Siete dirigenti pubblici – ad esempio comandanti della polizia locale di un comune – e, in barba al codice della strada, decidete di posizionare erroneamente un sistema di autovelox, che produce un mare di multe. Gli automobilisti inviperiti fanno ricorso per annullamento dei verbali e tutti vincono questi ricorsi. Che ne è di tutte le spese che l’amministrazione è costretta a sostenere? La Corte dei corti ha deciso che sarete sanzionati per danno erariale e dovrete pagare i danni causati.
Il condannato dalla Corte in questione per danno erariale è proprio un comandante di polizia locale, che su una strada classificata come E, e quindi secondo il codice della strada, con l’esclusiva possibilità di installazione di autovelox a rilevazione immediata della velocità, aveva invece fatto installare un autovelox fisso, ottenendo come conseguenza una raffica di multe. Verbali a cui molti automobilisti hanno presentato ricorso, vincendolo. Il comandante era prima stato condannato in primo grado al pagamento 152 mila euro per le spese sostenute dall’amministrazione per la notifica dei verbali e per i ricorsi degli automobilisti accolti. La Corte dei conti ha poi rilevato la colpa grave del dirigente, confermando la condanna al pagamento dei danni. Anche se, per via del fatto che, riconosciuto l’errore (con ritardo), fossero stati annullati alcuni verbali, la somma da versare si è notevolmente ridotta.
Il motivo della conferma parziale della condanna è presto detto: riconosciuto l’errore fatto (anche se dopo un mese), il comandante avrebbe dovuto rispondere immediatamente alle istanze in autotutela, annullando subito le multe. Invece il comando di polizia municipale, di fronte alle richieste di annullamento con l‘autotutela, ha risposto picche, rigettandole, non lasciando altro spazio ai cittadini se non l’impugnazione. L’autotutela c’è poi stata, ma solo dopo un anno.
Occhio quindi a come utilizzate il vostro potere di dirigenti. Se le vostre azioni sono palesemente in contrasto con il codice della strada, e di fronte al ricorso in autotutela per annullamento delle multe, rispondete a muso duro, potreste essere sanzionati e condannati per danno erariale a risarcire all’amministrazione pubblica le spese sostenute.
https://www.laleggepertutti.it
Il condannato dalla Corte in questione per danno erariale è proprio un comandante di polizia locale, che su una strada classificata come E, e quindi secondo il codice della strada, con l’esclusiva possibilità di installazione di autovelox a rilevazione immediata della velocità, aveva invece fatto installare un autovelox fisso, ottenendo come conseguenza una raffica di multe. Verbali a cui molti automobilisti hanno presentato ricorso, vincendolo. Il comandante era prima stato condannato in primo grado al pagamento 152 mila euro per le spese sostenute dall’amministrazione per la notifica dei verbali e per i ricorsi degli automobilisti accolti. La Corte dei conti ha poi rilevato la colpa grave del dirigente, confermando la condanna al pagamento dei danni. Anche se, per via del fatto che, riconosciuto l’errore (con ritardo), fossero stati annullati alcuni verbali, la somma da versare si è notevolmente ridotta.
Il motivo della conferma parziale della condanna è presto detto: riconosciuto l’errore fatto (anche se dopo un mese), il comandante avrebbe dovuto rispondere immediatamente alle istanze in autotutela, annullando subito le multe. Invece il comando di polizia municipale, di fronte alle richieste di annullamento con l‘autotutela, ha risposto picche, rigettandole, non lasciando altro spazio ai cittadini se non l’impugnazione. L’autotutela c’è poi stata, ma solo dopo un anno.
Occhio quindi a come utilizzate il vostro potere di dirigenti. Se le vostre azioni sono palesemente in contrasto con il codice della strada, e di fronte al ricorso in autotutela per annullamento delle multe, rispondete a muso duro, potreste essere sanzionati e condannati per danno erariale a risarcire all’amministrazione pubblica le spese sostenute.
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Corte dei Conti, sentenza 28/2/2018, n. 109
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI
CONTI
SEZIONE SECONDA
GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
composta dai magistrati
Luciano
|
CALAMARO
|
Presidente
|
Piero Carlo
|
FLOREANI
|
Consigliere
|
Antonio
|
BUCCARELLI
|
Consigliere
|
Domenico
|
GUZZI
|
Consigliere relatore
|
Maria Cristina
|
RAZZANO
|
Primo Referendario
|
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio sull’appello iscritto al n. 46304 del registro di segreteria,
proposto da:
-
Procura regionale della Corte dei conti presso la
Sezione Giurisdizionale della Regione Basilicata, in persona del Procuratore regionale pro tempore;
contro
- XXXXXXXXXXX, rappresentato e difeso dall’avv. Vito Agresti, col quale è elettivamente
domiciliato presso lo Studio Pepe, Roma, via di Donna Olimpia, n. 166, Scala A, int. 5,
avverso
la sentenza della Sezione giurisdizionale regionale
per la Basilicata n. 72/2013, depositata il 24 giugno 2013, non notificata.
Visti gli atti del giudizio;
Uditi all’udienza pubblica del 14 dicembre 2017 il
relatore, Consigliere Domenico Guzzi e il Vice Procuratore Generale, dott.ssa
Paola Briguori; non rappresentato l’appellato.
FATTO
La Procura regionale per la Basilicata aveva citato in
giudizio il dott. XXXXXX, Comandante pro-tempore della Polizia municipale
di Matera, per sentirlo condannare al risarcimento del danno di euro 152.423,11
in relazione alle spese che l’ente aveva sostenuto per la notificazione (euro
43.345,92) di numerosi verbali di infrazione al codice della strada, nonché per
quelle conseguenti alla soccombenza nei relativi giudizi di annullamento dei
verbali stessi (euro 173.661,55), somma diminuita dell’importo di euro
64.583,91 incassato per il volontario pagamento di alcuni automobilisti.
Le infrazioni contestate erano dovute al superamento
dei limiti di velocità su viale Italia di Matera ed erano state accertate con
l’impiego di un’apparecchiatura di rilevazione fissa.
Secondo la Procura regionale, l’installazione di tale
apparecchiatura sarebbe stata effettuata contra
legem, perché in base alle disposizioni dettate con il decreto legge n. 121
del 2002, convertito con modificazioni dalla legge n. 168 del 2002, e
successivamente confermate dal decreto legge n. 151 del 2003, convertito con
modificazioni dalla legge n. 214 del 2003, il viale Italia era una strada
classificata di tipo E, sulla quale sarebbe stato possibile operare solo con
sistemi di rilevazione della velocità che consentivano la contestazione
immediata, e non come invece era avvenuto mediante un’apparecchiatura autovelox
fissa.
Da qui l’illegittimità delle infrazioni e l’annullamento
in fase contenziosa dei relativi verbali, peraltro notificati anche dopo l’accoglimento
dei primi ricorsi.
La sentenza in epigrafe ha, però, escluso la colpa
grave contestata al sig. xxxxxxxx, respingendo così la domanda risarcitoria
a suo carico.
Con atto d’appello notificato il 20.03.2013 e
depositato in data 08.04.2013, il Procuratore regionale ha contestato siffatta
pronuncia.
A tal fine, ricostruito il quadro normativo che disciplinava
la materia anche alla luce delle direttive impartite dal Ministero dell’Interno
già nell’anno 2002 e successivamente confermate con una circolare dello stesso
dicastero il 14 agosto 2009, l’appellante ha censurato l’erroneità della
decisione perché, omettendo di valutare le circostanze di fatto che avrebbero contraddistinto
la vicenda di danno, ha giudicato la condotta del xxxxx con “eccessivo buonismo”, mentre avrebbe più correttamente dovuto
considerare che, in quanto Comandante della Polizia municipale, egli era
senz’altro a conoscenza dei “per nulla
nebulosi limiti all’utilizzo delle postazioni di autovelox fisse in centro
città e, ancor di più, essendo tenuto a perseguire il pubblico interesse doveva
provvedere a tempestivamente bloccare le ulteriori notifiche di verbali e
procedere all’annullamento in sede di autotutela di quelli già notificati, dopo
la direttiva Maroni dell’agosto 2009”.
Secondo l’appellante la sentenza presenterebbe,
dunque, un evidente “vizio
logico-giuridico nell’interpretazione del quadro normativo primario di
riferimento”.
Con un’articolata memoria del 19.11.2014, il xxxxxxx ha
preso posizione sui motivi dell’appello deducendone l’infondatezza ed osservando,
tra l’altro, che non vi era prova in atti del pagamento delle spese di lite
conseguenti alla soccombenza del Comune di Matera nei contenziosi instaurati
per l’annullamento dei verbali.
Riguardo all’elemento soggettivo, l’appellato ha, in
particolare, puntualizzato che la circolare ministeriale dell’agosto 2009, riprendendo
le precedenti direttive, ha espresso l’esigenza di un intervento legislativo sulla
materia, per cui non risponderebbe al vero quanto asserito dall’appellante,
mentre sarebbe al contrario corretta la motivazione sul punto espressa nella
sentenza impugnata, secondo la quale la circolare da ultimo intervenuta non
avrebbe, appunto, recato alcuna novità rispetto ad un quadro ormai chiaro e
consolidato sia sul piano legislativo che su quello della prassi.
Allo stesso modo sarebbe infondato il motivo d’appello
sulla condotta omissiva, contestata sia per non aver impedito la notifica dei
verbali di infrazione palesemente illegittimi, sia per il fatto di non averli
annullati in autotutela nonostante le prime pronunce favorevoli per gli
automobilisti.
Al riguardo, il xxxxxxx ha fatto presente che numerosi “ricorsi sono stati accolti non per
illegittimità delle apparecchiature autovelox, bensì per un inesistente vizio
di notifica, da parte di Poste Italiane, del verbale di contravvenzione”, e
avverso tali decisioni egli aveva suggerito di proporre impugnazione, però mai
formulata dall’avvocatura comunale.
Quanto alla notifica dei verbali effettuata anche dopo
la circolare dell’agosto 2009 e al mancato annullamento in autotutela di quelli
già notificati, l’appellato ha in sintesi sostenuto che la prima decisione del Giudice
di Pace negativa per l’ente è la n. 530 del 29 marzo 2010, sicché nessuna
mancanza potrebbe essere ravvisata nella sua condotta visto che le infrazioni
erano state notificate nell’ottobre 2009 e che in data 19 maggio 2010, ovvero il
“giorno dopo il deposito presso il
protocollo dell'Ente” della predetta sentenza, era stato disposto l’annullamento
in autotutela e con efficacia ex nunc
di tutti gli altri verbali.
In conclusione, l’appellato quindi chiedeva
l’integrale conferma della sentenza impugnata.
Con ordinanza n. 13/2017, questa Sezione disponeva un
approfondimento istruttorio ed all’uopo stabiliva l’acquisizione, presso il
Comune di Matera e nel termine di 90 giorni dalla comunicazione del
provvedimento, della prova dell’avvenuto pagamento delle spese legali
conseguenti alla soccombenza dell’ente nei giudizi d’opposizione ai verbali di infrazione.
In esecuzione di detta ordinanza, il Procuratore
Generale depositava la documentazione trasmessa dal Comune di Matera con nota
n. 27164/2017 del 19 aprile 2017, con ciò ritenendo di aver provato il
pagamento delle competenze legali dovute all’avv. Giuseppe Tedesco.
In udienza, il Pubblico Ministero ha insistito sulla
fondatezza dei motivi di gravame ed ha conseguentemente chiesto la riforma
della sentenza impugnata.
Considerato in
D I R I T T O
I. L’appello deve essere accolto nei limiti di
seguito indicati.
II. Con
l’interposto gravame, il requirente tende all’integrale riforma della sentenza
impugnata con la condanna del sig. xxxxxxxx al risarcimento del danno di euro
152.423,11.
III. Come
evidenziato in narrativa, l’appellato ha, invece, chiesto la conferma della pronuncia
impugnata, contestando l’appello sia con riguardo all’elemento oggettivo, ritenendolo
inesistente per la parte riguardante le spese di lite, sia con riferimento
all’elemento soggettivo della colpa grave.
IV. Entrambi i
profili di difesa non meritano, però, accoglimento.
IV.a Quanto
all’elemento oggettivo, dalla documentazione acquisita presso l’ente locale in
esecuzione dell’ordinanza istruttoria all’uopo emessa dalla Sezione, risulta
che il Comune di Matera ha corrisposto all’avv. Giuseppe Tedesco le seguenti
somme:
1- euro 11.139,92 con il mandato n. 4660/2009
2- euro 51.063,65 con il mandato n. 2500/2011
3- euro 30.490,07 con il mandato n. 6634/2011
4- euro 9.438,00 con
il mandato n. 1810/2013
5- euro 17.482,50 con il mandato n. 7397/2013
6- euro 11.539,74 con il mandato n. 7400/2013
7- euro 6.423,30 con
il mandato n. 3932/2014
8- euro 15.373,09 con il mandato n. 7528/2014
9- euro 21.158,57 con il mandato n. 7740/2015
10- euro 3.880,38 con
il mandato n. 7741/2015
11- euro 18.459,19 con il mandato n. 8397/2016
12- euro 3.454,19 con
il mandato n. 8398/2016
13- euro 15.152,67 con il mandato n. 8401/2016
14- euro 2.958,75 con
il mandato n. 8402/2016
15- euro 26.047,03 con il mandato n. 8407/2016
16- euro 4.516,81 con
il mandato n. 8408/2016.
Tuttavia, stando alla causale riportata in ciascuno
dei mandati sopra elencati, i pagamenti che sicuramente possono essere
ricondotti al danno per cui è causa sono quelli contrassegnati dai numeri: 1)
di euro 11.139,92, 2) di euro 51.063,65, 3) di euro 30.490,07, 4) di euro
9.438,00, 5) di euro 17.482,50, 6) di euro 11.539,74, il tutto per complessivi
euro 131.153,88.
Conseguentemente, la prova della spesa relativa alla
soccombenza nei giudizi di annullamento instaurati avverso i verbali di
infrazione al codice della strada per il superamento dei limiti di velocità può
ritenersi raggiunta limitatamente a tale importo.
IV.b Tanto chiarito
sul punto, il problema è ora quello di accertare se tale spesa, unitamente a
quella per la notifica dei verbali di infrazione al codice della strada, possa
considerarsi foriera di danno nei confronti del Comune che l’ha subita.
A tal fine occorre inevitabilmente valutare se la
condotta osservata dal xxxxxxx sia stata in primo luogo rilevante ai fini causali
e, in caso positivo, giudicare se la stessa si sia connotata di colpa grave.
Sotto il primo profilo, ad avviso della Sezione non vi
può essere dubbio alcuno.
L’apparecchiatura autovelox fissa a rilevazione automatica
oggetto di contestazione è stata, infatti, collocata sul viale Italia di Matera
per effetto della determinazione dirigenziale n. 156, assunta dall’appellato il
13 dicembre 2006, e rimase operativa per tutto il mese di agosto 2009, quando
al comando dell’Ufficio di Polizia locale si trovava, appunto, il xxxxxx.
Orbene, la contestazione dell’appellante è imperniata
sulla considerazione che, nonostante il chiaro quadro normativo disciplinante
la materia, il giudice di prime cure ha ritenuto di escludere la colpa grave
per insussistenza “di quella macroscopica
contraddizione tra la condotta serbata nello specifico dal col. xxxxxxx ed il
minimo di diligenza imposto dal rapporto sussistente con la P.A. (nella specie:
con la civica amministrazione di Matera) in relazione alle mansioni, agli
obblighi, ai doveri di servizio ed a quelle che potremmo definire “necessarie
relazioni di coordinamento” con gli organi di gestione politica e di altri
settori amministrativi del tutto mancanti”.
Con riguardo a quest’ultimo profilo, quello cioè
relativo alle “necessarie relazioni di
coordinamento”, il giudice territoriale ha fatto riferimento “all’inspiegabile ritardo registratosi tra la
decisione di installare il dispositivo di rilevazione elettronica
(Determinazione n.156 del 13.10.2006) e la concreta messa in opera dello
stesso, nonché all’assenza di qualsivoglia deliberato, o atto politico
amministrativo, finalizzato a fornire
indirizzi operativi, anche di carattere generale, circa le modalità concrete di
attuazione di siffatta misura di prevenzione e repressione delle infrazioni ai
limiti di velocità, tale che la “predisposizione
di una diversa e maggiormente incisiva rete di sinergie – politiche,
amministrative, attuative – avrebbe di certo consentito, sulla scorta di un
migliore approfondimento della problematica, peraltro originata dalla necessità
di tutelare la sicurezza della viabilità, l’adozione di decisioni finali
coordinate e motivatamente conformate ad un dettato normativo oggettivamente
complesso ed estremamente frammentario” (cfr. pag. 17 sentenza impugnata).
Tanto evidenziato, nell’evocare l’ormai consolidata distinzione
che sul piano legislativo vige tra la sfera di competenza amministrativo -
programmatica propria degli organi di direzione politica e quella, invece,
strettamente gestionale e operativa intestata agli organi di direzione burocratica,
sì che la prima non possa notoriamente interferire sulle modalità di svolgimento
della seconda, la Sezione è invece dell’avviso che, per una fattispecie connotata
da profili precipuamente tecnico-gestionali quale quella in esame, non fosse
all’evidenza necessario alcun tipo di coordinamento e nessuna particolare
sinergia tra l’Ufficio diretto dal xxxxxxx e gli altri centri decisionali del
Comune di Matera affinché la scelta programmatica di procedere al controllo
della velocità sul viale Italia fosse gestita secundum legem.
In sintesi, non vede la Sezione come la mancata
partecipazione di altri uffici o degli organi elettivi possa avere inciso al
punto di escludere, nella condotta del xxxxxx e secondo la sentenza impugnata, un
“significativo scostamento dell’attività
posta in essere rispetto a quanto si doveva concretamente” (pag. 18 della
sentenza appellata), ciò soprattutto ove si consideri che in altra parte della
stessa decisione si dava per altro verso atto che il quadro normativo
costituito dall’art.4 del D.L. n.121 del 2002, convertito nella L. n.168/2002,
seguito dalla circolare del Ministero dell’Interno del 3/10/2002, e dal D.L.
27/6/2003 n.151, convertito nella legge n.214/2003, fosse nel senso della non
inclusione delle strade urbane di quartiere e delle strade locali (lettere E ed
F dell’art. 2, comma 2, del D.lgs. n. 285 del 1992, codice della strada) tra le
categorie viarie (autostrade, strade extraurbane principali, nonché, ma solo previa
decisione del Prefetto, strade extraurbane secondarie e strade urbane di
scorrimento) sulle quali era possibile installare strumenti operativi fissi di
rilevazione automatica della velocità.
In concreto, pur riconoscendo che il viale Italia non
avesse le caratteristiche per poter essere classificato tra i tratti stradali
che avrebbero consentito l’installazione dei rilevatori automatici, il giudice
territoriale ha comunque ritenuto che a causa del “nebuloso quadro normativo all’epoca vigente” e delle difficoltà di
coordinamento gestionale ed operativo cui sopra s’è fatto cenno, le “scelte di concreta gestione” adottate
dall’appellato, per quanto “non distinte
da particolare acume interpretativo ed applicativo delle norme di riferimento”,
più che una grave negligenza si sarebbero semmai connotate di mera “imperizia
nella interpretazione sulla reale ed effettiva portata” delle disposizioni
normative intervenute al riguardo.
La Sezione, come già fatto cenno, è però di contrario
avviso.
Poc’anzi si sono chiarite le ragioni per cui nessun
pregio esimente può essere riconosciuto alle asserite carenze di coordinamento
all’interno dell’apparato burocratico del Comune di Matera.
Allo stesso modo ritiene di dover opinare con riguardo
alle paventate difficoltà di interpretazione del quadro normativo.
A tal proposito occorre, innanzi tutto, prendere
posizione su un dato ragionevolmente evidente, ossia che la disciplina
riguardante l’installazione delle apparecchiature di rilevazione automatica
della velocità era oggettivamente chiara in ordine alla testuale distinzione
tra le diverse tipologie di strade, sicché non si può condividere la scelta del
primo giudice di intravedere in essa difficoltà interpretative, tanto più se
alla concreta applicazione di tali disposizioni era chiamato un dipendente di
elevata qualificazione tecnica e professionale quale, appunto, il xxxxx nella
veste di dirigente dell’Ufficio di Polizia locale.
Ma anche a voler ammettere l’esistenza di un quadro
normativo “nebuloso” quantomeno nel
momento in cui l’appellato adottò la determina n. 156 del dicembre 2006 per l’installazione
su viale Italia dell’apparecchiatura in questione, l’elemento che comunque porta
a far ritenere l’errore in iudicando del
primo giudice è costituito, ad avviso della Sezione, dal fatto che, come peraltro
riconosciuto nella stessa sentenza impugnata, nell’agosto del 2009 “intervenne una chiarificazione definitiva”
ad opera del Ministero dell’Interno con la “circolare
n.300/A/10307/09/144/5/20/3 del 14/8/2009” (pag. 15 della sentenza).
Con tale direttiva, uniformandosi agli approdi cui era
pervenuta la giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’amministrazione
centrale aveva definitivamente chiarito che sulle strade omologabili al viale
Italia, la rilevazione della velocità per mezzo di apparecchi ad installazione
fissa non era consentita.
Ciò nonostante, il giudice territoriale ha opinato nel
senso che, è opportuno ribadirlo, il “nebuloso
quadro normativo all’epoca vigente ben potesse ingenerare nell’autore del
comportamento amministrativo il convincimento di una sorta di generalizzata
esclusione” dell’obbligo della immediata contestazione della infrazione
delle norme prescriventi limiti di velocità ove queste violazioni fossero state
rilevate “con dispositivi o
apparecchiature…omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo
completamente automatico”.
Ebbene, a questo punto delle due l’una: o la circolare
ministeriale dianzi citata aveva definitivamente chiarito la materia così da
escludere ulteriori contrasti e difficoltà di interpretazione, di tal che
sarebbe all’evidenza erronea la scelta del primo giudice di fare ancora leva
sul “nebuloso quadro normativo all’epoca
vigente”, oppure tali chiarimenti non erano stati apportati.
Come poc’anzi evidenziato, è stato però lo stesso
giudice territoriale a dare atto di come la direttiva ministeriale avesse
definitivamente portato i chiarimenti auspicati, per cui risulta evidente la contraddittorietà
in parte qua della pronuncia
impugnata.
D’altra parte, osserva la Sezione come non risulta in
sentenza valorizzato un elemento fattuale invece logicamente rilevante ai fini della
decisione sull’elemento soggettivo della condotta contestata.
Ci si riferisce alla circostanza che la circolare
ministeriale intervenne il 14 agosto 2009 e a quella data l’apparecchiatura,
ancorché da tempo installata, aveva funzionato per sole due settimane, essendo
stata infatti attivata l’1 agosto del 2009, per poi essere definitivamente
disattivata alla fine di quel mese.
A tale disattivazione, che per un verso dimostra come il xxxxx avesse preso coscienza, proprio grazie alla circolare ministeriale, dell’illegittimo
funzionamento del rilevatore di velocità su viale Italia, avrebbe però dovuto coerentemente
seguire ogni più opportuna iniziativa per porre l’ente al riparo dai
prevedibili contenziosi che di lì a poco sarebbero stati instaurati.
In concreto, il xxxxx avrebbe dovuto agire con
immediatezza in autotutela a carico dei verbali nel frattempo emessi e,
comunque, non dando corso alla loro notifica.
Tale evidente omissione, pur essendo stata oggetto di
puntuale contestazione da parte del requirente territoriale, non ha però
sortito alcuna adeguata ponderazione in sentenza, il che porta la Sezione a non
poterne condividere il decisum, tanto
più ove si consideri che lo stesso giudice territoriale aveva dato atto che “le impugnazioni erano state precedute da
richieste di annullamento in via di autotutela sistematicamente rigettate dal
Comando di Polizia Municipale” (pag. 6 della sentenza impugnata).
III. L’intervento in
autotutela c’è poi stato, ma solo nel maggio del 2010, precisamente il giorno
19 e con efficacia ex nunc, ma quando
però l’evento dannoso si era già perfezionato a carico del Comune di Matera.
IV. In conclusione,
va riconosciuto il fondamento dell’appello formulato dalla Procura regionale
lucana in ordine all’esistenza della colpa grave.
Tuttavia, in punto di quantificazione del danno
ascrivibile, la Sezione ritiene di poter intravedere nell’annullamento disposto
il 19 maggio 2010 dei verbali ancora in corso, un ravvedimento dello stesso responsabile
con l’obiettivo di limitare gli effetti pregiudizievoli della sua condotta, per
cui si può sul punto ritenere equo l’esercizio del potere riduttivo, ex art. 52
del R.D. n. 1214/1934, nella misura del 40% del danno quantificabile alla luce
dell’approfondimento istruttorio svolto sulle spese per la soccombenza legale.
Come sopra evidenziato, il danno è da calcolare in
euro 131.153,88 e ad esso occorre aggiungere le spese conseguenti alla notifica
dei verbali illegittimi, queste ultime pari ad euro 43.345,92.
Dalla somma dei predetti importi occorre, però,
detrarre la cifra di euro 64.583,91 relativa alle contestazioni spontaneamente
pagate dagli automobilisti che non hanno ritenuto di impugnarle.
Nel complesso, quindi, il danno ascrivibile deve
essere determinato in euro 109.915,89 (131.153,88+43.345,92-64.583,91), e con
l’esercizio del potere riduttivo nella misura predetta del 40%, pari ad euro 43.966,35,
l’obbligazione risarcitoria da porre a carico del sig. xxxxxx deve, pertanto,
essere definitivamente quantificata in euro
65.949,54 (euro 109.915,89 – euro 43.966,35).
IV. In conclusione l’appello va parzialmente
accolto, con condanna dell’appellato alle spese del doppio grado di giudizio
nella misura di seguito statuita.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione seconda giurisdizionale
centrale d’appello, accoglie in via parziale l’appello in epigrafe e, per
l’effetto, riforma la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Basilicata
n. 72/2013 del 26 giugno 2013 nei termini di cui in motivazione.
Alla soccombenza
segue la condanna al pagamento delle spese di primo grado e di appello, che
sino alla pubblicazione della presente sentenza si liquidano a carico del sig.
xxxxxxx in euro 902,64
(NOVECENTODUE/64).
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14
dicembre 2017. L’Estensore
Il Presidente
Domenico Guzzi Luciano Calamaro
F.to Domenico Guzzi F.to Luciano Calamaro
Depositato in Segreteria il 28 Feb. 2018
Il Dirigente
Dott.ssa Sabina Rago
F.to Sabina Rago