Si conferma la linea dura della Suprema Corte contro gli enti accertatori
che devono provare che l’apparecchio è segnalato con adeguato anticipo. Va
provata anche la taratura
Altro duro colpo nei confronti degli enti accertatori e dei prefetti in
materia di sanzioni al codice della strada per eccesso di velocità elevati con
apparecchiature elettroniche come l’autovelox.
Ieri, la seconda sezione civile Cassazione con l’ordinanza 1661/19,
pubblicata il 22 gennaio, ha riaffermato compiutamente alcuni principi che per
Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si stanno consolidando in questa
delicata materia che vede ancora contrapposti automobilisti e enti ma anche, da
una parte la certezza del diritto e dall’altra l’esigenza di “far cassa” con la
scusa della regolamentazione del traffico veicolare e della sicurezza.
Nella fattispecie, in particolare, si è ribadito il concetto secondo cui, se
è vero che il verbale che contesta l’eccesso di velocità non debba indicare la
presenza del segnale che preavvisa il conducente del rilevamento elettronico,
tuttavia, in caso di contestazione circa la sua esistenza tocca comunque
all’ente accertatore dimostrare la presenza del cartello, che costituisce una
condizione di legittimità della pretesa sanzionatoria. Nel caso approdato
innanzi alla Suprema Corte, il cittadino aveva proposto ricorso dopo aver perso
sia innanzi al Giudice di Pace di Parma che in appello davanti al Tribunale
dello stesso comune emiliano.
In primo luogo, nell’accogliere il ricorso, i giudici di legittimità
ricordano che se il trasgressore contesta l’affidabilità dell’apparecchio, il
giudice è tenuto ad accertare se lo strumento che misura la velocità dei
veicoli è stato sottoposto alle verifiche di funzionalità e taratura così come
affermato dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 113 del 2015.
Altro punto a favore dell’automobilista riguarda la contestazione
dell’assenza dell’apposita segnaletica che preannuncia la presenza
dell’autovelox. In tal senso, sottolinea la Suprema Corte, che sia l’articolo
142 Cds, al comma 6 bis introdotto dal decreto legge 117/07, sia il decreto
ministeriale attuativo 15 agosto 2007 prevedono che i segnali devono essere
installati con adeguato anticipo rispetto agli autovelox e l’amministrazione
non ha alcuna discrezionalità nell’adempiere all’obbligo ricorrendo a sistemi
informativi alternativi, mentre è lo stesso Codice della Strada a imporre di
utilizzare le segnalazioni luminose, se necessario.
Evidenziano gli ermellini che se la decisione impugnata è corretta nella
parte in cui dichiara che non è previsto da alcuna norma primaria o secondaria
che il verbale di contestazione debba fornire indicazioni circa la presenza del
cartello di preavviso del dispositivo elettronico, non è tale anche nella parte
in cui, invece, ha sia pur implicitamente affermato, che è onere dell'opponente
la prova della violazione da parte dell'amministrazione delle procedure di
accertamento quanto alla presenza del cartello di preavviso del dispositivo
elettronico: il relativo onere probatorio, infatti, in mancanza di
un’attestazione fidefaciente al riguardo contenuta nel verbale va dunque a
carico dell'amministrazione. Va poi rigettato l’assunto secondo cui l’eventuale
inadempienza dell’ente possa rimanere limitata nell’ambito dei rapporti
organizzativi interni alla pubblica amministrazione: è tutt’altro che priva di
precettività la norma ex articolo 4 della legge 168/02.
La segnalazione preventiva degli apparecchi è un obbligo specifico posto a
carico della polizia stradale per tutelare la sicurezza dei conducenti. Morale
della favola: l’inadempienza dell’amministrazione non può non riflettersi sulla
legittimità degli accertamenti.
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