisa – come già fatto nella
sentenza di questa Sezione richiamata – la considerazione svolta
dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella segnalazione
27 ottobre 2016, n. S2605: “Le richiamate Risoluzioni non tengono […] conto
del fatto che già il D.L. n. 223/2006 aveva inteso superare o
quantomeno coordinare con i principi di concorrenza tutte le attività di
consumo sul posto di alimenti e bevande, individuando il discrimen tra
l’attività di somministrazione e quella di vendita da parte degli
esercizi di vicinato unicamente nella presenza o meno del servizio
assistito. Esse, inoltre, non basano l’interpretazione offerta su quanto
strettamente necessario a tutelare le esigenze di interesse generale
tipizzate dal citato D.L. n. 201/2011, quali la «tutela della salute,
dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni
culturali» […]”.
4.5. Alla luce delle predette considerazioni,
contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza di primo grado, il
provvedimento impugnato va annullato per aver ritenuto Daruma Centro
s.r.l. esercente, senza titolo, l’attività di somministrazione di
alimenti e bevande, laddove, invece, la stessa consentiva esclusivamente
il consumo sul posto ai propri clienti nei limiti previsti dal
legislatore, vale a dire senza approntare una qualche modalità di “servizio assistito” all’interno del proprio locale, ma solo mettendo a disposizione arredi idonei allo scopo.
4.6. Da ultimo, va precisato che il Regolamento per
l’esercizio delle attività commerciali ed artigianali nel territorio
della Città Storica, approvato con deliberazione dell’Assemblea
capitolina 17 aprile 2018 n. 47 ed entrato in vigore il 18 maggio 2018,
effettivamente ha introdotto nuove disposizioni relative alle modalità
di espletamento dell’attività di esercizio di vicinato alimentare
qualora sia offerta alla clientela il consumo sul posto dei prodotti di
gastronomia.
Tuttavia, il provvedimento impugnato ha carattere
sanzionatorio, onde la sua legittimità va accertata relativamente ai
presupposti e condizioni previsti al momento della sua adozione, fermo
restando che, come evidenziato anche dal giudice di primo grado, è
imposto a tutti gli esercenti di doversi adeguare alle nuove
disposizioni nel termine ivi stabilito; di ciò, dell’avvenuto
adeguamento, non v’è, tuttavia, motivo di occuparsi nel presente
giudizio.
5. In conclusione, in riforma della sentenza di primo
grado, va accolto il ricorso proposto da Daruma Centro s.r.l. con
conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
6. La novità degli orientamenti giurisprudenziali sui
quali è fondata l’odierna decisione giustifica la compensazione delle
spese del doppio grado del giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe
proposto, lo accoglie e, per gli effetti, in riforma della sentenza del
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 11516/2018, accoglie
il ricorso proposto in primo grado da Daruma centro s.r.l., con
conseguente annullamento degli atti impugnati.
Compensa tra tutte le parti costituite le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2019 con l'intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero, Presidente FF
Valerio Perotti, Consigliere
Federico Di Matteo, Consigliere, Estensore
Alberto Urso, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Federico Di Matteo | Fabio Franconiero | |
IL SEGRETARIO