domenica 27 dicembre 2015

Tutte la apparecchiature di misurazione della velocità devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro corretto funzionamento

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 ottobre – 14 dicemnre 2015, n. 25125
Presidente Piccialli – Relatore Oricchio



Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo del ricorso il Comune ricorrente deduce la “nullità della sentenza (impugnata) per violazione dell’art. 23, comma 7 della legge 689/198l in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. (error in procedendo)”.
Il motivo è assistito dalla formulazione di apposito quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..
In sostanza si lamenta la pretesa inosservanza, da parte del Tribunale, delle “regole processuali speciali” ed, in particolare, dell’art. 23 L. n. 689 cit., “che prevede la fissazione della discussione e dell’immediata decisione della causa mediante la lettura del dispositivo in udienza”, inosservanza che – in ipotesi, secondo ricorrente – comporterebbe la nullità della sentenza gravata.
Il motivo è infondato.
Alla stregua di noti precedenti giurisprudenziali questa Corte ha già avuto modo di chiarire ed affermare che, per i giudizi come quello in ipotesi, “….in assenza di una specifica previsione normativa per il giudizio di secondo grado, trova applicazione la disciplina ordinaria di cui agli arti. 339 ss. c.p.c.” (Cass. civ., SS.UU., Sent. 10 febbraio 2014, n. 2907);
ed, ancora, più specificamente che “nei giudizi di opposizione ad ordinanza ingiunzione introdotti nella vigenza dell’art. 23 L. n. 689 cit. (e quindi prima della entrata in vigore del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150) le regole speciali dettata per il giudizio di primo grado non sono automaticamente estensibili anche a quello di appello in mancanza di una espressa previsione normativa in tal senso, sicché non si applica in sede di gravame la previsione che richiede, a pena di nullità, la lettura del dispositivo in udienza” (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 23 giugno 2015, n. 12954).
Il motivo qui in esame deve, dunque, essere rigettato.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di “violazione ed erronea applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.”.
Con il quesito di diritto a corredo del motivo si chiede se “…incorre nella violazione dell’art. 112 c.p.c. il Giudice il quale ritiene che la mera attestazione dell’omologazione dell’autovelox, risultante dal verbale di contestazione, non costituisca prova sufficiente ed idonea per escludere il non corretto funzionamento dell’apparecchiatura”.
Il motivo deve ritenersi assorbito dalla trattazione e dalla decisione relativa al terzo motivo di seguito esaminato.
3.- Con il terzo motivo si censura la pretesa “violazione ed erronea applicazione dell’art. 142 del D. L.vo n. 285/1992 (nuovo codice della strada), dell’art. 345 del D.P.R. n. 495/1992 (Regolamento di esecuzione del codice della strada) e dell’art. 4 del D.M. 29/10/1997 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per aver ritenuto il Tribunale che la previsione della c.d. “taratura prodica” di cui alla legge 273/1991 fosse applicabile anche agli apparecchi di misura della velocità (c.d. autovelox)”.
Col motivo è prospettato, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., quesito di diritto.
Il motivo non è fondato.
La riproposizione dei principi a suo tempo affermati (Cass. n.ri. 11293/2001, 23978/2007 e 29334/2008) non è, infatti, sufficiente al fine di far ritenere fondato il motivo in esame.
Invero la pretesa (pure affermata con le dette citate decisioni) per cui “le apparecchiature elettroniche omologate… non devono essere sottoposte ai controlli previsti dalla legge n. 273/1991 istitutiva del sistema nazionale di taratura” non è più sostenibile.
All’esito, infatti, di un più approfondito esame della questione questa stessa sezione, con ordinanza interlocutoria n. 17766 in data 11 aprile/7 agosto 2014, resa in altro processo nel cui ambito venivano sollevati dubbi di incostituzionalità, sollevava d’ufficio questione di costituzionalità relativa all’art. 45 C.d.S. (ragione per cui questo processo veniva rinviato in attesa della decisione della Corte Costituzionale).
Più specificamente veniva posto a questa Sezione il seguente quesito:
“dica l’Eccellentissima Corte se, in generale ed in particolare nel caso di specie, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 13 luglio 2007 n. 277 ed in quella 17 dicembre 2008 n. 423, all’apparecchiatura Autovelox mod. 104/C2, utilizzata per il rilevamento della velocità nella fattispecie per cui è causa, sia o meno applicabile la L. 11.08.1991, n, 273, nonché il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Dipartimento per i Trasporti Terrestri, Direttore Generale Motorizzazione n. 1123 del 16.05.2005 e la nota 27.09.2000 n. 6050 del Ministero dei lavori pubblici, Ispettorato Generale per la circolazione e la sicurezza stradale e, in caso positivo, se per la validità dell’accertamento della velocità, data la sua irripetibilità, sia necessario o meno che lo strumento di rilevazione della velocità sia sottoposto a taratura, anche periodica, da parte dei SIT, Servizi Italiani di Taratura”.
All’esito ed ai sensi degli artt. 23 L. 11 marzo 1953, n. 87 e 295 c.p.c., questa Sezione sollevava d’ufficio, nei seguenti termini “questione di legittimità costituzionale della norma di cui all’art. 45 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) in riferimento all’art. 3 della Costituzione nella parte in cui non prevede che le apparecchiature destinate all’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura”.
Tanto, in particolare (ed in sintesi) per i vari motivi di cui alla citata ordinanza di remissione ed in base (anche) alla dirimente testuale considerazione della “palese irragionevolezza di un sistema e di una Amministrazione, che non adeguandosi (come evidenziato dalla stessa Corte Costituzionale a suo tempo) alla richiamata normativa interna ed alla sua stessa manifestata volontà di cui alla citata nota ministeriale, finirebbe per concretizzare, in pratica, un incredibile risultato: quello per cui una qualunque bilancia di un mercato rionale è soggetta a periodica verifica della taratura, nel mentre non lo è una complessa apparecchiatura, come quella per la verifica della velocità, che svolge un accertamento irrepetibile e fonte di gravi conseguenze per il cittadino proprietario e/o conducente di veicolo”. Il tutto ritenendo pure, nell’occasione, che “fra l’altro appariva incongruo, oltre che normativamente irragionevole, ritenere che la suddetta apparecchiatura sia garantita, quanto alla sua efficienza e buon funzionamento (anche a distanza di lustri), dalla sola conformità al modello omologato”.
La Corte Costituzionale con nota sentenza n. 113 in data 29 aprile/18 giugno 2015 “dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 45, co. 6 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura”.
In conclusione, per effetto della detta decisione della Corte regolatrice, deve ritenersi affermato il principio che tutte la apparecchiature di misurazione della velocità (che è elemento valutabile e misurabile) devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro corretto funzionamento, che non può essere dimostrato o attestato con altri mezzi quali le certificazioni di omologazione e conformità (motivo, quest’ultimo, che conferma il già affermato assorbimento del precedente motivo sub 2), nonché la sua infondatezza).
Nella concreta fattispecie la contestata violazione all’art. 141, co. 8 era conseguente ad accertamento effettuato da apparecchiature non debitamente tarate e, quindi, conseguentemente illegittima (come già ritenuto nei pregressi gradi di giudizio di merito). Il motivo qui esame deve, pertanto, essere respinto.
4.- Il ricorso va rigettato.
5.- Tenuto conto, quanto al regolamento delle spese, che l’intervenuta decisione della Corte Costituzionale deve ritenersi esplicare, nella fattispecie, effetti analoghi a quelli dello jus superveniens, va disposta la compensazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.