N. 00860/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00166/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 166 del 2009, proposto da:
Comune di Canzano in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avv. Lucia Rita Ricchetti, con domicilio eletto presso Claudio Avv. Verini in L'Aquila, via G.Carducci,30; Renzo Cipollini;
Comune di Canzano in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avv. Lucia Rita Ricchetti, con domicilio eletto presso Claudio Avv. Verini in L'Aquila, via G.Carducci,30; Renzo Cipollini;
contro
Prefetto di Teramo, rappresentato e difeso per legge
dall'Avvocatura, domiciliata in L'Aquila, Complesso Monumentale S.
Domenico; Ministero Interno, rappresentato e difeso per legge
dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in L'Aquila, Complesso
Monumentale S. Domenico;
nei confronti di
(per i nominativi dei singoli controinteressati si fa rinvio all’epigrafe del ricorso);
per l'annullamento
DEL PROVVEDIMENTO DEL PREFETTO DI ANNULLARE IN
AUTOTUTELA TUTTI I VERBALI ELEVATI, CON APPARECCHIATURA ELETTRONICA,
ANCHE QUELLI PER I QUALI NON E' STATO PROPOSTO RICORSO O PAGATA
L'OBLAZIONE.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Prefetto di Teramo e del Ministero Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 ottobre
2014 il dott. Paolo Passoni e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Durante il periodo compreso fra agosto 2008 e febbraio
2009, il comune di Canzano elevava numerose contravvenzioni (con un
introito a titolo di oblazione spontanee, pari a circa 180.000 euro),
per violazione delle norme sui limiti di velocità accertate tramite
apparecchio fisso di rilevazione, in località Piano di Corte (Km 18+650
della SS 150). Il Prefetto di Teramo –adìto in sede di ricorso
amministrativo da numerosi automobilisti contravvenzionati- ha
sistematicamente accolto i vari gravami interposti, ritenendo
illegittime le sanzioni, in quanto irrogate in violazione della
prescrizione ex art. 201 comma 1 lett. f) del codice della strada, che
nel centro abitato (e tale sarebbe quello del Km 18+650 SS 150) non
consentirebbe l’elevazione della contravvenzione, senza contestazione
immediata della violazione.
Con il presente ricorso cumulativo, il Comune -dopo
aver precisato la sua legittimazione ed il suo interesse in giudizio- ha
impugnato in primis tutte le decisioni prefettizie di accoglimento di
cui sopra, ritenendo le relative motivazioni illegittime e stereotipate
(trattandosi di strada qualificata come pericolosa dalla stessa
prefettura, e comunque in presenza di connotati che escluderebbero la
natura urbana della località in questione, ai sensi dell’art. 3 comma 8
del codice della strada).
Sono state altresì gravate le comunicazioni del
Prefetto (anch’esse indicate in epigrafe), con le quali si è prima
delineata la possibilità di annullare in autotutela le contravvenzioni
ormai inoppugnabili (chiedendo conseguentemente agli organi della
polizia municipale di trasmettere tutti i verbali per i quali non è
stato proposto ricorso o non è stata pagata l’oblazione), e poi si è
intimata al Sindaco la consegna in questione, paventando in caso
contrario i poteri prefettizi ex art. 54 del d.leg.vo 267/2000 (nota del
4 maggio 2009). A proposito di tali reiterate richieste (di cui se ne
evidenzia il carico sproporzionato e gravatorio sulla stessa attività
degli uffici), se ne contesta il fondamento, che sarebbe del tutto
estraneo ed eversivo rispetto al ruolo di controllo sulla sicurezza
stradale attribuito dal codice della strada al Prefetto.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione
intimata, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello
Stato di L’Aquila, che ha in primis eccepito l’inammissibilità
dell’impugnativa, sostenendone comunque l’infondatezza nel merito.
Alla pubblica udienza del 27.10.14 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Vanno in primis respinte le eccezioni in rito formulate dalla PA resistente.
Ha in proposito sostenuto l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di L’Aquila che “l’articolo
205 cds e la disciplina stabilita dal complesso delle norme sopra
richiamate, prevedono esclusivamente la proponibilità dell’opposizione
avverso l’ordinanza ingiunzione, oppure nei confronti del processo
verbale di accertamento e contestazione dell’infrazione (… ciò che…) porta
inevitabilmente ad affermare che il rimedio non è proponibile contro
atti non espressamente previsti e, in particolare, non è nella specie
proponibile dal Comune contro l’ordinanza di archiviazione adottata dal
Prefetto ex art. 204, che del resto ontologicamente sfugge ad ogni
controllo da parte del Comune (trovando la propria ratio in interessi
non certo di pertinenza comunale)”.
Ritiene il collegio che non possa in primo luogo
condividersi l’assunto circa l’asserita estraneità di qualificati
interessi oppositivi dell’ente civico nei riguardi della decisione
prefettizia di archiviazione di processi verbali elevati dallo stesso
ente, visto che appaiono concrete ed evidenti, non solo le conseguenze
di rilevanza economica che detta decisione postula (l’introito derivante
da sanzioni amministrative rappresenta una seria provvista, destinata a
far fronte alle esigenze della collettività di riferimento), ma anche
–più in generale- le possibili, negative, interazioni con i criteri
gestionali del settore amministrativo coinvolto dalla diversità di
vedute con l’organo statale, titolare del potere contenzioso, e ciò
anche in vista di similari episodi che dovessero in futuro ripetersi.
Una volta preso atto dei qualificati interessi ad
opporsi, poi, non può fondatamente sostenersi l’assenza,
nell’ordinamento, di rimedi giudiziari in capo al Comune, avverso tali,
lesive, decisioni prefettizie di accoglimento, diversamente dovendosi
ammettere una (inconfigurabile) limitazione di tutela nei confronti di
talune categorie di atti della pubblica amministrazione, in palese
violazione dell’art. 113 Cost..
Ora, considerato che l’azione esperita presso l’AGO
dal privato opponente contro le ordinanze ingiunzioni è un’azione
costitutiva, volta ad ottenere la rimozione di un provvedimento che è
espressione del potere autoritativo della P.A., si è correttamente
affermato in dottrina che tale giurisdizione caducatoria sull’atto
rappresenta una sorta di giurisdizione “esclusiva” del giudice
ordinario, pur consentita dal citato art. 113 u.c. della Cost. (che
rimanda al legislatore ordinario l’individuazione degli organi
giurisdizionali abilitati ad annullare atti amministrativi), ma comunque
espressiva di una fattispecie che deroga alla cognizione elettiva ed
istituzionale del giudice amministrativo. Ciò comporta che, in mancanza
di espressa previsione di legge, la diversa azione –non del privato
sanzionato- ma dell’ente irrogante che subisce l’accoglimento del
ricorso amministrativo proposto dallo stesso privato, non può parimenti
ascriversi alla giurisdizione dell’AGO, ed in questo senso si prende
atto (con ovvia condivisione) della conforme giurisprudenza sul punto
citata dall’Avvocatura Distrettuale.
Peraltro, al fine di evitare vuoti di tutela contra
costitutionem, non resta che riconoscere la riespansione della
giurisdizione caducatoria del giudice amministrativo sulla vertenza
degli enti pubblici soccombenti, avverso le decisioni giustiziali del
Prefetto, che annullano le sanzioni amministrative loro irrogate per
pretesa violazione delle norme del codice della strada.
Né resta convincente quanto sempre affermato dalla
difesa erariale, in ordine al fatto che il successo dell’iniziativa
giurisdizionale intrapresa non determinerebbe alcun concreto interesse
nella sfera giuridica dell’ente pubblico ricorrente, in presenza di un
sistema decisionale che –contemplando il silenzio-assenso (art.203 cds)-
determinerebbe pur sempre un accoglimento tacito del ricorso
amministrativo, anche in assenza della decisione annullata.
Detta tesi –mirata per altra via a sostenere
l’inammissibilità del proposto gravame per carenza di interesse- non
considera tuttavia che il meccanismo del silenzio assenso attiene al non liquet
dell’autorità decidente adìta, ma non riguarderebbe certamente la ben
diversa fattispecie di un accertamento giurisdizionale (ex se munito di
una fase rescissoria, oltreché rescindente-caducatoria), capace di
rovesciare e porre nel nulla l’esplicito accoglimento del rimedio
amministrativo.
Concludendo sul punto, va affermata la corretta
incardinazione presso questo GA della richiesta di annullamento degli
atti, con cui la Prefettura di Teramo ha disposto l’archiviazione dei
verbali redatti dalla Polizia Urbana di Canzano nei confronti dei
controinteressati indicati in epigrafe.
Vanno altresì respinte le eccezioni in rito, con cui
l’Avvocatura Distrettuale ha ritenuto inammissibile l’impugnativa
rivolta dall’ente civico avverso le richieste prefettizie di consegna di
tutti i verbali degli accertamenti delle violazioni al limite di
velocità, effettuati sulla SS 150 nel territorio di Canzano; non può
infatti condividersi la natura meramente endoprocedimentale di tali
atti, poiché il momento lesivo alla base del ricorso qui non riguarda la
sorte futura dei singoli verbali da trasmettere, attenendo invece più a
monte alla decisione del Prefetto di scrutinare tali verbali in vista
di una delineata autotutela che –a prescindere se sarà o meno irrogata -
viene in radice contestata affermandosene l’inconfigurabilità giuridica
per l’incompatibile presenza di posizioni giustiziali ormai
consolidate.
Nel merito, va disatteso il capo di impugnativa mirato
ad avversare in modo cumulativo le varie decisioni della prefettura
teramana di archiviazione dei verbali civici.
Nelle determinazioni di accoglimento dei ricorsi
amministrativi proposti dai soggetti contro interessati, la PA decidente
ha infatti esternato con congrua e corretta motivazione le ragioni
poste a base dell’illegittimo plesso sanzionatorio posto in essere dal
responsabile della Polizia urbana del comune di Canzano, e ciò con
particolare riguardo alle seguenti circostanze in fatto e diritto:
-i verbali impugnati in sede amministrativa riguardano
violazioni ex art. 142 comma 8 del codice della strada (eccesso di
velocità) accertate senza aver proceduto alla contestazione immediata,
su strada interna al centro abitato, e quindi fuori dalla fascia di cd.
controllo remoto, e ciò in violazione dell’art. 201 del codice della
strada che tale contestazione (nei centri abitati) prescrive;
-la collocazione in centro abitato della strada
statale in questione (n. 150 della Val Vomano Km. 18+650) emerge sia
dalle delibere di giunta comunale n 71/2004, n. 40/2003 e da ultimo n.
37/2007, sia –più in generale- dalla circolare dell’8 aprile 2003 del
Ministero dell’interno (dalla valenza provvedimentale-classificatoria e
non meramente interpretativa) ove si precisa che le strade classificate
ai sensi dell’art. 2 comma 2 lett. c) del c.d.s. come extraurbane,
quando attraversano i centri abitati, assumono “automaticamente e
funzionalmente” la classificazione di cui all’art. 2 comma 2 lett. D, E o
F (strade urbane di quartiere o strade locali), a seconda delle
caratteristiche ed a prescindere dall’Ente che abbia la proprietà o la
gestione amministrativa della strada stessa, con conseguente divieto per
quegli ambiti di procedere a rilevazioni sanzionatorie con sistemi
fissi, senza immediata contestazione.
A fronte di tali convincenti argomentazioni, tutte
rigorosamente sviluppate nelle singole decisioni prefettizie di
archiviazione, il comune ricorrente deduce rilievi censori, da una parte
mirati a contestare la natura di centro abitato del tratto di strada in
questione, e dall’altra a sostenere comunque l’irrilevanza della
classificazione.
Trattasi di doglianze infondate.
In primo luogo, il fatto che la Prefettura abbia in
passato ritenuto (con proprio provvedimento del 5.11.2002) di
autorizzare anche in quell’ambito stradale –per la pericolosità del
sito- l’utilizzazione e l’installazione dei mezzi tecnici di controllo
del traffico, non significa affatto –come ritenuto dal ricorrente- che
tale autorizzazione abbia potuto consentire di prescindere dal suesposto
divieto di legge, così da procedere all’irrogazione della sanzione
senza contestazione immediata, senza oltre considerare che una tale
franchigia dalle disposizioni vigenti risulterebbe comunque tamquam non esset.
In presenza poi delle stringenti e comprovate ragioni
dalla Prefettura, poste a base della classificazione di centro abitato
del tratto stradale de quo, appaiono prive di pregio le insistite
doglianze mirate contestare tali concludenze, mediante diverse
interpretazioni di nome e circolari che condurrebbero a ravvisare, nel
predetto ambito, connotati extraurbani.
Piuttosto, proprio il fatto che la Giunta comunale
abbia ex post ritenuto nel 2009 (una volta insorta la problematica con
la Prefettura) di annullare, in pretesa autotutela, le proprie delibere
che negli anni hanno ravvisato il pacifico carattere urbano della strada
in questione, comprova –oltre al tentativo strumentale di forzare lo
scenario giuridico in proprio favore- la consapevolezza dell’ente civico
di aver utilizzato, nella irrogazione di quelle sanzioni, un modus
operandi incompatibile con le stesse classificazioni stradali,
formalizzate nel tempo dallo stesso ente.
Concludendo sul punto, vanno pertanto disattese le censure avverso i vari atti di archiviazione disposti dalla Prefettura.
Trovano invece accoglimento le doglianze dirette a
contestare la richiesta della Prefettura (mirata all’esercizio di
autotutela gerarchica impropria) di acquisizione dei verbali di
contravvenzione, per i quali i rispettivi interessati hanno corrisposto
oblazione, ovvero hanno fatto scadere i termini di impugnativa.
Quanto alla prima ipotesi, è noto che in tema di
violazioni al codice della strada, il cosiddetto pagamento in misura
ridotta comporta un’incompatibilità (oltre che un’implicita rinuncia) a
far valere qualsiasi contestazione della sanzione pecuniaria irrogata e
della violazione contestata (che della sanzione pecuniaria è il
presupposto giuridico), e ciò sia nella sede amministrativa che
giurisdizionale, anche in virtù di quanto esplicitamente previsto dal
codice della strada (sul punto, Cass. Civ. sez. II sentenza n. 15098 del
22.6.2010). Non si tratta solo di una preclusione impugnatoria a carico
della parte che –magari per eccesso di zelo- ha pagato la multa,
accorgendosi solo in seguito della sua ingiustizia. Il divieto in
questione attiene invece al fatto che con il pagamento immediato si
formalizza –secondo i noti principi generali della materia- una vera e
propria estinzione della controversia, non più recuperabile da parte di
tutte le parti in causa e quindi anche della parte pubblica; ora, a
fronte di detta intangibilità, resta evidente come sia precluso ogni
intervento d’ufficio sull’an e sul quantum della sanzione anche ad opera
dell’autorità preposta a decidere ricorsi amministrativi, non fosse
altro perché in tal modo il divieto da parte dell’interessato di
proporre, dopo l’oblazione, tali ricorsi verrebbe facilmente aggirato
tramite una sua semplice “segnalazione” all’Organo titolare del potere
contenzioso.
Simili argomentazioni possono estendersi al caso di
verbali per i quali è scaduto il termine per proporre impugnazione;
anche in dette fattispecie si assiste infatti ad un consolidamento
irreversibile della pretesa sanzionatoria, senza possibilità per
l’autorità contenziosa –alla quale gli interessati hanno ritenuto di non
rivolgersi - di inserirsi d’ufficio, per ridiscutere ex post una misura
ormai inoppugnabile ed esecutoria.
Né i poteri di vigilanza sulla sicurezza stradale
attribuiti al Prefetto possono essere intesi nel senso di consentire
un’ingerenza immanente nella rimodulazione ex post di sanzioni
incontestate, sia perché la norma di riferimento riguarda per l’appunto
la funzione contenziosa, attivabile solo in via eventuale a domanda
dell’interessato, sia perché –quand’anche si dovesse intendere tale
vigilanza in senso estensivo- comunque resterebbe precluso un ruolo
atipico di autotutela gerarchica prefettizia sui singoli atti
sanzionatori del comune rimasti inoppugnati, all’interno di una
relazione di gerarchia (solo) impropria. In ogni caso appare fuori
luogo il richiamo operato dalla PA intimata ai poteri sostitutivi del
Prefetto, in materie (del tutto estranee alla vicenda in esame)
collegate all’esercizio di funzioni del Sindaco in qualità di Ufficiale
del Governo ex art. 54 TUEL.
Di conseguenza va ravvisata l’illegittimità del modus
operandi della Prefettura in ordine ai paventati poteri di autototutela,
ed alle connesse richieste di documentazione afferente ai verbali di
contravvenzione non impugnati e/o con avvenuta oblazione.
In conclusione, il ricorso va in parte respinto ed in parte accolto nei sensi sopra esposti.
Sussistono ragioni per la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo
(Sezione Prima) in parte respinge ed in parte accoglie il ricorso in
epigrafe, nei sensi di cui in motivazione;
compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Michele Eliantonio, Presidente
Paolo Passoni, Consigliere, Estensore
Maria Abbruzzese, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)