sabato 10 ottobre 2015

Autovelox: l'omissione della contestazione immediata è consentita

Suprema Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 16 settembre 2015, n. 18144


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9988/2011 R.G. proposto da:

(OMISSIS) c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, in persona del ministro pro tempore, PREFETTO di CHIETI rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato (c.f. (OMISSIS)), presso i cui uffici, in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12, domicilia;

– controricorrenti –

Avverso la sentenza n. 63 del 3.2.2011 del tribunale di Chieti;

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 5 giugno 2015 dal Consigliere Dott. Luigi Abete;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso, in subordine per il rigetto.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


In data 16.10.2007 (OMISSIS) riceveva notificazione di verbale di accertamento della violazione di cui all’articolo 142 C.d.S., comma 9, per aver superato il prescritto limite di velocita’, siccome rilevato con apparecchiatura autovelox.

Successivamente il prefetto di Chieti con ordinanza notificata in data 3.6.2008 ingiungeva il pagamento della sanzione amministrativa.

Avverso l’ingiunzione (OMISSIS) proponeva opposizione al giudice di pace di Chieti.

Con sentenza n. 259 dei 3/21.4.2009 il giudice adito rigettava l’opposizione.

Con gravame in forma di ricorso proponeva appello la (OMISSIS).

Resistevano il Ministro dell’Interno ed il Prefetto di Chieti.

Con sentenza n. 63 del 3.2.2011 il tribunale di Chieti dichiarava inammissibile l’appello e condannava l’appellante a rimborsare alle controparti le spese del grado.

Esplicitava il tribunale che l’appello, proposto in forma di ricorso, era “stato notificato alla controparte soltanto il 2 agosto 2010, quando era ormai decorso il termine di cui all’articolo 327 c.p.c. (non essendo applicabile nella specie il termine breve di cui all’articolo 325 c.p.c.) decorrente dal 21.4.2009, data di deposito della sentenza, che quindi a quella data era gia’ passata in giudicato” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 6).

Esplicitava ulteriormente che, in ogni caso, “le ragioni che nella specie hanno legittimamente impedito la contestazione immediata dell’infrazione al conducente dell’auto vanno senz’altro rinvenute oltre che in tutte quelle menzionate dal Dirigente della Polizia Stradale de L’Aquila, nella nota del 14.12.2007 prodotta in atti, anche valorizzando la velocita’ (di 115 Km/h) effettivamente tenuta dal veicolo al momento del transito dinanzi all’apparecchiatura elettronica di rilevazione (che rendeva necessario un suo inseguimento) ed il luogo di accertamento (cantiere autostradale, che rendeva pressoche’ impossibile sia fermare il veicolo che inseguirlo)” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 7).

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS); ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.

Il Ministero dell’Interno ed il Prefetto di Chieti hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con l’unico motivo la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” (cosi’ ricorso, pag. 3).

Adduce che “il fatto che la cancelleria abbia provveduto a notificare all’Amministrazione il ricorso in appello in data 02/08/2010, vale a dire successivamente al 6/6/2010, ultimo giorno utile per poter impugnare la sentenza, (…) non puo’ andare a discapito della ricorrente la quale ha provveduto (…) a depositare l’atto in tempo utile, (…) in data 31/05/2010” (cosi’ ricorso, pagg. 4-5); che “le doglianze sollevate a tal proposito da controparte prima e dal Giudice del Tribunale poi, si rivelano del tutto infondate posto che parte avversa e’ comunque venuta a conoscenza dell’atto da parte del destinatario e lo prova il fatto che la stessa si e’ costituita nei termini di legge” (cosi’ ricorso, pag. 5).

Adduce inoltre che “la contestazione immediata svolge una funzione strumentale alla piena esplicazione del diritto di difesa del presunto trasgressore” (cosi’ ricorso, pag. 5); che, pertanto, “quando e’ possibile e non viene effettuata, tale omissione costituisce una violazione di legge (…) che rende illegittimi i successivi provvedimenti del procedimento amministrativo” (cosi’ ricorso, pagg. 5-6).

Il ricorso e’ infondato e va respinto.

E’ ben evidente che la statuizione impugnata e’ ancorata a due autonome rationes decidendi, ciascuna idonea, per suo conto, a sorreggere il dictum di seconde cure.

In relazione al primo profilo dell’unico motivo in cui e’ articolato il ricorso, profilo che investe la prima ratio decidendi, e’ sufficiente reiterare l’insegnamento di questo Giudice del diritto a tenor del quale l’appello avverso sentenze in materia di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, pronunciate ai sensi della Legge 24 novembre 1981, n. 689, articolo 23, in giudizi iniziati prima dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo 1 settembre 2011, n. 150 (e’ il caso di specie), ove erroneamente introdotto con ricorso anziche’ con citazione, e’ suscettibile di sanatoria, a condizione che nel termine previsto dalla legge l’atto sia stato non solo depositato nella cancelleria del giudice, ma anche notificato alla controparte, non trovando applicazione il diverso principio, non suscettibile di applicazione al di fuori dello specifico ambito, affermato con riguardo alla sanatoria delle impugnazioni delle deliberazioni di assemblea di condominio spiegate mediante ricorso, e senza che sia possibile rimettere in termini l’appellante, non ricorrendo i presupposti della pregressa esistenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale poi disatteso da un successivo pronunciamento (cfr. Cass. sez. un. 10.2.2014, n. 2907; cfr. Cass. sez. lav. 20.2.2012, n. 2430).

Alla luce del riferito insegnamento la sentenza impugnata e’ assolutamente ineccepibile.

In relazione al secondo profilo dell’unico motivo di ricorso, profilo che investe la seconda ratio decidendi, e’ sufficiente puntualizzare che, qualora il giudice che abbia ritenuto inammissibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo di gravame, cosi’ spogliandosi della potestas iudicandi sul relativo merito, proceda poi comunque all’esame di quest’ultimo, e’ inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di impugnazione della sentenza da lui pronunciata che ne contesti solo la motivazione, da considerarsi svolta ad abundantiam, su tale ultimo aspetto (cfr. Cass. sez. un. 30.10.2013, n. 24469; cfr. Cass. 14.2.2012, n. 2108).

In ogni caso si rimarca quanto segue.

In primo luogo, che, in tema di sanzioni amministrative conseguenti al superamento dei limiti di velocita’ accertato mediante autovelox, l’omissione della contestazione immediata e’ direttamente consentita dal Decreto Legislativo 20 giugno 2002, n. 121, articolo 4, comma 4, convertito dalla Legge 1 agosto 2002, n. 168, sicche’, al fine di garantire il diritto di difesa dell’autore dell’infrazione, basta che nel verbale di contestazione vengano richiamati gli estremi del decreto prefettizio (di cui non e’ necessaria l’allegazione) autorizzativo della contestazione differita, potendo il destinatario del verbale ottenere ogni utile informazione con l’esercizio del diritto di accesso alla documentazione amministrativa garantito dalla Legge 7 agosto 1990, n. 241, articolo 22 (cfr. Cass. (ord.) 13.1.2015, n. 331).

In secondo luogo, che il tribunale di Chieti ha esaustivamente e congruamente esplicitato – siccome in precedenza si e’ testualmente riferito – le ragioni concrete che nella fattispecie hanno impedito l’immediata contestazione dell’infrazione amministrativa.

Il rigetto del ricorso giustifica la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’. La liquidazione segue come da dispositivo.


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del grado di legittimita’, che si liquidano nel complesso in euro 700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, I.V.A. e cassa come per legge.