venerdì 20 marzo 2015

Rottami ferrosi, non è mai commercio “ambulante"

Corte di Cassazione, Sezione 3 penale  Sentenza 22 gennaio 2015, n. 2864

Smaltimento di rifiuti - Albo gestori ambientali - Mancata iscrizione - Articolo 256 comma 1 decreto legislativo 152 del 2006 - Condanna - Presupposti - Reato istantaneo - Ricevuta privata - Articolo 121 tulps - Deroghe - Liberalizzazione - Criteri - Decreto legislativo 114 del 1998 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIALE Aldo - Presidente
Dott. DI NICOLA Vito - Consigliere
Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere
Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Mar - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ASTI;

nei confronti di:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1831/2013 GIP TRIBUNALE di ASTI, del 06/12/2013;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAMACCI LUCA;

lette le conclusioni del PG Dott. PRATOLA G. annullamento con rinvio c/o GIP Tribunale di Asti.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti, con sentenza del 6.12.2013, ha assolto (OMISSIS), nei confronti del quale il Pubblico Ministero aveva richiesto l'emissione di decreto penale di condanna per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1, perche' effettuava attivita' di raccolta e trasporto di rifiuti urbani e speciali prodotti da terzi (per lo piu' rottami ferrosi) in assenza della prescritta iscrizione all'Albo dei gestori ambientali di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 212, (fatto commesso in (OMISSIS)).

Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti.

2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge e rileva che il G.I.P. ha fondato la propria decisione sull'assenza di "professionalita'" rilevante ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, nella condotta oggetto di contestazione e sulla circostanza che, a seguito dell'abrogazione della norma istitutiva del registro degli esercenti dei mestieri girovaghi ai sensi dell'articolo 121 TULPS, l'attivita' di raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante deve ritenersi liberalizzata in quanto non soggetta a specifici provvedimenti autorizzativi.

Cio' posto, osserva che la decisione impugnata si porrebbe in contrasto con il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, secondo cui il reato contemplato dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, ha natura di reato comune ed istantaneo e che in ogni caso, pur non aderendo a tale tesi interpretativa, considerando quindi il reato in questione come reato proprio, la questione non muterebbe, in quanto la condotta posta in essere dall'imputato, per le sue caratteristiche oggettive, sarebbe in ogni caso caratterizzata dalla necessaria "professionalita'" o "imprenditorialita'", risultando dagli atti di causa che, in occasione dell'attivita' di osservazione da parte della polizia giudiziaria, protrattasi per alcuni mesi, era emerso che questi aveva conferito i rifiuti raccolti ad un centro di recupero con idoneo mezzo di trasporto utilizzando la cd. "ricevuta private", la quale attesta che i rifiuti sono prodotti dal soggetto conferente, pur non essendo egli titolare di un'impresa dall'esercizio della quale derivano rifiuti.

Aggiunge che, in ogni caso, se il giudice avesse nutrito dubbi in proposito avrebbe dovuto, al piu', rigettare la richiesta di decreto penale e non anche pronunciare una sentenza assolutoria.

Per cio' che concerne, inoltre, la lettura del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 266, comma 5, offerta dall'impugnata sentenza, premessa l'analisi della normativa di settore e richiamate le precedenti pronunce di questa Corte in materia, rileva che la parziale abrogazione dell'articolo 121 TULPS non avrebbe di fatto liberalizzato, come ritenuto dal giudice, l'esercizio dell'attivita' di raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante, essendo stata, al contrario, ripristinata la norma generale che impone l'obbligo di iscrizione all'Albo dei gestori ambientali ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 212.

Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

2. Il Procuratore Generale, nella requisitoria depositata, ha concluso per l'annullamento dell'impugnata sentenza con rinvio al Giudice per le indagini preliminari.

In data 26/11/2014 il Pubblico Ministero ricorrente faceva pervenire memoria ad ulteriore sostegno delle proprie ragioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e' fondato nei termini di seguito specificati.

Va premesso che il Pubblico Ministero ricorrente sottopone a questa Corte, sostanzialmente, due questioni: l'una concernente la natura del reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, e l'altra l'ambito di operativita' della deroga prevista dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 266, comma 5, per le attivita' di raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante, ritenute entrambe rilevanti per confutare le argomentazioni poste a sostegno del provvedimento impugnato.

Il G.I.P. assume, infatti, che l'iscrizione richiesta dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 212, riguarda esclusivamente l'attivita' di gestione di rifiuti svolta in forma imprenditoriale, cosicche' la sua mancanza assumerebbe rilievo penale solo in tale ipotesi, restando quindi estranea la condotta di coloro che, come l'imputato, agiscono su piccola scala, raccogliendo modeste quantita' di rifiuti abbandonate o consegnate dai privati.

Osserva, inoltre, che il riferimento, contenuto nel Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 266, comma 5, ai "soggetti abilitati" allo svolgimento dell'attivita' di raccolta e trasporto in forma ambulante sarebbe frutto di una svista del legislatore o del mancato coordinamento tra norme, non essendosi tenuto conto dell'abrogazione della norma istitutiva del registro degli esercenti mestieri girovaghi, cui conseguirebbe l'inevitabile liberalizzazione dell'attivita' medesima, non potendosi peraltro ritenere ragionevole un'interpretazione che subordini l'operativita' della deroga di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 266, comma 5, al possesso dei requisiti soggettivi richiesti dalla disciplina del commercio introdotta con il Decreto Legislativo n. 114 del 1998, trattandosi di disposizioni il cui ambito di operativita' e' del tutto diverso da quello delineato per il Decreto Legislativo 152 del 2006.

2. Date tali premesse, occorre rilevare come il presente ricorso riguarda identiche questioni gia' sottoposte all'attenzione di questa Corte nell'ambito di altro procedimento facente parte del medesimo gruppo di procedimenti avviati dalla Procura della Repubblica di Asti.

Deve conseguentemente richiamarsi integralmente il contenuto della precedente decisione (Sez. 3 , n. 29992 del 24/6/2014, Lazzaro, non ancora massimata) all'esito della quale venivano formulati i seguenti principi di diritto:

"la condotta sanzionata dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1, e' riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attivita' rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo decreto, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attivita' primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalita'".

"la deroga prevista dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 266, comma 5, per l'attivita' di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante opera qualora ricorra la duplice condizione che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attivita' commerciale in forma ambulante ai sensi del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e, dall'altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio".

3. Va infine rilevato che il Pubblico Ministero ricorrente, con la memoria in data 11/11/2014 (pervenuta il 26/11/2014) critica la summenzionata decisione di questa Sezione (Sez. 3 , n. 29992 del 24/6/2014, Lazzaro,Rv. 260266) nella parte in cui ritiene applicabile la deroga di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 266, comma 5, nei casi in cui il soggetto interessato sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attivita' commerciale in forma ambulante ai sensi del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio.

Sostiene infatti il Pubblico Ministero, richiamando il contenuto dell'articolo 121 TULPS, che la deroga non sarebbe, di fatto, operante dovendosi, quindi, applicare anche alla raccolta ed al trasporto ambulante di rifiuti la disciplina ordinaria.

Si afferma, nella memoria, come appaia plausibile che il legislatore, pur riferendosi improvvidamente, nella Legge 426 del 1998, al commercio ambulante, avesse voluto fare riferimento, invece, all'articolo 121 TULPS, il quale contemplava le attivita' di "cenciaiolo" e mestieri analoghi, richiamando, a sostegno della fondatezza delle proprie affermazioni, il contenuto delle disposizioni in tema di commercio ambulante, succedutesi nel tempo ed osservando come tale disciplina non si attagli ai raccoglitori itineranti di rifiuti, i quali svolgono un'attivita' del tutto diversa, assimilabile a quella del commerciante all'ingrosso o dell'intermediario.

Si aggiunge, poi, che il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 266, comma 5, nel riferirsi ai rifiuti non considera la loro classificazione, in base alla quale dovrebbe concludersi che non resta spazio alcuno per l'attivita' di raccolta ambulante dei rifiuti, che, pertanto, non rientrerebbe nella deroga, riferendosi la stessa alle sole attivita' precedentemente disciplinate dall'articolo 121 TULPS.
A conferma della tesi nuovamente prospettata la memoria richiama una proposta di legge, non meglio indicata, relativa all'interpretazione autentica del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 266, comma 5, in base alla quale la deroga sarebbe applicabile, come pure indicato nella relazione illustrativa, ai soggetti che, sulla base delle disposizioni vigenti in tema di commercio ambulante (richiamato espressamente il Decreto Legislativo 114 del 1991), siano autorizzati al commercio al dettaglio, su aree pubbliche, di beni usati ovvero di oggetti di antiquariato e da collezionismo non aventi valore storico - artistico, riferendosi esplicitamente la relazione a chi svolge attivita' di "robivecchi" o assimilate.

4. Osserva a tale proposito il Collegio che la sentenza 29992/2014, diversamente da quanto ritenuto dal Pubblico Ministero ricorrente, non si pone affatto su un piano diverso, perche', richiamato quanto gia' precisato in precedenti pronunce della Sezione sul fenomeno del "commercio ambulante di rifiuti", ha chiaramente delimitato l'ambito di efficacia della deroga di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 266, comma 5, alle sole ipotesi in cui sia effettivamente applicabile la disciplina sul commercio ambulante di cui al Decreto Legislativo n. 114 del 1998, e tale applicabilita' sia dimostrata dall'interessato ed accertata in fatto dal giudice del merito, escludendosi, conseguentemente, che l'attivita' di raccolta e trasporto di rifiuti urbani e speciali prodotti da terzi consistenti, per lo piu', in rottami ferrosi (quale e' quella oggetto dell'imputazione nel presente procedimento) possa rientrare nella nozione di commercio ambulante come individuata dal menzionato Decreto Legislativo 114 del 1998.

Ulteriore conseguenza di tale interpretazione e' che l'ambito di operativita' della deroga e' proprio limitata, come sembra ritenere il Pubblico Ministero con il richiamo alla proposta di legge di interpretazione autentica, ad ipotesi residuali quali quelle della vendita su aree pubbliche di cose del tipo di quelle descritte nella proposta di legge medesima.

5. L'unica differenza, a questo punto senza alcun effetto concreto, resta il riferimento all'articolo 121 TULPS che proprio l'esplicita menzione del Decreto Legislativo n. 114 del 1998 operato dalla proposta di legge, cui il Pubblico Ministero attribuisce un rilevante significato, sembra peraltro escludere.

La sentenza 29992/2014, invero, contiene (pag. 9, punto 10) un esplicito richiamo ad altra precedente pronuncia (Sez. 3 n. 19111 del 3/5/ 2013, Mihalache, non massimata) nella quale la questione era stata gia' affrontata, riportandone nel dettaglio i punti salienti della motivazione.

Tra questi, merita di essere ancora una volta ricordato quello concernente espressi richiami ai contenuti del Decreto Legislativo n. 114 del 1998 e, segnatamente, alla definizione, contenuta nell'articolo 4, comma 1, lettera b), di "commercio al dettaglio", descritto come "l'attivita' svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale".

Si aggiunge, poi, che la disciplina astrattamente applicabile e' quella regolata dal Titolo X, relativo al commercio al dettaglio su aree pubbliche, definite, dall'articolo 27, comma 1, lettera b), come "le strade, i canali, le piazze, comprese quelle di proprieta' privata gravate da servitu' di pubblico passaggio ed ogni altra area di qualunque natura destinata ad uso pubblico" e che l'attivita' commerciale esercitabile e', inoltre, quella indicata dall'articolo 18, comma 1, lettera b), e, cioe', quella che puo' essere svolta "su qualsiasi area purche' in forma itinerante" e soggetta all'autorizzazione di cui al successivo comma 4, rilasciata, in base alla normativa emanata dalla Regione, dal Comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l'attivita'.

Rinviando, per le ulteriori considerazioni sui rapporti tra le diverse discipline a quanto prospettato nelle precedenti decisioni, deve ricordarsi che, tra l'altro, nella sentenza si e' anche esplicitamente rilevato come "la deroga e' giustificata dalla valutazione di minor pericolosita' per la salute e per l'ambiente operata dal legislatore con riguardo ad una attivita' che poteva pacificamente ricondursi a quella dei cd. robivecchi", escludendo chiaramente che essa possa essere utilizzata "per legittimare attivita' diverse che richiedono, invece, il rispetto delle disposizioni di carattere generale".

Inoltre, si e' ulteriormente chiarito, in motivazione, che "il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 266, comma 5, spieghera' i suoi effetti solo nel caso in cui si verifichino le condizioni suddette, dovendosi applicare, in tutti gli altri casi, la disciplina generale sui rifiuti".

5. Cio' posto, e' di tutta evidenza che quanto paventato dal Pubblico Ministero nella memoria e, cioe', che per attivita' quale quella oggetto di imputazione possa essere richiesta ed ottenuta un'autorizzazione per l'attivita' svolta in forma itinerante, e' del tutto impensabile, perche' giammai una simile attivita' potrebbe essere astrattamente riconducibile a quelle descritte dal Decreto Legislativo n. 114 del 1998, ed esercitata in concreto con le modalita' che lo stesso decreto stabilisce.

5. La sentenza impugnata deve conseguentemente essere annullata con rinvio, richiamando i summenzionati principi cui il giudice del merito dovra' attenersi.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Asti.


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