domenica 25 gennaio 2015

Commercio su aree pubbliche:legittima l'inibizione attività tramite annullamento in autotutela della SCIA se il comune ha contingentato i posteggi con apposito regolamento

N. 00067/2015REG.PROV.COLL.
N. 02864/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2864 del 2014, proposto da Leoni Assuntina nella qualità di titolare dell’impresa “Idea Cactus”, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Lilli, Romina Cauteruccio e Roberto Tartagli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Lilli in Roma, via di Val Fiorita, n. 90;

contro

il Comune di Firenze, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Sansoni e Gianna Rogai, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Lepore in Roma, via Polibio, n. 15;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA - Firenze Sezione II n. 391 del 28 febbraio 2014, resa tra le parti, concernente annullamento s.c.i.a. relativa ad attività commerciale itinerante di fiori e piante ornamentali – risarcimento danni – mcp;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2014 il Consigliere Doris Durante;
Uditi per le parti l’avvocato Francesco Lilli e l’avvocato Maria Romana Ciliutti su delega degli avvocati Andrea Sansoni e Gianna Rogai;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana notificato al Comune di Firenze l’8 luglio 2013, Leoni Assuntina anche nella qualità di titolare dell’impresa individuale “Idea Cactus” chiedeva l’annullamento dei seguenti atti:
a) provvedimento dirigenziale dell’11 giugno 2013 di annullamento in autotutela del silenzio assenso formatosi sulla segnalazione di inizio attività (s.c.i.a.) da essa ricorrente presentata il 4 ottobre 2012 per l’esercizio dell’attività commerciale di vendita di piante e fiori sul posteggio n. 4 del mercato rionale settimanale “Pellicceria” di via dei Pellicciari in Firenze e di annullamento della presa d’atto del provvedimento tacito;
b) piano del commercio approvato con delibera consiliare n. 60 del 2008, nella parte in cui dispone la revoca di posteggi già assegnati e non consente l’aumento dei posteggi per l’esercizio delle attività commerciali di vendita di piante e fiori nel mercato rionale settimanale “Pellicceria” di Firenze.
Chiedeva anche la condanna del Comune di Firenze al risarcimento dei danni ad essa rivenienti dai suddetti atti.
1.2- La ricorrente esponeva in fatto di essere titolare della ditta individuale Idea Cactus e di essere subentrata in un posteggio inizialmente assegnato ad altri insistente su suolo di proprietà del demanio statale che con nota del 16 novembre 2012 aveva autorizzato la ditta ricorrente ad occupare il posteggio n. 4 del piano comunale e che il Comune di Firenze con nota del 4 dicembre 2012 aveva preso atto della segnalazione di inizio attività, di poi annullata con gli atti impugnati.
1.3- Il ricorso era affidato ai seguenti motivi:
1) violazione ed erronea applicazione di legge; difetto di motivazione, in quanto il provvedimento di annullamento della s.c.i.a. non darebbe conto delle ragioni per cui le osservazioni presentate nel corso del procedimento sarebbero state disattese;
2) violazione ed erronea applicazione di legge; difetto di proporzionalità, in quanto l’annullamento in autotutela sarebbe stato disposto in assenza dei presupposti stabiliti dalla legge, in particolare:
a) mancherebbe il provvedimento da annullare in autotutela, non essendo corretto giuridicamente configurare come silenzio assenso il comportamento dell’amministrazione a fronte della segnalazione di inizio attività (c.d. s.c.i.a.);
b) il provvedimento sarebbe finalizzato solamente ad inibire tardivamente l’esercizio di un’attività commerciale di per sé libera;
c) non ricorrerebbero i presupposti ai quali la legge subordina le limitazioni all’esercizio del commercio, ovvero il danno al patrimonio artistico e culturale, all’ambiente, alla salute o alla sicurezza pubblica o alla difesa nazionale e sempre previo accertamento dell’impossibilità di tutelare tali interessi mediante conformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente ai sensi dell’articolo 19 della l. n. 241 del 1990;
d) non sarebbero state indicate le ragioni per le quali la presenza della ricorrente in via Pellicceria, una volta la settimana, per vendere i suoi prodotti agricoli, metterebbe in pericolo il patrimonio artistico, storico e ambientale né sarebbe stata indicata quale porzione dell’ampio patrimonio culturale della città di Firenze sarebbe incisa dalla presenza della ricorrente e non sarebbe specificato sotto quale profilo l’attività della ricorrente sarebbe dannosa al patrimonio artistico;
e) mancherebbero comunque le ragioni di pubblico interesse che avrebbero indotto l’amministrazione a decidere per l’inibizione dell’attività commerciale della ricorrente ed ogni raffronto tra l’interesse pubblico e l’interesse privato inciso dal provvedimento;
f) il Comune avrebbe ingenerato un affidamento legittimo in capo alla ricorrente che potrebbe essere compresso solo in presenza di effettive ragioni di interesse pubblico;
3) violazione del d. lgs. 26 marzo 2010, n. 59 attuativo della direttiva 2006/123/CEE relativa ai servizi del mercato interno; difetto di motivazione e proporzionalità, in quanto mancherebbero le ragioni per le quali sarebbe inibita l’attività commerciale e sarebbe violato il diritto al libero esercizio dell’attività commerciale; illegittimità delle disposizioni del piano del commercio che comprimerebbero senza specifiche ragioni, salvo il richiamo alla tutela del patrimonio artistico, l’attività mercatale in tutto il centro storico, mantenendo solamente le vecchie concessioni di suolo pubblico.
2.- Il Comune di Firenze si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso, richiamando a sostegno della legittimità del proprio operato:
a) le norme vincolanti del piano del commercio che inibiscono il rilascio di nuove concessioni nel centro storico;
b) la competenza esclusiva del Comune al rilascio della concessione di occupazione del suolo pubblico anche nell’ipotesi in cui il suolo sia di proprietà di altro ente;
c) la compatibilità delle norme regolamentari con la normativa nazionale e comunitaria che consentono i limiti all’esercizio dell’attività commerciale in presenza di contrapposti interessi pubblici;
d) la esclusiva competenza del Comune al rilascio della concessione;
e) la competenza del Comune ad inibire attività incompatibili anche nell’esercizio dei poteri di controllo sulle attività commerciali;
f) il corretto esercizio dei poteri di autotutela, avendo dato comunicazione di avvio del procedimento di annullamento del silenzio – assenso formatosi sulla s.c.i.a. presentata in data 4 gennaio 2012 e della presa d’atto del 4 dicembre 2012.
3.- Il TAR della Toscana con la sentenza n. 391 del 28 febbraio 2014 respingeva il ricorso, assumendo che:
a) non sussiste difetto di motivazione poiché il provvedimento è mera applicazione dell’articolo 12 del Regolamento per la disciplina dell’attività commerciale su area pubblica approvato con deliberazione di consiglio comunale n. 60 del 2008, sicché l’amministrazione ben poteva limitarsi a richiamarne il contenuto;
b) non sussiste violazione del dettato del decreto legislativo n. 59 del 2010, essendo consentito limitare l’esercizio dell’attività commerciale in presenza di motivi imperativi di interesse generale, qual è la tutela del patrimonio artistico e culturale;
c) non sussiste carenza di motivazione della norma regolamentare, non essendo la motivazione richiesta per gli atti a contenuto normativo.
4.- Con atto di appello notificato il 31 marzo 2014, Leoni Assuntina nella qualità in atti ha impugnato la suddetta sentenza di cui assume l’erroneità alla stregua dei motivi dedotti in primo grado e riproposti in veste critica.
Si è costituito in giudizio il Comune di Firenze che ha controdedotto alle censure, concludendo per il rigetto dell’appello.
Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica e alla pubblica udienza del 14 ottobre 2014, il giudizio è stato assunto in decisione.
5.- L’appello è infondato e va respinto.
5.1- Il mercato settimanale di piante e fiori in via Pellicceria si svolge il giovedì di ogni settimana in Firenze sotto un portico sito nel centro storico della città e appartenente a diversi proprietari privati e pubblici, tra i quali il demanio statale.
In base al regolamento comunale approvato con la delibera n. 60 del 2008 (articoli 12 – 19), i posteggi delle aree mercatali sono contingentati e nel centro storico vige il divieto di rilasciare nuove concessioni o di riassegnare i posteggi vacanti.
Comunque, in forza dell’articolo 34 della legge Regione Toscana n. 28 del 2005 e del regolamento comunale, il rilascio dell’autorizzazione e della concessione del posteggio nei mercati rionali ha come presupposto l’adozione di apposito bando.
L’articolo 31 stabilisce poi che spetta al Comune l’adozione dei provvedimenti di concessione, anche dove la proprietà del suolo appartiene ad altro ente che ne autorizzi l’occupazione (il piano del commercio all’articolo 4, comma 3 e comma 9 stabilisce che in caso di aree pubbliche appartenenti al demanio di altri enti, la durata dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività commerciale è legata in ogni caso alla durata della concessione rilasciata dall’ente proprietario della strada).
5.2- In tale contesto si inserisce la vicenda in esame, caratterizzata dal subentro della ditta ricorrente in un posteggio assegnato originariamente ad altri, insistente su suolo pubblico appartenente al demanio statale che ne aveva autorizzato l’occupazione, mentre il Comune di Firenze in applicazione delle norme regolamentari in materia di commercio ambulante su aree pubbliche, ne ha inibito l’attività.
5.3- Assume la ricorrente che il provvedimento con cui è stata inibita l’attività sarebbe carente di motivazione.
La doglianza è infondata, atteso che dal tenore letterale del provvedimento e dall’intero procedimento emergono chiare le ragioni che hanno portato l’amministrazione comunale all’adozione del provvedimento con il quale è inibito alla ricorrente l’esercizio dell’attività commerciale ambulante nel mercato del giovedì.
5.4- Va da sé che è del tutto irrilevante che l’amministrazione abbia denominato il provvedimento “annullamento in autotutela” (trattasi, invero, di nomen improprio, atteso che la segnalazione di inizio attività (c.d. s.c.i.a.) non dà luogo ad un provvedimento tacito dell’amministrazione ma integra la mera comunicazione dell’avvio di un’attività) essendo indubbio il contenuto sostanziale dell’atto, consistente nella inibizione dell’attività commerciale avviata dall’interessata.
5.5- Non sussiste parimenti violazione delle norme che disciplinano il procedimento, essendo intervenuta la comunicazione di avvio del procedimento, nel quale è intervenuta la ricorrente presentando a mezzo dei suoi legali memorie e deduzioni.
5.6- Quanto al mancato accoglimento delle deduzioni e delle osservazioni da essa presentate, non necessitava di puntuale motivazione, posto che la valutazione circa i prevalenti interessi da tutelare e le modalità di tutela erano state operate dalla norma regolamentare richiamata nel provvedimento.
Comunque, l’obbligo di preavviso non impone ai fini della legittimità del provvedimento adottato la confutazione analitica delle deduzioni dell’interessato, essendo sufficiente la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno del provvedimento finale con esclusione dell’ipotesi che qui non ricorre dell’adozione del provvedimento sulla base di motivazioni del tutto nuove e non enucleabili dalla comunicazione ex articolo 10 bis, legge n. 241 del 1990.
5.7- Secondo l’appellante le attività soggette al regime della s.c.i.a. resterebbero ancorate al principio della concorrenza e sottratte ai poteri inibitori dell’amministrazione.
L’assunto non è condivisibile.
Il potere di annullamento d’ufficio è un potere di portata generale che caratterizza tutta l’azione amministrativa, senza limitazione in ordine ai profili di imputazione soggettiva, salvi i limiti rappresentati dall’alterità dell’interesse pubblico alla rimozione rispetto a quello del mero ripristino della legalità, nonché dall’affidamento particolarmente qualificato ingeneratosi nel destinatario del provvedimento anche in ragione del tempo trascorso.
Tale potere è esercitabile anche con riferimento alle attività economiche, comunque intraprese, anche a mezzo s.c.i.a., atteso che quest’ultimo strumento attribuito ai privati per avviare un’attività economica, se ne facilita l’avvio, non determina il venir meno dei poteri dell’amministrazione (Cons. Stato, sez. IV, 31 luglio 2014, n. 4050; 17 luglio 2014, n. 3793).
Nel caso, peraltro, tra il momento di presentazione della s.c.i.a. e il provvedimento del Comune è intervenuto un lasso di tempo breve, sicché non può ritenersi ingenerato quel legittimo affidamento che la legge intende tutelare.
5.8- Nel merito, non può che ribadirsi la natura vincolante per l’amministrazione comunale delle disposizioni contenute nel regolamento comunale, così detto piano del commercio su aree pubbliche, approvato con delibera di consiglio comunale n. 60 del 14 luglio 2008 che sancisce il divieto di rilascio di nuove concessioni, nonché l’ampliamento di quelle esistenti all’interno dell’area nella quale ricade il posteggio in questione.
5.9- Del tutto pretestuose sono le argomentazioni svolte dall’appellante circa il difetto di istruttoria e di motivazione.
Dalla documentazione depositata in giudizio risulta che l’adozione del provvedimento è stata preceduta da un attento esame da parte dell’ufficio competente e coordinato con l’attività svolta dall’Agenzia del Demanio.
5.10- Quanto alla violazione del principio di proporzionalità è principio inapplicabile in presenza di una norma regolamentare che vieta la concessione di ulteriori posteggi nelle aree mercatali del centro storico e stabilisce addirittura che quelli esistenti, in caso di rinuncia o decadenza dell’assegnatario, non possano essere riassegnati.
Il giudizio sulla legittimità della suddetta previsione che corrisponde ad una scelta politica del Comune di Firenze, non può che limitarsi ad alcuni limitati profili di eccesso di potere che non ricorrono, non apparendo sussistente il vizio di irragionevolezza, essendo la disposizione finalizzata alla migliore tutela del centro storico, il cui pregio storico artistico è notorio ed il cui decoro, secondo l’amministrazione comunale, verrebbe compromesso dalla presenza nelle piazze dei mercati rionali, da cui la necessità del contingentamento dei posteggi e il divieto di riassegnazione nel caso di decadenza o rinuncia, in vista della eliminazione di un uso degli spazi pubblici non consono con la bellezza e l’importanza dei luoghi.
5.11- Ugualmente destituita di fondamento è l’asserita violazione della normativa europea relativa ai servizi sul mercato interno e la relativa disciplina nazionale di attuazione, atteso che tale normativa consente agli enti locali di sottoporre determinate attività a contingentamento laddove sia necessario alla tutela di interessi pubblici ritenuti prevalenti.
L’articolo 70, commi 3 e 4 del d. lgs. n. 59 del 2010 in attuazione della direttiva comunitaria sui servizi nel mercato interno n. 2006/123/CEE in vigore dall’8 maggio 2010, stabilisce tra l’altro la possibilità di limitare ulteriori flussi commerciali laddove “…ragioni non altrimenti risolvibili di sostenibilità ambientale e sociale, di viabilità (li) rendano impossibil(i)…” e che “In ogni caso resta ferma la finalità di tutela e salvaguardia delle zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale e sono vietati criteri legati alla verifica di natura economica o fondati sulla prova dell’esistenza di un bisogno economico o sulla prova di una domanda di mercato, quali entità delle vendite di prodotti alimentari e non alimentari e presenza di altri operatori su aree pubbliche”.
Il legislatore nazionale ha, quindi, fatto salve le limitazioni e il contingentamento dell’attività commerciali con specifico riferimento alle zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale e comunque tutto quanto previsto dalla legge n. 42 del 2004, il cui articolo 52 è espressamente fatto salvo dal d. lgs. n. 59 del 2010.
In particolare il decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) con riferimento ai beni culturali soggetti a tutela, comprese le pubbliche piazze, vie, strade ed altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico, stabilisce all’articolo 52 che i Comuni “individuano le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l’esercizio del commercio”.
Della suddetta disposizione si è avvalso per l’appunto il Comune di Firenze che nel proprio regolamento del commercio ha individuato nominativamente le vie e le piazze in cui contingentare il numero dei posteggi e disporre il diniego assoluto di nuove concessioni e di riassegnazione delle concessioni scadute, revocate o rimaste libere.
5.12- Quanto alla legittimità dei limiti alle attività commerciali al fine di valorizzare i centri storici delle città d’arte a forte vocazione turistica è sufficiente richiamare la Corte Costituzione che con sentenza n. 247 dell’8 luglio 2010 ha riconosciuto la legittimità dei provvedimenti di imposizione di divieti che limitano l’esercizio delle attività commerciali su aree pubbliche al fine di valorizzare i centri storici e la circolare del 10 gennaio 2012 del Ministero per i beni e le attività culturali che assegna ai comuni, sentito il soprintendente, l’individuazione delle aree aventi le caratteristiche che ne consentano la sottrazione al libero esercizio di attività commerciali o comunque a forme di tutela.
Per le ragioni sin qui esposte l’appello non può che essere respinto.
Le spese di giudizio, attesa la peculiarità della vicenda, possono essere equamente compensate tra le parti.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Mario Luigi Torsello, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere




L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE











DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)