Dipendenti pubblici, ora si tratta sui permessi a ore per visite mediche. Il compromesso dopo la sentenza del Tar del Lazio

Paolo Russo. Permessi orari ad hoc per chi si assenta causa visite, analisi, accertamenti diagnostici e cicli di terapie. In tutto 18 ore l’anno che non vanno a scalfire le 36 ore di permessi per gravi motivo personali delle quali usufruisce il popolo dei travet nell’arco di 12 mesi. È questa la soluzione di compromesso che si profila per il milione trecentomila dipendenti pubblici dopo la sentenza del Tar Lazio, che aveva riportato sotto la voce “malattia” le assenze per visite e accertamenti medici, bocciando un circolare della Funzione pubblica che le faceva invece scalare dai permessi ordinari. L’Aran, l’Agenzia pubblica per i contratti, ha messo a punto un testo di accordo che siamo in grado di anticipare e che sembra già trovare d’accordo il sindacato. I permessi orari «non possono comunque superare l’orario di lavoro che il lavoratore dovrebbe osservare nella giornata».

«Non sono fruibili frazioni di ora», «sono incompatibili con l’utilizzo della medesima giornata delle altre tipologie di permessi fruibili ad ore, previsti dalla legge e dalla contrattazione». Ma, soprattutto «non sono assoggettati alla decurtazione del trattamento economico accessorio prevista per le assenze per malattia inferiore a 10 giorni». Uno dei piatti forti del menù anti-fannulloni targato Brunetta.

C’è anche la possibilità di usufruire di un’intera giornata, ma in questo caso scatta una decurtazione economica pari a quella prevista per i primi 10 giorni di malattia. Per ottenere il permesso orario bisognerà presentare un’attestazione rilasciata mediante posta elettronica dal medico o dalla struttura sanitaria, anche privata.

Tutto questo se visite e accertamenti avvengono per un controllo. Ossia quando non c’è una patologia in atto. In tal caso infatti visite, terapie ed analisi vengono computati come malattia. Con tutto quel che ne consegue in termini di tagli in busta paga.

L’accordo regolamenta anche il caso dei dipendenti che debbano sottoporsi per lunghi periodi «a terapie comportanti incapacità di lavoro». In tal caso basterà la certificazione del medico curante e la presentazione del calendario dei trattamenti. In caso di terapia salvavita, come chemioterapia o emodialisi, la bozza di accordo prevede invece che le assenze non intacchino né il monte ore annuo di permessi, ne’ la busta paga. «Se volevamo porre un freno all’assenteismo questa è una buona soluzione che non intacca il diritto alla tutela della salute dei lavoratori», commenta il segretario nazionale della Cgil Funzione pubblica, Salvatore Chiaramonte. «Aspettiamo di firmare, ma in questo modo - sottolinea invece il segretario della Cisl-Fp, Giovanni Favarin - con una assunzione di responsabilità del sindacato consentiamo a chi deve assentarsi solo per due ore di non perdere l’intera giornata lavorativa, come invece la sentenza del Tar consentirebbe di fare».

La Stampa – 10 maggio 2015

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