La
punibilità per la coltivazione non autorizzata di piante dalle quali
siano estraibili sostanze stupefacenti va esclusa solo se il giudice ne
accerta la concreta inoffensività, che si ha se risulta sostanzialmente
irrilevante l’aumento di disponibilità della droga e non prospettabile
alcun pericolo di sua ulteriore diffusione.
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CASUS DECISUS
La
Corte di appello di Firenze, parzialmente riformando la decisione del
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pisa, ha
riconosciuto P.F. responsabile del reato D.P.R. n. 9 ottobre 1990, n.
309, ex art. 73, comma 5, capo A - per avere coltivato 10 piante di
marjuana in 6 secchi (dentro uno sgabuzzino nella sua abitazione),
illuminandole con una lampada) e detenuto gr. 40 di foglie di marjuana
stese per terra a essiccare - e, concedendo le circostanze attenuanti
generiche equivalenti alla recidiva, ha rideterminato la pena, mentre ha
dichiarato non doversi procedere per il reato ex art. 697 c.p. (capo
B), perché estinto per prescrizione. Nel ricorso presentato dal
difensore di P. si chiede l’annullamento della sentenza.
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TESTO DELLA SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - SENTENZA 19 marzo 2019, n.12198 - Pres. Fidelbo – est. Costanzo
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza n.
4507/2017 la Corte di appello di Firenze, parzialmente riformando la decisione
del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pisa, ha riconosciuto
P.F. responsabile del reato D.P.R. n. 9 ottobre 1990, n. 309, ex art. 73, comma
5, capo A - per avere coltivato 10 piante di marjuana in 6 secchi (dentro uno
sgabuzzino nella sua abitazione), illuminandole con una lampada) e detenuto gr.
40 di foglie di marjuana stese per terra a essiccare - e, concedendo le
circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva, ha rideterminato la
pena, mentre ha dichiarato non doversi procedere per il reato ex art. 697 c.p.
(capo B), perché estinto per prescrizione.
2. Nel ricorso
presentato dal difensore di P. si chiede l’annullamento della sentenza
deducendo: a) vizio della motivazione e inosservanza e erronea applicazione del
D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, per avere trascurato di valutare se
la concreta condotta di coltivazione ha leso il bene giuridico tutelato dalla
norma incriminatrice, considerando, peraltro, che il perito che ha esaminato le
piante ha ritenuto 'praticamente pari al limite' il quantitativo di
principio attivo rinvenuto nei reperti utilizzati e che, le foglie di marijuana
sono state rinvenute in parte su una sedia e in parte a terra, a conferma della
loro destinazione a uso personale; b) vizio della motivazione e violazione dell’art.
99 c.p. per avere fondato il riconoscimento della recidiva solo sui precedenti
penali dell’imputato relativi a reati di indole differente rispetto a quelli
per i quali si procede; c) omessa motivazione del rigetto del motivo di appello
sulla non applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella massima
estensione; d) vizio della motivazione e violazione dell’art. 133 c.p., nel
determinare una pena superiore al minimo edittale.
Considerato in
diritto
1. Il ricorso è
manifestamente infondato.
1.1. Relativamente
al primo motivo, va ribadito che la coltivazione non autorizzata di piante
dalle quali siano estraibili sostanze stupefacenti è penalmente rilevante,
anche se realizzata per l’uso personale del prodotto, quando è accertata
l’effettiva capacità della sostanza, ricavata o ricavabile, di produrre un
effetto drogante con concreto pericolo di aumento di disponibilità dello
stupefacente e di sua ulteriore diffusione (Sez. U, n. 28605 del 24/04/2008,
Rv. 239920; Sez. 4, n. 17167 del 27/01/2017, Rv. 269539; Sez. 6, n. 8058 del
17/02/2016, Rv. 266168). La punibilità per la coltivazione va esclusa solo se
il giudice ne accerta la concreta inoffensività, che si ha se risulta
sostanzialmente irrilevante l’aumento di disponibilità della droga e non prospettabile
alcun pericolo di sua ulteriore diffusione (Sez. 3, n. 36037 del 22/02/2017 -
dep. 21/07/2017, Rv. 27180501; Sez. 4, n. 3787 del 19/01/2016, Rv. 265740; Sez.
6, n. 5254 del 10/11/2015, dep. 2016, Rv. 265641). Nel caso in esame, come
precisato nella sentenza impugnata, l’imputato aveva allestito quanto
necessario per sviluppare una coltivazione non episodica di marijuana destinata
alla vendita (considerando che egli non fa uso di droga né svolge un lavoro) al
pari delle foglie di marijuana illecitamente detenute.
1.2. Relativamente
al secondo motivo di ricorso, va rilevato che la Corte di appello ha
riconosciuto le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva
adeguatamente evidenziando la 'più accentuata pericolosità'
dell’imputato connessa ai reati per i quali si procede.
1.3. Relativamente
al terzo motivo di ricorso, la mancanza di motivazione del rigetto del motivo
di appello sulla non applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella
massima estensione è del tutto coerente con il loro riconoscimento come non più
che equivalenti alla recidiva reiterata, nel limite di quanto consentito
dall’art. 69 c.p., comma 4.
1.4. Relativamente
al quarto motivo di ricorso, deve osservarsi che la determinazione della
pena-base nella misura di 9 mesi di reclusione per il capo A risulta (nell’arco
che va dai sei mesi ai quattro anni) prossima al minimo edittale - tanto più se
si considera la rilevanza della continuazione interna per la detenzione di
foglie di marijuana - e, pertanto, adeguatamente motivata con la valutazione
che P. aveva avviato una attività di 'coltivazione non proprio
minimale'.
2. Dalla
inammissibilità del ricorso deriva ex art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento a favore
della Cassa delle Ammende della somma che risulta congruo determinare in Euro
2000.
P.Q.M.
Dichiara
inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
FONTE: http://www.neldiritto.it