venerdì 30 gennaio 2015

Se la SCIA contiene documenti non visionabili il suap non può inibire l'attività

N. 00610/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00396/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex articolo 60 Cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 396 del 2014, proposto da:
Telecom Italia S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. Alessandro Tudor, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Trieste, Galleria Protti n. 1;
contro
Comune di Pocenia, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Coceani, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, piazza Unità d'Italia n. 7;
per l'annullamento, previa sospensione cautelare degli effetti
- del provvedimento a firma del Responsabile del Servizio Urbanistica e gestione del territorio del Comune di Pocenia prot. n. 4092/DG - Rif. 3938 di data 3 luglio 2014, con il quale è stato comunicato il divieto di prosecuzione dell'attività per la modifica impianto fisso di telefonia mobile esistente per installazione di impianto di nuovo gestore per l'immobile sito in via Nasse;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale a quello impugnato ancorché non conosciuto dalla società ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pocenia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2014 la dott.ssa Alessandra Tagliasacchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'articolo 60 Cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
La società Telecom Italia S.p.A. espone di aver presentato a mezzo pec, unitamente alla società Vodafone Omnitel B.V., segnalazione certificata di inizio attività - SCIA per la modifica di un proprio impianto fisso per la telefonia mobile in Comune di Pocenia: l’intervento consiste nella rimozione delle tredici antenne esistenti e nella sostituzione con dodici nuove antenne di cui quattro utilizzate dalla ricorrente e le altre otto dalla precitata concorrente per andare a costituire un cd. impianto di co-site.
Espone, altresì, la ricorrente di essere intervenuto il divieto comunale di prosecuzione dell’attività oggetto di SCIA, disposto sulla scorta di un duplice ordine di ragioni, e segnatamente perché uno dei file digitali contenenti la documentazione allegata alla segnalazione non risultava apribile e dunque visionabile, e perché l’intervento si porrebbe in contrasto con il Piano comunale antenne, che lì non prevede un nuovo impianto.
Avverso tale provvedimento la deducente qui insorge, chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare degli effetti.
Queste le censure dedotte dalla ricorrente.
I^) Violazione degli articoli 3, 4, 12, 45, 65 D.Lgs. n. 82/2005. Eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti ed erroneità della motivazione.
Con riferimento alla prima delle ragioni poste a fondamento del divieto comunale di prosecuzione dell’attività oggetto di SCIA, e segnatamente l’inaccessibilità di parte della documentazione trasmessa a mezzo pec dagli interessati, sostiene parte ricorrente che in tal modo il provvedimento contrasterebbe con la disciplina della cd. Amministrazione digitale, disciplina che consente ai privati di relazionarsi con la pubblica Autorità mediante l’uso delle tecnologie telematiche. Invero, nel caso in cui, come avvenuto nella fattispecie qui in esame, siano rispettati i parametri tecnici nell’invio telematico della documentazione opererebbe una presunzione di corretta consegna che esonera il mittente da ulteriori verifiche presso il destinatario.
II^) Violazione dell’articolo 6 L. n. 241/1990, degli articoli 87 e 87 bis D.Lgs. n. 259/2003, dell’articolo 18 L.R. F.V.G. n. 3/2011. Eccesso di potere per violazione dei principi del giusto procedimento, di buona fede e di buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa.
Sempre con riferimento alla prima delle ragioni poste a fondamento del divieto comunale di prosecuzione dell’attività oggetto di SCIA, lamenta la ricorrente la mancata attivazione da parte dell’Amministrazione procedente dei poteri di soccorso istruttorio in luogo di quelli inibitori. Più specificatamente, ritiene la deducente che il Comune avrebbe dovuto chiedere la produzione, anche cartacea, del documento mancante, anziché vietare l’esecuzione dell’intervento di riconfigurazione tecnologica di cui si discute.
III^) Eccesso di potere per carenza dei presupposti, presupposti erronei, carenza di istruttoria e della motivazione. Contraddittorietà manifesta.
Con riferimento alla seconda delle ragioni poste a fondamento del divieto comunale di prosecuzione dell’attività oggetto di SCIA, e segnatamente la contrarietà dell’impianto di telefonia mobile progettato alle previsioni del piano antenne comunale, evidenzia la società ricorrente come non si tratti affatto di nuova stazione radio base, bensì di adeguamento tecnologico di impianto già esistente. Sottolinea, inoltre, come il progetto abbia ottenuto parere radioprotezionistico positivo da parte dell’ARPA.
Si è costituito in giudizio il Comune di Pocenia, contestando la prospettazione avversaria e chiedendo il rigetto del ricorso proposto dalla controparte.
Rappresenta l’Amministrazione resistente come il piano comunale di localizzazione degli impianti di telefonia mobile non sia stato contestato, divenendo così inoppugnabile. Il piano, elaborato in collaborazione con i gestori del servizio, prevede, per quanto qui di interesse, i siti ove sia Telecom Italia S.p.A. che Vodafone Ominitel B.V. possono installare e sviluppare la relativa rete. Lo strumento comunale, di contro, non consentirebbe all’interno dei siti autorizzati la sostituzione di apparati di un gestore con quelli di un altro. Di talché, risulterebbe vietato l’intervento di cui alla SCIA presentata dalla ricorrente, tenuto vieppiù conto che l’impianto in esame verrebbe a trovarsi a distanza ravvicinata a due edifici sensibili (scuole).
Sotto altro profilo, la difesa comunale sostiene che l’incompletezza documentale comporta l’inefficacia della SCIA, legittimando l’esercizio dei poteri inibitori dell’attività, senza che incomba sulla Amministrazione alcun obbligo di domandare l’integrazione della documentazione incompleta o illeggibile come nel caso di specie.
Alla camera di consiglio fissata per la decisione sulla domanda cautelare avanzata dalla ricorrente, la difesa del Comune di Pocenia, pur riportandosi ai propri scritti difensivi, eccepiva preliminarmente il difetto di interesse a ricorrere in capo a Telecom Italia S.p.A., sulla scorta dell’osservazione che l’impianto oggetto di modifica già è al servizio di tale gestore, che dunque dal provvedimento impugnato non riceverebbe lesione alcuna. La lesività del divieto impugnato si configurerebbe esclusivamente con riferimento alla posizione di Vodafone Ominitel B.V., la quale tuttavia, pur non potendo ivi installare le proprie antenne, non ha ritenuto di attivare i rimedi di tutela giurisdizionale.
Replica il patrocinio di parte ricorrente, riferendosi agli accordi privatistici intercorsi tra la propria assistita e l’altro gestore del servizio.
DIRITTO
Il Collegio ritiene di poter definire la causa in forma semplificata ai sensi dell’articolo 60 Cod. proc. amm., sussistendone i presupposti, e avendo il Presidente reso edotte le parti di tale eventualità, come risulta dal verbale di causa.
Preliminarmente, va esaminata l’eccezione di difetto di interesse formulata dal patrocinio del Comune resistente in sede di discussione dell’istanza cautelare presentata dalla società ricorrente, così come più compiutamente esposta in narrativa.
L’eccezione è infondata.
Come emerge dalla documentazione versata in atti, la società ricorrente è tra i presentatori della SCIA ed è tra i destinatari del provvedimento inibitorio impugnato. Il che già di per sé è sufficiente a fondare l’interesse a ricorrere della società Telecom Italia S.p.A., configurandosi la stessa come soggetto obbligato a non proseguire l’attività segnalata e suscettibile di sanzione in caso di violazione della disciplina urbanistica.
Ma al di là del dato formale, rileva la circostanza che il divieto di prosecuzione dell’attività qui in esame, precludendo la realizzazione dell’impianto di cd. co-site, leda anche l’interesse, economico e organizzativo, della società ricorrente, legittimandola, conseguentemente, all’azione impugnatoria qui dispiegata.
Si deve dunque passare all’esame delle doglianze dedotte dalla società Telecom Italia S.p.A..
Nel merito il ricorso è fondato, perché nessuna delle ragioni, che autonomamente sorreggono il provvedimento impugnato, è in grado di superare il vaglio di legittimità.
La pec, quale tecnologia telematica, è strumento con il quale i privati possono relazionarsi con la pubblica Amministrazione (articolo 3 D.Lgs. n. 82/2005); la trasmissione a mezzo pec equivale a notificazione a mezzo posta (articolo 48 D.Lgs. n. 82/2005); se rispondenti ai requisiti formali normativamente fissati, le istanze e dichiarazioni inviate alla pubblica Amministrazione in via telematica equivalgono a quelle presentate su supporto cartaceo con sottoscrizione autografa (articolo 65 D.Lgs. n. 82/2005).
Ne consegue che a fronte di una SCIA presentata in via telematica l’Amministrazione procedente è tenuta al rispetto delle regole che ordinariamente informano i rapporti con i privati, e, prima di tutte, del principio di leale collaborazione.
Nel momento in cui il sistema genera la ricevuta di accettazione della pec e di consegna della stessa nella casella del destinatario si determina una presunzione di conoscenza della comunicazione da parte del destinatario analoga a quella prevista, in tema di dichiarazioni negoziali, dall’articolo 1335 Cod. civ.. Spetta la destinatario, in un’ottica collaborativa, rendere edotto il mittente incolpevole delle difficoltà di cognizione del contenuto della comunicazione legate all’utilizzo dello strumento telematico, pure ammesso dalla legge.
Nel caso di specie il Comune non ha nemmeno prospettato che la mancata apertura dei file contenenti la documentazione allegati alla SCIA dipendesse da una scelta deliberata delle segnalanti: ne consegue che era suo dovere rappresentare agli interessati la circostanza, fissando un termine per ovviare al problema, con l’avvertimento che il mancato tempestivo adempimento dell’incombente avrebbe determinato l’esercizio dei poteri inibitori nel termine di cui all’articolo 87 bis D.Lgs. n. 259/2003. A ben guardare non si trattava nemmeno di chiedere un’integrazione documentale, perché nel caso di specie il documento era stato inviato, ma di sollecitare, nell’interesse delle stesse segnalanti, una riproduzione dello stesso in un formato visionabile dall’Amministrazione.
Per quanto attiene la prospettata contrarietà del progetto presentato con la SCIA di cui è causa rispetto alle previsioni del piano comunale antenne, va considerato che la ricorrente non intende realizzare un impianto nuovo, ma modificarne uno esistente, collocato in un’area già prevista in piano e rispetto alla quale l’Amministrazione comunale, dunque, ha già effettuato le proprie valutazione in relazione ai due siti sensibili (scuole) presenti nelle vicinanze. D’altro canto, sotto questo profilo, l’Arpa ha escluso che le emissioni generate dal nuovo impianto in co-site superino i limiti fissati dall’Autorità statale ai sensi dell’articolo 4 L. n. 36/2001.
Ora, è irrilevante che l’impianto sia utilizzato da un gestore del servizio di telefonia mobile piuttosto che da un altro. Invero, giusta quanto dispone l’articolo 16 L.R. F.V.G. n. 3/2011, il regolamento comunale, tra le altre cose, individua le aree del territorio comunale preferenziali e quelle controindicate per l’installazione degli impianti di telefonia mobile.
Ma una volta individuato il sito per l’installazione, non spetta al Comune stabilire quale sia l’operatore privato che lo deve utilizzare o impedire che altri lo utilizzino. Diversamente, esso finirebbe per esorbitare dai propri compiti, per determinare una conformazione limitativa della attività economica privata, che pure l’articolo 41 Cost. consacra come libera, per scopi eccedenti gli interessi pubblici affidati alla sua cura.
Invero, è compito del Comune tutelare la salute di cittadini, l’uso razionale del territorio, i beni di interesse storico, artistico, culturale, paesaggistico, ambientale e naturalistico (cfr., articolo 16 L.R. F.V.G. n. 3/2011). Ne discende che l’aggressione a tali beni può derivare non certo dall’identità del soggetto che si serve della stazione radio-base, ma dalla sua collocazione e dal suo livello di emissioni.
Nel caso di specie, il sito era già stato individuato dal piano comunale antenne e l’ARPA aveva certificato il rispetto dei limiti di emissione. Conseguentemente, il Comune non poteva vietare la modifica dell’impianto in ragione del fatto che lo stesso sarebbe stato utilizzato anche da Vodafone Omnitel B.V. oltre che da Telecom S.p.A..
In definitiva, il ricorso viene accolto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.
Condanna l’Amministrazione resistente a rifondere alla società ricorrente le spese del giudizio, che liquida in complessivi €uro 3.000,00, oltre ad accessori di legge, e al rimborso del contributo unificato, come da previsione di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Manuela Sinigoi, Primo Referendario
Alessandra Tagliasacchi, Referendario, Estensore
 

 

L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)