Cons. St., sez. IV, 27 agosto 2019, n. 5902 - Pres. (ff.) Taormina, Est. Lamberti
Commercio – Vendita al pubblico– Grande distribuzione - Disciplina regionale – Contrasto con quella statale – Conseguenza.
La disciplina regionale in tema di grande distribuzione deve essere interpretata in maniera coerente con la sovra-ordinata normativa statale, posta a presidio della concorrenza: in particolare, la normativa regionale deve essere interpretata in maniera tale da non determinare l’ascrizione del carattere di “grande struttura di vendita” o, comunque, di struttura lato sensu “complessa” a strutture che, secondo la legge dello Stato, non lo sarebbero (1)
(1) Ha chiarito la Sezione che disciplina regionale deve essere letta sulla base dei generali principi stabiliti da quella statale.
Pur ove si ammetta, infatti, che lo spazio regionale di regolamentazione delle attività commerciali possa spingersi sino alla generale perimetrazione categoriale delle strutture a ciò deputate, comunque tale potestas deve essere interpretata in maniera coerente con la cornice scolpita a monte dalla disciplina statale.
Invero, giacché da un lato la “tutela della concorrenza” si svolge anche mediante l’individuazione del livello massimo di adempimenti amministrativi necessari, su tutto il territorio nazionale, per l’apertura di nuove strutture (ossia per l’esercizio della libera iniziativa economica privata) e giacché, dall’altro lato, l’introduzione da parte della disciplina regionale di classificazioni tipologiche ulteriori rispetto a quelle statali può potenzialmente comportare un appesantimento degli oneri burocratico-amministrativi (cosiddetto red tape, nell’accezione anglosassone), ergo la normativa regionale deve essere interpretata in maniera tale da non determinare l’ascrizione del carattere di “grande struttura di vendita” o, comunque, di struttura lato sensu “complessa” a strutture che, secondo la legge dello Stato, non lo sarebbero.
Sulla scorta di tale premessa ed in base alle definizioni riportate supra, si evince, in una visione sintetica e d’insieme, che la considerazione giuridica unitaria di due o più “medie strutture di vendita”, quale che ne sia la categoria di sussunzione, richiede due convergenti e contestuali requisiti: uno materiale (la ricorrenza di un legame fisico) ed uno funzionale (la comunanza della gestione).
E’, anzitutto, necessario che le strutture siano direttamente collegate fra loro: i consumatori, in sostanza, debbono poter accedere dall’una all’altra con facilità, disponendo di appositi percorsi pedonali appositamente studiati per la peculiare modalità di fruizione di siffatte strutture, ove spesso le persone portano con sé da una struttura all’altra, a mezzo di carrelli od altri strumenti, gli acquisti precedentemente operati.
Tali percorsi devono collegare direttamente le strutture, non il più ampio lotto ove queste insistono, e devono correre su suolo privato; se su suolo pubblico, devono consentire un passaggio ben segnalato, dedicato specificamente ai consumatori, sufficientemente ampio e sicuro.
Tali percorsi possono essere indifferentemente al chiuso o all’aperto ma, in tale ultimo caso, devono differire dalla semplice transitabilità pubblica ordinariamente assicurata all’indistinta collettività a mezzo di marciapiedi od altre vie di transito pedonale: la considerazione giuridica unitaria di più strutture, invero, può darsi solo in presenza di elementi fattuali che ne differenzino e qualifichino la conformazione in maniera precisa, trovandosi altrimenti di fronte alla mera contiguità di strutture distinte.
La necessità del collegamento fisico è, peraltro, implicita nella natura unitaria della struttura: non può, invero, darsi un unitario insediamento commerciale ove le varie componenti non siano direttamente ed efficacemente collegate fra loro.
In caso contrario, del resto, non vi sarebbe alcuna effettiva e concreta “organizzazione”; non sarebbe possibile utilizzare il sostantivo “aggregazione”, che richiama un concetto di congenita unitarietà; non sarebbe predicabile la ricorrenza di un “unico complesso”, ma una semplice (ed occasionale) vicinanza di distinte strutture, prive di alcun elemento in “comune” diverso dalla mera ubicazione nella medesima area
Commercio – Vendita al pubblico– Grande distribuzione - Disciplina regionale – Contrasto con quella statale – Conseguenza.
La disciplina regionale in tema di grande distribuzione deve essere interpretata in maniera coerente con la sovra-ordinata normativa statale, posta a presidio della concorrenza: in particolare, la normativa regionale deve essere interpretata in maniera tale da non determinare l’ascrizione del carattere di “grande struttura di vendita” o, comunque, di struttura lato sensu “complessa” a strutture che, secondo la legge dello Stato, non lo sarebbero (1)
(1) Ha chiarito la Sezione che disciplina regionale deve essere letta sulla base dei generali principi stabiliti da quella statale.
Pur ove si ammetta, infatti, che lo spazio regionale di regolamentazione delle attività commerciali possa spingersi sino alla generale perimetrazione categoriale delle strutture a ciò deputate, comunque tale potestas deve essere interpretata in maniera coerente con la cornice scolpita a monte dalla disciplina statale.
Invero, giacché da un lato la “tutela della concorrenza” si svolge anche mediante l’individuazione del livello massimo di adempimenti amministrativi necessari, su tutto il territorio nazionale, per l’apertura di nuove strutture (ossia per l’esercizio della libera iniziativa economica privata) e giacché, dall’altro lato, l’introduzione da parte della disciplina regionale di classificazioni tipologiche ulteriori rispetto a quelle statali può potenzialmente comportare un appesantimento degli oneri burocratico-amministrativi (cosiddetto red tape, nell’accezione anglosassone), ergo la normativa regionale deve essere interpretata in maniera tale da non determinare l’ascrizione del carattere di “grande struttura di vendita” o, comunque, di struttura lato sensu “complessa” a strutture che, secondo la legge dello Stato, non lo sarebbero.
Sulla scorta di tale premessa ed in base alle definizioni riportate supra, si evince, in una visione sintetica e d’insieme, che la considerazione giuridica unitaria di due o più “medie strutture di vendita”, quale che ne sia la categoria di sussunzione, richiede due convergenti e contestuali requisiti: uno materiale (la ricorrenza di un legame fisico) ed uno funzionale (la comunanza della gestione).
E’, anzitutto, necessario che le strutture siano direttamente collegate fra loro: i consumatori, in sostanza, debbono poter accedere dall’una all’altra con facilità, disponendo di appositi percorsi pedonali appositamente studiati per la peculiare modalità di fruizione di siffatte strutture, ove spesso le persone portano con sé da una struttura all’altra, a mezzo di carrelli od altri strumenti, gli acquisti precedentemente operati.
Tali percorsi devono collegare direttamente le strutture, non il più ampio lotto ove queste insistono, e devono correre su suolo privato; se su suolo pubblico, devono consentire un passaggio ben segnalato, dedicato specificamente ai consumatori, sufficientemente ampio e sicuro.
Tali percorsi possono essere indifferentemente al chiuso o all’aperto ma, in tale ultimo caso, devono differire dalla semplice transitabilità pubblica ordinariamente assicurata all’indistinta collettività a mezzo di marciapiedi od altre vie di transito pedonale: la considerazione giuridica unitaria di più strutture, invero, può darsi solo in presenza di elementi fattuali che ne differenzino e qualifichino la conformazione in maniera precisa, trovandosi altrimenti di fronte alla mera contiguità di strutture distinte.
La necessità del collegamento fisico è, peraltro, implicita nella natura unitaria della struttura: non può, invero, darsi un unitario insediamento commerciale ove le varie componenti non siano direttamente ed efficacemente collegate fra loro.
In caso contrario, del resto, non vi sarebbe alcuna effettiva e concreta “organizzazione”; non sarebbe possibile utilizzare il sostantivo “aggregazione”, che richiama un concetto di congenita unitarietà; non sarebbe predicabile la ricorrenza di un “unico complesso”, ma una semplice (ed occasionale) vicinanza di distinte strutture, prive di alcun elemento in “comune” diverso dalla mera ubicazione nella medesima area