venerdì 19 gennaio 2018

MINACCIARE I CARABINIERI DI DARSI FUOCO, PER IMPEDIRE IL FERMO AMMINISTRATIVO DELL’AUTO, È REATO



MINACCIARE I CARABINIERI DI DARSI FUOCO, PER IMPEDIRE IL FERMO AMMINISTRATIVO DELL’AUTO, È REATO

Corte di Cassazione, Sezione 6 Penale, Sentenza n. 26869/2017



Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in commento.

La vicenda vedeva imputato per il delitto di resistenza a un pubblico ufficiale, ex art. 337 c.p., un uomo che, sorpreso da una pattuglia dei Carabinieri alla guida della propria autovettura, sprovvisto dei documenti del veicolo, della patente e della copertura assicurativa, si chiudeva all’interno dell’abitacolo e minacciava gli ufficiali di darsi fuoco con del liquido infiammabile qualora gli avessero “tolto la macchina”.
L’uomo veniva condannato in entrambi i giudizi di merito.
Il difensore proponeva ricorso per cassazione, sostenendo, in punto di diritto, che il comportamento dell’imputato non fosse riconducibile all’ipotesi delittuosa di cui all’art. 337 c.p., versandosi in una ipotesi di mera resistenza passiva.
Ciò alla stregua della considerazione per la quale il male minacciato fosse auto diretto e che, peraltro, non fosse nemmeno realizzabile in concreto in ragione del fatto che l’uomo non disponesse davvero di liquido infiammabile all’interno della vettura.
Tuttavia, i Giudici di legittimità non ritenevano condivisibili le deduzioni difensive.
In particolare, il Collegio degli Ermellini osservava che l’imputato, minacciando di darsi fuoco, avesse posto in essere un comportamento attivo, idoneo a impedire ai Carabinieri di compiere l’atto del proprio ufficio.
La minaccia, inoltre, rilevavano i giudici, per integrare l’ipotesi delittuosa in discorso, può consistere anche in una coazione morale e indiretta, purché sia effettivamente idonea a frustrare la libertà di azione dei pubblici ufficiali.
Ne discende che anche la prospettazione di un atto lesivo auto diretto, peraltro estremamente grave come quello di darsi fuoco, sia suscettibile di impedire l’esercizio della pubblica funzione.
Né può obiettarsi che l’impossibilità in concreto di realizzare il proposito minacciato sia suscettibile, a prescindere, di denegare la sussistenza del reato; ciò dal momento che la realizzabilità del male minacciato deve essere valutata attraverso un vaglio ex ante, ponendosi nell’ottica dei pubblici ufficiali al momento del fatto contestato e considerando, altresì, tutte le circostanza oggettive e soggettive.
Soltanto nell’ipotesi in cui la prospettazione auto lesiva minacciata sia palesemente irrealizzabile al momento del fatto, e pertanto inidonea a coartare la libertà di azione dei pubblici ufficiali, potrà quindi escludersi la sussistenza del reato di resistenza a un pubblico ufficiale.
Viceversa, nel caso di specie, la Corte di Cassazione riteneva che la condotta dell’imputato avesse integrato l’ipotesi delittuosa in discorso e, pertanto, rigettava il ricorso
Cav. Mario Ricca
Brigadiere CC in quiescenza