N. 04380/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4380 del 2010, proposto da:
Ministero dell’Interno – U.T.G. di Vibo Valentia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
Ministero dell’Interno – U.T.G. di Vibo Valentia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Rocco Iannello, rappresentato e difeso dall’Avv.
Pasquale Andrizzi, con domicilio eletto presso l’Avv. Francesco Barbieri
in Roma, Via Tarvisio, n. 1;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO
:SEZIONE II n. 00561/2009, resa tra le parti, concernente la revoca
della licenza per la somministrazione al pubblico di alimenti e di
bevande
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio di Rocco Iannello;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 novembre
2014 il cons. Massimiliano Noccelli e udito, per il Ministero
appellante, l’Avvocato dello Stato D’Ascia;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. Rocco Iannello, titolare di una licenza di
tipo “C” per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande
nell’esercizio commerciale di Mileto (VV), via Kennedy, n. 80, ha
impugnato avanti al T.A.R. Calabria il provvedimento comunale del
20.2.2007 che revocava, con decorrenza immediata, la licenza
amministrativa, chiedendone, previa sospensione, l’annullamento e
domandando, altresì, il conseguente risarcimento del danno.
2. Il ricorrente ha dedotto quattro motivi di illegittimità:
a) difetto di potere e violazione dell’art. 100 del
r.d. 773/1931 e del d.P.R. 616/1977 per incompetenza dell’autorità
comunale a revocare la licenza;
b) difetto di motivazione prevista dall’art. 3 della l. 241/1990 e violazione dell’art. 24 della Costituzione;
c) eccesso di potere per mancanza di presupposti e
violazione delle norme previste dalla l. 287/1991 e dall’art. 100 del
r.d. 773/1931;
d) eccesso di potere e violazione o falsa applicazione di legge.
3. Il Comune di Mileto non si è costituito nel primo
grado di giudizio, mentre si è costituito il Ministero, resistendo al
gravame.
4. Con sentenza n. 561 del 3.6.2009 il T.A.R.
calabrese ha accolto il ricorso sull’assorbente rilievo
dell’incompetenza comunale ad adottare il provvedimento di revoca della
licenza, annullando tale provvedimento, e ha invece respinto la domanda
risarcitoria per difetto di prova.
5. Avverso tale sentenza ha proposto appello il
Ministero dell’Interno e, nell’articolare un unico motivo di gravame
relativo alla dedotta erroneità di tale pronuncia per violazione e falsa
applicazione dell’art. 19 del d.P.R. 616/1977 e dell’art. 100 del r.d.
773/1931, ne ha chiesto la riforma, con conseguente reiezione del
ricorso proposto in primo grado dal sig. Rocco Iannello.
6. Si è costituito l’appellato, resistendo al gravame e chiedendone la reiezione.
7. Nella pubblica udienza del 6.11.2014 il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
8. L’appello deve essere accolto.
9. Torna all’esame di questo Consiglio la vexata quaestio
circa la competenza del Comune in ordine alla revoca o alla sospensione
delle licenze inerenti all’esercizio di attività commerciali per motivi
di ordine pubblico e sicurezza.
10. Il T.A.R. calabrese ha annullato il provvedimento
comunale per il ritenuto difetto di incompetenza sulla scorta del
rilievo che l’art. 19, comma quarto, del d.P.R. 616/1977 non ha abrogato
l’art. 100, comma primo, del r.d. 773/1931, in quanto i poteri previsti
dal citato art. 100, in tema di revoca e di sospensione delle licenze
di commercio per motivi di ordine pubblico e di sicurezza pubblica, non
rientrano tra i compiti di polizia amministrativa trasferiti alle
Regioni, venendo in considerazione competenze e funzioni relativi ad
ambiti che erano rimasti riservati allo Stato, in quanto attinenti alla
salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblici.
11. La motivazione del primo giudice è viziata da error in iudicando.
12. Diversamente da quanto ha ritenuto il T.A.R.,
infatti, la competenza ad adottare i provvedimenti inerenti alle licenze
di tipo C) per la somministrazione di alimenti e di bevande al pubblico
è attribuita ai Comuni, ai sensi dell’art. 19, comma 1, del d.P.R.
616/1977, il cui n. 8 prevede, espressamente, “la licenza per
alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie,
caffè o altri esercizi in cui si vendono o consumano bevande non
alcoliche, sale pubbliche per biliardi o per altri giochi leciti,
stabilimenti di bagni, esercizi di rimessa di autoveicoli o di vetture e
simili, di cui all’art. 86”.
12.1. Il successivo comma 4 dell’art. 19 del d.P.R. 616/1977 stabilisce, peraltro, che i provvedimenti di cui al n. 8 “sono adottati previa comunicazione al Prefetto e devono essere sospesi, annullati o revocati per motivata richiesta dello stesso”.
12.2. La motivata richiesta del Prefetto circa la
revoca della licenza ha natura vincolante, ma il provvedimento è, quanto
meno formalmente, di indubbia competenza comunale.
12.3. È perciò erronea la motivazione del primo
giudice, secondo il quale le competenze in materia sarebbero rimaste
allo Stato, essendo esse state invece trasferite ai Comuni, e non appare
decisivo nemmeno il richiamo all’art. 100 del r.d. 773/1931, non avendo
il Comune inteso revocare la licenza sottraendo la valutazione dei
relativi presupposti all’Autorità di pubblica sicurezza.
12.4. Questo Consiglio ha del resto chiarito, proprio
in un precedente analogo a quello di cui qui si controverte, che dal
combinato disposto dell’art. 100 del r.d. 773/1931 e dell’art. 19 del
d.P.R. n. 616 del 1977 si desume che i Comuni non hanno una competenza
propria ed autonoma in materia di ordine pubblico e, dunque, non possono
compiere autonome valutazioni su tale interesse, ma che essi sono
tuttavia formalmente, se non sostanzialmente, competenti a revocare le
autorizzazioni commerciali da essi rilasciate, per motivi di ordine
pubblico, se vi sia una richiesta in tal senso da parte dell’Autorità di
pubblica sicurezza, preposta istituzionalmente alla tutela dell’ordine
pubblico.
12.5. Tale assetto normativo ha la sua ratio nella considerazione che la revoca di un’autorizzazione commerciale, in quanto contrarius actus,
deve provenire dall’autorità che ha adottato l’autorizzazione della cui
revoca si discute e, pertanto, non potrebbe l’Autorità di pubblica
sicurezza revocare un’autorizzazione rilasciata dal Comune, sicché si
impone una leale collaborazione tra amministrazioni preposte alla cura
di diversi interessi e si prevede la competenza formale del Comune a
revocare le proprie autorizzazioni, su proposta vincolante dell’Autorità
di pubblica sicurezza (Cons. St., sez. V, 18.11.2010, n. 8107).
13. Ciò spiega anche perché sia infondata l’eccezione
di difetto di legittimazione attiva in capo al Ministero dell’Interno,
proposta in limine litis dall’appellato (p. 2 della comparsa di
risposta), poiché proprio il potere vincolante attribuito in materia
dall’art. 19, comma 4, del d.P.R. 616/1977 all’Autorità di pubblica
sicurezza, cui spetta sostanzialmente il potere decisorio circa la
revoca o la sospensione della licenza, la costituisce titolare di un
potere pubblicistico particolarmente incisivo che la legittima a
resistere contro i ricorsi proposti avverso i provvedimenti comunali di
revoca, che recepiscano le motivate richieste prefettizie, e quindi
anche ad appellare le pronunce annullatorie, che tali ricorsi accolgano.
14. Ne segue che la sentenza impugnata, la quale ha
posto a base del proprio convincimento tale assorbente vizio, deve
essere riformata nella parte in cui ha annullato il provvedimento
comunale e, pertanto, deve essere rigettato il ricorso proposto in primo
grado dal sig. Rocco Iannello.
15. L’appellato non ha formalmente riproposto gli
altri tre motivi dell’originario ricorso dichiarati assorbiti dal primo
giudice, non essendo sufficienti ad integrare una formale riproposizione
di tutti o alcuni di tali motivi le scarne e generiche controdeduzioni
al “secondo motivo di gravame” – ma si tratta, in realtà e più
propriamente, di deduzioni poste ad ulteriore conforto dell’unico motivo
– proposto dal Ministero e contenute nelle ultime righe della p. 4 e
nelle prime nove righe della p. 5 della comparsa di costituzione, né ha
impugnato, con appello incidentale, la statuizione reiettiva della
domanda risarcitoria.
16. Tanto dispensa il Collegio dall’esame di tali
motivi, dichiarati assorbiti dal primo giudice e non formalmente
riproposti dall’appellato nel presente grado di giudizio, e della
domanda risarcitoria, la cui reiezione è coperta dal giudicato.
17. Le spese del doppio grado di giudizio, attesa la
particolarità della vicenda, possono essere interamente compensate tra
le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe
proposto, lo accoglie e per l’effetto, in parziale riforma della
sentenza impugnata, rigetta il ricorso proposto da Rocco Iannello.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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