Sulla liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali mi ero già occupato precedentemente.Riporto i link:
-liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali;
- regione sicilia:orari di apertura esercizi commerciali....sospesa circolare
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Circolare del 28 novembre 2011
Oggetto:
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Orario
dei negozi - D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio
2011, n. 111 - Art. 35, commi 6 e 7 - Poteri delle Regioni.
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A seguito di numerose
richieste pervenute in ordine al significato da attribuire alle nuove
disposizioni in materia di orari ed in particolare agli eventuali margini di
discrezionalità che residuerebbero alle regioni in sede di recepimento di
quanto disposto dall’art. 35, commi 6 e 7, del DL 98/2011, si forniscono i
seguenti elementi.
Contesto
L’art. 35 citato, che
introduce una ulteriore lettera d-bis) al comma 1 dell’art. 3, del DL 223/06, ha
l’effetto di sancire, ancorché in via sperimentale, la liberalizzazione delle
aperture (domenicali e festive, chiusura infrasettimanale) e del regime degli
orari dei negozi e degli esercizi di somministrazione nei comuni inclusi
negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte.
Per
quanto riguarda anzitutto il significato da attribuire all’espressione in
via sperimentale, si rileva che, quando in
una disposizione si premette la locuzione “in via sperimentale”, si intende
che la disposizione in questione viene introdotta per conoscere qualcosa.
Nel nostro caso è chiaro
l'intendimento del legislatore di concedere maggiore libertà agli
esercenti per verificare, in un tempo successivo, gli effetti prodotti.
Di solito, quando si introduce
una sperimentazione, lo si fa a tempo determinato proprio per procedere, alla
scadenza, ad un consuntivo degli effetti e decidere di conseguenza
(prorogare la sperimentazione, abbandonarla o introdurre il nuovo
regime in via definitiva).
Sperimentare quindi equivale a fare
una prova, un tentativo.
In questo caso, tuttavia, il
legislatore non ha ritenuto di stabilire un termine per la fase sperimentale ma
la disposizione resta operativa anche se, di tutta evidenza, non molto coerente.
Costituzionalità della disposizione e ruolo delle Regioni
Poiché la nuova lettera d-bis)
è inserita all’interno dell’art. 3 del decreto-legge 223/06, essa riceve la
medesima autoqualificazione di disposizione avente la finalità di garantire
la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto
ed uniforme funzionamento del mercato.
Tale autoqualificazione è stata
giudicata all’epoca corretta dalla Corte costituzionale (cfr. sent. N. 430/07)
in sede di giudizio di legittimità costituzionale promosso dalla Regione Veneto
e, pertanto, vi sono forti probabilità che anche la nuova lettera d-bis) sia
giudicata costituzionale in un eventuale nuovo giudizio dinanzi alla Corte.
Al momento non siamo a conoscenza di
passi formali delle regioni diretti a promuovere una nuova questione di
legittimità alla Corte Costituzionale sull’art. 35.
Il 20 luglio u.s. la Regione Toscana
ha emesso un comunicato con cui preannunciava l'intenzione di ricorrere alla
Corte costituzionale e la Regione Liguria con DGR n. 1056 del 9 settembre u.s.,
ha autorizzato il suo Presidente a sollevare la questione di legittimità costituzionale
sull’art. 35. Ad oggi, tuttavia, di tali ricorsi non è possibile rinvenire
traccia sul sito della Corte.
La liberalizzazione
opera dal 1° gennaio 2012 nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle
località turistiche o città d’arte.
Indipendentemente
dall’accertamento se si sia in presenza di una norma di principio (che
prescrive criteri ed obiettivi) o di dettaglio (che individua gli strumenti
concreti da utilizzare per raggiungere gli obiettivi posti dalle norme di
principio) e dei connessi poteri attribuiti allo Stato o alla regione, la
disposizione è chiara nell’individuare i luoghi dove essa opera che sono
appunto i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o
città d’arte.
Sembra pertanto
pacifico che la regione non solo possa ma debba individuare tali comuni
turistici e tali città d’arte.
A tale scopo l’art.
35, comma 7 ha concesso alle regioni un periodo di tempo (entro il 31 dicembre
2011) per il recepimento della novità ma nulla vieta alle regioni di adottare
un provvedimento anche successivamente al 1° gennaio 2012.
Non a caso sul punto anche la recente
circolare n. 3644/C del Ministero dello Sviluppo Economico del 28 ottobre u.s.
afferma espressamente (cfr. punto 10) che le considerazioni ivi contenute “non
costituiscono né intendono costituire vincoli per la legislazione attuativa
regionale e non impediscono… l’adozione di soluzioni anche diverse”.
Nel passare, immediatamente dopo,
all’illustrazione di tali soluzioni, la circolare menziona, a titolo
esemplificativo:
·
la
definizione di criteri univoci di automatica individuazione dei comuni
interessati, in alternativa alla loro elencazione;
·
la
specificazione di adeguate modalità attuative per le città metropolitane
articolate in municipi.
Con riferimento a quest’ultima soluzione, si
fa presente di ritenere che la stessa, proprio perché inserita a titolo
esemplificativo, non precluda alle regioni la specificazione di adeguate
modalità attuative anche per quei comuni non facenti parte di città
metropolitane o con suddivisioni amministrative diverse.
Se così non fosse l’esempio riportato non si
applicherebbe a nessun Comune italiano.
Il Comune di Roma, per esempio, dal 3 ottobre
2010, non è più tale ma è diventato Roma Capitale definizione che non coincide
con le città metropolitane, che peraltro, non sono mai state attuate poichè,
tra quelle inizialmente individuate dalla legge 142/90 e quelle individuate da
successive modifiche normative, solo poche hanno trovato una puntuale delimitazione
territoriale che, comunque, è rimasta sulla carta.
Non esiste dunque nel nostro ordinamento una
città metropolitana articolata in municipi (lo era il Comune di Roma che scelse
questa suddivisione amministrativa con delibera del Consiglio Comunale n. 22
del 19 gennaio 2001 che sancì il passaggio dalle circoscrizioni ai municipi).
Per tornare all’esempio di Roma, è il nuovo
ente Roma Capitale, secondo quanto disposto dall’art. 3, comma 6, del D.Lgs.
156/2010, ad essere articolato in municipi “…quali circoscrizioni di
decentramento”.
É quindi del tutto evidente che i termini
circoscrizioni e municipi sono usati come sinonimi e l’uso dell’ uno o
dell’altro non preclude la riferibilità a diverse partizioni del territorio comunale
alle quali riferire le eventuali specificazioni delle adeguate modalità
attuative richiamate nella circolare ministeriale 3644/C.
Quanto alle adeguate modalità attuative,
nulla vieta che, sulla base delle suddivisioni amministrative esistenti e
individuate con specifico atto, ciascun comune possa, se confortato dalla
propria regione con provvedimento espresso, individuarne di specifiche in relazione
alle particolarità storico-artistico-culturali delle medesime suddivisioni
amministrative comunque denominate.