domenica 17 dicembre 2017

Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarita' di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato

LEGGE 30 novembre 2017, n. 179 
Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni  di  reati  o
irregolarita' di cui siano venuti  a  conoscenza  nell'ambito  di  un
rapporto di lavoro pubblico o privato. (17G00193) 
(GU n.291 del 14-12-2017)
 
 Vigente al: 29-12-2017  
 
 
  La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica  hanno
approvato; 
 
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 
 
                              Promulga 
 
la seguente legge: 
                               Art. 1 
 
Modifica dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo  2001,
  n. 165, in materia di tutela del  dipendente  o  collaboratore  che
  segnala illeciti 
 
  1. L'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
e' sostituito dal seguente: 
  «Art. 54-bis (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti).
- 1. Il pubblico dipendente che, nell'interesse dell'integrita' della
pubblica amministrazione, segnala al responsabile  della  prevenzione
della corruzione e della trasparenza di cui all'articolo 1, comma  7,
della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero  all'Autorita'  nazionale
anticorruzione (ANAC), o denuncia all'autorita' giudiziaria ordinaria
o a quella contabile, condotte illecite di cui e' venuto a conoscenza
in ragione del proprio rapporto di lavoro non puo' essere sanzionato,
demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto  ad  altra  misura
organizzativa avente effetti negativi,  diretti  o  indiretti,  sulle
condizioni di lavoro determinata dalla  segnalazione.  L'adozione  di
misure ritenute ritorsive, di cui al primo periodo, nei confronti del
segnalante e' comunicata in ogni  caso  all'ANAC  dall'interessato  o
dalle   organizzazioni   sindacali    maggiormente    rappresentative
nell'amministrazione nella  quale  le  stesse  sono  state  poste  in
essere. L'ANAC informa il Dipartimento della funzione pubblica  della
Presidenza del Consiglio  dei  ministri  o  gli  altri  organismi  di
garanzia  o  di  disciplina  per  le  attivita'   e   gli   eventuali
provvedimenti di competenza. 
  2. Ai fini  del  presente  articolo,  per  dipendente  pubblico  si
intende  il  dipendente  delle  amministrazioni  pubbliche   di   cui
all'articolo  1,  comma  2,  ivi  compreso  il  dipendente   di   cui
all'articolo 3, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il
dipendente di un ente  di  diritto  privato  sottoposto  a  controllo
pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. La disciplina
di cui al presente articolo si  applica  anche  ai  lavoratori  e  ai
collaboratori delle imprese  fornitrici  di  beni  o  servizi  e  che
realizzano opere in favore dell'amministrazione pubblica. 
  3. L'identita' del segnalante non puo' essere rivelata. Nell'ambito
del procedimento penale, l'identita' del segnalante  e'  coperta  dal
segreto nei modi e nei limiti previsti dall'articolo 329  del  codice
di procedura penale. Nell'ambito del procedimento dinanzi alla  Corte
dei conti, l'identita' del segnalante non puo' essere  rivelata  fino
alla chiusura della fase istruttoria.  Nell'ambito  del  procedimento
disciplinare l'identita' del segnalante non puo' essere rivelata, ove
la  contestazione   dell'addebito   disciplinare   sia   fondata   su
accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla  segnalazione,  anche
se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata,  in
tutto o in parte, sulla segnalazione e la  conoscenza  dell'identita'
del segnalante sia indispensabile per la  difesa  dell'incolpato,  la
segnalazione sara' utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare
solo in presenza di consenso del segnalante  alla  rivelazione  della
sua identita'. 
  4. La segnalazione e' sottratta all'accesso previsto dagli articoli
22 e seguenti della  legge  7  agosto  1990,  n.  241,  e  successive
modificazioni. 
  5. L'ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali,
adotta  apposite  linee  guida  relative  alle   procedure   per   la
presentazione e  la  gestione  delle  segnalazioni.  Le  linee  guida
prevedono l'utilizzo di modalita' anche informatiche e promuovono  il
ricorso a strumenti di crittografia  per  garantire  la  riservatezza
dell'identita' del segnalante e per il contenuto delle segnalazioni e
della relativa documentazione. 
  6. Qualora venga accertata, nell'ambito  dell'istruttoria  condotta
dall'ANAC, l'adozione di misure discriminatorie da parte di una delle
amministrazioni pubbliche o di uno degli enti  di  cui  al  comma  2,
fermi restando gli altri profili di responsabilita',  l'ANAC  applica
al  responsabile  che  ha   adottato   tale   misura   una   sanzione
amministrativa pecuniaria da  5.000  a  30.000  euro.  Qualora  venga
accertata l'assenza di procedure per l'inoltro e  la  gestione  delle
segnalazioni ovvero l'adozione di procedure non conformi a quelle  di
cui  al  comma  5,  l'ANAC  applica  al  responsabile   la   sanzione
amministrativa pecuniaria da 10.000  a  50.000  euro.  Qualora  venga
accertato  il  mancato  svolgimento  da  parte  del  responsabile  di
attivita' di verifica  e  analisi  delle  segnalazioni  ricevute,  si
applica al responsabile  la  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da
10.000 a 50.000  euro.  L'ANAC  determina  l'entita'  della  sanzione
tenuto conto delle dimensioni dell'amministrazione o dell'ente cui si
riferisce la segnalazione. 
  7. E' a carico dell'amministrazione pubblica o dell'ente di cui  al
comma  2  dimostrare  che  le  misure  discriminatorie  o  ritorsive,
adottate nei confronti  del  segnalante,  sono  motivate  da  ragioni
estranee  alla  segnalazione  stessa.  Gli  atti   discriminatori   o
ritorsivi adottati dall'amministrazione o dall'ente sono nulli. 
  8. Il segnalante che sia licenziato a motivo della segnalazione  e'
reintegrato nel posto di lavoro ai sensi dell'articolo 2 del  decreto
legislativo 4 marzo 2015, n. 23. 
  9. Le tutele di cui al presente articolo  non  sono  garantite  nei
casi in cui sia accertata, anche con  sentenza  di  primo  grado,  la
responsabilita' penale del segnalante  per  i  reati  di  calunnia  o
diffamazione o comunque per reati commessi con la denuncia di cui  al
comma 1 ovvero la sua responsabilita' civile, per lo  stesso  titolo,
nei casi di dolo o colpa grave». 
                                    N O T E 
 
          Avvertenza: 
              Il testo delle note qui  pubblicato  e'  stato  redatto
          dall'amministrazione  competente  per  materia,  ai   sensi
          dell'art.  10,  commi  2  e  3,  del  testo   unico   delle
          disposizioni    sulla    promulgazione     delle     leggi,
          sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
          e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica  italiana,
          approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985,  n.  1092,  al  solo
          fine di facilitare la lettura delle disposizioni  di  legge
          modificate o alle  quali  e'  operato  il  rinvio.  Restano
          invariati il valore e l'efficacia  degli  atti  legislativi
          qui trascritti. 
 
          Note all'art. 1: 
              - Il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante
          «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze
          delle  amministrazioni  pubbliche»,  e'  pubblicato   nella
          Gazzetta Ufficiale n. 106, del 9 maggio  2001,  Supplemento
          ordinario n. 112. 
                               Art. 2 
 
                Tutela del dipendente o collaboratore 
              che segnala illeciti nel settore privato 
 
  1. All'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno  2001,  n.  231,
dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti: 
    «2-bis. I modelli di cui alla lettera a) del comma 1 prevedono: 
      a) uno o  piu'  canali  che  consentano  ai  soggetti  indicati
nell'articolo 5, comma 1, lettere a) e b), di  presentare,  a  tutela
dell'integrita' dell'ente, segnalazioni  circostanziate  di  condotte
illecite, rilevanti ai  sensi  del  presente  decreto  e  fondate  su
elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del  modello
di organizzazione  e  gestione  dell'ente,  di  cui  siano  venuti  a
conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono
la riservatezza dell'identita'  del  segnalante  nelle  attivita'  di
gestione della segnalazione; 
      b) almeno  un  canale  alternativo  di  segnalazione  idoneo  a
garantire, con modalita' informatiche, la riservatezza dell'identita'
del segnalante; 
      c) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o
indiretti,  nei  confronti  del  segnalante  per  motivi   collegati,
direttamente o indirettamente, alla segnalazione; 
      d) nel sistema disciplinare adottato  ai  sensi  del  comma  2,
lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le misure  di  tutela
del segnalante, nonche' di  chi  effettua  con  dolo  o  colpa  grave
segnalazioni che si rivelano infondate. 
    2-ter. L'adozione di misure  discriminatorie  nei  confronti  dei
soggetti che effettuano le segnalazioni di cui al  comma  2-bis  puo'
essere  denunciata  all'Ispettorato  nazionale  del  lavoro,  per   i
provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante,  anche
dall'organizzazione sindacale indicata dal medesimo. 
    2-quater.  Il  licenziamento  ritorsivo  o  discriminatorio   del
soggetto segnalante e' nullo. Sono altresi'  nulli  il  mutamento  di
mansioni ai sensi  dell'articolo  2103  del  codice  civile,  nonche'
qualsiasi altra  misura  ritorsiva  o  discriminatoria  adottata  nei
confronti del segnalante. E' onere del datore di lavoro, in  caso  di
controversie legate all'irrogazione di  sanzioni  disciplinari,  o  a
demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o  sottoposizione  del
segnalante ad altra misura  organizzativa  avente  effetti  negativi,
diretti o indiretti, sulle  condizioni  di  lavoro,  successivi  alla
presentazione della segnalazione, dimostrare  che  tali  misure  sono
fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa.». 
          Note all'art. 2: 
              - Il testo dell'art. 6 del decreto legislativo 8 giugno
          2001, n. 231,  recante  «Disciplina  della  responsabilita'
          amministrativa delle persone giuridiche, delle  societa'  e
          delle associazioni anche prive di personalita' giuridica, a
          norma dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n.  300»,
          pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 140  del  19  giugno
          2001, come modificato dalla presente legge, e' il seguente: 
              «Art. 6 (Soggetti in posizione  apicale  e  modelli  di
          organizzazione dell'ente).  -  1.  Se  il  reato  e'  stato
          commesso dalle  persone  indicate  nell'art.  5,  comma  1,
          lettera a), l'ente non risponde se prova che: 
                a) l'organo dirigente ha  adottato  ed  efficacemente
          attuato, prima della  commissione  del  fatto,  modelli  di
          organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della
          specie di quello verificatosi; 
                b)  il  compito  di  vigilare  sul  funzionamento   e
          l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento e'
          stato affidato a un organismo dell'ente dotato di  autonomi
          poteri di iniziativa e di controllo; 
                c)  le  persone  hanno  commesso  il  reato  eludendo
          fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; 
                d) non vi e' stata omessa o  insufficiente  vigilanza
          da parte dell'organismo di cui alla lettera b). 
              2. In relazione all'estensione dei poteri delegati e al
          rischio di commissione dei reati, i  modelli  di  cui  alla
          lettera a), del comma 1, devono  rispondere  alle  seguenti
          esigenze: 
                a) individuare le attivita' nel  cui  ambito  possono
          essere commessi reati; 
                b)   prevedere   specifici   protocolli   diretti   a
          programmare la formazione e  l'attuazione  delle  decisioni
          dell'ente in relazione ai reati da prevenire; 
                c) individuare modalita' di  gestione  delle  risorse
          finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; 
                d) prevedere obblighi di informazione  nei  confronti
          dell'organismo deputato  a  vigilare  sul  funzionamento  e
          l'osservanza dei modelli; 
                e)  introdurre  un  sistema  disciplinare  idoneo   a
          sanzionare il mancato rispetto delle  misure  indicate  nel
          modello. 
          2-bis. I modelli  di  cui  alla  lettera  a)  del  comma  1
          prevedono: 
                a) uno o  piu'  canali  che  consentano  ai  soggetti
          indicati  nell'art.  5,  comma  1,  lettere  a)  e  b),  di
          presentare,    a    tutela    dell'integrita'    dell'ente,
          segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti
          ai sensi del presente decreto  e  fondate  su  elementi  di
          fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di
          organizzazione e gestione dell'ente, di cui siano venuti  a
          conoscenza in ragione delle funzioni  svolte;  tali  canali
          garantiscono la riservatezza dell'identita' del  segnalante
          nelle attivita' di gestione della segnalazione; 
                b)  almeno  un  canale  alternativo  di  segnalazione
          idoneo  a  garantire,  con   modalita'   informatiche,   la
          riservatezza dell'identita' del segnalante; 
                c) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori,
          diretti o  indiretti,  nei  confronti  del  segnalante  per
          motivi  collegati,  direttamente  o  indirettamente,   alla
          segnalazione; 
                d) nel sistema disciplinare  adottato  ai  sensi  del
          comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le
          misure di tutela del segnalante, nonche'  di  chi  effettua
          con  dolo  o  colpa  grave  segnalazioni  che  si  rivelano
          infondate. 
          2-ter. L'adozione di misure discriminatorie  nei  confronti
          dei soggetti che effettuano le segnalazioni di cui al comma
          2-bis puo' essere denunciata all'Ispettorato nazionale  del
          lavoro, per i provvedimenti di  propria  competenza,  oltre
          che dal  segnalante,  anche  dall'organizzazione  sindacale
          indicata dal medesimo. 
          2-quater. Il licenziamento ritorsivo o discriminatorio  del
          soggetto  segnalante  e'  nullo.  Sono  altresi'  nulli  il
          mutamento di mansioni ai sensi dell'art.  2103  del  codice
          civile,  nonche'  qualsiasi  altra   misura   ritorsiva   o
          discriminatoria adottata nei confronti del  segnalante.  E'
          onere del datore di lavoro, in caso di controversie  legate
          all'irrogazione   di    sanzioni    disciplinari,    o    a
          demansionamenti,    licenziamenti,     trasferimenti,     o
          sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa
          avente  effetti  negativi,  diretti  o   indiretti,   sulle
          condizioni di lavoro, successivi alla  presentazione  della
          segnalazione, dimostrare che tali misure  sono  fondate  su
          ragioni estranee alla segnalazione stessa. 
              3. I modelli di organizzazione e  di  gestione  possono
          essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma  2,
          sulla  base  di  codici  di  comportamento  redatti   dalle
          associazioni  rappresentative  degli  enti,  comunicati  al
          Ministero della giustizia che, di concerto con i  Ministeri
          competenti,   puo'   formulare,   entro   trenta    giorni,
          osservazioni sulla idoneita'  dei  modelli  a  prevenire  i
          reati. 
              4. Negli enti di piccole dimensioni i compiti  indicati
          nella lettera  b),  del  comma  1,  possono  essere  svolti
          direttamente dall'organo dirigente. 
              4-bis.  Nelle  societa'   di   capitali   il   collegio
          sindacale, il consiglio di sorveglianza e il  comitato  per
          il controllo della gestione possono  svolgere  le  funzioni
          dell'organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b). 
              5. E' comunque disposta la confisca  del  profitto  che
          l'ente  ha  tratto  dal  reato,  anche  nella   forma   per
          equivalente.». 
                               Art. 3 
 
Integrazione della  disciplina  dell'obbligo  di  segreto  d'ufficio,
  aziendale, professionale, scientifico e industriale 
 
  1. Nelle ipotesi di segnalazione o denuncia effettuate nelle  forme
e nei limiti di cui all'articolo 54-bis del  decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165, e all'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno
2001, n. 231, come modificati dalla presente legge, il  perseguimento
dell'interesse  all'integrita'  delle  amministrazioni,  pubbliche  e
private,  nonche'  alla  prevenzione   e   alla   repressione   delle
malversazioni, costituisce giusta causa  di  rivelazione  di  notizie
coperte dall'obbligo di segreto di cui agli articoli 326, 622  e  623
del codice penale e all'articolo 2105 del codice civile. 
  2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica nel caso in cui
l'obbligo  di  segreto  professionale  gravi  su  chi  sia  venuto  a
conoscenza della notizia in ragione  di  un  rapporto  di  consulenza
professionale o di assistenza con  l'ente,  l'impresa  o  la  persona
fisica interessata. 
  3. Quando  notizie  e  documenti  che  sono  comunicati  all'organo
deputato  a   riceverli   siano   oggetto   di   segreto   aziendale,
professionale  o  d'ufficio,  costituisce  violazione  del   relativo
obbligo di segreto la rivelazione con  modalita'  eccedenti  rispetto
alle finalita' dell'eliminazione dell'illecito e, in particolare,  la
rivelazione al di fuori del canale  di  comunicazione  specificamente
predisposto a tal fine. 
  La presente legge, munita del sigillo dello Stato,  sara'  inserita
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato. 
 
    Data a Roma, addi' 30 novembre 2017 
 
                             MATTARELLA 
 
                                  Gentiloni Silveri,  Presidente  del
                                  Consiglio dei ministri 
 
Visto, il Guardasigilli: Orlando 
          Note all'art. 3: 
              - Per il testo dell'art. 54-bis del decreto legislativo
          30 marzo 2001, n. 165, si veda l'art. 1 della legge. 
              - Per il testo dell'art. 6 del  decreto  legislativo  8
          giugno 2001, n. 231, come modificato dalla presente  legge,
          si veda la nota all'art. 2. 
              - Il testo degli articoli 326, 622  e  623  del  codice
          penale, e' il seguente: 
              «Art. 326 (Rivelazione ed utilizzazione di  segreti  di
          ufficio). - Il pubblico ufficiale o la  persona  incaricata
          di un pubblico servizio, che, violando  i  doveri  inerenti
          alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della  sua
          qualita', rivela  notizie  di  ufficio,  le  quali  debbano
          rimanere  segrete,  o  ne  agevola  in  qualsiasi  modo  la
          conoscenza, e' punito con la reclusione da sei mesi  a  tre
          anni. 
              Se l'agevolazione e' soltanto colposa,  si  applica  la
          reclusione fino a un anno. 
              Il pubblico ufficiale o la  persona  incaricata  di  un
          pubblico servizio, che, per procurare a se' o ad  altri  un
          indebito profitto patrimoniale, si avvale  illegittimamente
          di notizie di ufficio, le quali debbano  rimanere  segrete,
          e' punito con la reclusione da due a  cinque  anni.  Se  il
          fatto e' commesso al fine di procurare a se' o ad altri  un
          ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad  altri
          un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino
          a due anni.». 
              «Art. 622 (Rivelazione  di  segreto  professionale).  -
          Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio  stato  o
          ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto,
          lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a  proprio
          o altrui profitto, e' punito, se dal  fatto  puo'  derivare
          nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la  multa
          da euro 30 a euro 516. 
              La pena  e'  aggravata  se  il  fatto  e'  commesso  da
          amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla
          redazione dei  documenti  contabili  societari,  sindaci  o
          liquidatori o se e' commesso da  chi  svolge  la  revisione
          contabile della societa'. 
              Il  delitto  e'  punibile  a  querela   della   persona
          offesa.». 
              «Art.  623  (Rivelazione  di  segreti   scientifici   o
          industriali). - Chiunque, venuto a cognizione  per  ragione
          del suo stato o ufficio, o della sua professione o arte, di
          notizie destinate a  rimanere  segrete,  sopra  scoperte  o
          invenzioni  scientifiche  o  applicazioni  industriali,  le
          rivela o le impiega a proprio o altrui profitto, e'  punito
          con la reclusione fino a due anni. 
              Il  delitto  e'  punibile  a  querela   della   persona
          offesa.». 
              - Il testo dell'art. 2105  del  codice  civile,  e'  il
          seguente: 
              «Art 2105 (Obbligo di fedelta').  -  Il  prestatore  di
          lavoro non deve trattare affari, per  conto  proprio  o  di
          terzi, in concorrenza  con  l'imprenditore,  ne'  divulgare
          notizie  attinenti  all'organizzazione  e  ai   metodi   di
          produzione dell'impresa, o  farne  uso  in  modo  da  poter
          recare ad essa pregiudizio.».