SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI SENTENZA 14 gennaio 2014, n.1248
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI
SENTENZA 14 gennaio 2014, n.1248
Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Milano con
sentenza del 19 novembre 2011 confermava in punto di responsabilità la sentenza
del Tribunale di Lodi del 20 maggio 2010 di condanna di C.M. , ritenendo
integrata l’attenuante di cui all’articolo 323 bis cod. pen. limitatamente alla
contestazione di abuso di ufficio di cui al capo 1 della rubrica.
2. Più in dettaglio, il C. ,
all’epoca dei fatti direttore generale dell’azienda ospedaliera di (OMISSIS),
era ritenuto colpevole:
2.1. del reato di turbativa di
regolare svolgimento di una gara d’appalto per l’affidamento del servizio di
dialisi, indetta con delibera del 7 aprile 2005, in quanto, in concorso con
altri soggetti, con vari mezzi condizionava l’andamento della gara in favore
della Dialysis Service che alla gara partecipava tramite la società di fatto
collegata Fresenius Medical Care;
2.2. del reato di corruzione perché,
quale contropartita di tale attività illecita, otteneva dal legale
rappresentante della Dialysis Service l’assegnazione ad un tecnico di sua
fiducia dei lavori di ristrutturazione dei centri dialisi da utilizzare in
esecuzione del contratto di appalto;
2.3. del reato di peculato per aver
effettuato con l’utenza cellulare a lui in uso nella qualità di d.g. 264
telefonate tra il 30 dicembre 2004 ed il 4 marzo 2005;
2.4. del reato di abuso di ufficio,
così riqualificata l’originaria contestazione di peculato, per aver effettuato
acquisti per Euro 576 in data 6 luglio 2004 con denaro sottratto al fondo cassa
destinato alle spese d’istituto;
2.5. del reato di peculato per aver
utilizzato l’auto noleggiata dalla azienda ospedaliera per i propri
spostamenti, compreso l’uso dell’impianto telepass, tra l’ottobre 2000 ed il 3
marzo 2004.
3. La Corte confermava in punto di
accertamento la sentenza di primo grado:
3.1. quanto all’uso del telefono, era
provata la effettuazione di telefonate ad uso personale, condotta
sostanzialmente confermata dal medesimo ricorrente che, però, affermava di
essersi visto costretto per motivi di urgenza a chiamare più volte la propria
famiglia. I giudici del merito escludevano che la scarsità del profitto
rendesse il fatto inoffensivo osservando come non vi fosse alcuna disposizione
dell’ente che consentisse l’utilizzazione personale dell’utenza o, comunque,
l’attribuzione del costo delle telefonate private al dipendente. La Corte di
Appello riteneva, diversamente dai giudici di primo grado, integrata l’ipotesi
attenuata di cui all’art. 323 bis cod. pen..
3.2. Quanto alla spesa di Euro 576,
si accertava come tale denaro, che era destinato alle piccole spese di ufficio,
invece, su indicazione del direttore generale, era stato utilizzato per
acquistare un oggetto d’argento e delle bottiglie di vino da regalare a
funzionari della Regione Lombardia. Anche tale condotta era confermata dal
ricorrente che, però, la giustificava con regole interne dell’A.O. che
consentivano l’acquisto di regali a titolo di spese di rappresentanza. Secondo
i giudici di merito, che ritenevano che non fosse integrata l’ipotesi di
peculato bensì quella di abuso di ufficio, ‘vi era stato un indebito vantaggio
patrimoniale per i destinatari di tali regalie ed un pari danno per l’azienda’
e la delibera citata dal ricorrente autorizzava solo un altro tipo di spese.
3.3. Risultava parimenti certo l’uso
dell’autovettura noleggiata dall’ente pubblico, uso confermato dallo stesso
ricorrente; gli accertamenti sul movimento dell’apparato ‘telepass’
dimostravano che il C. aveva utilizzato l’autovettura per recarsi giornalmente
da casa al lavoro e viceversa. Secondo i giudici di merito tale utilizzazione
non era autorizzata né si era in presenza di ragioni di urgenza.
3.4. Quanto alla più rilevante
vicenda della turbativa d’asta e connessa corruzione, risultava che era stato
predisposto un primo capitolato, allegato alla indizione di gara di appalto del
7 aprile 2005, ma che lo stesso era stato successivamente modificato, con
provvedimento del 16 giugno 2005, in quanto varie imprese ed i medici dei
reparti interessati avevano segnalato che le caratteristiche tecniche del
materiale richiesto da tale primo capitolato corrispondevano a quanto
commerciato dalla sola società Frenesius.
3.5. L’8 settembre 2005 la gara era
aggiudicata alla Dialysis service srl, rappresentata da O.R. .
3.6. In base alle dichiarazioni del
primario G. , del direttore delle vendite della società Bellco, del dottor D.V.
, nefrologo componente della commissione tecnica di aggiudicazione, in ragione
del particolare tipo di prodotti richiesti dal capitolato, unico possibile
vincitore era la Fresenius Medical Care che era l’unica fornitrice di prodotti
con le date caratteristiche; ciò restava fermo anche a seguito della parziale
modifica del capitolato in quanto l”equivalenza’ era, di fatto, rispetto ai
prodotti specifici della Fresenius; il responsabile della Bellco precisava anche
che i responsabili della ditta vincitrice, prima della aggiudicazione, gli
avevano proposto di fornire parte del materiale, indice della volontà di
accontentare in parte, e così tacitare, i concorrenti.
3.7. A questi primi elementi che
dimostravano la chiara destinazione del capitolato a favorire la Fresenius,
corrispondevano le dichiarazioni ulteriori del dirigente di un’altra ditta del
settore, cui era stato riferito espressamente dal responsabile della Fresenius
che l’offerta per la gara sarebbe stata presentata nel proprio interesse dalla
Dialisys Service, società che indicava come creata per l’occasione. Peraltro
tale ultima circostanza trovava corrispondenza in una intercettazione
telefonica.
3.8.Testimonianze ed intercettazioni
provavano anche il diretto rapporto personale tra C. e R.C. , responsabile
della Fresenius. Dalle intercettazioni, inoltre, risultava come il primo si
facesse indicare dal secondo sia il contenuto del capitolato da redigere che i
nomi delle persone da inserire nella commissione di aggiudicazione e dalle
testimonianze risultava che il rappresentante della società aggiudicatrice,
O.R. , doveva installare in larga parte le macchine della Fresenius,
acquisendone invece delle altre da diverse ditte per tacitarle dopo le
questioni sorte sulla formulazione del capitolato di appalto.
3.9. A fronte di tale evidente
condotta finalizzata ad individuare irregolarmente l’aggiudicatario, i giudici
di merito accertavano il vantaggio per C. :
3.9.1. la società Dialysis, vinto
l’appalto, doveva effettuare lavori edili per porre in funzione i centri di
analisi; quindi, a mezzo di O.R. , assegnava il relativo progetto
all’architetto B.L. , persona in rapporti con il C. e, al contrario, neanche
conosciuto da O. . Risultava, anzi, che i progetti predisposti dal B.
comportassero un aumento dei costi non giustificato da vantaggi nella
realizzazione delle opere.
3.9.2. Nel medesimo periodo lo stesso
architetto B. si interessava della ricerca e dell’acquisto e ristrutturazione
di un immobile che sarebbe stato poi intestato al figlio del ricorrente; per
tale attività non risultava emessa alcuna fattura sino al momento della
conoscenza delle indagini.
3.10. Secondo i giudici di merito
l’assegnazione dei lavori per i centri dialisi al B. , che poi operava in
favore del C. senza retribuzione, rappresentava il compenso in cambio della
irregolarità di affidamento all’appalto.
4. In risposta alle specifiche
deduzioni della difesa, la Corte d’Appello osservava che:
4.1. era regolarmente utilizzabile la
perizia di trascrizione delle conversazioni in quanto, al di là della
fondatezza della eccezione sulle presunte irregolarità nello svolgimento
dell’attività tecnica, non erano indicate le conseguenti inesattezze della
trascrizione. Né rilevava la eccezione di inutilizzabilità dell’intercettazione
quanto al capo 2 poiché per l’accertamento di tale reato non erano state
utilizzate intercettazioni. E, comunque, le intercettazioni sono utilizzabili
per tutti i reati per i quali si procede nello stesso procedimento, anche quelli
per i quali le intercettazioni non sarebbe di per sé consentite.
4.2. La collusione tra C. e R. era
chiaramente provata anche in base alle intercettazioni dalle quali risultava
come i due concordassero il contenuto nel capitolato e la composizione la
commissione di aggiudicazione.
4.3. La successiva modifica del
capitolato, era formulata in modo da favorire comunque la medesima società; non
aveva rilievo la apparente diversità della società aggiudicatrice risultando da
vari indici la sostanziale natura della Dialysis quale soggetto interposto.
Inoltre le conversazioni utilizzate dalla Corte di Appello confermavano come
venisse prevista la fornitura di una parte di apparecchiature da altri soggetti
per tacitarli.
4.4. Il materiale probatorio
dimostrava, a parere della Corte d’Appello, come le attività sull’immobile
acquistato dal C. rappresentassero la retribuzione per l’attività di irregolare
assegnazione dell’appalto; poco importava che l’acquisto fosse successivo alla
gara in quanto l’immobile era stato oggetto di trattative sin da prima della
gara.
5. C. propone ricorso con atto a
firma del difensore.
5.1. Col primo motivo deduce la
violazione di legge in riferimento agli artt. 191 e 228 cod. proc. pen.
rilevando l’inutilizzabilità della perizia di trascrizione dell’intercettazione
in quanto il perito, pur senza autorizzazione del giudice all’impiego di atti
del procedimento, aveva utilizzato il contenuto della comunicazione di notizie
di reato ed inoltre, senza autorizzazione ad avvalersi di ausiliari, aveva
chiesto l’assistenza della Guardia di Finanza ai fini dello svolgimento delle
operazioni di trascrizione (“per ottenere il software finalizzato alla lettura
dei files nonché per reperire informazioni specialistiche suH’utilizzo del
predetto programma’). Oltre al produrne l’inutilizzabilità formale, l’uso della
comunicazione di notizia di reato aveva inficiato i risultati delle operazioni
di trascrizione.
5.2.Con secondo motivo deduce
l’inutilizzabilità delle intercettazioni per la prova del capo di imputazione
2). Tali intercettazioni erano state dichiarate inutilizzabili con ordinanza 21
maggio 2008 del giudice dell’udienza preliminare relativamente al reato di
abuso di ufficio essendo state richieste ed autorizzate per reati diversi.
Rileva che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello, le
intercettazioni sono state concretamente utilizzate per escludere il rilievo
delle giustificazioni date dal ricorrente sui fatti contestatigli.
5.3. Con terzo motivo deduce la
violazione di legge ed il vizio di motivazione in quanto non è stata ammessa la
rinnovazione della istruttoria dibattimentale in accoglimento del terzo motivo
di appello con il quale si chiedeva l’audizione quale testimone dell’avvocato
Ca.Gi. , consulente legale dell’azienda ospedaliera di (OMISSIS). La prova non
era stata ammessa dal giudice di primo grado poiché il testimone, nella veste
di difensore di fiducia del ricorrente, aveva svolto indagini difensive in
relazione ai capi 5) e 7) ma, osserva il ricorrente, la testimonianza era stata
richiesta solo con riferimento ad altri capi d’imputazione. In ogni caso
rilevava la totale assenza di motivazione sulla ragione del rigetto della
richiesta.
5.4. Con il quarto motivo ed il
quinto motivo deduce l’erronea applicazione dell’art. 314 comma 1 cod. pen. non
essendo stato valorizzato il dato della esiguità del danno ai fini della
inoffensività del reato e comunque per ritenere integrata l’ipotesi di cui al
capoverso dell’art. 314 cod. pen.; le telefonate erano state poche e corrispondenti
ad un controvalore di Euro 73. Il ricorrente formula analoga questione con
riferimento alla utilizzazione dell’autovettura, peraltro finalizzata ad
esigenze di servizio.
5.5. Con sesto motivo deduce
l’erronea applicazione dell’art. 323 cod. pen. in quanto i giudici di merito,
nel riqualificare il reato di peculato di cui al capo 2) quale abuso di
ufficio, non hanno individuato alcuna norma di legge o di regolamento violata.
Tale non poteva essere l’ordine del direttore generale che aveva disposto sull’uso
dei fondi che si assume essere stati sviati. Né, peraltro, si può affermare che
la effettuazione di spese di rappresentanza del tipo di quelle in contestazione
violasse le regole in tema di utilizzazione dei fondi stessi.
5.6. Con settimo motivo deduce la
violazione di legge in relazione agli artt. 62 bis e 323 bis cod. pen.
ritenendo che, pur se i giudici di merito hanno ritenuto rilevante la tenuità
del danno al fine di applicazione dell’ipotesi attenuante di cui all’art. 323
bis cp per il capo 1, erroneamente non hanno fatto la stessa valutazione per i
capi 2) e 3) pur se risulta palese la sussistenza di simili condizioni di danno
e vantaggio economico. Inoltre ricorre l’attenuante di cui all’art. 62 comma 1
numero 4 cod. pen..
5.7. Con ottavo motivo deduce, In
riferimento ai capi 1), 2) e 3), il vizio di motivazione laddove si è ritenuto
provato l’uso a fini privati dell’utenza telefonica, non essendosi tenuto conto
delle giustificazioni del ricorrente ed affermandosi il carattere indebito di tutte
le conversazioni sulla base di un’unica telefonata diretta ad un fornitore
della famiglia. Né, con riferimento a tali telefonate alla famiglia, si è
tenuto conto della autonomia gestionale del direttore generale. Medesimo vizio
ricorre per la mancata indicazione della fonte dell’obbligo violato con l’uso
dell’autovettura, peraltro utilizzata anche per motivi di servizio evitando il
ricorso ad autisti ed il relativo costo.
5.8. Con nono motivo deduce il vizio
di motivazione riferimento al capo 11.
5.9. Rileva che si è valorizzata la
testimonianza del primario G. laddove a carico di costui è risultata una pari
responsabilità ma non sono state rispettate le regole di cui all’articolo 210
codice procedura penale, comunque non sono stati dati gli avvisi di cui
all’articolo 63 cod. proc. pen. e non sono state rispettate le regole di cui
all’articolo 192 cod. proc. pen. in quanto non sono stati individuati i
necessari riscontri alle dichiarazioni. Pertanto è illogica la motivazione
basata su una prova inattendibile.
5.10. Con decimo motivo deduce la
nullità dalla sentenza degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. poiché non è stata
realizzata alcune delle condotte di cui al capo 11), come implicitamente
dimostrato dalla Corte di Appello che non ne cita alcuna e come dimostrato
altresì dall’assoluzione in dibattimento ordinario dei coimputati. L’unica
condotta che secondo i giudici di merito sarebbe stata commessa, ovvero la
comunicazione della composizione della commissione, nel capo d’imputazione non
risulta affatto contestata.
5.11. Con undicesimo motivo deduce la
violazione di legge in relazione all’articolo 353 cod. pen. laddove è stata
ritenuta la ipotesi consumata del reato e non il delitto tentato. Di fatti non
tiene conto che il capitolato di appalto era poi stato modificato e la regolare
applicazione delle regole di pubblicità delle gare in genere ha fatto venir
meno gli stessi elementi costitutivi del reato contestato. Le presunte
collusioni sono quindi restate ad una fase di accordi preliminari.
5.12. Con dodicesimo motivo deduce il
vizio di motivazione laddove la sentenza non giustifica logicamente
l’affermazione che la contropartita sia rinvenibile nell’affidamento futuro di
lavori di ristrutturazione all’architetto B. .
Difatti:
- Non risulta alcun elemento che
dimostri un accordo in tal senso.
L’architetto, come da conversazione
del 13 settembre, non sapeva ancora dell’affidamento dell’appalto alla società
di O.R. .
- Alla data del presunto reato il
ricorrente non aveva neanche ancora concluso il contratto preliminare per
l’acquisto dell’immobile da ristrutturare.
Non è logicamente spiegata la ragione
dell’irrilevanza dell’esistenza di documenti inerenti l’incarico professionale
dato all’architetto.
5.13. Con tredicesimo motivo deduce
il vizio di motivazione sulle ragioni per le quali è stato determinato
l’obbligo di risarcimento in favore della parte civile.
6. La difesa ha successivamente
presentato motivi nuovi.
6.1.Con primo e secondo motivo
richiama il contenuto del quarto e quinto motivo del ricorso principale
osservando che le SSUU di questa Corte hanno ritenuto di dare diverso
qualificazione all’ipotesi di utilizzazione abusiva del telefono di ufficio.
Nel caso di specie, quindi, è configurabile il reato di cui al secondo comma
dell’art. 314 cod. pen..
6.2. Con un terzo motivo segnala il
risparmio di spesa garantito all’ente utilizzando la vettura in proprio senza
utilizzazione di autisti.
6.3. Con il quarto motivo deduce la
prescrizione dei reati di cui ai capi 2), 4) ed 11).
Considerato in diritto
7. Il ricorso è fondato limitatamente
alla intervenuta prescrizione per i reati di cui ai capi 1) e 2) come dopo si
preciserà, mentre tutti gli altri motivi proposti sono manifestamente
infondati.
8. Il primo motivo, con il quale si
pongono varie questioni in relazione alla trascrizione peritale delle
intercettazioni, è manifestamente infondato poiché, anche laddove dovessero
essere giustificate le doglianze, comunque non ne conseguirebbe alcuna
inutilizzabilità della prova in sé, poiché la prova è costituita dalla
registrazione delle intercettazioni e non dalla relativa trascrizione.
L’eventuale vizio della procedura di trascrizione potrebbe avere rilievo a
fronte di un concreto errore della trascrizione stessa laddove porti al
travisamento della prova; ciò certamente può avvenire nei casi in cui una
sentenza faccia riferimento alla trascrizione e non all’effettivo, e diverso,
contenuto percepibile dall’ascolto diretto della registrazione audio.
9. Ma, come risulta evidente dal
complesso delle argomentazioni, di un tale concreto errore non si fa alcuna
menzione. È del tutto superfluo, quindi, rispondere alle specifiche doglianze
della difesa sulla regolarità della procedura sulla quale, peraltro, hanno
adeguatamente risposto i giudici di merito.
10. Il secondo motivo è infondato.
Premessa la irrilevanza di eventuali valutazioni di inutilizzabilità delle
intercettazioni intervenute nella fase dell’udienza preliminare e salva la
valutazione dell’essere corretta o meno la affermazione della Corte di Appello
che ai fini della responsabilità per il reato di cui al capo 2) non si è
affatto tenuto conto delle intercettazioni, per ritenere infondata la doglianza
difensiva è sufficiente rammentare quanto afferma in materia la giurisprudenza
di questa Corte: nell’ambito del medesimo procedimento, la utilizzabilità delle
intercettazioni per uno dei reati comporta la utilizzabilità anche per gli
altri reati per i quali le intercettazioni non sarebbero ammesse non rientrando
nei limiti di cui all’articolo 266 cod. proc. pen. (‘in tema di
intercettazioni, qualora il mezzo di ricerca della prova sia legittimamente
autorizzato all’interno di un determinato procedimento concernente uno dei
reati di cui all’art. 266 cod. proc. pen., i suoi esiti sono utilizzabili anche
per tutti gli altri reati relativi al medesimo procedimento, mentre nel caso in
cui si tratti di reati oggetto di un procedimento diverso ab origine,
l’utilizzazione è subordinata alla sussistenza dei parametri indicati
espressamente dall’art. 270 cod. proc. pen., e, cioè, l’indispensabilità e
l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza. – Sez. 6, n. 49745 del 04/10/2012 –
dep. 20/12/2012, Sarra Fiore, Rv. 254056′).
11. Il terzo motivo è manifestamente
infondato. Il ricorrente contesta il mancato accoglimento della richiesta
probatoria sotto il profilo sostanziale ed anche sotto il profilo formale della
mancata risposta da parte del giudice di appello alla relativa richiesta. Sotto
questo ultimo profilo, si deve rammentare che non vi è un obbligo di
motivazione che riguardi anche le istanze manifestamente infondate; l’obbligo
di motivazione non si estende sino ad imporre l’obbligo di rispondere a
qualsiasi doglianza della parte pur se priva di senso minimo ma impone una
necessaria risposta alle richieste della parte solo nei limiti in cui queste
siano concretamente riferibili all’oggetto del giudizio e pongano questioni di
quantomeno minima serietà e non tuzioristiche.
11.1. Ma la questione posta dal
ricorrente ai giudici di appello non raggiungeva questa condizione minima in
quanto l’art. 197 cod. proc. pen. lett. d) è assolutamente testuale
nell’affermare che vi è incompatibilità con l’ufficio di testimone per ‘il
difensore che abbia svolto attività di investigazione difensiva’ nel ‘medesimo
procedimento’. È perciò del tutto irrituale che si possa distinguere tra i
reati cui, nel medesimo procedimento, erano riferite le investigazioni
difensive, peraltro senza alcuna contestazione sulla assenza di ragioni per lo
svolgimento fi procedimento unitario.
12. Il quarto ed il quinto motivo
vanno valutati separatamente in riferimento alle due imputazioni cui gli stessi
fanno riferimento, il capo 1 ed il capo 3. Rinviando alla fine quanto alla
valutazione del capo 1, va osservato che i motivi sono manifestamente infondati
in relazione alla contestazione cui al capo 3, ovvero il peculato relativo alla
utilizzazione della autovettura di servizio per motivi privati. Al riguardo,
difatti, i motivi sono assolutamente generici, anche perché maggiormente
riferiti al tema dell’uso del telefono.
12.1. Con il quarto motivo, riferito
alle conseguenze della esiguità del danno, in realtà non si sviluppa alcun
argomento per dimostrare che erroneamente i giudici di merito abbiano ritenuto
il fatto non inoffensivo o comunque il danno patrimoniale minimo; né tale
scarsità del danno può essere di immediata evidenza, come sembra affermare il
ricorrente laddove la da per scontata, in quanto anche il solo costo della
utilizzazione all’impianto telepass è sufficientemente indicativo della
ampiezza di utilizzazione della autovettura, quindi dell’elevato vantaggio
economico per il ricorrente e del correlativo danno per l’A.O..
12.2. Con il quinto motivo si
sostiene che il fatto integrerebbe il peculato d’uso, ma tale affermazione è
basata su una situazione in fatto diversa da quella accertata, sostenendosi un
uso dell’autovettura assolutamente sporadico e per minime distanze. Anche le
argomentazioni dei motivi aggiunti, con i quali si rileva che il comportamento
del C. sarebbe stato addirittura vantaggioso per l’A.O. avendo il ricorrente
evitato di farsi accompagnare da autisti dell’ente, contrasta con
l’accertamento in fatto in cui si esclude che tra i benefici contrattuali fosse
previsto anche tale accompagnamento al domicilio.
12.3. Il sesto motivo è superato da
quanto dopo si preciserà in tema di prescrizione del reato di cui al capo 2).
Difatti non è possibile valutare l’eventuale fondatezza del motivo atteso
l’immediato obbligo di dichiarazione della causa di estinzione del reato che
preclude un annullamento con rinvio nel merito.
13. Il settimo motivo pone questioni
in tema di applicabilità di attenuanti che risultano superate quanto al capo 2)
per la intervenuta prescrizione di quest’ultimo mentre, quanto al capo 3), si
tratta di questione che richiede un accertamento in fatto non di competenza di
questa Corte e, comunque, gli argomenti sono generici e non confutano le
valutazioni dei giudici di merito.
14. L’ottavo motivo è manifestamente
infondato laddove invoca valutazioni di merito senza indicare singoli errori o
specifiche illogicità, chiedendo quindi l’esercizio di un’attività di giudizio
di merito che si pone al di fuori dell’ambito del giudizio di legittimità.
15. Il nono motivo è manifestamente
infondato in quanto parte dalla affermazione della incompatibilità a
testimoniare del primario G. o comunque dalla necessità di assumerne le
dichiarazioni ai sensi dell’art. 197 bis cod. proc. pen. senza chiarire perché
il primario vada ritenuto indagato e comunque senza indicare le condizioni di
fatto (che non sarebbero state comunque valutabili in questa sede) per
ritenerlo ‘sostanzialmente’ indagato. Vi è solo una apodittica affermazione di
una sua pari responsabilità per ragioni che, anche alla luce del contenuto
complessivo del ricorso, non è affatto dato comprendere.
16. Il decimo motivo è manifestamente
infondato in quanto, per quel che possa desumersi dalla sua generica
formulazione, appare richiedere una nuova ed autonoma valutazione di merito del
fatto contestato. La mera affermazione che taluno sia stato assolto in altra
sede dallo stesso reato è del tutto irrilevante senza alcun riferimento alle
ragioni della diversa decisione.
17. L’undicesimo motivo è
manifestamente infondato poiché è basato sulla mera apodittica negazione di quanto
affermato dai giudici di merito per i quali, in base alle prove raccolte, la
vicenda della modifica del capitolato non rappresentava affatto la cessazione
dell’attività criminosa.
18. Il dodicesimo motivo è
manifestamente infondato in quanto contesta l’apprezzamento delle prove da
parte dei giudici di merito richiedendo anche in questo caso una attività di
valutazione di merito che non rientra nei poteri del giudice di legittimità. Il
motivo si limita a prospettare una ricostruzione alternativa delle medesime
prove e non denuncia affatto una manifesta illogicità o carenza di motivazione.
19. Il tredicesimo motivo è
manifestamente infondato in quanto, una volta enunciato, non spiega quali siano
le ragioni della doglianza, limitandosi ad affermare “non si mettono in
evidenza gli elementi necessari per capire i motivi del risarcimento del danno
concesso in favore della parte civile’.
20. Devono invece ritenersi fondati
motivi con i quali si contesta la corretta qualificazione del fatto di cui al
capo 1), peculato per utilizzazione del telefono cellulare. Difatti ricorre
l’ipotesi chiaramente qualificata dalla giurisprudenza di questa Corte come
reato di cui al capoverso dell’articolo 314 cod. pen. (In tema di peculato, la
condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che
utilizzi il telefono d’ufficio per fini personali al di fuori dei casi
d’urgenza o di specifiche e legittime autorizzazioni, integra il reato di
peculato d’uso se produce un danno apprezzabile al patrimonio della P.A. o di
terzi, ovvero una lesione concreta alla funzionalità dell’ufficio, mentre deve
ritenersi penalmente irrilevante se non presenta conseguenze economicamente e
funzionalmente significative. (Sez. U, n. 19054 del 20/12/2012 – dep.
02/05/2013, Vattani e altro, Rv. 255296).
21. Tenuto conto anche di tale
riqualificazione, per i capi 1) e 2), valutata la data di commissione dei
fatti, ad oggi si è realizzata la prescrizione per cui, limitatamente a tali
reati, la sentenza deve essere annullata senza rinvio.
22. In conseguenza si deve procedere
a rideterminazione della pena, operazione meramente aritmetica, che quindi può
essere effettuata in questa sede, poiché per entrambi i reati erano fissati
autonomi aumenti di pena in continuazione. Pertanto alla pena irrogata,
all’esito della parziale riforma in appello, di anni tre e mesi cinque di
reclusione, va sottratta la pena di mesi due di reclusione irrogata per il
reato di cui al capo 1) e la pena di mesi tre di reclusione irrogata per il
reato di cui al capo 2), con determinazione finale in anni tre di reclusione.
23. Valutata la soccombenza del
ricorrente, vanno liquidate le ulteriori spese in favore della parte civile
costituita, come da dispositivo.
P.Q.M.
Riqualificato il capo 1) ex art. 314
comma 2 cod. pen. annulla l’impugnata sentenza relativamente a detto capo ed al
capo 2) per essere i reati estinti per prescrizione. Dichiara inammissibile nel
resto il ricorso. Ridetermina la pena in anni tre di reclusione.
Condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del grado in favore della costituita parte civile che liquida in
complessivi Euro 3000 oltre iva e cpa.