domenica 25 gennaio 2015

Il Comune revoca l'autorizzazione P.E per motivi di ordine pubblico su proposta vincolante dell'autorità di pubblica sicurezza


N. 06324/2014REG.PROV.COLL.
N. 04380/2010 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4380 del 2010, proposto da:
Ministero dell’Interno – U.T.G. di Vibo Valentia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Rocco Iannello, rappresentato e difeso dall’Avv. Pasquale Andrizzi, con domicilio eletto presso l’Avv. Francesco Barbieri in Roma, Via Tarvisio, n. 1;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE II n. 00561/2009, resa tra le parti, concernente la revoca della licenza per la somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio di Rocco Iannello;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 novembre 2014 il cons. Massimiliano Noccelli e udito, per il Ministero appellante, l’Avvocato dello Stato D’Ascia;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Il sig. Rocco Iannello, titolare di una licenza di tipo “C” per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande nell’esercizio commerciale di Mileto (VV), via Kennedy, n. 80, ha impugnato avanti al T.A.R. Calabria il provvedimento comunale del 20.2.2007 che revocava, con decorrenza immediata, la licenza amministrativa, chiedendone, previa sospensione, l’annullamento e domandando, altresì, il conseguente risarcimento del danno.
2. Il ricorrente ha dedotto quattro motivi di illegittimità:
a) difetto di potere e violazione dell’art. 100 del r.d. 773/1931 e del d.P.R. 616/1977 per incompetenza dell’autorità comunale a revocare la licenza;
b) difetto di motivazione prevista dall’art. 3 della l. 241/1990 e violazione dell’art. 24 della Costituzione;
c) eccesso di potere per mancanza di presupposti e violazione delle norme previste dalla l. 287/1991 e dall’art. 100 del r.d. 773/1931;
d) eccesso di potere e violazione o falsa applicazione di legge.
3. Il Comune di Mileto non si è costituito nel primo grado di giudizio, mentre si è costituito il Ministero, resistendo al gravame.
4. Con sentenza n. 561 del 3.6.2009 il T.A.R. calabrese ha accolto il ricorso sull’assorbente rilievo dell’incompetenza comunale ad adottare il provvedimento di revoca della licenza, annullando tale provvedimento, e ha invece respinto la domanda risarcitoria per difetto di prova.
5. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Ministero dell’Interno e, nell’articolare un unico motivo di gravame relativo alla dedotta erroneità di tale pronuncia per violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.P.R. 616/1977 e dell’art. 100 del r.d. 773/1931, ne ha chiesto la riforma, con conseguente reiezione del ricorso proposto in primo grado dal sig. Rocco Iannello.
6. Si è costituito l’appellato, resistendo al gravame e chiedendone la reiezione.
7. Nella pubblica udienza del 6.11.2014 il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
8. L’appello deve essere accolto.
9. Torna all’esame di questo Consiglio la vexata quaestio circa la competenza del Comune in ordine alla revoca o alla sospensione delle licenze inerenti all’esercizio di attività commerciali per motivi di ordine pubblico e sicurezza.
10. Il T.A.R. calabrese ha annullato il provvedimento comunale per il ritenuto difetto di incompetenza sulla scorta del rilievo che l’art. 19, comma quarto, del d.P.R. 616/1977 non ha abrogato l’art. 100, comma primo, del r.d. 773/1931, in quanto i poteri previsti dal citato art. 100, in tema di revoca e di sospensione delle licenze di commercio per motivi di ordine pubblico e di sicurezza pubblica, non rientrano tra i compiti di polizia amministrativa trasferiti alle Regioni, venendo in considerazione competenze e funzioni relativi ad ambiti che erano rimasti riservati allo Stato, in quanto attinenti alla salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblici.
11. La motivazione del primo giudice è viziata da error in iudicando.
12. Diversamente da quanto ha ritenuto il T.A.R., infatti, la competenza ad adottare i provvedimenti inerenti alle licenze di tipo C) per la somministrazione di alimenti e di bevande al pubblico è attribuita ai Comuni, ai sensi dell’art. 19, comma 1, del d.P.R. 616/1977, il cui n. 8 prevede, espressamente, “la licenza per alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono o consumano bevande non alcoliche, sale pubbliche per biliardi o per altri giochi leciti, stabilimenti di bagni, esercizi di rimessa di autoveicoli o di vetture e simili, di cui all’art. 86”.
12.1. Il successivo comma 4 dell’art. 19 del d.P.R. 616/1977 stabilisce, peraltro, che i provvedimenti di cui al n. 8 “sono adottati previa comunicazione al Prefetto e devono essere sospesi, annullati o revocati per motivata richiesta dello stesso”.
12.2. La motivata richiesta del Prefetto circa la revoca della licenza ha natura vincolante, ma il provvedimento è, quanto meno formalmente, di indubbia competenza comunale.
12.3. È perciò erronea la motivazione del primo giudice, secondo il quale le competenze in materia sarebbero rimaste allo Stato, essendo esse state invece trasferite ai Comuni, e non appare decisivo nemmeno il richiamo all’art. 100 del r.d. 773/1931, non avendo il Comune inteso revocare la licenza sottraendo la valutazione dei relativi presupposti all’Autorità di pubblica sicurezza.
12.4. Questo Consiglio ha del resto chiarito, proprio in un precedente analogo a quello di cui qui si controverte, che dal combinato disposto dell’art. 100 del r.d. 773/1931 e dell’art. 19 del d.P.R. n. 616 del 1977 si desume che i Comuni non hanno una competenza propria ed autonoma in materia di ordine pubblico e, dunque, non possono compiere autonome valutazioni su tale interesse, ma che essi sono tuttavia formalmente, se non sostanzialmente, competenti a revocare le autorizzazioni commerciali da essi rilasciate, per motivi di ordine pubblico, se vi sia una richiesta in tal senso da parte dell’Autorità di pubblica sicurezza, preposta istituzionalmente alla tutela dell’ordine pubblico.
12.5. Tale assetto normativo ha la sua ratio nella considerazione che la revoca di un’autorizzazione commerciale, in quanto contrarius actus, deve provenire dall’autorità che ha adottato l’autorizzazione della cui revoca si discute e, pertanto, non potrebbe l’Autorità di pubblica sicurezza revocare un’autorizzazione rilasciata dal Comune, sicché si impone una leale collaborazione tra amministrazioni preposte alla cura di diversi interessi e si prevede la competenza formale del Comune a revocare le proprie autorizzazioni, su proposta vincolante dell’Autorità di pubblica sicurezza (Cons. St., sez. V, 18.11.2010, n. 8107).
13. Ciò spiega anche perché sia infondata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva in capo al Ministero dell’Interno, proposta in limine litis dall’appellato (p. 2 della comparsa di risposta), poiché proprio il potere vincolante attribuito in materia dall’art. 19, comma 4, del d.P.R. 616/1977 all’Autorità di pubblica sicurezza, cui spetta sostanzialmente il potere decisorio circa la revoca o la sospensione della licenza, la costituisce titolare di un potere pubblicistico particolarmente incisivo che la legittima a resistere contro i ricorsi proposti avverso i provvedimenti comunali di revoca, che recepiscano le motivate richieste prefettizie, e quindi anche ad appellare le pronunce annullatorie, che tali ricorsi accolgano.
14. Ne segue che la sentenza impugnata, la quale ha posto a base del proprio convincimento tale assorbente vizio, deve essere riformata nella parte in cui ha annullato il provvedimento comunale e, pertanto, deve essere rigettato il ricorso proposto in primo grado dal sig. Rocco Iannello.
15. L’appellato non ha formalmente riproposto gli altri tre motivi dell’originario ricorso dichiarati assorbiti dal primo giudice, non essendo sufficienti ad integrare una formale riproposizione di tutti o alcuni di tali motivi le scarne e generiche controdeduzioni al “secondo motivo di gravame” – ma si tratta, in realtà e più propriamente, di deduzioni poste ad ulteriore conforto dell’unico motivo – proposto dal Ministero e contenute nelle ultime righe della p. 4 e nelle prime nove righe della p. 5 della comparsa di costituzione, né ha impugnato, con appello incidentale, la statuizione reiettiva della domanda risarcitoria.
16. Tanto dispensa il Collegio dall’esame di tali motivi, dichiarati assorbiti dal primo giudice e non formalmente riproposti dall’appellato nel presente grado di giudizio, e della domanda risarcitoria, la cui reiezione è coperta dal giudicato.
17. Le spese del doppio grado di giudizio, attesa la particolarità della vicenda, possono essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso proposto da Rocco Iannello.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore




L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/12/2014
IL SEGRETARIO