Corte di Cassazione
Il superamento dei limiti di emissione del rumore. Differenza con l'llecito amministrativo.
Con sentenza del 24 ottobre 2018 la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione
ha rigettato il ricorso proposto dall’amministratrice di un disco bar e
karaoke condannata alla pena di euro 250 di ammenda per il reato di cui
all'art. 659, comma 2, codice penale, nonché al risarcimento del danno.
In particolare, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto
dall’imputata la quale sosteneva che nel suo caso, essendo stata
ravvisato il solo superamento del limite previsto in materia di rumore,
doveva trovare applicazione l'illecito amministrativo previsto all'art.
10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 e non la norma penale
di cui all'art. 659, comma 2, codice penale.
La Suprema Corte sul punto ha precisato che, quanto all'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, esso integra:
a) l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia;
b) il reato di cui al comma primo dell'art. 659, codice penale, qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete;
c) il reato di cui al comma secondo dell'art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità
che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da
quelle relative ai valori limite di emissione sonore stabiliti in
applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995.
In proposito, peraltro, è stato altresì ritenuto che il mancato
rispetto dei limiti di emissione del rumore stabiliti dal D.P.C.M. 1
marzo 1991 può integrare la fattispecie di reato prevista dall'art. 659, comma secondo, codice penale, allorquando l'inquinamento acustico è concretamente idoneo a recare disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralità indeterminata di persone.
Nella sentenza, inoltre, la Suprema Corte da atto dell'ampio
dibattito giurisprudenziale esistente in proposito rilevando che in ogni
caso, e con riferimento ai rapporti intercorrenti tra l'ipotesi
contravvenzionale delineata al comma 2 dell'art. 659 cod. pen. e
l'ipotesi di cui alla legge n. 447 del 1995, art. 10, comma 2, (legge
quadro sull'inquinamento acustico), è stato affermato con plurime
pronunce che nel caso di esercizio di professione o mestiere rumoroso in spregio alle disposizioni della legge ovvero alle prescrizioni dell'Autorità,
la lesione del bene giuridico protetto (quiete e tranquillità pubblica)
comune all'art. 659 comma 2 cod. pen. ed all'art. 10 della legge
447/95, è presunta ope legis ed "è racchiusa, per
intero, nel precetto della disposizione codicistica, che tuttavia cede,
di fronte alla configurazione dello speciale illecito amministrativo
previsto dall'art. 10 suddetto, qualora l'inquinamento acustico si
concretizzi nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di
rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia".
Nel caso esaminato - conclude la Corte - l‘applicazione della norma
penale è corretta in quanto non si è trattato del semplice superamento
dei limiti delle emissione sonore nell'ambito di una attività
intrinsecamente rumorosa, ma soprattutto della lesione e/o messa in
pericolo della quiete pubblica, come tale pregiudizievole della salute
collettiva costituzionalmente protetta dall'art. 32 Cost., tutto ciò in
modo reiterato e non semplicemente occasionale, al punto da mettere a
repentaglio la salute e la tranquillità delle persone.
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