domenica 29 maggio 2016

La "Pet therapy" è un'attività terapeutica che rientra nei “servizi di interesse pubblico”



N. 00006/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01292/2014 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1292 del 2014, proposto da:
Michela Minuti, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Saita e Massimo Giavazzi, con domicilio ex lege presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Carlo Zima n. 3;


contro

Comune di Quinzano d’Oglio, rappresentato e difeso dall’avv.to Domenico Bezzi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Brescia, Via A. Diaz n. 13/c;


per l'annullamento

DELL’ORDINANZA DEL RESPONSABILE DELLO SPORTELLO UNICO PER LE ATTIVITA’ PRODUTTIVE IN DATA 5/8/2014, CHE HA DISPOSTO LA CESSAZIONE IMMEDIATA DELL’ATTIVITA’ DI ADDESTRAMENTO CANI ESERCITATA IN VIRTU’ DELLA SCIA DEL 16/6/2014.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Quinzano D'Oglio;

Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2015 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


FATTO

In data 25/11/2013 la ricorrente depositava all’amministrazione comunale una prima SCIA per l’avvio di una nuova attività di onoterapia, pet therapy, addestramento (doc. 2 Comune). Con successiva SCIA presentata il 16/6/2014, la Sig.ra Minuti integrava la dichiarazione precedente, segnalando una variazione consistente nell’addestramento di cani – singolarmente o in gruppo – con un massimo di 10 unità. Con l’atto impugnato, il Commissario aggiunto inibiva l’esercizio dell’attività, la quale si svolgerebbe in area agricola ricadente nel Parco della Savarona, per il quale l’art. 7 delle NTA del Piano dei Servizi consente soltanto – fino all’adozione dello strumento di pianificazione specifico per il Parco – “interventi connessi all’attività agricola, attività agrituristiche, realizzazione di servizi e attrezzature pubbliche o di uso o interesse pubblico”.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione, l’esponente impugna il provvedimento in epigrafe, illustrando le seguenti censure in diritto:

a) Violazione degli artt. 1 e 2 della L. 23/8/1993 n. 349, in quanto l’attività cinotecnica – per espressa definizione normativa – è configurabile come attività agricola, diretta all’allevamento, addestramento e selezione delle razze canine;

b) Violazione degli artt. 1 e 2 della L. 349/93 sotto altro profilo, eccesso di potere per carenza di motivazione dal momento che, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, in zona agricola sono del tutto incompatibili gli insediamenti residenziali, mentre sono ammessi utilizzi di tipo intermedio tra quello agricolo e quello edificatorio (ad esempio, parcheggio, caccia, sport, agriturismo), tra l’altro in assenza di opere edilizie;

c) Eccesso di potere per illogicità manifesta, dato che la pet therapy consiste in un’attività terapeutica finalizzata a migliorare la salute di un paziente (appartenente a fasce fragili, come anziani, malati, disabili fisici e psichici) avvalendosi di animali domestici come cani, gatti, cavalli, asini, conigli, capre, maiali, volatili; dunque si realizza un chiaro interesse pubblico, trattandosi anche di favorire la convivenza tra uomo e cane.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione, chiedendo la reiezione del gravame. In particolare sottolinea in punto di fatto che la Sig.ra Minuti è priva della qualifica di imprenditore agricolo e che l’area in cui insiste l’attività si trova all’interno di un Parco Locale di Interesse Sovracomunale (PLIS). La ricorrente è munita della sola agibilità sanitaria per un’attività asini-amatoriale (priva di collegamento con l’attività economica legata all’agricoltura). Con la SCIA del 16/6/2014 ha introdotto l’addestramento di cani, con conseguente trasformazione dell’attività da amatoriale a professionale. In punto di diritto, l’amministrazione invoca l’art. 1 della L. 349/93, per cui è attività riconducibile all’agricoltura soltanto quella che contempla l’allevamento e la selezione dei cani (in connessione inscindibile con l’addestramento), e che presuppone in aggiunta il titolo di imprenditore agricolo (circostanza desumibile dall’art. 7 delle NTA del Piano dei Servizi, che richiamano gli interventi regolati all’art. 59 della L.r. 12/2005). Anche la recinzione (in precedenza soltanto amovibile) non è consentita dall’art. 7.

Con ordinanza n. 1009, emessa alla Camera di consiglio del 5/12/2014, questo Tribunale ha motivatamente accolto la domanda cautelare.

Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2015 il gravame introduttivo è stato chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

DIRITTO

La ricorrente censura il provvedimento comunale che ha paralizzato gli effetti della SCIA depositata il 16/6/2014.

1. Ad avviso del Collegio sono anzitutto fondati i primi due motivi di ricorso, per le ragioni illustrate di seguito.

1.1 La disciplina della cd. “cinotecnica” è racchiusa nella L. 349/93, ai sensi della quale consiste nell’attività “volta all'allevamento, alla selezione e all'addestramento delle razze canine” (art. 1 comma 1), mentre assume natura imprenditoriale agricola “quando i redditi che ne derivano sono prevalenti rispetto a quelli di altre attività economiche non agricole svolte dallo stesso soggetto” (art. 2 comma 1): tali soggetti così definiti sono “imprenditori agricoli, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile”.

1.2 Una prima riflessione conduce a ritenere plausibile, in quanto giuridicamente ammissibile, l’espletamento dell’attività cinotecnica in forma non imprenditoriale, secondo quanto stabilisce lo stesso art. 2 comma 3 della L. 349/93 per cui “Non sono comunque imprenditori agricoli gli allevatori che producono nell'arco di un anno un numero di cani inferiore a quello determinato, per tipi o per razze, con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”. A questo proposito, il D.M. 28/1/1994 statuisce che “Non sono imprenditori agricoli gli allevatori che tengono in allevamento un numero inferiore a cinque fattrici e che annualmente producono un numero di cuccioli inferiore alle trenta unità”. Il legislatore regolamenta l’attività cinotecnica svolta in forma professionale, ponendo alcuni requisiti minimi (afferenti al reddito e al numero di capi), in difetto dei quali il soggetto interessato non assume la qualifica di imprenditore agricolo.

1.3 In buona sostanza, la L. 349/93 non impone a colui che esercita l’attività cinotecnica di assumere necessariamente lo status di imprenditore agricolo. Né tale conclusione si evince dalla previsione pianificatoria del Comune di Quinzano d’Oglio (art. 7 delle NTA del Piano dei Servizi), per la quale nell’area ricadente nel PLIS sono ammessi soltanto “interventi connessi all’attività agricola, attività agrituristiche, realizzazione di servizi e attrezzature pubbliche o di uso o interesse pubblico”. Innanzitutto non appare direttamente pertinente il richiamo agli artt. 59 e ss. della L.r. 12/2005, i quali disciplinano gli interventi edificatori in zona agricola, mentre l’iniziativa economica di cui si controverte non prevede la realizzazione di opere edili. Lo stesso art. 2135 del c.c. – nello stabilire il criterio di collegamento dell'attività economica con il fattore produttivo “terra”, individuando le “attività connesse” come quelle che si inseriscono nel ciclo dell'economia agricola (cfr. Corte di Cassazione, sez. I civile – 10/5/2013 n. 11237) – è comunque rubricato “imprenditore agricolo”, e dunque si rivolge ai soggetti che (diversamente dal caso di specie) prestano l’attività in forma professionale. Osserva infine il Collegio che l’art. 7 delle NTA già citato, nella sua formulazione letterale, permette gli interventi connessi all’attività agricola “contemplati dalla vigente legislazione”, in tal modo effettuando un rinvio recettizio di tipo dinamico alle disposizioni normative vigenti, tra le quali acquistano rilevanza gli artt. 1 e 2 della L. 349/96.

1.4 Un ulteriore profilo investe la definizione di attività cinotecnica, che ad avviso della resistente difesa deve necessariamente comprendere l’allevamento e la selezione canina. Nell’ambiguità della norma, che semplicemente elenca le tre tipologie di attività (ossia allevamento, selezione e addestramento delle razze canine), il Collegio non ravvisa ragioni logiche per escludere la sua operatività nel caso di iniziative limitate al solo addestramento. Se, come già rilevato, è ammessa l’attività in forma non imprenditoriale, è ipotizzabile che la specializzazione investa esclusivamente una delle 3 fasi normativamente contemplate e che l’operatore effettui le prestazioni coinvolgendo gli animali che vengono di volta in volta condotti in loco dai rispettivi proprietari. Se è logico ritenere che, in via ordinaria, l’addestramento sia rivolto agli animali allevati sul fondo, è comunque ragionevole consentire che il predetto singolo segmento qualificante dell’attività possa essere valorizzato secondo l’indicazione (non esplicitamente preclusiva) fornita dalla norma.

2. Appare meritevole di positivo apprezzamento anche il terzo motivo, con il quale parte ricorrente deduce l’eccesso di potere per illogicità manifesta, in quanto la pet therapy consiste effettivamente in un’attività terapeutica di promozione della salute dei soggetti beneficiari, i quali si trovano in condizioni di particolare debolezza o fragilità: l’instaurazione di una relazione positiva con l’animale domestico realizza un evidente interesse di portata generale, ossia il miglioramento del benessere degli individui in difficoltà. La cura delle patologie che affliggono talune persone mediante l’ausilio di animali ben può rientrare nella definizione di “servizi di interesse pubblico”, adoperata dall’amministrazione per descrivere gli interventi ammessi nella zona ove la ricorrente svolge la propria attività.

In conclusione, la pretesa è fondata e merita accoglimento, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Le spese di lite devono tuttavia essere compensate, per le difficoltà interpretative inerenti alla normativa di riferimento.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale, che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:



Alessandra Farina, Presidente

Stefano Tenca, Consigliere, Estensore

Francesco Gambato Spisani, Consigliere




L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE







DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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