sabato 20 settembre 2014

Niente più verbali con l'autovelox per il comune sulla strada con pochi sinistri.Lo dice il Consiglio di Stato.

Circolazione dei veicoli. Niente più verbali con l'autovelox per il comune sulla strada con pochi sinistri, anche se è difficile fermarsi. Il decreto del prefetto che in base al «tasso d’incidentalità» ordina la rimozione della postazione risulta legittimo per il Consiglio di Stato

Basta autovelox a go-go e senza alcuna logica se non quella di far cassa. Per la giustizia amministrativa devono essere posti solo sulle strade nelle quali ci sono molti sinistri. Almeno per quanto riguarda i tratti extraurbani, dove è il prefetto a dover indicare se si deve o meno procedere al rilevamento elettronico della velocità.

È così che se l’ufficio territoriale del Governo rileva che nella zona “incriminata” non sussiste un alto «tasso di incidentalità», il Tar non può accogliere il ricorso del Comune che ha paura di non poter far multe a go go sul mero rilievo che nel tratto di competenza dell’ente locale le piazzole sono strette e non consentono di fermarsi ai veicoli più lunghi.

Il Consiglio di Stato con la sentenza 4321/14, pubblicata dalla terza sezione, riforma la precedente decisione del Tar Molise ritenendo che erroneamente era stato accolto il ricorso del Comune ove è di competenza del prefetto e dell’Anas con le valutazioni relative all’ampiezza delle aree di sosta lungo la statale.

L’autovelox in questione aveva scatenato quasi una rivolta tra gli automobilisti, con una gran mole di contenzioso. Allora il prefetto approfitta per riaprire l’istruttoria sulla postazione di rilevamento della discordia e decide di eliminare il tratto di strada da quelli in cui è possibile procedere all’accertamento elettronico. In tal senso aveva utilizzato il criterio primario indicato dalle norme che regolano il posizionamento degli apparecchi elettronici di rilevazione della velocità, ossia se in zona davvero serva un forte deterrente per gli automobilisti. Il Tar, invece, aveva fondato la sua decisione sull’impossibilità di arrestare la marcia dei veicoli nel tratto di competenza del Comune, che con le sanzioni amministrative aiuta il bilancio.

E addirittura aveva precisato che la misura era necessaria per l’ipotesi di difficoltà nel traffico laddove la polizia municipale dovesse multare un veicolo più lungo di dodici metri facendolo fermare sulla piazzola inadeguata. Ma se fosse quello il criterio primario, concludono i giudici di Palazzo Spada, bisognerebbe installare «apparecchi automatici dovunque non sia agevole arrestare la marcia dei supposti trasgressori». In via definitiva il Tar aveva erroneamente sostituito le sue valutazioni con quelle delle amministrazioni competenti che non erano sbagliate, «tanto è vero che il verificatore non le considerava tali e che la sentenza le ha contraddette solo per un profilo marginale».

Una decisione importante che dovrebbe far riflettere tutti i Prefetti circa l’opportunità di una rivisitazione urgente dell’elenco dei tratti dov’è possibile effettuare rilevazioni a raffica senza una specifica logica di sicurezza stradale e solo con la precipua esigenza di “far cassa”, non da ultimo il famigerato tratto della nota località turistica di Otranto dove la Provincia di Lecce ha fatto sfaceli nel corso della scorsa primavera con migliaia di multe effettuate in un tratto che all’avvio della stagione balneare è stato riconosciuto da tutti come una trappola per (incolpevoli) automobilisti.

N. 04321/2014REG.PROV.COLL.
N. 05814/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5814 del 2013, proposto da:
U.T.G. - Prefettura di Isernia, Questura di Isernia, Polizia Stradale di Isernia, Guardia di Finanza-Comando Provinciale di Isernia, Arma dei Carabinieri-Comando Provinciale di Isernia, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Comune di Cantalupo nel Sannio, rappresentato e difeso dall'avv. Margherita Zezza, con domicilio eletto presso Michele Rosario Luca Lioi in Roma, piazza della Libertà, 20;
Anas Spa, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Carmela D'Uva, Polizia Municipale di Agnone;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. MOLISE - CAMPOBASSO: SEZIONE I n. 00307/2013, resa tra le parti, concernente decreto del 17 giugno 2011 nella parte in cui il prefetto d’Isernia ha eliminato un tratto di strada statale nel territorio comunale di Cantalupo nel Sannio tra quelli sui quali è possibile procedere a rilevazione automatica della velocità

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cantalupo nel Sannio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2014 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Vessichelli e l’avvocato Zezza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. La presente controversia trae origine dalla installazione di un rilevatore automatico di velocità senza la presenza di operatori (gergalmente detto autovelox) su un tratto extraurbano della strada statale n. 17, della lunghezza di circa 1.500 metri, nel territorio di Cantalupo nel Sannio, provincia di Isernia.
L’installazione di simili apparecchi è regolata dall’art. 4 del decreto legge n.121/2002, come modificato dalla legge di conversione n. 168/2002 e ulteriormente modificato dal decreto legge n. 151/2003 e dalla relativa legge di conversione.
2. Per quanto qui interessa, la norma dispone che all’installazione provvedono gli organi che esercitano compiti di polizia stradale, fra i quali rientra anche la polizia municipale.
Tuttavia, nelle strade extraurbane di tipo C (art. 2 del codice della strada) - e tale è quella di cui si discute – le iniziative degli organi di polizia stradale sono limitate ai tratti di strada previamente individuati dal Prefetto con apposito provvedimento, da emettere “sentiti” gli organi di polizia stradale competenti per territorio e su “parere conforme” dell’ente proprietario della strada.
Nel formare l’elenco dei tratti di strada così individuati, il Prefetto tiene conto «del tasso di incidentalità, delle condizioni strutturali, plano altimetriche e di traffico per le quali non è possibile il fermo di un veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico o all’incolumità degli agenti operanti e dei soggetti controllati».
Con le stesse modalità il Prefetto può modificare l’elenco quante volte lo ritenga opportuno.
3. Nella vicenda in esame, il Prefetto di Isernia, con decreto del 2 marzo 2010, ha individuato le strade, o i tratti di strada, dell’intera provincia, nei quali era consentito installare impianti autovelox. Fra questi, un tratto della strada statale n. 17, ricadente nel territorio del Comune di Cantalupo nel Sannio, della lunghezza di circa 1.500 metri.
Il Comune di Cantalupo nel Sannio si è avvalso della possibilità così offerta, ed ha installato l’apparecchio; quindi ha proceduto a contestare le infrazioni rilevate e ad irrogare le relative sanzioni.
Ciò ha dato luogo ad un certo contenzioso, in quanto i destinatari delle sanzioni hanno proposto numerosi ricorsi giurisdizionali ed amministrativi, evidenziando asseriti vizi procedimentali nonché asserite irregolarità delle apparecchiature installate dal Comune.
Il contenzioso ha dato motivo al Prefetto di Isernia di riaprire l’istruttoria, acquisendo nuovamente i pareri necessari; infine con decreto del 17 giugno 2011 il Prefetto ha espunto dall’elenco il tratto di strada in questione, non ritenendo necessaria l’installazione di un autovelox in quel punto; in particolare ha ritenuto che quel tratto non sia caratterizzato né da una particolare pericolosità, né dalla difficoltà di arrestare la marcia dei veicoli per procedere alla contestazione immediata delle violazioni.
4. Il decreto del 17 giugno 2011 è stato impugnato dal Comune di Cantalupo nel Sannio davanti al T.A.R. Molise.
Il T.A.R., con sentenza n. 307/2013 pubblicata il 15 maggio 2013, ha accolto il ricorso. La decisione era stata preceduta da una verificazione istruttoria rivolta ad accertare le caratteristiche obiettive del tratto stradale, con riguardo agli aspetti rilevanti ai fini di cui si discute.
I passaggi essenziali della sentenza sono i seguenti:
(a) il T.A.R. ha respinto l’eccezione di difetto d’interesse sollevata dalla difesa dello Stato; ha ricordato, invero, che la polizia municipale ha piena competenza di esercitare le sue funzioni anche sulle strade statali extraurbane;
(b) ha confermato il decreto impugnato, nella parte in cui considera che il tratto di strada in questione non si caratterizza per una particolare frequenza di incidenti dovuti ad eccesso di velocità;
(c) nondimeno ha giudicato illegittimo il decreto, in quanto emesso sul dichiarato presupposto che lo stesso tratto di strada non presenti rilevanti difficoltà all’accertamento di eventuali violazioni con le modalità ordinarie (e cioè con l’arresto della marcia del veicolo e la contestazione immediata) essendovi uno spazio idoneo per brevi soste. Su questo punto la sentenza va in contrario avviso rispetto alle conclusioni del funzionario incaricato della verificazione istruttoria, in quanto il T.A.R., attraverso una dettagliata analisi tecnica delle caratteristiche degli spazi disponibili, giunge – contrariamente al verificatore - alla conclusione che non sarebbero concretamente possibili l’arresto e la sosta di veicoli di lunghezza superiore a 12 metri, senza difficoltà e rischi per il traffico.
5. La sentenza è stata appellata dalla Prefettura di Isernia, congiuntamente alle altre amministrazioni e uffici statali interessati.
In occasione della trattazione della domanda cautelare, l’esame di detta domanda è stato rinviato al merito. La controversia giunge ora alla decisione.
6. Si deve confermare, innanzi tutto, il rigetto dell’eccezione di difetto di interesse (rectius: di legittimazione) sollevata in primo grado con l’argomento che la polizia municipale non avrebbe competenza ad esercitare compiti di polizia stradale sui percorsi extraurbani delle strade statali. Basti osservare che se questa tesi fosse vera, prima ancora che l’inammissibilità del ricorso ne sarebbe derivata la nullità dei verbali di contravvenzione redatti dalla polizia municipale e si sarebbe potuto/dovuto, per quella sola ragione, ordinare la rimozione dell’autovelox. Ma a questo punto non sono spinte né la Prefettura né l’A.N.A.S., pur dimostrandosi (come risulta dall’abbondante carteggio in atti) tutt’altro che avare di argomenti (anche pretestuosi) per osteggiare l’attività della polizia municipale di Cantalupo.
In verità, com’è noto (cfr. Cass. civ., n. 15105/2010 e altre) l’accertamento delle violazioni della disciplina del traffico rientra nei compiti della polizia municipale anche sulle strade statali extraurbane, beninteso all’interno del territorio del Comune. La limitazione ai tratti urbani delle strade statali riguarda invece la potestà dell’autorità comunale di regolamentare la circolazione.
Si potrebbe forse discutere dell’interesse a ricorrere (o della legittimazione) sotto altro profilo: e cioè con riferimento alla considerazione che l’atto del Prefetto, di cui all’art. 4, comma 2, d.l. n. 121/2002 e s.m., non si qualifica come una “autorizzazione” rispetto alla quale si possano riconoscere interessi legittimi pretensivi. Si tratta invece di un atto di programmazione (ampiamente discrezionale) al quale gli organi di polizia stradale sono chiamati a concorrere mediante un parere non vincolante (“sentiti...”), con il quale si esaurisce ogni loro funzione al riguardo. In questa prospettiva si potrebbe dubitare che le scelte del Prefetto (e dell’ente proprietario della strada, il cui parere è invece vincolante) siano impugnabili dai singoli organi di polizia municipale a tutela delle proprie funzioni. Ma poiché l’eccezione non è stata posta in questi termini il Collegio (a maggior ragione in grado di appello) non deve approfondire la questione.
7. Nel merito della controversia, si ritiene opportuno e sufficiente cogliere il nucleo essenziale dell’appello dell’Amministrazione dello Stato, tralasciando altre considerazioni non pertinenti, ancorché diffusamente esposte.
Il punto centrale (non esplicitamente formulato nell’atto di appello, ma desumibile dal contesto) è che l’atto del Prefetto, di cui all’art. 4, comma 2, cit., è ampiamente discrezionale ed ispirato a complessive valutazioni di opportunità/necessità dell’installazione degli apparecchi automatici. Ciò nell’àmbito di un sistema (frutto di una insindacabile scelta del legislatore) che non prevede che l’installazione degli apparati in questione sia la regola generale (con l’eccezione, in ipotesi, dei luoghi individuati come “non idonei” dal Prefetto), bensì che la regola generale sia il divieto, tranne che nei luoghi individuati con apposito provvedimento.
In questo contesto, i criteri indicati nell’art. 4, comma 2, («...tenendo conto di...») sono chiaramente solo indicativi, e non già tassativi, e neppure esaustivi.
In ogni caso, come dedotto nell’atto d’appello, il criterio primario ed essenziale che si desume dalla norma è quello del “tasso di incidentalità”. Una volta che l’apprezzamento di questo criterio abbia dato esito negativo (e cioè abbia portato a concludere che in un determinato tratto di strada, sotto questo profilo, non vi è la necessità di installare un autovelox), appare sostanzialmente superfluo discettare se le conformazione dei luoghi sia tale da ostacolare in qualche misura l’accertamento delle violazioni con le modalità ordinarie. Altrimenti si dovrebbe dire che sia doveroso collocare apparecchi automatici dovunque non sia agevole arrestare la marcia dei supposti trasgressori, ancorché sotto ogni altro profilo manchino i presupposti per adottare tale misura: il che appare estraneo al sistema della disciplina positiva.
8. Ora, poiché la sentenza appellata è esplicita (alle pagine 12 e 13) nell’affermare che nella specie il provvedimento impugnato resiste alle censure relativamente al criterio del “tasso di incidentalità” – il che non è stato oggetto di appello incidentale da parte del Comune - ciò avrebbe dovuto rendere precluse, o comunque irrilevanti, ulteriori considerazioni.
Tuttavia, dato e non concesso che si potesse (o dovesse) ugualmente investigare in ordine alle caratteristiche della strada sotto il profilo della maggiore o minore praticabilità delle modalità ordinarie di accertamento – problema al quale il T.A.R. ha dedicato una verificazione istruttoria, salvo poi andare in contrario avviso rispetto alle conclusioni del verificatore – si può osservare che l’apprezzamento motivatamente fatto al riguardo dal Prefetto era espressione di discrezionalità e non era sindacabile in sede di legittimità se non per errori gravi e manifesti, e simili vizi che, peraltro, nella specie non sussistono.
Ed invero, per disattendere il giudizio del verificatore (e, implicitamente, anche quello conforme del Prefetto e dell’A.N.A.S.) il T.A.R. ha dovuto darsi carico di discutere analiticamente forma, posizione e dimensioni dell’area utilizzabile come piazzola di sosta per la contestazione diretta ai trasgressori, giungendo alla conclusione che una siffatta utilizzazione potrebbe provocare qualche difficoltà al traffico nel caso che si voglia procedere al fermo di un veicolo di lunghezza superiore ai 12 metri (peraltro si potrebbe obiettare che dandosi tale eventualità, la stessa presenza dei vigili accertatori consentirebbe di ovviare agli inconvenienti).
Pare a questo Collegio che in tal modo il giudice amministrativo abbia sostituito un proprio apprezzamento discrezionale a quello delle autorità amministrative competenti (il Prefetto, e per quanto di ragione l’A.N.A.S. e gli altri organismi intervenuti a titolo consultivo), in una situazione nella quale le valutazioni di queste ultime non apparivano errate ictu oculi - tanto è vero che il verificatore non le considerava tali e che la sentenza le ha contraddette solo per un profilo marginale.
9. In conclusione, l’appello va accolto e in riforma della sentenza del T.A.R. va rigettato il ricorso di primo grado.
La natura della controversia fa ritenere equa la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello. Compensa le spese per l’intero giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Michele Corradino, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere




IL PRESIDENTE, ESTENSORE











DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/08/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)