sabato 8 agosto 2015

Il principio “chi inquina paga” impedisce di presumere la responsabilità del proprietario

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - 30 luglio 2015, n. 3756

Il Consiglio di Stato si sofferma su uno dei principi generali in materia di ambiente, il principio “chi inquina paga”, ora contenuto nell’art. 3-ter del Testo Unico dell’Ambiente.

Tale principio implica l’imputazione dei costi ambientali al soggetto che ha causato in tutto o in parte la compromissione ecologica, tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all’inquinamento da un preciso nesso di causalità.

In applicazione di tale principio, l’art. 244 del TUA impone di compiere le opportune indagini al fine di accertare il responsabile dell’evento di contaminazione ambientale in precedenza individuato.

Correlativamente, gli artt. 242 c.1, 244 c. 2 e l’allegato 4 del TUA stabiliscono che, riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza (d’emergenza o definitiva), di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla pubblica amministrazione solamente ai soggetti “responsabili dell’inquinamento”. Ne consegue che tali obblighi non gravano su altri possibili soggetti coinvolti o interessati dal fenomeno di inquinamento ambientale e, segnatamente, sul proprietario delle aree contaminate (salvo che quest’ultimo abbia a sua volta tenuto un comportamento colpevole, doloso o colposo).

Pertanto, non essendo configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell’immobile in ragione di tale sola qualità, risulta necessario individuare il comportamento che ha generato la contaminazione e, di conseguenza, il responsabile dell’inquinamento; a tal fine occorre compiere una adeguata istruttoria, ricercando prove certe e inequivoche, non potendo l’accertamento basarsi su mere presunzioni. TM

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