Cass. pen. sez. IV - Sent. 19/01/2018 n. 2342
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Presidente: Rocco Marco BLAIOTTA
Rel. Consigliere: Daniela Rita TORNESI
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza emessa in data 6 aprile 2017 il Giudice di Pace di Pescara ha dichiarato A. A. responsabile "del reato p. e. p. dall'art. 590 c.p. perché alla guida dell'autovettura XXX tg. aa000bb, entrando nell'area di parcheggio sita in via Salentina, per colpa consistita in generica imperizia, negligenza ed imprudenza, per non aver posto la dovuta attenzione alla guida, non si avvedeva della presenza di B. B. che era intenta a pattinare e la investiva procurandole la frattura della gamba sinistra. In Montesilvano il 4.5.2015."
L'imputata veniva condannata alla pena di euro 500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Veniva altresì applicata, nei suoi confronti, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per il periodo di mesi tre.
1.1. Secondo la ricostruzione del fatto operata dal Giudice di Pace, la B. B. era intenta a pattinare all'interno dell'area di parcheggio parallela alla via Salentina di Montesilvano quando veniva investita dall'autovettura condotta dall'imputata che, provenendo dalla predetta strada, dopo essersi fermata per consentire l'attraversamento pedonale di alcuni giovani, stava effettuando la manovra di immissione in detta area. Il Giudicante ha escluso la sussistenza di alcun addebito in capo alla B. B. sostenendo che stava svolgendo un'attività legittima in quanto il luogo dell'incidente non è interdetto al pattinaggio.
Al riguardo si è osservato che "l'art. 190 comma 8 del Cds. fa divieto di pattinaggio solo sulla carreggiata delle strade che, a mente dell'art. 3 c. 1 n. 7), è la parte di strada destinata allo scorrimento dei veicoli e come tale distinta dall'area di parcheggio, ove non è previsto alcun specifico divieto di pattinaggio dal Cds". Si è inoltre soggiunto che, contrariamente a quanto affermato dall'imputata A. A. e dal teste C. C., cognato della predetta, la collisione non era dovuta ad un tamponamento causato dalla pattinatrice alla parte posteriore - lato destro - dell'auto, posto che la Polizia Municipale aveva riscontrato ammaccature e danni al paraurti anteriore destro dell'autovettura, compatibili con le lesioni subite dalla persona offesa (frattura della tibia e del perone). Il Giudice giungeva così ad affermare che la B. B. veniva "attinta nella sua parte sinistra, o posteriore sinistra, dalla parte anteriore destra della XXX condotta dall'imputata..."
2. Avverso la predetta pronuncia propone ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 37, comma 2, del d.lgs.vo n. 274/2000, il difensore dell'imputata, avv. D. D., che deduce i seguenti motivi.
2.1. Violazione dell'art. 606, lett. b) c.p.p., in relazione all'art. 590 c.p. e 90, comma 8, cod. strada.
Il ricorrente evidenzia che la sentenza è affetta dal vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 590 c.p. e 190, comma 8, cod. strada, in quanto il sinistro è avvenuto mentre B. B. stava pattinando in una parte della strada assolutamente vietata, in quanto destinata esclusivamente allo scorrimento dei veicoli, e non già in un'area di parcheggio, come erroneamente affermato dal Giudicante.
Inoltre contesta che la A. A. abbia investito la B. B.; ciò sarebbe confermato dal tenore delle dichiarazioni acquisite dalla Polizia Municipale nell'immediatezza dell'accaduto e dalla circostanza che non risulta essere stata elevata nessuna contravvenzione a suo carico.
Secondo la prospettazione difensiva l'imputata non ha violato alcuna regola di cautela posta alla base della fattispecie del reato di cui all'art. 590 c.p. e l'evento è attribuibile esclusivamente alla condotta vietata, repentina e poco accorta della B. B., del tutto imprevedibile ed inevitabile da parte della A. A. che ha soltanto potuto prendere atto dell'urto avvenuto sul lato posteriore della sua auto. Richiama in proposito la giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 4 n. 20027/08), che, nel delimitare le ipotesi in cui va affermata la colpa della persona offesa, evidenzia che è necessario che il conducente di un veicolo si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone (in tal caso la pattinatrice).
2.2. Violazione dell'art. 606, lett. c), c.p.p. in relazione agli artt. 125, 533 e 546 c.p.p.
Rileva la ricorrente che la sentenza è affetta da carenza motivazionale atteso che il giudice si è limitato ad indicare la fonte di prova delle dichiarazioni testimoniali poste a fondamento del giudizio di responsabilità, senza alcun vaglio critico sulla loro attendibilità, ed omettendo di indicare e valutare gli elementi probatori documentali e, soprattutto, senza alcuna analisi approfondita degli elementi costitutivi del reato contestato.
Soggiunge che lo stesso giudice di primo grado ha dato atto delle contraddizioni che caratterizzano le deposizioni testimoniali acquisite, il che dimostra la loro inattendibilità. Evidenzia inoltre la contraddizione di fondo del comportamento processuale ed extra processuale della persona offesa che ha dato versioni contrastanti dei fatti, tant'è il pubblico ministero ha concluso chiedendo l'assoluzione dell'imputata.
Non vi è, dunque, la certezza processuale che la condotta sia attribuibile alla A. A.
2.3. Violazione dell'art. 606, lett. e), c.p.p. per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
La ricorrente rileva che la sentenza impugnata si fonda su un ragionamento del tutto illogico in quanto il giudice di merito ha trascurato alcuni elementi probatori (ovvero le dichiarazioni rese dagli unici testimoni oculari presenti al momento dell'arrivo della Polizia Municipale), valorizzando, invece, le dichiarazioni dei testi E. E. e F. F., rese a quasi tre mesi dall'accaduto e quelle della persona offesa, pur dando atto delle versioni dei fatti contrastanti da quest'ultima rese, deducendo il vizio di travisamento dei fatti.
3. Conclude chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni che seguono.
2. La sentenza impugnata è viziata sin dalle sue premesse laddove si sostiene che l'attività di pattinaggio svolta dalla persona offesa B. B. all'interno dell'area di parcheggio sia legittima.
Tale tesi non appare aderente alla disciplina normativa nella subiecta materia.
L'art. 190 del codice della strada, la cui rubrica recita "comportamenti dei pedoni", apportando alcune varianti al testo della corrispondente norma previgente (ovvero all'art. 134 dei D.P.R. n. 393 dei 15.06.1959), ha inserito ai comma 8, la seguente disposizione: "La circolazione mediante tavole, pattini od altri acceleratori di andatura è vietata sulle carreggiate delle strade". Inoltre il legislatore, oltre a riprodurre il testo invariato dell'abrogato comma 8, "È vietato effettuare sulle carreggiate giochi o manifestazioni sportive non autorizzate", al comma 9, ha soggiunto "Sugli spazi riservati ai pedoni è vietato usare tavole, pattini od altri acceleratori di andatura che possano creare situazioni di pericolo per gli altri utenti".
Il primo divieto è posto, evidentemente, nell'interesse prevalente di chi fa uso di tali strumenti perché sulla sede stradale potrebbe scontrarsi con autoveicoli e motoveicoli. Il secondo divieto, invece, tende a tutelare prevalentemente i pedoni che potrebbero ricevere danni se urtati da coloro che si muovono su tavole, pattini, e strumenti similari.
Ai sensi dell'art. 3, comma 1, n. 34, del codice della strada il parcheggio è un'area o un'infrastruttura fuori della carreggiata destinata alla sosta dei veicoli". Dunque, evidentemente, si tratta di sito nel quale si riscontra il fisiologico transito sia di veicoli che di pedoni; e particolarmente delle persone che discendono dai veicoli o che vi si dirigono, nonché di veicoli che eseguono spesso complicate manovre. Dunque, si verificano le medesime situazioni di rischio che giustificano il divieto di transito di "acceleratori di velocità" nelle carreggiate e nei siti destinati ai pedoni. Pertanto, in ragione della funzione cui l'area di parcheggio assolve, il divieto di pattinaggio deve ritenersi esteso a tale sito. Una diversa soluzione sarebbe irragionevolmente diversificata in presenza di situazioni di rischio omogenee; e determinerebbe l'assenza di normazione cautelare in un contesto che, come è agevole intendere alla luce della comune esperienza, mostra l'elevata possibilità di situazioni pericolose connesse anche alla velocità e difficile manovrabilità degli apparati di cui si parla.
Ne consegue che l'attività svolta dalla B. B. al momento dell'incidente risulta commessa in violazione dell'art. 190 cod. strada, e ciò rileva ai fini della valutazione delle condotte, anche in relazione all'eventuale concorso di colpa della vittima.
3. Va inoltre evidenziato che nella fattispecie in esame il giudizio di responsabilità nei confronti dell'imputata viene essenzialmente incentrato sulla circostanza che (a predetta si sarebbe immessa nell'area di parcheggio senza accertarsi della presenza della B. B. "dal momento che quest'ultima, considerando l'andatura media che poteva avere la pattinatrice, doveva necessariamente trovarsi proprio nei pressi del punto in cui trovava ad immettersi la vettura condotta dall'imputata" dimostrando così quest'ultima "di non avere prestato la dovuta attenzione alla guida".
La sentenza impugnata appare carente quando argomenta intorno alla descrizione dell'accaduto, emergendo un quadro probatorio assolutamente incerto sotto il profilo dinamico, sul momento dell'urto tra l'autovettura condotta dalla A. A. e la pattinatrice, in quanto non viene dato adeguato conto della esatta provenienza dei due utenti della strada e del concreto pericolo di interferenza nell'area di intersezione. Invero il Giudice cristallizza il momento causale all'attimo dell'urto ma non esplora affatto le condotte tenute, in rapporto a quelle dovute.
Inoltre si addebita alla manovra della A. A. un rilievo causalmente decisivo quanto alla caduta della B. B., degradando la condotta di quest'ultima a mero anello eziologicamente inerte e occasionale.
È evidente che nel caso in esame non risulta investigato alcuno dei tasselli dell'articolata e complessa struttura dell'illecito colposo.
Da un lato non vengono dimostrate concrete condotte colpose dell'imputata, al di là di una generica e non dimostrata mancanza di attenzione. Dall'altro si deve rammentare che in materia di incidenti stradali l'accertata sussistenza di una condotta antigiuridica di un utente della strada con violazione di specifiche norme di legge o di precetti di comune prudenza non può di per sé far presumere l'esistenza della causalità tra il suo comportamento e l'evento dannoso, che occorre sempre provare e che si deve escludere qualora sia dimostrato che l'incidente si sarebbe ugualmente verificato senza quella condotta oppure che esso sia stato determinato esclusivamente da una causa diversa; circostanza quest'ultima configurabile, ad esempio, ove il conducente, per motivi estranei al suo dovere di diligenza, si sia trovato nella oggettiva impossibilità di avvistare un altro utente della strada e di osservarne tempestivamente i movimenti attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile (Sez. 4, n. 20330 del 13/01/2017, Rv. 270227, Sez. 4, n. 33207 del 02/07/2013, Rv. 255995).
Tale accertamento nella fattispecie in esame si rendeva tanto più necessario sol che si consideri anche l'inevitabile instabilità dei movimenti, in termini di equilibrio, della persona che pattina su una strada.
Inoltre l'inosservanza delle regole cautelari può dare luogo ad una responsabilità colposa non in maniera indistinta per tutti gli eventi cagionati ma solo per quelli che appartengono ad una certa tipologia che le norme stesse mirano ad evitare (Sez. 4, n. 1819 del 03/10/2014 - dep. 15/01/2015, Di Domenico, Rv. 261768). È inoltre necessario accertare revitabilità dell'evento, ovvero che il prescritto comportamento alternativo corretto fosse in concreto idoneo ad evitare l'evento dannoso (Sez. 4, n. 25648 del 22/05/2008, Rv. 240859, Sez. 4, n. 17000 del 05/04/2016, Rv. 266645).
Naturalmente, tali valutazioni dovranno pure considerare la circostanza che, come si è sopra esposto, la vittima pattinava in un sito in cui tale attività non era consentita.
4. Tali passaggi argomentativi sono del tutto mancanti nella sentenza impugnata e ciò ne impone l'annullamento con rinvio al Giudice di Pace di Pescara.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace di Pescara.
Così deciso in Roma il 29 novembre 2017.
Il Presidente: BLAIOTTA
Il Consigliere estensore: TORNESI
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2018.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Presidente: Rocco Marco BLAIOTTA
Rel. Consigliere: Daniela Rita TORNESI
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza emessa in data 6 aprile 2017 il Giudice di Pace di Pescara ha dichiarato A. A. responsabile "del reato p. e. p. dall'art. 590 c.p. perché alla guida dell'autovettura XXX tg. aa000bb, entrando nell'area di parcheggio sita in via Salentina, per colpa consistita in generica imperizia, negligenza ed imprudenza, per non aver posto la dovuta attenzione alla guida, non si avvedeva della presenza di B. B. che era intenta a pattinare e la investiva procurandole la frattura della gamba sinistra. In Montesilvano il 4.5.2015."
L'imputata veniva condannata alla pena di euro 500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Veniva altresì applicata, nei suoi confronti, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per il periodo di mesi tre.
1.1. Secondo la ricostruzione del fatto operata dal Giudice di Pace, la B. B. era intenta a pattinare all'interno dell'area di parcheggio parallela alla via Salentina di Montesilvano quando veniva investita dall'autovettura condotta dall'imputata che, provenendo dalla predetta strada, dopo essersi fermata per consentire l'attraversamento pedonale di alcuni giovani, stava effettuando la manovra di immissione in detta area. Il Giudicante ha escluso la sussistenza di alcun addebito in capo alla B. B. sostenendo che stava svolgendo un'attività legittima in quanto il luogo dell'incidente non è interdetto al pattinaggio.
Al riguardo si è osservato che "l'art. 190 comma 8 del Cds. fa divieto di pattinaggio solo sulla carreggiata delle strade che, a mente dell'art. 3 c. 1 n. 7), è la parte di strada destinata allo scorrimento dei veicoli e come tale distinta dall'area di parcheggio, ove non è previsto alcun specifico divieto di pattinaggio dal Cds". Si è inoltre soggiunto che, contrariamente a quanto affermato dall'imputata A. A. e dal teste C. C., cognato della predetta, la collisione non era dovuta ad un tamponamento causato dalla pattinatrice alla parte posteriore - lato destro - dell'auto, posto che la Polizia Municipale aveva riscontrato ammaccature e danni al paraurti anteriore destro dell'autovettura, compatibili con le lesioni subite dalla persona offesa (frattura della tibia e del perone). Il Giudice giungeva così ad affermare che la B. B. veniva "attinta nella sua parte sinistra, o posteriore sinistra, dalla parte anteriore destra della XXX condotta dall'imputata..."
2. Avverso la predetta pronuncia propone ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 37, comma 2, del d.lgs.vo n. 274/2000, il difensore dell'imputata, avv. D. D., che deduce i seguenti motivi.
2.1. Violazione dell'art. 606, lett. b) c.p.p., in relazione all'art. 590 c.p. e 90, comma 8, cod. strada.
Il ricorrente evidenzia che la sentenza è affetta dal vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 590 c.p. e 190, comma 8, cod. strada, in quanto il sinistro è avvenuto mentre B. B. stava pattinando in una parte della strada assolutamente vietata, in quanto destinata esclusivamente allo scorrimento dei veicoli, e non già in un'area di parcheggio, come erroneamente affermato dal Giudicante.
Inoltre contesta che la A. A. abbia investito la B. B.; ciò sarebbe confermato dal tenore delle dichiarazioni acquisite dalla Polizia Municipale nell'immediatezza dell'accaduto e dalla circostanza che non risulta essere stata elevata nessuna contravvenzione a suo carico.
Secondo la prospettazione difensiva l'imputata non ha violato alcuna regola di cautela posta alla base della fattispecie del reato di cui all'art. 590 c.p. e l'evento è attribuibile esclusivamente alla condotta vietata, repentina e poco accorta della B. B., del tutto imprevedibile ed inevitabile da parte della A. A. che ha soltanto potuto prendere atto dell'urto avvenuto sul lato posteriore della sua auto. Richiama in proposito la giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 4 n. 20027/08), che, nel delimitare le ipotesi in cui va affermata la colpa della persona offesa, evidenzia che è necessario che il conducente di un veicolo si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone (in tal caso la pattinatrice).
2.2. Violazione dell'art. 606, lett. c), c.p.p. in relazione agli artt. 125, 533 e 546 c.p.p.
Rileva la ricorrente che la sentenza è affetta da carenza motivazionale atteso che il giudice si è limitato ad indicare la fonte di prova delle dichiarazioni testimoniali poste a fondamento del giudizio di responsabilità, senza alcun vaglio critico sulla loro attendibilità, ed omettendo di indicare e valutare gli elementi probatori documentali e, soprattutto, senza alcuna analisi approfondita degli elementi costitutivi del reato contestato.
Soggiunge che lo stesso giudice di primo grado ha dato atto delle contraddizioni che caratterizzano le deposizioni testimoniali acquisite, il che dimostra la loro inattendibilità. Evidenzia inoltre la contraddizione di fondo del comportamento processuale ed extra processuale della persona offesa che ha dato versioni contrastanti dei fatti, tant'è il pubblico ministero ha concluso chiedendo l'assoluzione dell'imputata.
Non vi è, dunque, la certezza processuale che la condotta sia attribuibile alla A. A.
2.3. Violazione dell'art. 606, lett. e), c.p.p. per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
La ricorrente rileva che la sentenza impugnata si fonda su un ragionamento del tutto illogico in quanto il giudice di merito ha trascurato alcuni elementi probatori (ovvero le dichiarazioni rese dagli unici testimoni oculari presenti al momento dell'arrivo della Polizia Municipale), valorizzando, invece, le dichiarazioni dei testi E. E. e F. F., rese a quasi tre mesi dall'accaduto e quelle della persona offesa, pur dando atto delle versioni dei fatti contrastanti da quest'ultima rese, deducendo il vizio di travisamento dei fatti.
3. Conclude chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni che seguono.
2. La sentenza impugnata è viziata sin dalle sue premesse laddove si sostiene che l'attività di pattinaggio svolta dalla persona offesa B. B. all'interno dell'area di parcheggio sia legittima.
Tale tesi non appare aderente alla disciplina normativa nella subiecta materia.
L'art. 190 del codice della strada, la cui rubrica recita "comportamenti dei pedoni", apportando alcune varianti al testo della corrispondente norma previgente (ovvero all'art. 134 dei D.P.R. n. 393 dei 15.06.1959), ha inserito ai comma 8, la seguente disposizione: "La circolazione mediante tavole, pattini od altri acceleratori di andatura è vietata sulle carreggiate delle strade". Inoltre il legislatore, oltre a riprodurre il testo invariato dell'abrogato comma 8, "È vietato effettuare sulle carreggiate giochi o manifestazioni sportive non autorizzate", al comma 9, ha soggiunto "Sugli spazi riservati ai pedoni è vietato usare tavole, pattini od altri acceleratori di andatura che possano creare situazioni di pericolo per gli altri utenti".
Il primo divieto è posto, evidentemente, nell'interesse prevalente di chi fa uso di tali strumenti perché sulla sede stradale potrebbe scontrarsi con autoveicoli e motoveicoli. Il secondo divieto, invece, tende a tutelare prevalentemente i pedoni che potrebbero ricevere danni se urtati da coloro che si muovono su tavole, pattini, e strumenti similari.
Ai sensi dell'art. 3, comma 1, n. 34, del codice della strada il parcheggio è un'area o un'infrastruttura fuori della carreggiata destinata alla sosta dei veicoli". Dunque, evidentemente, si tratta di sito nel quale si riscontra il fisiologico transito sia di veicoli che di pedoni; e particolarmente delle persone che discendono dai veicoli o che vi si dirigono, nonché di veicoli che eseguono spesso complicate manovre. Dunque, si verificano le medesime situazioni di rischio che giustificano il divieto di transito di "acceleratori di velocità" nelle carreggiate e nei siti destinati ai pedoni. Pertanto, in ragione della funzione cui l'area di parcheggio assolve, il divieto di pattinaggio deve ritenersi esteso a tale sito. Una diversa soluzione sarebbe irragionevolmente diversificata in presenza di situazioni di rischio omogenee; e determinerebbe l'assenza di normazione cautelare in un contesto che, come è agevole intendere alla luce della comune esperienza, mostra l'elevata possibilità di situazioni pericolose connesse anche alla velocità e difficile manovrabilità degli apparati di cui si parla.
Ne consegue che l'attività svolta dalla B. B. al momento dell'incidente risulta commessa in violazione dell'art. 190 cod. strada, e ciò rileva ai fini della valutazione delle condotte, anche in relazione all'eventuale concorso di colpa della vittima.
3. Va inoltre evidenziato che nella fattispecie in esame il giudizio di responsabilità nei confronti dell'imputata viene essenzialmente incentrato sulla circostanza che (a predetta si sarebbe immessa nell'area di parcheggio senza accertarsi della presenza della B. B. "dal momento che quest'ultima, considerando l'andatura media che poteva avere la pattinatrice, doveva necessariamente trovarsi proprio nei pressi del punto in cui trovava ad immettersi la vettura condotta dall'imputata" dimostrando così quest'ultima "di non avere prestato la dovuta attenzione alla guida".
La sentenza impugnata appare carente quando argomenta intorno alla descrizione dell'accaduto, emergendo un quadro probatorio assolutamente incerto sotto il profilo dinamico, sul momento dell'urto tra l'autovettura condotta dalla A. A. e la pattinatrice, in quanto non viene dato adeguato conto della esatta provenienza dei due utenti della strada e del concreto pericolo di interferenza nell'area di intersezione. Invero il Giudice cristallizza il momento causale all'attimo dell'urto ma non esplora affatto le condotte tenute, in rapporto a quelle dovute.
Inoltre si addebita alla manovra della A. A. un rilievo causalmente decisivo quanto alla caduta della B. B., degradando la condotta di quest'ultima a mero anello eziologicamente inerte e occasionale.
È evidente che nel caso in esame non risulta investigato alcuno dei tasselli dell'articolata e complessa struttura dell'illecito colposo.
Da un lato non vengono dimostrate concrete condotte colpose dell'imputata, al di là di una generica e non dimostrata mancanza di attenzione. Dall'altro si deve rammentare che in materia di incidenti stradali l'accertata sussistenza di una condotta antigiuridica di un utente della strada con violazione di specifiche norme di legge o di precetti di comune prudenza non può di per sé far presumere l'esistenza della causalità tra il suo comportamento e l'evento dannoso, che occorre sempre provare e che si deve escludere qualora sia dimostrato che l'incidente si sarebbe ugualmente verificato senza quella condotta oppure che esso sia stato determinato esclusivamente da una causa diversa; circostanza quest'ultima configurabile, ad esempio, ove il conducente, per motivi estranei al suo dovere di diligenza, si sia trovato nella oggettiva impossibilità di avvistare un altro utente della strada e di osservarne tempestivamente i movimenti attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile (Sez. 4, n. 20330 del 13/01/2017, Rv. 270227, Sez. 4, n. 33207 del 02/07/2013, Rv. 255995).
Tale accertamento nella fattispecie in esame si rendeva tanto più necessario sol che si consideri anche l'inevitabile instabilità dei movimenti, in termini di equilibrio, della persona che pattina su una strada.
Inoltre l'inosservanza delle regole cautelari può dare luogo ad una responsabilità colposa non in maniera indistinta per tutti gli eventi cagionati ma solo per quelli che appartengono ad una certa tipologia che le norme stesse mirano ad evitare (Sez. 4, n. 1819 del 03/10/2014 - dep. 15/01/2015, Di Domenico, Rv. 261768). È inoltre necessario accertare revitabilità dell'evento, ovvero che il prescritto comportamento alternativo corretto fosse in concreto idoneo ad evitare l'evento dannoso (Sez. 4, n. 25648 del 22/05/2008, Rv. 240859, Sez. 4, n. 17000 del 05/04/2016, Rv. 266645).
Naturalmente, tali valutazioni dovranno pure considerare la circostanza che, come si è sopra esposto, la vittima pattinava in un sito in cui tale attività non era consentita.
4. Tali passaggi argomentativi sono del tutto mancanti nella sentenza impugnata e ciò ne impone l'annullamento con rinvio al Giudice di Pace di Pescara.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace di Pescara.
Così deciso in Roma il 29 novembre 2017.
Il Presidente: BLAIOTTA
Il Consigliere estensore: TORNESI
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2018.
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