sabato 4 gennaio 2014

Occupazione abusiva suolo pubblico a fini commerciali:Il Tar Lazio dice si al ripristino dello stato dei luoghi ed all'applicazione della sanzione mentre annulla la chiusura dell'esercio per 5 giorni


N. 11158/2013 REG.SEN.
N. 03461/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3461 del 2013, proposto da:
Società Arba Srl, in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni Valeri, Alfredo Stoppa, con domicilio eletto presso Giovanni Valeri in Roma, viale G. Mazzini n. 11;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall'avv. Rosalda Rocchi, domiciliata in Roma, via Tempio di Giove, 21;
per l'annullamento dei seguenti atti:
-determina dirigenziale n. 10 del 21 marzo 2013, recante l’ordine di immediata rimozione dell’occupazione abusiva di suolo pubblico all’esterno dell’esercizio commerciale sito in Piazza del Popolo n. 16 nonché l’immediato ripristino dello stato dei luoghi, nonché la chiusura dell’esercizio sito in Piazza del Popolo n. 16 per un periodo di 5 giorni;
-ordinanza del Sindaco di Roma Capitale, n. 14 del 21 gennaio 2013, con la quale è stata integrata l’ordinanza sindacale n. 258 del 27 novembre 2012;
-atto di accertamento di violazione VAV n. 14120182417 del 7 febbraio 2013.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 novembre 2013
il cons. Giuseppe Rotondo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, la ricorrente ha impugnato i seguenti atti:
-determinazione dirigenziale n. 10 del 21 marzo 2013 a mezzo della quale il Direttore dell’Ufficio Temporaneo di Scopo Occupazione Abusiva Suolo Pubblico – Centro Storico - del “Municipio Roma Centro Storico” ha ordinato alla società ricorrente A.R.B.A. a r.l., nella persona del suo legale rappresentante, “l’immediata rimozione dell’occupazione abusiva del suolo pubblico accertata dal Corpo della Polizia Locale di Roma Capitale con VAV n. 14120182417 del 7/2/2012 all’esterno dell’esercizio sito in Piazza del Popolo n. 16 e l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a cura e spese dell’interessato” nonché “la chiusura dell’esercizio sito in Piazza del Popolo n. 16 per un periodo pari a 5 giorni e, comunque, fino al completo ripristino dello stato dei luoghi”;
-ordinanza del Sindaco di Roma Capitale n. 14 del 21 gennaio 2013, con la quale è stata integrata l’ordinanza sindacale n. 258 del 27 novembre 2012;
-atto di accertamento di violazione VAV n. 14120182417 del 7 febbraio 2013.
Il provvedimento di rimozione o.s.p. e chiusura esercizio (D.D. n. 10 del 21 marzo 2013) è stato adottato sulla scorta del verbale n. 14120182417 elevato dal I Gruppo di Polizia Locale della Città ai sensi dell’art. 20 codice della strada in data 7/2/2013.
La Polizia Locale aveva accertato che la società A.R.B.A., sebbene in possesso di concessione o.s.p., giusta D.D. n. 421 del 28/2/2011, per occupare il suolo pubblico antistante il locale per complessivi mq 87,90 con borchie, tavoli, sedie e n. 2 tende di copertura, di fatto, in difformità da quanto concesso, occupava il suolo pubblico con tavoli, sedie, 2 tende e discendenti in materiale plastica trasparente a copertura dell’area interessata”.
Il Direttore dell’Ufficio Temporaneo di Scopo del Municipio Roma Centro Storico si è determinato nei divisati sensi “in osservanza a quanto previsto dall’art. 3, c. 16, della L. n. 94 del 2009 e dall’ordinanza sindacale n. 14 del 2013 (...); Visto l’art. 20 del C.d.S. di cui al D.Lvo 30 aprile 1992, n. 285;
Vista l’ordinanza sindacale n. 14 del 21 gennaio 2013”.
In punto di fatto, la società ricorrente espone di essere titolare di un’attività di somministrazione in Roma, Piazza del Popolo nn. 16-17 nel locale denominato “Canova”, giusta autorizzazione amministrativa n. 1213 del 12 dicembre 1995.
Con D.D. n. 421 del 28 febbraio 2011, è stata rilasciata alla società la concessione demaniale permanente di mq 87,90 antistante il locale di Piazza del Popolo nn. 16-17, strumentale all’attività di somministrazione, autorizzando l’uso di borchie, tavoli, sedie e n. 2 tende di copertura di ml. 5 x ml 7,85 (con scadenza al 31 dicembre 2013).
In data 7 febbraio 2013, a seguito di sopralluogo effettuata dal Corpo di Polizia Locale, veniva contestato alla ricorrente l’installazione “in difformità da quanto concesso copertura in pvc trasparente ai lati dell’OSP senza essere in possesso di ulteriore concessione” (verbale n. 14120182417).
Con la gravata determinazione dirigenziale del 21 marzo 2013 veniva disposta la chiusura dell’esercizio commerciale per la durata di giorni cinque e la rimozione degli arredi (discendenti laterali in materiale plastico trasparente) difformi rispetto alle indicazioni del titolo concessorio.
Questi i motivi vizi dedotti in ricorso:
1)Violazione dell’art. 3, c. 16, L. n. 94 del 2009 – violazione e falsa applicazione della delibera C.C. n. 75 del 30/31 luglio 2010 nonché delle ordinanze sindacali n. 258/2012 e 14/2013.
1.1)L’epigrafata ordinanza sindacale n. 14/2013 è applicabile ai soli casi di occupazione di suolo pubblico totalmente abusiva, come chiarito dal Consiglio comunale di Roma nel proprio Regolamento in materia di occupazione suolo pubblico approvato con delibera n. 75 del 30/31 luglio 2013;
1.2)la violazione contestata alla ricorrente non attiene ad uno sconfinamento o arbitrario aumento della superficie occupata ma esclusivamente all’applicazione laterale, a precaria protezione dei clienti dalla pioggia, di due tendine completamente trasparenti ai due lati adiacenti al muto;
1.3)il Direttore dell’esercizio ha provveduto immediatamente alla rimozione dell’arredo ed al ripristino della conformità dei luoghi alla concessione assentita;
1.4)nel caso di specie, ricorre esclusivamente una fattispecie di irregolarità nella o.s.p. assentita, perseguibile ai sensi dell’art. 20 del D.Lvo n. 258 del 1992 con sanzione pecuniaria (che la società ha già pagato) e giammai una occupazione abusiva sanzionabile in base all’art. 3, c. 16 della L. n. 94 del 2009;
1.5)né appare invocabile la citata ordinanza sindacale n. 14/2013 che, integrando l’ordinanza sindacale n. 258/2012, avrebbe esteso l’applicabilità delle sanzioni di cui all’art. 3, c. 16 della L. n. 94 del 2009 ai soli casi di occupazione di suolo pubblico totalmente abusiva, aventi ad oggetto installazione di elementi di copertura/tende autoportanti, e/o chiusure verticali in PVC, plexiglass e simili, su strade urbani ricadenti nel territorio capitolino, delimitato dal perimetro del sito UNESCO.
2)Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 16, della legge 94/2009 sotto altro profilo.
2.1)L’ordinanza non dà atto del fatto che il ripristino della situazione conforme alla concessione rilasciata è avvenuta contemporaneamente alla contestazione che ingiunge un ripristino già avvenuto;
2.3)la sanzione ulteriore della chiusura dell’esercizio per cinque giorni consecutivi è stata disposta senza tenere conto del già avvenuto e immediato ripristino.
3)Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 16, della legge 94/2009 - Eccesso di potere per violazione dei principi ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza dell’azione amministrativa.
3.1)Il provvedimento impugnato e la stessa ordinanza sindacale sono illegittime per manifesta violazione dei principi indicati in epigrafe, attesa l’abnorme sproporzione tra la contestazione mossa alla società e la sanzione irrogata.
L'Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo atteso che la legge n. 689/1981 affida al giudice di pace il sindacato sulle sanzione amministrative. Nel merito, essa ha chiesto il rigetto del ricorso perché infondato.
La domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, è stata da questo Tribunale accolta con ordinanza n. 1955 del 2013, con la quale è stato altresì fissata alla odierna pubblica udienza la trattazione nel merito della controversia.
Con memoria depositata il 25 ottobre 2013, parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
All’udienza del 27 novembre 2013, la causa è stata trattenuta perla decisione.
Preliminarmente, occorre farsi carico di esaminare l’eccezione sollevata dalla difesa Capitolina in ordine al difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (in favore del giudice di pace) a conoscere della sanzione con la quale è stata inflitta la chiusura dell’esercizio commerciale per cinque giorni.
L’eccezione è infondata.
L’intimata Amministrazione ha irrogato la divisata sanzione in osservanza dell’art. 3, c. 16 della legge n. 94 del 2009 nonché delle ordinanza sindacali n. 258/2012 e 14/2013, secondo cui dalla violazione delle prescrizioni impartire nell’atto di concessione o.s.p. consegue la chiusura dell’esercizio, fino al pieno adempimento dell’ordine di ripristino, per un periodo non inferiore a cinque giorni.
Le disposizioni normative di cui l’Amministrazione ha fatto applicazione nel caso concreto hanno, dunque, attribuito all'autorità comunale il potere di ingiungere - in caso di occupazione abusiva del suolo pubblico - la chiusura dell' esercizio commerciale.
Si tratta, evidentemente, di norme poste a tutela degli interessi della collettività ad impedire abusi nelle autorizzazioni amministrative (commerciali) e che regolano il potere amministrativo suscettibile di incidere su diritti soggettivi degradandoli ad interessi legittimi, la cui tutela non può che essere devoluta al giudice amministrativo secondo l’ordinario criterio di riparto della giurisdizione.
Nel merito, va osservato che la questione per cui è controversia è stata già portata di recente all’attenzione della Sezione (v. per tutte Tar Lazio, sez, II ter, sentenza n. 7931/2013).
Il Collegio non ravvede, nel caso di specie, motivi per cui discostarsi dalle argomentazioni di diritto sostenute nei propri precedenti giurisprudenziali.
Va, innanzi tutto, osservato che l’art. 20 del D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285 (Codice della Strada) prevede che:
- “nei centri abitati, ferme restando le limitazioni e i divieti di cui agli articoli ed ai commi precedenti, l'occupazione di marciapiedi da parte di chioschi, edicole od altre installazioni può essere consentita fino ad un massimo della metà della loro larghezza, purché in adiacenza ai fabbricati e sempre che rimanga libera una zona per la circolazione dei pedoni larga non meno di 2 m. Le occupazioni non possono comunque ricadere all'interno dei triangoli di visibilità delle intersezioni, di cui all'art. 18, comma 2. Nelle zone di rilevanza storico-ambientale, ovvero quando sussistano particolari caratteristiche geometriche della strada, è ammessa l'occupazione dei marciapiedi a condizione che sia garantita una zona adeguata per la circolazione dei pedoni e delle persone con limitata o impedita capacità motoria” (comma 3);
- “chiunque occupa abusivamente il suolo stradale, ovvero, avendo ottenuto la concessione, non ottempera alle relative prescrizioni, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 168 ad euro 674” (comma 4);
- “la violazione di cui ai commi 2, 3 e 4 importa la sanzione amministrativa accessoria dell'obbligo per l'autore della violazione stessa di rimuovere le opere abusive a proprie spese, secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI” (comma 5).
L’art. 3, comma 16, della legge 15 luglio 2009 n. 94 ha, poi, stabilito che “fatti salvi i provvedimenti dell’autorità per motivi di ordine pubblico, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico previsti dall’articolo 633 del codice penale e dall’articolo 20 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, il sindaco, per le strade urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, quando ricorrono motivi di sicurezza pubblica, per ogni luogo, possono ordinare l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, se si tratta di occupazione a fine di commercio, la chiusura dell’esercizio fino al pieno adempimento dell’ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia e, comunque, per un periodo non inferiore a cinque giorni”.
Una prima considerazione, emergente dalla lettura delle riportate disposizioni, consente di affermare che:
- se il Codice della Strada (art. 20, comma 4) ricongiunge l’applicazione della prevista sanzione amministrativa pecuniaria non soltanto alle ipotesi di abusiva occupazione di suolo pubblico, ma anche alla diversa fattispecie della inosservanza delle prescrizioni contenute nel titolo concessorio,
- la successiva (ed integrativa) legge del 2009 ha esteso ai soli casi di “indebita occupazione di suolo pubblico previsti … dall’articolo 20 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285” l’irrogabilità della sanzione della chiusura dell’esercizio (fino all’adempimento dell’ordine ripristinatorio e, comunque, per un periodo non inferiore a giorni cinque).
La misura interdittiva di che trattasi viene, dunque, a colpire soltanto le violazioni consumate dall’occupazione di suolo pubblico “abusiva” (in assenza di titolo o, laddove sia stata rilasciata la concessione, in eccedenza rispetto alla superficie in essa contemplata e per la relativa porzione di suolo), ma non anche quelle che realizzino una “difformità” rispetto alle prescrizioni dettate dalla concessione stessa.
Deve, per l’effetto, escludersi che una corretta delimitazione dell’ambito applicativo della misura (temporaneamente) interdittiva sostanziata dalla chiusura dell’esercizio commerciale (per un periodo comunque non inferiore a giorni cinque), contempli anche la fattispecie dell’inosservanza delle prescrizioni inerenti al rilasciato titolo concessorio.
Se è infatti vero che il comma 16 dell’art. 3 della legge 94/2009 richiama, tout court, l’intero art. 20 del Codice della Strada, è altrettanto vero come la sanzione inibitoria di che trattasi viene da tale disposizione circoscritta alla sola fattispecie dell’“indebita” occupazione di suolo pubblico.
Va allora escluso che, in ossequio al principio di tassatività che assiste (l’interpretazione e) l’applicazione della norma sanzionatoria (di cui è espressione il fondamentale principio di cui al comma 2 dell’art. 1 della legge 24 novembre 1981 n. 689, per cui “le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati”) consenta un’opzione ermeneutica attraverso la quale venga a realizzarsi quoad effectum (ai fini, cioè, dell’irrogazione della sanzione di che trattasi) la parificazione fra carenza (totale o parziale) del provvedimento concessorio ed inottemperanza alle relative prescrizioni.
2. Sulla base dell’illustrato quadro normativo primario di riferimento vengono ad innestarsi le determinazioni con le quali Roma Capitale ha disciplinato – per i profili di interesse della presente controversia – la materia delle concessioni di occupazione di suolo pubblico.
2.1 In primo luogo, l’ordinanza sindacale n. 258 del 27 novembre 2012, preso atto della rilevanza storico-culturale del patrimonio pubblico della Città di Roma (riconosciuta “patrimonio dell’Umanità” dall’UNESCO), ha rilevato che “l’obiettivo di garantire la massima fruizione degli spazi pubblici va costantemente perseguito anche attraverso lo strumento della tutela del patrimonio pubblico cittadino”: a fronte del quale “il crescente fenomeno di occupazione abusiva di suolo pubblico … testimonia la necessità di dar corso ad una nuova valutazione generale dell’equilibrio tra l’interesse pubblico di massima fruizione del territorio … e l’interesse pubblico di tutela del patrimonio”.
Richiamati i contenuti della direttiva del Ministro per i Beni e le Attività culturali del 10 ottobre 2012 concernente l’esercizio di attività commerciali ed artigianali su aree pubbliche in forma ambulante o su posteggio, nonché di qualsiasi altra attività non compatibili con le esigenze di tutela del patrimonio culturale, l’atto in rassegna:
- nel dare atto del quadro normativo primario di riferimento già illustrato al precedente punto 4.1;
- e nell’evidenziare che la circolare del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza, prot. n. 557/LEG/240520.09, Allegato 3, ha ritenuto che, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico consegua, ex art. 3, comma 16, della legge 94/2009, “l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria del ripristino dello stato dei luoghi”;
ha ritenuto che “la sanzione della chiusura del pubblico esercizio si rivela quale misura accessoria alla violazione dell’art. 20 del Codice della Strada che già prevedeva l’obbligo della rimozione delle opere”; nel caso di occupazione a fine di commercio, imponendosi, per l’effetto, “la chiusura dell’esercizio per un periodo che va da 5 giorni (termine minimo) sino al pieno adempimento dell’ordine di ripristino dello stato dei luoghi”.
Una prima notazione relativa al riportato contenuto dell’ordinanza sindacale n. 258 consente di apprezzarne la legittimità, laddove il contenuto interdittivo della sanzione (chiusura temporanea dell’esercizio) viene ricongiunto (esclusivamente) alla fattispecie di occupazione “abusiva” (rectius¨: indebita); ovvero:
- realizzata in difetto assoluto di titolo abilitativo;
- diversamente, in parte attuata al di fuori della superficie oggetto del permesso precedentemente rilasciato dalla competente Autorità (e nei limiti, si intende, di siffatto “ampliamento” sine titulo).
Una seconda notazione, poi, consente di affermare che la latitudine discrezionale del potere riconosciuto al Sindaco ai sensi dell’art. 3, comma 16, della legge 94/2009 (“il sindaco, per le strade urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, quando ricorrono motivi di sicurezza pubblica, per ogni luogo, possono ordinare …) risulta espressa ed esercitata dalla predetta Autorità con l’indicazione come sopra impartita ai Dirigenti dei competenti Uffici dell’Amministrazione capitolina; per l’effetto dovendo escludersi che, in sede di emanazione delle (consequenziali) determinazioni con le quali, una volta accertata la presenza di fattispecie astrattamente sanzionabile, venga irrogata la misura ripristinatoria di che trattasi, possa venire in considerazione un’ulteriore valutazione discrezionale ad opera del soggetto emanante.
Piuttosto, il contenuto dell’atto irrogativo di sanzione viene a dimostrarsi – in quanto l’esercizio del relativo potere risulta inalveato da una direttiva con la quale il Sindaco, a ciò legittimato dalla norma primaria, ha consumato l’esercizio della discrezionalità al medesimo rimessa – connotato da vincolatività applicativa: per l’effetto dovendo darsi atto che il provvedimento con il quale venga disposta la sanzione temporaneamente interdittiva (chiusura dell’esercizio), laddove assunto a fronte (non già di occupazione abusiva, ma) di mera inosservanza delle prescrizioni che assistono il (rilasciato) titolo concessorio, mutui (perciò dimostrandosi derivativamente invalido) elementi di illegittimità dalla erronea interpretazione, ad opera dell’Autorità sindacale, della norma (il ripetuto comma 16 dell’art. 3 della legge 94/2009) che ricongiunge l’applicabilità della sanzione di che trattasi alla sola fattispecie dell’“indebita” occupazione.
2.2 In tal senso, l’ulteriore ordinanza del Sindaco di Roma Capitale n. 14 del 21 gennaio 2013, nel richiamare le conclusioni del “tavolo tecnico” interistituzionale “Piano decoro” costituito fra le Sovrintendenze statali e Capitolina, nonché le note del Sovrintendente ai Beni Culturali di Roma Capitale del 29 e 30 ottobre 2012, ha precisato che “l’occupazione di suolo pubblico effettuata, per fini di commercio, attraverso l’installazione di elementi di copertura/tende autoportanti, in via temporanea e non, in PVC, plexiglass e simili … costituisce fattispecie sanzionabile ai sensi del primo comma del dispositivo dell’ordinanza sindacale n. 258 del 27 novembre 2012”.
Merita particolare attenzione il richiamo, operato dalla stessa ordinanza 14/2013, al contenuto della deliberazione consiliare n. 75 del 30-31 luglio 2010, recante modificazioni al Regolamento in materia di occupazione di suolo pubblico.
Il vigente testo regolamentare, per come integrato dal suindicato deliberato di C.C., stabilisce, in primo luogo, che “per le occupazioni ricadenti sui marciapiedi … le coperture con ombrelloni o tende non dovranno aggettare oltre l’area concessa, né dovranno avere chiusure laterali di alcun genere, né essere infisse al suolo” (art. 4-quinquies).
Inoltre, lo stesso Regolamento reca, sub Allegato B, le indicazioni relative ai “sistemi coordinati per l’arredo urbano delle aree di suolo pubblico concesse ad uso dei pubblici esercizi nella Città storica”.
Le relative indicazioni (riguardanti elementi di copertura, elementi di base e pedane ed elementi complementari) non contemplano le coperture laterali realizzate mediante pannellature in plexiglass e simili: piuttosto indicando, con puntuale prescrizione, le tipologie delle pannellature ammissibili quale elemento di perimetrazione dell’area oggetto di O.S.P. (punto B1).
Va, quindi, dato atto:
- da un lato, della non consentita apponibilità degli elementi di copertura e/o chiusura sopra indicati, in quanto non annoverati nella normativa regolamentare citata, le cui indicazioni realizzano una fattispecie di etero-integrazione rispetto alle prescrizioni recate dal titolo concessorio di O.S.P.;
- e, corrispondentemente, della sanzionabilità della condotta sostanziatasi nella introduzione di tali elementi esclusivamente a mezzo della irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 4 dell’art. 20 del Codice della Strada;
rimanendo, comunque, legittimamente adottabile l’ordine ripristinatorio (rimozione degli elementi di copertura in discorso), in ragione del richiamo allo stesso comma 4 operato dalla disposizione di cui al successivo comma 5 dell’art. 20 in questione.
3. Le considerazioni precedentemente rassegnate conducono il Collegio a ritenere che:
- se l’ordinanza sindacale n. 258 del 2012 rivela apprezzabili profili di legittimità, laddove dispone l’irrogazione della misura temporaneamente interdittiva (chiusura dell’esercizio commerciale per la durata di giorni cinque) esclusivamente per la fattispecie di occupazione “abusiva” o “indebita” di cui al precedente punto 2.1;
- diversamente, la successiva ordinanza n. 14 del 2013 non si sottrae a fondata censura, nella parte in cui ha operato l’estensione della misura afflittiva di che trattasi anche alla (diversa, quanto inassimilabile) ipotesi in cui l’occupazione di suolo pubblico, assistita da valido titolo, non sia stata realizzata con l’osservanza delle relative “prescrizioni” (rivenienti dall’atto abilitativo o, come pure osservato, dal Regolamento comunale disciplinante la materia).
In tali limiti ed in accoglimento delle censure sul punto esposte con il presente mezzo di tutela, l’atto da ultimo indicato deve essere, in parte qua, annullato; così come la pure gravata determinazione dirigenziale n. 10 del 21 marzo 2013, la quale:
- se si dimostra legittima con riferimento all’impartito ordine di immediato ripristino dello stato dei luoghi mediante rimozione della difformità accertata dal Corpo della Polizia Locale di Roma Capitale;
- è, invece, derivativamente inficiata con riferimento all’ordine di chiusura dell’esercizio commerciale per un periodo pari a giorni cinque.
4. Dispone, da ultimo, il Collegio che le spese di lite vengano compensate in ragione della parziale fondatezza del ricorso.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti indicati in motivazione e, per l’effetto, in tali limiti annulla la determinazione dirigenziale impugnata e l’ordinanza sindacale n. 14 del 2013.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Maddalena Filippi, Presidente
Roberto Caponigro, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore






L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/12/2013
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO